Corriere della Sera: “Telecom, l’offerta spagnola”, “Sì dei soci italiani: Telefonica sarà primo azionista con il22%”, “Calerà la quota di Generali, Intesa e Mediobanca in Telco. Si apre un caso politico”.
A centro pagina, la cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico con il presidente della Repubblica, con foto di Napolitano, offre l’occasione per un commento di Andrea Ichino: “Scuola, serve un’operazione verità”.
A centro pagina anche la politica italiana: “Nuova offensiva di Napolitano e Letta per evitare la crisi”.
Sulle elezioni tedesche, di spalla: “Cosa Merkel farà ora per l’Europa (e cosa no)”, di Franco Venturini.
La Stampa: “Letta al Pdl: patto per il 2014. Il premier: legge di Stabilità decisiva. E dopo il voto tedesco elogia le larghe intese. Merkel dal trionfo alle trattative con i socialdemocratici per formare il governo”:
In alto: “Telecom agli spagnoli. Raggiunto l’accordo”. “Svolta nei negoziati: operazione da 800 milioni di euro”. “Addio mito del tricolore” è il titolo del commento di Francesco Manacorda.
Da segnalare in prima un “appello” di Desmond Tutu: “Dobbiamo salvare i bimbi siriani”.
La Repubblica: “Napolitano blinda il governo Letta”, “’La politica eviti rotture’. I sindacati: giù le tasse o è scontro”.
A centro pagina, con foto dal Kenya: “La lunga battaglia di Nairobi: decine di morti”.
In taglio basso: “Merkel apre alla Spd, ‘Ora serve stabilità’”.
Di spalla, un carteggio tra Ratzinger e Piergiorgio Odifreddi.
Libero: “Così Renzi farà fuori Letta. Il sindaco ha fretta di far cadere il compagno di partito e andare al voto per non restare incastrato a Firenze. Ma non si capisce che voglia fare da premier: i piano economici del suo guru mettono i brividi”. A centro pagina “Il trionfo della Merkel”, con un commento di Mario Giordano: “La lezione tedesca: spazi enormi per euroscettici seri”.
L’Unità: “L’Italia non ci sta ai ricatti Pdl”, “Camusso: giù le tasse sul lavoro o sarà mobilitazione unitaria. ‘Se i conti non tornano, colpa della destra’. Squinzi: la priorità è tagliare il cuneo fiscale, non l’Iva. Il premier: sì al confronto con sindacati e imprese. Napolitano: la politica eviti rotture, non buttare i primi segni di ripresa”.
A centro pagina, le elezioni tedesche: “Un trionfo complicato. E Merkel apre alla Spd”.
E a centro pagina anche la politica italiana: “Bersani: chi mi accusa spara il colpo 102”.
Europa: “Letta chiede un impegno per il 2014, Napolitano è con lui. Ancora scintille con Matteo Renzi. Ora il presidente del consiglio si fa forte anche del risultato tedesco, ma sulla situazione economica si sentono avvertimenti e critiche”.
Il Sole 24 Ore: “Merkel: in Europa resta la politica del rigore”, “’La nostra linea non cambia, gli altri ce la faranno’”.
Di spalla: “Appello di Napolitano: primi segni di ripresa, l apolitica eviti rotture”.
Sotto la testata: “Offerta Telefonica per salire al 70% di Telco”.
In taglio basso, la richiesta del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: “’Prioritario il cuneo, non l’Iva’”.
Il Fatto quotidiano: “Vince la Merkel. Pagheremo caro, pagheremo tutto”. “Il terzo trionfo della cancelliera tedesca assicura alla Germania altri quattro anni di stabilità. Un voto ottenuto sulla buona amministrazione e sulla linea dura verso i Paesi con i conti in disordine, come l’Italia. Che dovrà stringere ancora di più la cinghia con un governo diviso su tutto”.
Il Giornale: “Lo Stato non paga l’Iva”, “Mentre qualcuno a sinistra ancora cerca di aumentarla, il Fisco riesce a ‘evaderla’. Rimborsa in ritardo i crediti d’imposta e adesso l’Europa ci vuole punire”.
A centro pagina, con foto di Montanelli: “Montanelli disse:’In Italia i giudici rovinano la gente’. Nell’85 bastonava le toghe: ‘Non pagano per gli errori, la giustizia è catastrofica’”.
In taglio basso: “Così la Spagna si mangerà Telecom”.
Il Foglio dedica il titolo di apertura all’attentato di Nairobi: “Colpire Nairobi era il grande tabù dei somali di Shabaab. Non vale più”. Di spalla “le tribolazioni parallele di Telecom e Alitalia privatizzate all’italiana. Gli azionisti tricolori si sfilano, il debito sale. Ora è possibile la scalata dei soci stranieri (e il ritorno dello stato)”.
Merkel
Primo contatto ieri della Cancelliera Merkel con i socialdemocratici, in vista di un negoziato che, come scrive Il Sole 24 Ore, si preannuncia lungo e difficile, per creare la prossima coalizione di governo. La cancelliera ha ribadito che la politica europea della Germania non cambierà perché – ha detto – non c’è bisogno di cambiarla. Ha detto anche che aspetterà la riunione del direttivo dei socialdemocratici già fissato per venerdì. Del resto, nel 2005 la grande coalizione richiese 65 giorni di trattative.
E stavolta la Cancelliera si presenta in posizione di forza, visto che è al 41,5 per cento dei voti, mentre la Spd si è fermata al 25,7. E i socialdemocratici sono rimasti scottati proprio dall’esperienza della Grande coalizione del 2005, nel dover amministrare l’eredità dell’ex cancelliere Schroeder dividendosi sulle riforme del mercato del lavoro da lui volute. Ieri il Presidente Spd Sigmar Gabriel ha detto che “la grande coalizione non è automatica”. Buona parte del partito è contraria.
Scrive il Corriere della Sera che alla sede Spd, la Willy Brandt Haus, tutti sono decisi a vendere cara la pelle: Gabriel ha dichiarato che il suo partito non ha nessuna intenzione di farsi stritolare, come è accaduto ai liberali, che ora sono fuori dal Parlamento, e che erano gli alleati di governo della cancelliera.
Il Sole 24 Ore scriveva anche di come i socialdemocratici si siano interrogati sulla adeguatezza del candidato cancelliere sconfitto Peer Steinbruck. Il Corriere parla di Hannelore Kraft, governatrice del più popoloso land della Germania, la Nord-Renania Westfalia, che nelle speranze di alcuni è quasi una Merkel socialdemocratica. Sicuramente è la più popolare. Cresciuta con la nonna percghé i genitori operai facevano lunghi turni, una lunga gavetta nel partito regionale.
Ancora dal Corriere, Paolo Lepri firma un approfondimento: “Così ha visto l’alba la Merkel-Republik. La macchina di partito-Stato della Cdu”. “E’ stata una campagna presidenziale e la Merkel si comporta e viene percepita quasi come un Presidente”. Sullo stesso quotidiano, Franco Venturini sottolinea che la Cancelliera ha ora la chance di diventare una guida meno riluttante verso l’esterno e meno prudente verso l’interno. Ma certo non cambierà, scrive Venturini, “il concetto della Germania virtuosa e modello d’Europa. Dopotutto è al minimo storico di disoccupazione, cresce a sufficienza, ha i conti in ordine, nelle esportazioni viene battuta solo dalla Cina, e questo mentre mezzo mondo patisce la crisi. Sarebbe inumano chiedere ai tedeschi di non considerarsi un modello, di dimenticare i pesanti sacrifici compiuti quando venivano attuate le riforme attuate da Schroeder, (mentre altri, Italia compresa, continuavano a produrre debito)”. La Merkel ha aggiunto un “pizzico di protestantesimo culturale: noi abbiamo sofferto quando è toccato a noi, ora siamo forti e tocca a voi fare le persone serie”.
Il Sole 24 Ore: “Per allentare il rigore l’Europa spera nei socialdemocratici”. Tre sono i dossier che da qui alla fine della legislatura terranno impegnata la Germania e i governi europei: il completamento dell’unione bancaria, il cui cammino è stato ostacolato in questi anni dalla Merkel, la riforma della unione monetaria, nuovi aiuti ai Paesi in crisi e in particolare alla Grecia.
Sullo stesso quotidiano Stefano Folli scrive che, se nascerà, la Grande coalizione non sarà basata su un equilibrio paritario, dati i risultati elettorali. Difficile è credere poi che la cancelliera accetti di modificare la sua politica europea. Ancor più difficile è immaginare che i socialdemocratici, deboli come sono, vogliano avviare un braccio di ferro interno a tutto vantaggio dei Paesi del sud. Forse la socialdemocrazia degli anni d’oro di Schimdt l’avrebbe fatto, ma l’Spd di oggi è un altro partito, abituato a tener d’occhio gli umori dell’elettorato. Un elettorato che ha escluso dal Bundestag il partito antieuro per poche migliaia di voti. Riferendosi anche alla sinistra italiana, Folli scrive che essa fatica ad “accettare la realtà”. E la realtà è che la Merkel, esponente del centro moderato, è stata rieletta a furor di popolo nel mezzo di una crisi che al fondo non risparmia neppure la Germania. Sarebbe preferibile che le forze politiche, dal Pd al Pdl, si dimostrassero capaci di dare un senso al termine “grande coalizione”, la formula su cui si fonda l’esecutivo di Enrico Letta. Fra poco l’esempio della Germania potrebbe imporsi e allora i misurerà la voragine politica e pratica fra l’alleanza tedesca e la fragile intesa italiana.
La Repubblica titola: “Merkel, la svolta dopo il trionfo, ‘il rigore da solo non basta, ora per l’Europa una nuova fase’”. Nella corrispondenza di Andrea Tarquini si riferiscono le parole pronunciate dalla cancelliera: “Noi non chiediamo agli altri membri dell’eurozona né a noi stessi rigore e basta. Il problema importante è il recupero di competitività dell’area della moneta unica. Dobbiamo anche imparare a essere umili, noi tedeschi: 10 o 15 anni fa, per competitività e peso del debito, eravamo noi il grande malato d’Europa. Se noi ce l’abbiamo fatta, con grandi riforme, posso sperare che i Paesi amici ora in crisi, possano farcela anche loro, con percorsi analoghi’”.
La Repubblica intervista il direttore della Die Zeit Giovanni Di Lorenzo, che sottolinea due cambiamenti intervenuti in queste elezioni: la prima è che la Cdu finora alle elezioni andava peggio che nei sondaggi, qui è stato l’opposto. La seconda, che i liberali finora ce l’avevano sempre fatta all’ultimo, in elezioni federali. Il governo è stato punito dal voto, c’è un grande scontento verso la coalizione uscente, gli elettori la considerano la peggior prospettiva per il futuro dopo una coalizione Linke-Spd-Verdi. E’ la vittoria personale della cancelliera e del suo modo di fare”. “La Merkel ha infatti introdotto il principio di una leadership senza gesti autoritari, senza necessità di umiliare o ridicolizzare le persone con cui lavori o i tuoi avversari. Uno stile collegiale”. Di Lorenzo sottolinea anche che è stata lei a volere la graduale dismissione delle centrali nucleari e un ministro omosessuale al governo come titolare degli esteri.
Due titoli segnaliamo da il Corriere e da La Stampa: “Perché a Berlino non c’è (mai) uno Scilipoti”, di Pier Luigi Battista (“Chi vince, come la Cdu-Csu, con oltre il 41 per cento dei voti, non fa piagnistei, rispetta la legge elettorale”), e “Il Paese senza Scilipoten”, di Massimo Gramellini.
Napolitano, governo, economia
Ieri il Presidente della Repubblica ha preso parte alla cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico. Le sue parole ,come riferite dal Corriere: “L’economia e l’occupazione tardano a riprendersi ma i primi segni di ripresa si vedono, e si riaffaccia la speranza di un nuovo, più solido sviluppo, su basi più giuste della economia e della società. La politica non sprechi questo momento più favorevole e faccia, attraverso il governo e il Parlamento, la sua parte, procedendo senza incertezze né tantomeno rotture nel compiere le azioni necessarie”.
La Repubblica titola: “Napolitano avverte la maggioranza: ‘Niente crisi, va colta la ripresa. Letta: ‘Nuovo patto di coalizione’”. Il Corriere della Sera dà conto delle parole pronunciate dal Presidente del Consiglio ieri dal Canada: “La legge di Stabilitàò sarà il passaggio chiave, il momento in cui chiameremo la coalizione ad assumersi gli impegni per il futuro, per tutto il 2014”.
E La Repubblica titola: “Il premier ora vuola la verifica, ‘basta con il tiro al piccione’, ‘o mi faccio da parte’. Berlusconi: lo terremo in piedi”.
Il quotidiano spiega che il presidente del Consiglio pretende un accordo sulla legge di Stabilità prima che approdi in Consiglio dei ministri (entro metà ottobre). Secondo La Repubblica Letta non ha ancora deciso se il passaggio, che sarà comunque parlamentare, comporterà una mozione di fiducia da affiancare alla legge. Potrebbe in alternativa rivolgersi alla coalizione con un appello in Aula.
Su Il Giornale: “Berlusconi sta alla finestra: sarà il Pd a far cadere Letta”. E parlando ancora di “governo in bilico”, titola: “Tutti all’attacco del governo. Solo il Colle difende il premier”, “Sindacati e Confindustria vogliono risposte sul taglio del cuneo fiscale”.
Partiamo da questo ultimo tema per dar conto delle parole pronunciate dal Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che, parlando del dibattito sull’aumento dell’Iva, ha detto: “Non è la cosa prioritaria”. Per Squinzi è meglio concentrarsi sui problemi dell’economia e “l’intervento sul cuneo fiscale è il banco di prova per le buone intenzioni dell’esecutivo”.
E la segretario Cgil Camusso, come riferisce L’Unità, rompe anch’essa gli indugi e avverte il governo: “Se la legge di stabilità non scioglie il nodo della riduzione della tassazione per lavoratori e pensionati e della redistribuzione del reddito non si può che procedere con la mobilitazione unitaria”. Il quotidiano ricorda che qualche mese fa i sindacati hanno sottoscritto con Confindustria un documento con cui si chiedeva un forte calo del cuneo fiscale e che lo scorso 18 settembre i tre sindacati confederali avevano inviato una lettera a Letta: in quel testo chiedevano al governo di avviare immediatamente un confronto sui contenuti della prossima legge di stabilità.
Anche su L’Unità: “Squinzi: ‘congelare il rialzo dell’Iva non è una priorità’”.
Sulla prima pagina de Il Sole 24 Ore il direttore Roberto Napoletano scrive: “Non ha senso fare un governo e poi non farlo governare. Non ha senso fare un governo e non sostenerlo in Parlamento”, “non è vero che il governo Letta non ha fatto niente per sostenere la crescita (vedi decreto del fare) ma può e (assolutamente) deve riuscire a fare molto di più”, “non ne possiamo più di aut-aut su Imu e Iva (vero onorevole Brunetta) senza mai affrontare il tema (urgente) che è sotto gli occhi di tutti: evitare che imprese e famiglie, lo stato di salute e il lavoro delle persone, finiscano in un tunnel”. Napoletano si riferisce esplicitamente ai lavori della assemblea nazionale del Pd e alle polemiche incrociate Renzi-Cuperlo, Renzi-Letta, Renzi-Epifani: comportamenti che dimostrano che non c’è consapevolezza dello stato effettivo del Paese, “e chi li attua perde titoli per aspirare a governarlo”. Prima che sia troppo tardi qualcuno si prenda cura delle “derive illusionistiche di Renzi e aiuti lui e gli altri a studiare (con cognizione di causa) i problemi reali”, “questa povera Italia di salvatori della patria e di imbonitori ne ha avuti già troppi”.
Pd
Ieri Matteo Renzi ha partecipato a una trasmissione tv di cui dà conto il Corriere, riferendo le sue parole: “L’assemblea del Pd ha fatto una brutta figura. Un gruppo dirigente rancoroso ha cercato di buttare tutto in caciara. Non vogliono fare né il congresso né le primarie perché poi sanno che si volta pagina. Io sto in un angolino, quando hanno sfogato i rancori ci facciano un colpo di telefono”.
Pierluigi Bersani, intervistato da L’Unità, risponde alla accusa di aver “remato contro il buon esito della Assemblea Nazionale”; e dice: “Ne ho già passate 101, vorrei risparmiarmi la 102esima”. “In questa caotica discussione sento arrivare verso di me delle insinuazioni o peggio delle accuse, che mi dipingono come un mestatore: agli antipodi di quello che sono. Vorrei dire agli uni e agli altri soltanto una cosa: mi si lasci in pace. Ho smesso di fare il segretario ma non ho smesso di ragionare per la ditta, con le mie idee, ma per la ditta e alla luce del sole. Non accetto che mi si attribuiscano manovre. Questo, francamente, è difficile da sopportare”.
La Repubblica: “Renzi accusa: ‘vogliono rinviare il Congresso”. Il quotidiano scrive che in casa democratica, dopo il fallimento della assemblea della settimana scorsa che avrebbe dovuto cambiare lo statuto e non è riuscita a farlo, si lavora ad una road map serratissima e ad un accordo politico per far sì che – una volta eletto il segretario – la corsa alla premiership venga aperta anche ad altri esponenti del Pd. Spiega il quotidiano che si sta lavorando ad una mediazione tra i candidati alla segreteria: un ordine del giorno che permetta ad altri esponenti del partito, oltre al segretario, di correre per la poltrona di premier. A votarlo dovrebbe essere la direzione convocata per venerdì 27. Una clausola del genere permetterebbe ad Enrico Letta di sfidare, eventualmente, Matteo Renzi, e placherebbe gli animi di chi, nel Pd, continua a non fidarsi del sindaco. Da parte sua, Renzi pare non abbia nulla in contrario. Spiegano nel suo entourage: quello che non potremmo mai accettare è un accordo che dicesse che chi fa il segretario si impegna a non essere il candidato premier. Ieri il segretario Pd Epifani ha ribadito: “non credo che si possano fare il sindaco e il segretario insieme”. Renzi aveva detto del governo: “Non ho fretta di farlo cadere, ho fretta di farlo lavorare, perché ‘è come una bici, sta in piedi se corre’”. Ed Epifani: “Renzi metterà pepe, ma sto a quel che dice: non farà cadere Letta”.
Secondo Maurizio Belpietro, che firma l’editoriale su Libero, il Pd è passato “da un segretario che per spiegarsi usava la metafora del tacchino sul tetto, ad un aspirante segretario che per vincere usa la storiella della bicicletta che sta in piedi solo se corre. E’ tutta qui l’evoluzione del Partito Democratico: nelle battute. Prima, quando c’era Bersani, non si capivano. Adesso che c’è Renzi che vuole prendere il posto di Epifani si capiscono fin troppo bene”. Secondo Belpietro l’obiettivo di Renzi è Letta prima ancora che Berlusconi (“l’ex gli serviva solo per mettere in difficoltà i suoi compagni di partito, quelli disposti a trovare una soluzione per consentire la navigazione del governo”, ma “alla fine a lui interessa solo una cosa: impedire che l’esecutivo resti a galla”, peché “più rimane e più per luii si avvicina lo spettro di rimanere incastrato a Firenze, e come si sa il secondo mandato non è mai né più amato né migliore del primo”.
Stefano Menichini, sulla prima pagina di Europa (“L’errore che il premier non deve compiere”) scrive che “come ‘è visto alla assemblea Pd, non è solo Renzi a esprimersi criticamente con il governo. Casomai il sindaco è, al solito, lesto e agile a cogliere e interpretare un umore diffuso che era presente persino nella relazione di Epifani. Con qualcosa di più denso delle battute renziani: il richiamo a quella nefasta ‘seconda fase’ del governo Monti alla quale tanti democratici (Bersani in primis) attribuiscono l’origine di ogni male, quando Berlusconi staccò la spina ai tecnici e il Pd rimase con le dita nella presa”.
Internazionale
“Ciclone Roahni a New York”, titola La Stampa, dando conto dell’arrivo alla 68esima assemblea generale Onu del nuovo presidente iraniano. “Aperture sul nucleare, scarcerazione dei dissidenti e dialogo con Obama. Il Presidente iraniano è il protagonsita più atteso della settimana all’Onu”, scrive il corrispondente da New York. Il Corriere della Sera intervista il ministro degli esteri Emma Bonino: “All’Onu c’è una atmosfera nuova. Dobbiamo esplorare i segnali dall’Iran”, “gli iraniani conoscono bene la gravità dell’uso delle armi chimiche”. Alla pagina precedente del quotidiano le notizie dall’Egitto: “Al bando i Fratelli Musulmani, confiscati anche i loro beni”, “i generali egiziani proibiscono ogni attività del movimento”.
Anche su La Stampa: “L’Egitto mette al bando i Fratelli Musulmani”. Su L’Unità: “I Fratelli Musulmani messi al bando in Egitto”. A prendere la decisione è stato il tribunale civile del Cairo, che ha accolto il ricorso presentato dal partito di sinistra El Tagammoe, che aveva chiesto questa misura accusando la Fratellanza di stoccare armi nei suoi uffici e di essere impegnata in attività illegali.
E poi
“Bartali il giusto”, titola L’Unità. Al ciclista verrà data l’onorificenza di “Giusto tra le nazioni” che si attribuisce a quanti, non ebrei, misero a rischio la propria esistenza per salvare gli ebrei durante le persecuzioni nazifasciste. Il sacrario della memoria di Gerusalemme, Yad Vashem, spiega che dopo l’occupazione tedesca fu messa in piedi dal rabbino di Firenze Nathan Cassuto e dall’Arcivescovo Elia Angelo dalla Costa una rete di soccorso. Bartali agì “come corriere della rete”, nascondendo falsi documenti e carte, nella sua bicicletta, e trasportandoli attraverso le città, con la scusa che si sta allenando”. Nascondeva i documenti nei tubi della bicicletta, nel manubrio.
Anche su La Stampa: “Bartali, il campione che aiutava gli ebrei”.