Corriere della Sera: “prelievo sui Bot, primo scoglio”, “Delrio: agfire sulle rendite. Poi la nota: nessuna nuova tassa”.
A centro pagina: “L’India non cede sui marò. Il nuovo governo punta all’arbitrato internazionale”.
La Stampa: “Bot, il primo fronte di Renzi”, “Allo studio un’aliquota al 20% o l’aumento al 23% per tutte le rendite. Forza Italia e Ncd contrari. Spesa pubblica, 6 miliardi di tagli nel 2014”.
La Repubblica: “’Cambieremo le tasse sui Bot’”, “Renzi: meno fisco sul lavoro, rimodulate le rendite finanziarie”.
In taglio basso: “Tymoshenko: ‘Non sarò premier’. Timori per l’unità dell’Ucraina”.
Il Giornale: “Si parte di tasse”, “Le prime mosse del governo”, “Pronti via, annunciata l’imposta sui Bot. E Passera lancia il Tfr in busta paga. Berlusconi teme che Renzi voglia rinviare le riforme per durare”.
Tasse e Bot
Racconta La Repubblica che ieri, il neo sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio “aveva sollevato un polverone” anticipando la strategia del governo in tema di tasse con queste parole: “Valuteremo se mettere mano alle imposte sulle rendite finanziarie che, al momento, non sono in linea con quelle europee al 25%”. Quindi ipotizzava di tassare le rendite “per destinare risorse alle fasce più deboli”. Come esempio, Delrio aveva citato “una signora anziana che ha 100mila euro in Bot: se le si tolgono 25 oppure 30 euro in più non credo che avrà un problema di salute. Questo non profila una patrimoniale. L’Imu invece lo è stata”. Quanto a Renzi, avrebbe detto al suo staff: “Spostare la tassazione dal lavoro alle rendite finanziarie d un certo peso. Ma sicuramente non andremo a colpire la ‘nonnetta’ che ha deciso di affidare poche migliaia di euro di risparmi ai Bot”. In tarda serata, poi, Palòazzo Chigi aveva cercato di spiegare che “non ci saranno nuove tasse”. Le reazioni: la leader della Cgil Susanna Camusso fa sapere che “non è un segnale giusto, allora è meglio la patrimoniale”.
Sul Corriere della Sera: “Delrio: agire sulle rendite dei Bot. Poi arriva la frenata del governo”, “Un caso le parole del sottosegretario. Il premier: subito la lotta alla burocrazia”.
Su Il Giornale, in prima un commento di Francesco Forte: dove si legge che Delrio ha dettato la politica fiscale annunciando non una patrimoniale ma un aumento della cedola sulle rendite finanziarie, compreso il debito pubblico. Secondo Forte l’idea è quella di arrivare ad un’aliquota unica del 23%: un aumento che colpirebbe anche il risparmio postale. E’ “un’operazione sommamente iniqua”, scrive Forte visto che la ragione per cui sino ad ora è rimasta la cedolare secca al 12,5% non è stata solo una considerazione di equità, ma anche di “prudenza”, nei confronti di risparmiatori che investono in debito pubblico e nella banca della Posta che è statale: “lo Stato intende rispettare il patto con chi gli presta denaro?”.
Spending review e “burocrazia”
Il Corriere della Sera parla di un “summit” tra Renzi e il ministro dell’Economia Padoan e lo riassume così: “tagli alla spesa pubblica e mobilità dei dirigenti”. Scrive il quotidiano che anche se il governo dovesse aumentare il prelievo sulle rendite finanziaria, Bot compresi, non è da qui che verrà il grosso delle risorse per rilanciare l’occupazione e la crescita dell’economia. Con un eventuale allineamento della tassazione alla media europea (l’Italia, col 12,5% sui titoli di Stato e il 20% su azioni, obbligazioni, dividendi e depositi, si colloca 2-3 punti sotto), si potrebbe infatti incassare al massimo un miliardo, secondo gli esperti. E comunque anche un inasprimento dell’aliquota del 12,5% sui titoli di Stato colpirebbe solo una piccola parte di questi, ovvero quella in mano alle famiglie: 174 miliardi su un totale di 1.740 miliardi in circolazione. Il 90% dei Bot, Cct e altri titoli di Stato è infatti detenuto da banche, assicurazioni e società finanziarie: “tutti soggetti per i quali i redditi da capitale finiscono nell’imponibile fiscale complessivo, e che quindi sono indifferenti alle variazioni dell’aliquota secca”. Certo, la manovra sulle rendite “avrebbe valore simbolico”. Ma non sono le rendite la leva che il governo userà per il rilancio economico: punterà innanzitutto sulla revisione della spesa pubblica. Secondo il commissario alla spending review Cottarelli si potrebbero tagliare già nel 2014 almeno 4 miliardi di euro. Come? Un miliardo con l’estensione alle Regioni e alle forniture sanitarie del raggio di azione della Consip, la società dell’Ecnomia per l’acquisto centralizzato di beni e servizi. Risparmi importanti potrebbero arrivare poi dalla chiusura e la messa in liquidazione delle società partecipate, in particolare quelle degli enti locali, che ne contano oltre 2mila in perdita. C’è poi il capitolo dipendenti pubblici: non ci saranno licenziamenti, ha detto Delrio. Ma mobilità sì: per spostare il personale da dove non serve. Gli esuberi verranno gestiti con l’estensione al pubblico degli ammortizzatori sociali. Così la spending review verrà usata per ridurre il cuneo fiscale.
La Stampa: “Pronto il piano Cottarelli. Subito sei miliardi di tagli. Nel mirino acquisti e sussidi”. Gli acquisti sono quelli di cui parlavamo poc’anzi, cui dovrebbe mettere mano la Consip attraverso le “maxi-gare”. I sussidi sono quelli alle imprese: “che possiamo definire tali -scrive Alessandro Barbera- solo ricordando che questi fondi sono distribuiti anzitutto e in gran parte ad aziende pubbliche come Fs, Poste, Anas o all’industria della Difesa. Ebbene, da questa voce .otre trenta miliardi di trasferimenti annui, cinque dei quali per le sole Ferrovie- Cottarelli conta di risparmiare già da quest’anno 1,5 miliardi di euro”.
Su La Repubblica: “Volti nuovi nei ministeri, andranno via i mandarini che condizionano le leggi”, “Un decreto ‘licenzierà’ i consiglieri di Stato”.
Governo
Il Corriere della Sera intervista Federica Guidi, neo-ministro allo Sviluppo Economico, che è stata oggetto di critiche nei giorni scorsi (si è sollevato il problema di possibili conflitti d’interesse legati all’azienda Ducati Energia, si è detto che è stata vicina a Berlusconi”): “Non sono mai stata a cena ad Arcore”, dice la Guidi, smentendo chi aveva diffuso notizie di una sua cena lunedì scorso con Berlusconi. “E non mi ha offerto alcuna candidatura alle Europee”, aggiunge, ricordando di aver dato le dimissioni da tutti gli incarichi in azienda.
Su La Repubblica: “’Renzi controllerà gli atti della Guidi’”, “Delrio: ‘Occorre una legge sul conflitto di interessi’. Critiche nel Pd”.
Sulla stessa pagina, un “colloquio” con il presidente dell’Antitrust: “Antitrust pronta a scendere in campo, ‘Ma ci servono armi più incisive’”, “Pitruzzella: necessarie sanzioni vere e blind trust”.
La Repubblica ha un “colloquio” con il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco che, sul governo Renzi dice: “Nessuno ha la bacchetta magica. Prima di tutto vanno attuate le riforme già avviate e le decisioni prese. Ma se partiamo dall’esigenza fondamentale di innalzare la capacità produttiva e fare gli investimenti, occorre un progetto organico, una prospettiva, una strategia. Il governo si muoverà con le sue priorità”. Del nuovo ministro all’Economia Padoan dice: “Viene dall’Ocse. Proprio lui ha firmato il documento sulla crescita discusso qui nel summit (il G20 di Sidney, ndr.). Dunque, come dice il commissario Ue Olli Rehn, sa quel che deve fare”, “E’ difficile fare riforme durante una crisi”. Per Visco è necessario stimolare la crescita senza distruggere la finanza pubblica.
Sul Corriere della Sera si riassumono così le parole di Visco a Sidney: “’Il Paese ha bisogno di una strategia per le riforme’”, “Il banchiere centrale al vertice di Sidney: gli istituti devono separare i crediti deteriorati dal resto. L’ipotesi di una garanzia pubblica”.
La Stampa, ancora sul vertice di Sidney: “Draghi, messaggio al premier: ‘Riforme, sa già cosa fare’”.
Restiamo a La Stampa per segnalare un articolo sul Pd: “Fiducia, Civati rinuncia allo strappo”, “Questa sera il voto al governo in Senato. Il dissidente: diremo sì, ma l’esecutivo si è spostatop a destra”.
Su Il Giornale: “Civati ribelle da talk show: resto nel Pd”.
La Repubblica: “Pd, retromarcia di Civati: ‘Voterò la fiducia e non farò la scissione’”.
Internazionale
La Stampa dedica tre intere pagine di reportages e analisi sulla crisi in Ucraina. Due le corrispondenze da Kiev. Michela Iaccarino: “Merkel telefona alla Tymoshenko: non dividetevi”, “L’Europa teme la secessione. Kerry a Lavrov: rispettare la sovranità. Domani il governo di unità nazionale”. La cancelliera tedesca ha avuto un colloquio con il presidente russo Putin per concordare che “va mantenuta l’integrità territoriale dell’Ucraina”. Il segretario di Stato Usa Kerry avrebbe parlato con il suo omologo russo Lavrov: “Tutti glio Stati rispettino l’integrità territoriale e la libertà democratica”. Poi la corrispondenza di Mark Franchetti: “Il ritorno di Yulia inquieta Klitschko e gli eroi di Maidan”. Si spiega che la Tymoshenko resta immensamente popolare tra molti elettori che la vedono come la lady di ferro ucraina: ma altri l’accusano di essersi arricchita con il gas (era nota come la ‘Principessa del gas’) e sono sospettosi verso le sue ambizioni personali, che fecero naufragare l’alleanza con il presidente Yushchenko dopo la Rivoluzione arancione. Tra color che potrebbero esser danneggiati dalla sua ascesa, uno dei leader dell’opposizione come Klitschko, l’ex campione di boxe diventato politico. Ma il vero re della piazza, in questi giorni, sottolinea Franchetti, è Dmitry Yarosh, leader di Pravy Sector, gruppo ultranazionalista che ha invocato in questi giorni di proteste la resistenza armata, conquistandosi il rispetto della piazza. Alle pagine seguenti, un’analisi di Anna Zafesova: “La Crimea guida il fronte filo-russo. ‘Guerra ai nazisti’”. La Crimea “sembra pronta alla resistenza” e lo strumento cui potrebbe far ricorso Mosca è simile a quello adoperato durante la guerra con la Georgia nel 2008: allora agli abitanti dell’Ossezia del Sud si concesse la cittadinanza russa, in modo da poter poi intervenire -come accadde- a difesa dei connazionali. In basso, stessa pagina, intervista a Zbigniew Brzezinski: “’Ma mollare Yanukovich conviene anche a Mosca’”, “Soltanto così potrà influire sulla successione”.
Anche su La Repubblica, tre pagine di reportages. Nicola Lombardozzi: “Il primo giorno di Yulia libera. Torna nel suo ufficio e abbraccia la madre. ‘Sarò io a salvare questo Paese’”, “La Tymoshenko non farà il premier, vuole la presidenza”. E “il partito scarica Yanukovich”, accusandolo di essere il responsabile delle violenze. Poi Bernardo Valli: “L’Ucraina spezzata in due, il ‘muro’ di Russia ed Europa per fermare la balcanizzazione”, “Telefonata Merkel-Putin per evitare la secessione”. Con un’intervista all’ex presidente polacco Kwasniewsky: “La crisi non è finita, ora Bruxelles agisca”.
Sul Corriere: “Goodbye Lenin ,scatta la caccia ai filorussi”, corrispondenza di Francesco Battistini. E di fianco, l’atteggiamento Ue: “Bruxelles prepara aiuti. Si riapre la partita europea”, “Merkel chiama Putin. Il Fmi studia un prestito”, “Il commissario Ue Rehn: ora una prospettiva politica”.
Alle pagine R2 de La Repubblica un lungo commento di Roberto Saviano dedicato alla cattura del boss messicano alla guida del Cartello di Sinaloa: “Chi ha venduto la testa del Chapo re dei narcos”.