Corriere della Sera: “Rinvio su Berlusconi per evitare la crisi”, “Slitta il voto in Giunta, si cerca un compromesso. Letta: andiamo avanti”, “Un’altra giornata di tensioni tra Pdl e Pd, oggi il calendario e da domani la discussione. Napolitano: unità o tutto a rischio”.
A centro pagina: “Addizionali ai massimi: la mappa dei Comuni”.
In taglio basso, un titolo che riguarda il nuovo segretario di Stato del Vaticano: “Apertura di Paolin sui sacerdoti: il celibato non è un dogma”.
La Repubblica: “Il Papa: la mia lettera a chi non crede”, “Il pontefice scrive a Repubblica: ‘E’ venuto ormai il tempo di un dialogo aperto e senza preconcetti sulla fede. Dobbiamo fare un tratto di strada insieme’”, “Francesco risponde a Scalfari: Dio perdona chi segue la propria coscienza”.
A centro pagina: “Slitta il voto su Berlusconi. Letta vede Alfano: vado avanti”.
In taglio basso .”Obama dà una chance ad Assad”, “La trattativa sulla Siria all’Onu. Il presidente parla alla nazione e chiede al Congresso di aspettare”.
La Stampa: “Berlusconi, voto rinviato”, “Letta ad Alfano: andare avanti. Il Colle: unità o tutto a rischio”, “Mediazione in Giunta per evitare le dimissioni dei ministri Pdl. Visco: l’instabilità minaccia la ripresa”.
Di spalla: “Siria, sì alla consegna dell’arsenale chimico. Obama chiede tempo al Congresso Usa”.
Ma anche un richiamo alle parole di Papa Francesco: “I conventi vuoti non servono alla Chiesa. Apriamoli agli immigrati”.
Sotto la testata: “Elezioni in Germania. In ballo c’è l’Europa”. Si tratta di un dossier che i lettori troveranno all’interno del quotidiano.
Il Giornale: “Adesso il Pd ha paura”, titola il quotidiano riferendosi alla “battaglia sulla decadenza”. “Le sinistra torna sui suoi passi: voto rinviato, ma nella notte la situazione si complica. Schifani: non portino l’Italia nel baratro”. Sulla Siria: “Assad (e la Russia) bloccano Obama. La Siria accetta lo stop alle armi chimiche”.
Il Fatto quotidiano: “Napolitano monita e il Pd s’ammoscia. Il capo dello Stato entra a gamba tesa nel dibattito sulla decadenza del pregiudicato invocando l’unità nnazionale. La Giunta s’inchina e prende altro tempo. B. se la ride: ‘Se la sono fatta sotto’”. A centro pagina, il dibattito sulle riforme alla Camera: “La Camera straccia la Carta. 5 Stelle: ‘Pd peggio del Pdl’”. “Dopo il Senato anche l’altro ramo del Parlamento approva la norma costituzionale che accorcia i tempi per varare in fretta e furia le modifiche approntate di nascosto dai ‘saggi’”.
Libero: “La fretta anti-Silvio nasconde la stangata. Il Pil cala più del previsto e tra pochi giorni potrebbe essere varata una manovra correttiva. Che sarà attribuita alla reazione del Pdl alla pugnalata degli ‘alleati’. Napolitano tenta l’ultima difesa di Letta e frena il Pd. Ma per quanto?”. A centro pagina il quotidiano offre un “documento esclusivo”: “La testimonianza che scagiona il Cav (e che il tribunale non ha voluto sentire)”.
Il Sole 24 Ore: “Spread, il sorpasso di Madrid”. “Il differenziale Btp-Bund scende a quota 250, ma quello spagnolo si porta a 248. Borse in rialzo, Piazza Affari fanalino di coda”, “Visco: segnali di recupero, ma preoccupa l’instabilità politica”. Di spalla: “Berlusconi, slitta il voto in Giunta. Letta vede Alfano: si prosegue. Napolitano: restiamo uniti oppure rischiamo”.
L’Unità: “Il valzer degli azzeccagarbugli. Il Pdl in confusione fa dietrofront sulle pregiudiziali sul caso Berlusconi nella giunta del Senato. Il Cavaliere annulla l’assemblea dei gruppi parlamentari ma resta la minaccia della crisi. Il Pd: non consentiremo giochi di prestigio. Nella notte nuove tensioni sulla relazione di Augello”. Di spalla: “Allarme di Visco: ripresa frenata dalla instabilità”. In taglio basso: “Napolitano: gravi rischi senza l’unità nazionale”.
Il Foglio: “Il Cav nell’angolo, tra cupio dissolvi e lotteria dei referendum”, “I duri dicono che può candidarsi se rompe subito con Letta. Ma la sua battaglia finale è sulla giustizia”, “un nuovo videomessaggio”. Il quotidiano si occupa in prima anche della questione siriana parlando di “diplomazia irreale”: “Perché la proposta Kerry sulle armi chimiche di Assad non funziona”.
Berlusconi
Scrive il Corriere della Sera che al termine di una giornata estenuante, la decisione presa in Giunta per le elezioni e le immunità del Senato ha avuto “il sapore di una tregua”. La Giunta non ha votato ma tornerà a riunirsi domani alle 15 per continuare la discussione generale sulla relazione di Andrea Augello. Il testo è stato in parte riformulato e integrato di un dispositivo finale: il relatore, infatti, chiede la convalida dell’elezione a senatore del Cavaliere invocando i dubbi di costituzionalità e una sospetta violazione del diritto della UE. La proposta verrà messa ai voti e, nel caso assai probabile che venga bocciata, provocherà un cambio di relatore, da scegliersi nella maggioranza che avrà votato contro. Il Pdl, secondo il quotidiano, ha ottenuto una boccata d’ossigeno per andare avanti e, soprattutto, ha ottenuto di entrare nel merito delle questioni pregiudiziali (che tali non sono più) cioè la richiesta del relatore di ricorrere alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia del Lussemburgo contro la legge Severino. Per parte sua il Pd può dirsi soddisfatto per aver costretto il relatore a scoprire le sue carte con la proposta di convalidare l’elezione di Berlusconi. Oggi in Ufficio di presidenza si dovrà stabilire il calendario dei lavori, e il Pd auspica, con un pizzico di ottimismo, che il voto possa esserci già giovedì o nella seduta successiva.
Su Il Sole 24 Ore il notista politico Stefano Folli parla dello slittamento dei tempi in Giunta e scrive che “Berlusconi si rifugia nel rinvio perché sa che la crisi è un salto nel buio”. Spiega Folli: “Berlusconi è già con un piede fuori dal Parlamento, e non sarà la strategia del rinvio a modificare il corso delle cose. La sentenza a suo carico è definitiva, magari sarà ingiusta, come non si stancano di ribadire amici e collaboratori del vecchio combattente, ma di sicuro il Parlamento non potràò che recepirla, a maggior ragione se si considera che intorno al 20 ottobre la Corte di Appello di Milano fisserò per Berlusconi il periodo di intedizione dai pubblici uffici (due o tre anni)”. Insomma, secondo Folli “non c’è scampo”, e “il braccio di ferro di queste ore in Giunta assomiglia a una battaglia di retroguardia in cui l’ex premier, consapevole della sconfitta, cerca di ottenere un improbabile onore delle armi, o quantomeno di sfuggire a una mortificazione personale”.
Il radicale Maurizio Turco, che è stato membro della Giunta per le elezioni della Camera, in una intervista a Il Giornale, si dice sbalordito dalla tempistica della procedura riguardante il caso Berlusconi, e racconta: “la Giunta della Camera si riuniva una volta alla settimana, in genere per pochi minuti, al massimo mezz’ora. E sì che abbiamo avuto casi importanti, come Cosentino e Papa, con l’attenzione dei media concentrata anche in quei casi su di noi. Ma ci siamo sempre presi i tempi necessari per approfondire le questioni”. Rievoca poi il caso di Edmondo Cirielli, deputato Pdl che aveva chiesto l’insindacabilità per alcune affermazioni per le quali era stato querelato da un segretario provinciale del Pd. Io ero relatore, e la mia richiesta di sindacabilità era stata accettata. Era il 20 luglio 2011. Ebbene, per quasi due anni, fino cioè alla fine della legislatura, nessuno, nemmeno il Pd sollecitò che il caso venisse sottoposto all’attenzione dell’Aula. Eppure si trattava di un deputato del Pdl, una cosa che allora trovai scandalosa, ma trovo anche scandaloso quello che sta accadendo adesso”. Aggiunge che sul caso in esame “ognuno ha le sue idee, preconcette, che non c’entrano nulla con i termini della questione. Inutile parlare di questioni tecnico-giuridiche”.
Su La Repubblica Nadia Urbinati risponde a chi invoca “in queste ore convulse” il “compromesso” per non applicare la legge Severino. Gli esponenti del Pdl lo auspicano, accusando di “intransigentismo” chi si ostina a lasciare che quella legge valga per il condannato illustre Silvio Berlusconi come per chiunque altro si trovasse al suo posto. Senonché, Berlusconi non vuole essere considerato “come” qualunque altro, nonostante la legge, uguale per tutti, lo voglia”. Nella democrazia antica, spiega ancora la Urbinati, “gli oligarchi consideravano la legge uguale come la vendetta dei molti contro i pochi; segno di invidia e di desiderio di livellamento. Nell’Italia democratica questa idea ritorna: Berlusconi, si pensa, è così potente e rappresentativo da non poter essere condannato a subire le conseguenze della legge”. Secondo la Urbinati “l’alto compromesso sarebbe una Caporetto per la democrazia costituzionale”.
Per restare a La Repubblica, si dà conto anche delle parole del Quirinale, che vengono lette così nei titoli: “Il Colle chiede lo stop allo scontro in Giunta”. Secondo il quotidiano l’auspicio del Colle è che la discussione possa andare avanti, e che si apra un confronto tra i due fronti senza ultimatum da una parte o dall’altra. Insomma, concedere il tempo giusto ai lavori della Giunta, senza far calare subito la mannaia di una votazione immediata, opzione su cui spinge il centrosinistra, ma dall’altra parte senza mettere in campo pregiudiziali e ostacoli per far saltare il tavolo come fa il centrodestra.
Il Corriere della Sera spiega che ieri Napolitano ha incontrato una delegazione del comune di Barletta, guidata dal sindaco Pasquale Cascella (suo ex portavoce) per rievocare i giorni della ribellione ai nazisti. In questa occasione ha sottolineato: “Se non teniamo fermi, anzi, se non consolidiamo, i pilastri della nostra convivenza nazionale, tutto è a rischio”.
Il Fatto, polemicamente titola: “Napolitano chiede unità. Il Pd si adegua e salva B.”. Il quotidiano scrive che la “trattativa ha salvato tutti, per il momento, ovvero Esecutivo e Cavaliere”: “sotto la vigilissima sorveglianza del Colle, che proprio ieri, prima che scattasse la fatidica ora X in Giunta al Senato, ha ricordato che se non consolidiamo i pilastri della nostra convivenza nazionale tutto è a rischio’. Che tradotto molto crudamente, secondo lo stile realista, cioè togliattiano, di Giorgio Napolitano, vuol dire: il Pd deve convivere con il Pdl del condannato di Arcore”. Il quale, secondo quanto scrive Il Fatto, apprendendo del congelamento per almeno una settimana, avrebbe commentato soddisfatto con i falchi del Pdl: “Il Pd si è genuflesso, se la sono fatta sotto”. Il quotidiano sottolinea peraltro che dopo l’ennesimo intervento di Napolitano Berlusconi ha dato ordine di sconvocare l’assemblea dei gruppi Pdl, prevista per oggi. Un chiaro sintomo di disgelo delle tensioni e di congelamento della situazione allo stesso tempo.
Siria
Scrive La Stampa che la Siria ha accettato la proposta russa di mettere le sue armi chimiche sotto il controllo internazionale, e forse distruggerle. Francia, Usa e Gran Bretagna vogliono però che l’intesa sia incardinata su una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu basata sul capitolo 7, basato sull’uso della forza in caso di violazioni. Parigi ha preannunciato il deposito di una relazione, il ministro degli esteri Fabius ha spiegato che essa conterrà cinque punti: condanna dell’attacco chimico lanciato il 21 agosto dal regime siriano. Processo di fronte alla Corte penale internazionale per i responsabili. Completa luce sulle armi e loro distruzione. Adesione di Damasco alla convenzione contro le armi chimiche. Il testo, appellandosi al capitolo 7 della Carta Onu, minaccia conseguenze estremamente serie in caso di violazioni. In sostanza, la punizione militare automatica, stavolta autorizzata dall’Onu. Il documento è stato discusso ieri dal Presidente Obama con il suo omologo francese Hollande e con il premier britannico Cameron. E servirebbe, scrive La Stampa, a “stanare Putin”. Non a caso la Russia ha già frenato, preferendo ad una risoluzione una semplice dichiarazione presidenziale del Consiglio di sicurezza Onu. Mosca ha bocciato l’iniziativa francese, giudicandola “inaccettabile”.
Il Sole 24 Ore: “La Siria ammette le armi chimiche”. Il quotidiano registra un potenziale passo avanti, visto che Damasco ha ammesso esplicitamente di possederle nel momento in cui il ministro degli esteri siriano Moallem, ad una tv libanese, ha dichiarato: “siamo pronti a rivelare i siti, a smettere di produrre, ad accettare ispezioni russe, di altri Paesi, e delle Nazioni Unite”. “Siamo disposti a cooperare alla iniziativa della Russia visto che vogliamo diventare firmatari della Chemical Weapons Convention”. Dopo il preannuncio di una risoluzione francese, il Consiglio di sicurezza era stato convocato ieri sera d’urgenza, su richiesta di Mosca: nella riunione la Russia avrebbe voluto offrire una semplice “dichiarazione presidenziale” del Consiglio, cioè un documento meno vincolante di una risoluzione. Ma la riunione è sfumata in serata.
Questa notte, quando in Italia erano le 3, il Presidente Obama ha tenuto il suo atteso discorso alla Nazione, di cui i quotidiani non possono ovviamente riferire. Ma prima di quel momento aveva concesso una serie di interviste, parlando sulla questione siriana. “Il disarmo chimico deve avvenire in tempi rapidi, essere credibile e verificabile”, ha detto, citando anche Reagan sui negoziati sul disarmo durante la guerra fredda (“Non basta fidarsi, bisogna anche verificare”). Questo significa, spiega La Stampa, voler far approvare dal Consiglio di sicurezza Onu una risoluzione che si ritrova nelle mosse a Capitol Hill: incontrando un gruppo di deputati e senatori il Presidente ha fatto sapere di voler ritardare il voto dell’Aula sull’autorizzazione all’uso della forza, per dare tempo all’opzione diplomatica. In concreto significa che Harry Reid, capo della maggioranza democratica al Senato, sta redigendo un nuovo testo che indicherà un tempo preciso entro il quale Assad dovrà portare a compimento il disarmo chimico, superato il quale Obama avrà l’autorizzazione per ricorrere alla forza. La scelta del Pentagono, resa nota dal ministro Hagel, di mantenere lo schieramento navale intorno alla Siria è l’ulteriore tassello della strategia di Obama di non allentare la pressione militare su Assad.
Sul Sole 24 Ore Gian Andrea Gaiani firma una analisi dal titolo: “Un arsenale difficile da smantellare”. Spiega Gaiani che il controllo internazionale sulle armi chimiche proposto da Mosca e su cui ha espresso il suo assenso Damasco appare cosa diversa dal progetto di risoluzione su cui lavora Parigi, che esige che la Siria faccia al più presto piena luce sul programma di armi chimiche lo ponga sotto controllo internazionale e che sia smantellato. Rimuovere arsenali e infrastrutture utilizzate per produrre e mantenere armi di distruzione di massa è una impresa complessa, già attuata in diverse occasioni dalle superpotenze e dagli organismi internazionali, ma non certo in un contesto bellico. Operazioni simili sono state condotte in Iraq dalla missione Onu UNSCOM tra il 1991 e il 1999. La caduta del rais di Baghdad nel 2003 indusse Gheddafi a consegnare le sue armi di distruzione di massa. In Siria, Paese sconvolto dalla guerra civile e da azioni terroristiche, la proposta russa potrebbe risultare di più rapida attuazione rispetto a un completo smantellamento delle armi e delle infrastrutture che le producono e le custodiscono. Secondo l’intelligence occidentale le testate missilistiche, le bombe di aereo e le cariche di artiglieria a carica chimica sono state concentrate in due grandi depositi a nord di Damasco e ad ovest di Homs: questi siti vengono continuamente monitorati dai satelliti e dai droni statunitensi e israeliani. Potrebbe risultare impossibile eliminare le armi, fino a che è in corso la guerra civile, mentre l’ipotesi di smantellarle all’estero richiederebbe il transito di convogli verso i confini terrestri o più probabilmente verso i porti di Tartus o Latakia. Difficile immaginare che un simile carico possa transitare in Giordania, Israele o Turchia, non solo per il rischio terroristico ma anche perché i confini sono in parte controllati dagli insorti. In ogni caso i convogli diretti ai porti dovranno essere tenuti sotto stretto controllo. Ma da chi? Damasco accetterebbe la presenza di osservatori internazionali, ma ben difficilmente accetterà di far scortare questi convogli da forze diverse dalle sue.
La Stampa e La Repubblica intervistano il filosofo statunitense Walzer. Ricorre peraltro, va ricordato, l’anniversario dell’11 settembre. E Walzer dice a La Repubblica: “Dall’11 settembre 2001 ci sono state troppe guerre sbagliate, ma il terrore chimico va fermato”. Individuando un legame tra la crisi innescata dall’attacco chimico a Damasco e gli attentati del 2001, Walzer sottolinea che esso risiede nella natura delle armi tossiche: “I gas velenosi non sono utili in battaglia, sono piuttosto, uno strumento del terrore che può uccidere i civili nelle città”. Ricorda che quando Saddam, nel 1988, usò le armi chimiche contro i curdi in Iraq, sarebbe stata “una buona occasione per dare una risposta forte e ferma. Se l’avessimo fatto allora avremmo probabilmente evitato due guerre nel Golfo”. Quanto al retaggio delle guerre in Iraq, Afghanistan e Libia, Walzer ammette: “non hanno portato davvero buoni risultati”, ma “la Siria è un caso diverso. Trovo bizzarra l’idea che un conflitto sbagliato in passato debba ostacolarne uno nuovo”. Il presidente Obama è un guerriero riluttante? “Le ricordo il detto di Sant’Agostino: il guerriero deve essere sempre malinconico. Obama è proprio così: un guerriero malinconico. Ha avuto ragione nel resistere ai neocon, che premevano per un coinvolgimento più attivo in Siria. Come ha avuto ragione, però, nel ritenere che l’uso dei gas tossici modifichi la questione. Ha dimostrato saggezza nel rivolgersi al Congresso, anche se io ho poca fede in questa accolita di politici, la peggiore che l’America abbia mai visto e altri che sanno poco o niente del mondo”.
Nella intervista a La Stampa Walzer sottolinea che “fra i Democratici come fra i Repubblicani è presente una folta pattuglia di neo-isolazionisti”, e il Presidente Obama “sta tentando di far comprendere al Congresso che c’è ancora una missione per l’America nel mondo. E’ nel nostro interesse nazionale combattere la proliferazione delle armi di distruzioni di massa”. Può essere occasione per la Ue per assumersi maggiori responsabilità? “Certo, potrebbe esserlo. Ma non sembrano esserci molti Paesi europei pronti a cogliere tali opportunità”.
Sul Corriere della Sera, da segnalare un lungo commento del filosofo Bernard-Henry Lévy dal titolo: “Se i governi si piegano alla dittatura dell’opinione pubblica”.
Papa-Scalfari
“Mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che – ed è la
cosa fondamentale – la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato,
anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza”. Lo scrive Papa Francesco, in una lettera al fondatore de La Repubblica Scalfari, che in due articoli, in luglio e agosto, si era rivolto a lui. “Ascoltare ed obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male”. L’articolo è firmato “Francesco”.
Germania
Ampio l’inserto de La Stampa dedicato alle elezioni in Germania, previste per il 22 settembre. Si vota per il rinnovo del Parlamento, che a sua volta sceglierà il nuovo Cancelliere. Merkel vola verso il bis ma non riscalda i tedeschi. Da una campagna senza slanci al rischio di astensione record. Al momento, se l’elezione fosse diretta, la Cancelliera verrebbe votata dal 50 per cento dei tedeschi. Il suo sfidante, il socialdemocratico Steinbruck, sarebbe al 35. Nell’ultima settimana, dopo il duello in tv, la Merkel avrebbe perso due punti e lui ne avrebbe guadagnati 7. L’outsider di questa tornata elettorale è “Alternativa per la Germania”, che propone una “uscita ordinata della Germania dall’Euro”. I sondaggi lo danno al 4 per cento, ma in ascesa. Potrebbe farcela a superare la soglia del 5 per cento.
Sullo stesso quotidiano anche una lunga analisi di Gian Enrico Rusconi: “Il merkelismo che cambia la Ue”.
Su La Repubblica Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini firmano un commento dal titolo: “La Germania e il destino dell’Europa”. Dove si legge che le elezioni tedesche ci prospettano due ipotesi nefaste: quella della sopravvivenza dell’euro con la prosecuzione della politica dell’austerità e quella della paralisi dei meccanismi decisionali europei. Per scongiurare tutto ciò sarebbe opportuno “aggregare un fronte di Paesi, che comprenda in primo luogo l’Italia, la Francia e la Spagna, al fine di arginare lo strapotere tedesco. E di costruire una Banca centrale sul modello della Federal Reserve”.
Sul Corriere, al corrispondenza da Berlino descrive così la campagna elettorale: “Né brividi né avventure. La corsa ‘immobile’ dei partiti tedeschi”, “elezioni nel segno della conservazione”.