Nell’Egitto del ministro per tutte le stagioni non c’è posto per Regeni

Affluiscono in queste ore i dati sul ‘SuperTuesday’ Per i repubblicani si è votato in 11 Stati, dove i delegati in palio erano 595 ; per i Democratici invece, il voto c’è stato in 12 Stati con 894 delegati in gioco. Donald Trump ha conquistato Arkansas,Georgia, Virginia, Alabama, Massachusetts, Tennessee e Vermont. Ted Cruz ha vinto invece in tre Stati, il suo Texas, l’Alaska e l’Oklahoma. Il senatore della Florida, Marco Rubio,ha vinto in Minnesota.

Per quel che riguarda il fronte democratici, Hillary Clinton ha vinto in Virginia, Georgia, Alabama, Tennessee, Arkansas, Massachusetts, Texas e il territorio delle Samoa americane. Bernie Sanders ha conquistato quattro Stati: il suo Vermont, l’Oklahoma,il Colorado e il Minnesota.

Il Corriere della Sera: “Torna la crescita dopo 3 anni”, “Il Pil sale dello 0,8%, trecentomila occupati in più. Renzi: meno tasse nel 2017”, “I dati dell’Istat. Lotta al nero, il direttore delle Entrate annuncia: da luglio fatture digitali tra privati”.

Ai temi dell’economia e lavoro sono dedicati i commenti di Daniele Manca (“Il freno (nascosto) al Paese”, di Dario Di Vico (“Tra le imprese una nuova classe media”) e di Federico Fubini (“Il modello made in Italy che cambia”, “L’export tira meno”).

Sulla colonna a destra: “Adozioni gay, quando la legge viene riscritta dai magistrati”, “Sì ai figli di due donne”. Ne scrive Alessandra Arachi.

Al tema delle unioni civili è dedicato anche un commento di Massimo Franco: “E Grillo guarda a destra”.

A centro pagina, con foto di Alexis Tsipras, l’intervista di Maria Serena Natale: “’Atene e Roma insieme sui rifugiati’”.

Di fianco: “Un piano europeo per i migranti. Fondi alla Grecia”, “La decisione. Settecento milioni in 3 anni”.

Il fondo sulla prima colonna in apertura a sinistra è dedicato al caso Regeni in Egitto: “In gioco verità e dignità”, di Fiorenza Sarzanini.

A fondo pagina: “L’orchestra che vince anche le fragilità”, “I ragazzi di Allegro Moderato sul palco con Mussida: la disabilità cancellata anche dalla musica”, di Gian Antonio Stella.

Poi “l’inchiesta di Bocassini”: “I figli dei boss studiano Farmacia” (di Luigi Ferrarella).

Infine, Sergio Rizzo firma un commento sulla Regione Sicilia e le imposte: “Se resta la Sicilia degli intoccabili”.

La Repubblica: “Torna la crescita, 70mila posti in più, l’export spinge il Pil”, “L’Italia esce da tre anni di crisi, migliora anche il deficit. Poco lavoro per i giovani. Renzi: meno tasse nel 2017. Allarme giustizia, il governo accelera sulla riforma”.

E l’analisi di Roberto Mania: “Quello che serve a una ripresa fragile”.

Di fianco: “Salviamo i piccoli popoli che proteggono la Terra”, “Dallo Sri Lanka all’Amazzonia”. Ne scrive Rosalba Castelletti, ricordando la campagna di Oxfam #LandRightsNow, in difesa del diritto alla terra dei popoli indigeni.

A centro pagina: “Regeni torturato per sette giorni”, “I risultati dell’autopsia. Ma il governo del Cairo smentisce”.

Al tema è dedicato il commento di Gianluca Di Feo: “Il rebus del faraone”.

A fondo pagina: “Caccia all’onorevole senza lo scontrino”, “Più controlli alla Buvette”, di Tommaso Ciriaco.

E un’intervista a Giovanna Ceribelli, la commercialista che ha dato un contributo determinante all’inchiesta che ha portato all’arresto dell’assessore alla Sanità della Regione Lombardia, il leghista Fabio Rizzi: “’Io che ho svelato le tangenti lombarde’”.

Sulla colonna a destra, la copertina R2: “’Montalbano sono…’. Il padrone della tv”, “piace perché imperfetto. Il commissario sfiora l’audience di Sanremo”, scrive Antonio Dipollina.

La Stampa: “Renzi, l’offensiva dei numeri su Pil e posti di lavoro”, “’L’Italia è tornata, lo dico ai gufi’. Il centrodestra: sono dati tragici”.

Ciò che unisce i due presidenti” è il titolo del commento di Ugo Magri (ci si riferisce a Renzi e Mattarella).

Sui “diritti gay”: “Sì all’adozione incrociata delle figlie”, “I giudici decidono a favore di una coppia di donne sulla stepchild adoption”.

Una grande foto ritrae siriani in fila davanti a un camion militare russo che porta aiuti alimentari: “Il piano della Russia: ‘Siria divisa in tre’”, “Il leader dei drusi Jumblatt: come la Polonia del ’39”.

Poi, più in basso: “Quei cinque eroi italiani che sfuggirono ai talebani”, “Afghanistan 2014, dovevano sorprendere gli insorti ma finirono in trappola: premiati con medaglie al valore”, “E a Roma nasce la War room per la Libia”.

Su “privacy e sicurezza”: “Arrestato il n. 2 di Facebook in Sudamerica”, “Indagine sui narcos, il social non ha fornito i dialoghi su WhatsApp”.

Il Fatto: “Il gioco delle tre carte sul +0,8% del Pil 2015”, “Propaganda. Le bugie di renzi su lavoro e numeri dell’Istat”, “La crescita di cui si vanta l’esecutivo deriva dalla revisione al ribasso del Prodotto 2014 (senza era ferma al +0,65%). Dopo i licenziamenti facili e 12 miliardi alle imprese, il tasso di occupazione è uguale a un anno fa”.

Di fianco: “La Quarto del Pd-destra: processo per camorra”, “Casavatore (Na). A giudizio il pupillo di Guerini e Orlando”, “Salvatore Silvestri al primo turno delle Comunali era avanti. Maurizio Minichini, vicino al clan Ferone. Era di casa nel suo comitato elettorale. Prima del ballottaggio Minichini fu pestato. E Silvestri perse”.

Il titolo più in basso e in maggior rilievo: “Agnelli e De Benedetti oggi sposi. Sta per nascere la ‘Stampapubblica’”, “Il giornale della Nazione”, “Fiat lascia le edicole, Elkann va con l’Ingegnere”, “La società editoriale controllata dalla Fiat (La Stampa e Secolo XIX) verrà sciolta nel Gruppo Espresso. E’ l’alleanza tra gli eredi delle due famiglie, John Elkann e Rodolfo. Allo stesso tempo il Lingotto dirà addio a Rcs”.

In prima il richiamo all’intervista al Presidente della Regione Puglia Emiliano: “’Tutti gli errori di Renzi da Verdini al referendum’”.

Sui “diritti gay”: “Adozioni e utero in affitto: Vendola riapre il dibattito”, “Confronto tra Fini e Marzano”.

A fondo pagina: “Servizietto pubblico. Milioni ai soliti noti, 10 mila euro a Morricone”, “Bye bye Rai: ieri Eco, oggi Fazio&Vespa”, di Pietrangelo Buttafuoco e Nanni Delbecchi.

L’editoriale del direttore Marco Travaglio è dedicato alle contestazioni all’Università di Bologna nei confronti del professor Angelo Panebianco: “Angelus interruptus”.

Il caso Regeni

Sul Corriere Viviana Mazza dà conto delle rivelazioni di fonte Reuters che ieri riferivano le dichiarazioni del direttore del dipartimento di Medicina forense del Cairo, Hisham Abdel Hamid, durante una deposizione in Procura. A darne notizia all’agenzia Reuters sono state fonti anonime e il ministero della Giustizia subito dopo è intervenuto a smentirle. I titoli: “’Giulio torturato più volte per sette giorni’”, “Nuove rivelazioni attribuite al dipartimento di medicina forense del Cairo. Smentita del ministero. Fonti della procura: ‘Ferite inflitte in tre serie, a intervalli di 10-14 ore. Era un interrogatorio’”.

Alla pagina seguente un ampio articolo di Fiorenza Sarzanini: “Un nuovo depistaggio per una versione di comodo”, “E l’Italia valuta l’ipotesi di richiamare il team di investigatori”. Per sarzanini le ultime rivelazioni dal Cairo provano che lo scontro tra apparati egiziani è tutt’altro che sanato: perché la scelta di fornire dettagli sulla data della morte di Giulio Regeni -peraltro già noti dopo l’autopsia svolta a Roma- e poi smentirli dopo appena due ore, mostra l’assenza di una linea comune in Egitto. E soprattutto viene interpretata dalle autorità italiane come l’ennesima provocazione nella ricerca di una versione di comodo che serva a chiudere il caso. Gli esami svolti in Italia fanno ritenere che Regeni sia stato ucciso circa 48 ore prima che il suo cadavere fosse ritrovato, dunque tra il 31 gennaio e il 1 febbraio. La sua cattura risale alla sera del 25 gennaio: quindi è rimasto nelle mani dei suoi aguzzini almeno per cinque giorni. L’équipe medica ha accertato anche che a provocare la morte è stato un colpo alla testa: ciò dimostrerebbe che non è morto per caso, ma si è deciso di ucciderlo probabilmente perché non è stato in grado di fornire le informazioni che pensavano avesse. Gli inquirenti italiani ritengono che la scelta di far ritrovare il suo corpo dovesse servire, nelle intenzioni degli egiziani, a chiudere il caso nella convinzione che i buoni rapporti tra i due Stati avrebbero favorito in accordo su una versione di comodo.

E Fiorenza Sarzanini, in un editoriale in prima sul Corriere dal titolo “In gioco verità e dignità”, scrive che pretendere la reale ricostruzione dei fatti e conoscere i nomi degli assassini di Regeni “non è una questione che investe esclusivamente i rapporti tra Italia ed Egitto”, è un problema che riguarda il mondo intero, come si è capito dalle dichiarazioni in Gran Bretagna e Usa, allorché hanno mostrato attenzione alle indagini in corso. Entro qualche settimana il nostro Paese potrebbe trovarsi in prima linea nelle operazioni militari in Libia o addirittura assumere il comando della coalizione: il ruolo che gioca l’Egitto è noto -sottolinea Sarzanini- perché il presidente Al Sisi si è schierato “almeno pubblicamente” contro i fondamentalisti dell’Isis e a fianco dell’Occidente. Ma questo non è un motivo sufficiente per pensare che l’Italia possa arretrare rispetto alla richiesta della verità. E’ opportuno, secondo Sarzanini, “richiamare” il gruppo di investigatori italiani inviati al Cairo: farli rientrare al più presto, perché sarebbe un primo segnale, efficace, per far comprendere che non si può più tergiversare.

La Repubblica se ne occupa alle pagine 6 e 7: “’Torturato per sette giorni’. Giulio, le verità dell’autopsia, ma il Cairo smentisce”, “Il medico legale egiziano: sul corpo ferite inflitte a intervalli di 14 ore. La replica di due ministeri. Gentiloni: vogliamo collaborazione piena”, di Giuliano Foschini.

Da non perdere la descrizione di Carlo Bonini del personaggio Abdel Ghaffar, il ministro dell’Interno: “I depistaggi di Abdel Ghaffar, l’ex uomo forte dei servizi che Al Sisi ha voluto al governo”, “Ha scalato l’intelligence servendo tutti i presidenti. Chi è il capo degli Interni che già nel 2012 accusava la American University di attività sospette”. Le smentite di questi giorni, secondo Bonini, documentano quale infernale scontro di apparati si stia consumando all’interno del Regime. Soprattutto, ripropongono, inconfondibili, le stimmate di Abdel Ghaffar, il ministro dell’Interno, l’uomo che, in questa vicenda, sta giocando un esiziale ruolo di depistaggio e manipolazione. Colui che ha trasformato un’indagine per individuare i responsabili di un omicidio in un’inchiesta sulla vittima dell’omicidio: sul suo lavoro di ricercatore, sul contesto accademico in cui veniva svolto (l’American University del Cairo), sulla sua rete di amicizie, frequentazioni, tali da poter accreditare un calunnioso movente comune (delitto a sfondo omosessuale, o vendetta per fatti di droga). E’ stato, il ministro Ghaffar, il “key player” nella sequenza delle mosse che, dal primo istante, devono soffocare sul nascere il protagonismo inatteso di Ahmed Nagi, il procuratore di Giza che per primo parla di “evidenti torture” e di “morte lenta”, colui che denuncia la scomparsa del cellulare di Regeni. Ed è il ministro Ghaffar che si rifiuta di incontrare il nostro ambasciatore: quello che confeziona la versione della morte per incidente stradale, lascia filtrare che le immagini delle telecamere “sfortunatamente” non sono disponibili. Ha un conto aperto con l’American University del Cairo. Scelto da Al Sisi nel marzo 2015 come ministro dell’Interno, ha trascorso trent’anni di vita e carriera nella Sicurezza dello Stato, il Servizio segreto di cui, tra il 1977 e il 2012 scala l’intera catena gerarchica fino a diventarne direttore. Nei servizi, Ghaffar “è uomo di tutte le stagioni e servitore di tutti i padroni. Con Mubarak è direttore della divisione antiterrorismo del Cairo e, nel 2011, quando Mubarak viene rovesciato dalla rivolta di piazza Tahrir, diventa vicedirettore di un Servizio cui la rivoluzione ha nel frattempo imposto un cambio di nome (da Sicurezza dello Stato ad Agenzia per la sicurezza nazionale) senza per questo riuscire a modificarne i metodi”. Del servizio diventa direttore nel dicembre del 2011. Nel 2012, da direttore del Servizio, indica al Paese come “nemico interno” l’American University del Cairo, cui Regeni si appoggerà come ricercatore per il suo dottorato. Nel 2012 denuncia l’università americana come “luogo impegnato in attività sospette, potenzialmente in grado di minacciare la sicurezza e la stabilità dell’Egitto”, “mandante di manifestazioni violente che si sono tenute al Cairo” e “sostenitrice morale, finanziaria e intellettuale dell’agenda di Paesi stranieri”.

Su La Stampa: “Ora è scontro anche in Egitto sulle torture inflitte a Regeni”, Un medico della procura al Cairo: ‘Ci sono i segni’. Il governo: ‘Falso’”. Di Grazia Longo.

Su Il Fatto, pagina 2: “’Torturato per 7 giorni, interrogato ogni 10 ore’”, “La Reuters riporta le dichiarazioni del medico legale che ha fatto l’autopsia sul corpo del ricercatore ritrovato un mese fa. Ma le autorità smentiscono”, scrive Valeria Pacelli.

E a pagina 3, con foto di Renzi: “Solito ritornello: ‘Ora il Cairo dica la verità’”.

A pagina 13 l’analisi di Guido Rampoldi: “La verità su Regeni, prime crepe su Al-Sisi”. “Che magistrati egiziani -sottolinea Rampoldi- sia pure protetti dall’anonimato, osino raccontare la verità negata da un regime che ammazza per molto meno, questa è una notizia da non poco. A quanto pare il vertice egiziano sta perdendo presa sul suo nemico, non tanto i Fratelli musulmani quanto la società civile”.

Primarie Usa

Al ‘SuperTuesday’ per i repubblicani si è votato in 11 Stati, dove i delegati in palio erano 595 ; per i Democratici invece, il voto c’è stato in 12 Stati con 894 delegati in gioco. Donald Trump ha conquistato Arkansas,Georgia, Virginia, Alabama, Massachusetts, Tennessee e Vermont. Ted Cruz ha vinto invece in tre Stati, il suo Texas, l’Alaska e l’Oklahoma. Il senatore della Florida, Marco Rubio,ha vinto in Minnesota.

Per quel che riguarda il fronte democratici, Hillary Clinton ha vinto in Virginia, Georgia, Alabama, Tennessee, Arkansas, Massachusetts, Texas e il territorio delle Samoa americane. Bernie Sanders ha conquistato quattro Stati: il suo Vermont, l’Oklahoma,il Colorado e il Minnesota.

Il Corriere, pagina 14: “Hillary allunga, Trump si conferma”, “Primarie: l’ex first lady vince in Georgia e Virgina ma cede il Vermont. Il tycoon avanti tra i repubblicani”. Ne scrive Giuseppe Sarcina, che si trova in Georgia e offre alla pagina seguente un reportage dal Paese: “I bianchi del profondo Sud, ‘Donald è il nostro riscatto’”, “In Georgia. Il popolo del magnate”, “Anziani, madri coi passeggini, contadini, piccoli imprenditori: voci e volti di chi vota per il miliardario. ‘Un uomo forte, che non manda americani in guerra’”.

Maria Laura Rodotà si occupa invece del fronte democratico: “Sanders promette di restare in gara. Clinton guarda oltre”. Bernie Sanders ha fatto sapere che comunque vada, resta in corsa, fino alla convention di luglio.

Su La Repubblica: “Nel Supermartedì Hillary e Trump continuano la corsa”, “I primi exit poll confermano la loro leadership. I sondaggi: la candidata democratica avanti sul rivale”.

E il reportage di Federico Rampini da Houston sul candidato repubblicano Ted Cruz: “Bibbia, armi e il Muro, nella Fort Alamo dei Repubblicani Ted Cruz tenta il rilancio”, “Il senatore del Texas è il candidato alternativo della destra. E attacca il rivale Donald, ‘Costruirò una barriera anti-stranieri’”. I politici locali che lo appoggiano, ovvero l’ex governatore del Texas Rick Perry e il suo successore Greg Abbott, lanciano dal palco del teatro della Baptist University la madre di tutte la accuse: “Non si può votare per uno come Trump che dice di non chiedere mai perdono a Dio. Con Obama per sette anni e mezzo le nostre libertà religiose sono state sotto attacco. Cruz ha due guide nella sua vita: la Bibbia e la Costituzione”. Poi le parole di Cruz, che attacca da destra Trump: “Trump dice che vuole deportare 12 milioni di clandestini, ma abbiamo scoperto che lui li assume nei suoi cantieri e nei suoi resort. E c’è un’intervista segreta al New York Times in cui confessa che una volta eletto sarebbe aperto ai compromessi. Io no, io costruirò il Muro con il Messico e funzionerà: così come Israele è riuscito al confine coi Territori palestinesi”. In politica estera attacca Trump perché “non è abbastanza allineato con Israele”. E se Trump ha difeso il waterboarding, Cruz dichiara che “i nostri soldati per colpa di Obama hanno le mani legate, io da presidente gli restituirò tutta la libertà di azione che hanno perduto”.

Su La Stampa: “Trump mette le mani sul ‘Supermartedì’”, “Nomination sempre più vicina. Hillary avanti ma lascia il Vermont a Sanders”, scrive Paolo Mastrolilli.

Ue, crisi migranti.

Sul Corriere, pagina 6: “Bruxelles prepara i 700 milioni per i profughi”, “Stanziamento triennale, i 300 disponibili nel 2016 destinati in gran parte alla Grecia”, scrive Ivo Caizzi.

Su La Repubblica, intervista al ministro degli Esteri polacco Witold Waszcykowski: “’Profughi, l’Ue non ricatti la Polonia’”, “Non possono tagliarci i fondi, l’invasione va fermata”.

Sul Corriere a pagina 6 il reportage di Marco Imarisio sullo sgombero di Calais: “Le fiamme di Calais”, “La rabbia dei migranti che incendiano le baracche: ‘Ma dov’è l’Europa?’”.

Grecia

Sul Corriere della Sera, il premier greco Alexis Tsipras, intervistato da Maria Serena Natale, dice: “Noi greci il volto umano dell’Europa. Ora solidarietà o sarà la fine per l’Unione”. Vede la necessità di un diverso approccio della sinistra europea? “Chi deve cambiare approccio è l’Europa. Il linguaggio dell’odio trova terreno fertile perché negli ultimi anni hanno prevalso politiche di austerità che hanno generato povertà ed emarginazione. Ma per cambiare questo, occorre modificare gli equilibri politici. Quello che viviamo oggi è un conflitto di idee, tra progressisti e conservatori, tra la Sinistra e la destra. A mio avviso, la Sinistra è in prima linea nella difesa dei valori europei di democrazia, giustizia e coesione sociale e costituisce l’unica valida alternativa alla destra estrema e populista. Ma è necessario che tutte le forze progressiste, indipendentemente dalla famiglia politica alla quale appartengono, comincino un vero dialogo per riportare l’Unione a questi principi”.

Libia

Su La Stampa: “A Roma la ‘war room’ anti-Isis che guiderà le azioni in Libia”, “Nel centro di coordinamento della coalizione si studia l’intervento. Il ministro Gentiloni: la pianificazione è a un livello molto avanzato”. Ne scrive Francesco Grignetti.

Su Il Fatto: “Senza governo, Roma si affida alle tribù e alle milizie per l’intervento in Libia”, “doppio fronte”, “Da Misurata a Sabrata i gruppi armati che si oppongono all’Isis”, di Nancy Porsia.

Siria

Su La Stampa, a pagina 9 un articolo di Lucia Sgueglia da Mosca: “Così la Russia pianifica una Siria divisa in tre”, “L’idea di un confine lungo linee etnico-religiose. Curdi inclusi nei negoziati”. La svolta sarebbe venuta proprio sulla questione dei curdi siriani: alcuni di loro avrebbero parlato ai giornalisti russi della “desiderabilità” di una “decentralizzazione” della Siria per porre fine alla guerra. Le tre divisioni della mappa siriana su cui ci sarebbe stata una “comprensione” tra Russia e Usa: Nord ai curdi; Sud con Damasco capitale che ospiterebbe alawiti, drusi e cristiani; Centro ai sunniti. E Assad sarebbe d’accordo.

Sulla stessa pagina, intervista di Giordano Stabile (da Beirut) al leader druso Walid Jumblatt, che dice: “Stiamo per assistere alla spartizione del Paese. E’ come la Polonia nel ’39’”, “Usa e Mosca già d’accordo”.

Iraq

Su La Repubblica: “Iraq, gli Usa preparano l’offensiva, ‘Presto riprenderemo Mosul’”, “Entro marzo partirà l’attacco alla città simbolo ostaggio dello Stato islamico. L’avanzata delle truppe di Baghdad sarà coperta dagli elicotteri d’assalto americani”, scrive Giampaolo Caladanu.

Brexit

Sul Corriere alle pagine delle Idee e delle opinioni, un commento di Wolfgang Munchau (editorialista del Financial Times) sul referendum in Gran Bretagna: “L’Europa senza Londra. Le molte conseguenze di una scelta difficile”, “Sovranità. L’idea di una Brexit sembra spaventosa alla stragrande maggioranza degli europei, me compreso. Ma se dovesse accadere, questa decisione apparirà come una vera scelta democratica”.

Cina

Sul Corriere: “Cina, il tramonto della classe operaia”, “L’industria pesante è da tempo in crisi di debito e sovraccapacità. La scure del governo centrale pronta ad abbattersi sui lavoratori”, scrive Guido Santevecchi da Pechino.

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