Merkel: no agli eurobond

Il Corriere della Sera: “Italia sotto pressione sui mercati. Monti da Napolitano, oggi vedrà i leader della maggioranza”.

La Repubblica: “Eurobond, la Merkel gela le Borse. I no della Cancelliera a pochi giorni dal Consiglio europeo. Documento di Draghi e tre presidenti Ue: Bruxelles potrà riscrivere i bilanci dei singoli Stati”.

Libero: “Crauti amari per i crucchi. La Merkel boccia ancora gli eurobond e i mercati vanno ko. Ma se l’euro va a rotoli, il conto più salato lo pagheranno i tedeschi. Bisognerebbe prenderli a pedate però Monti non è Balotelli”.

Il Giornale: “La Merkel ci uccide”

Il Fatto: “Italia Germania, l’ultima partita. Non c’è solo il pallone: è la settimana del vertice europeo più importanrte degli ultimi anni e della sfida Monti-Merkel sul destino dell’euro per salvare l’Europa. Obama tifa Italia, il premier si affida al Quirinale”.

Europa, Italia

Il Corriere e La Repubblica parlano di una “bozza” di piano preparata da Draghi. Barroso, Van Rompuy e Juncker, un rapporto sulla situazione dell’area euro, in base al quale “non solo la Finanziaria di uno Stato che abbia i conti in disordine sarà esaminata in Europa, prima ancora di approdare in Parlamento: sarebbe anche di fatto riscritta a Bruxlesse se non convince e, con la pena di multe salate se non si adeguasse”. L’ipotesi, indicata ieri dal Financial Times, è che Bruxelles possa emendare la manovra di un Paese che ha un deficit o un debito eccessivo. “Si tratta di un cambio radicale per governi che in fondo si vedono ancora comne eredi di democrazie liberali ottocentesche, quano quasi ogni capitale d’Europa era il centro di un impero”, scrive il Corriere, che aggiunge che la Francia “potrebbe essere un ostacolo su questa strada, perché è “l’ultimo dei grandi Stati dell’euro rimasti attaccati alla propria idea di sovranità”. Hollande ha “segnalato che è disposto a rinunciarvi” in cambio di una forma di eurobond, che però Angela Merkel continua a non volere. Merkel incontrerà domani il presidente francese.

Su Il Sole 24 Ore un intervento dell’economia Donato Masciandaro sottolinea come l’unione banncaria “è divenuta una priorità nell’agenda politica dell’Unione, di fronte alla perdurante instabilità che nasce dal ciclo vizioso tra debiti sovrani e debiti bancari. Una vera unione bancaria significa, a regime, avere banche uropee che vengono sorvegliate con regole comuni da un supervisore europeo, pagano tasse all’Unione e vengono asciurate e liquidate, se del caso, sempre dall’Unione”. Per arrivare a questo obiettivo, scrive Masciandaro, serve “una evoluzione della Bce che abbia come perno le regole che governano iprestiti alle banche”, cioé quella che viene chiamata “funzione di prestatore di ultima istanza” che la  Bce peraltro già svolge, e che è crescito dal 2010 ad oggi, tanto che oggi la Bce, “da prestatore di ultima istanza, è divenuta prestatore di prima istanza”, la sua discrezionalità è aumentata, e oggi “deve avere gli stessi poteri di un supervisore bancario a tutti gli effetti”. Per proseguire su questa strada “non occorrono modifiche dei Trattati né decisioni parlamentari né consultazioni popolari”. “E’ questa la strada ottimale? In tempo normali e in generale l’accentramento in una banca centrale sia della politica monetaria che in tutta la politica di vigilianza significa assumere dei rischi che possono minare l’efficacia di entrambe le politiche. Ma questi non sono tempi normali. E soprattutto va evitata un’altra strada, che è peggiore: dare maggiori poteri all’attuale Eba”, poiché attualmente è “un soggetto istituzionalmente debole, né indipendente né accountable, preda delle pressioni della politica o dei supervisori nazionali più influenti, come gli inglesi o i tedeschi”.

Il Corriere della Sera intervista Wolfgang Munchau, editorialista e condirettore del Financial Times, secondo cui il primo ministro italiano è nella posizione migliore, tra i leaders europei, per opporsi ad Angela Merkel, “perché Mario Monti è un insider dell’Europa, l’ultimo e principale degli insider europei. La Merkel e gli altri leader lo sanno ed hanno fiducia nel vostro premier. Secondo Munchau “l’Italia è in una posizione di importanza cardinale nella crisi dell’eurozona” e “sarà la prossima ad essere attaccata sui mercati” perché “il livello di debito pubblico, che è attorno al 120 per cento del Pil, è in contraddizione tanto con le performance di crescita quanto con i tassi di interessi correnti. In altre parole, a meno che le circostanze non mutino, l’Italia non può restare nell’Euro. L’Italia necessità di un meccanismo per ridurre a livello sostenibile i tassi di interesse. Ha bisogno degli eurobond, e ne ha bisogno anche la Spagna per le sue banche”. Quindi, Monti dovrebbe parlare, è “il solo che ne ha l’autorevolezza” per sottolineare che “se la Germania non accetta la mutualizzazione del debito, l’Italia non può restare membro dell’euro”.
Alla vigilia del vertice, scrive Il Giornale, Monti tenta di aggrapparsi ai partiti perché lo sostengano nella battaglia di Bruxelles: “Ma si sente solo. Percepisce che i partiti che lo sostengono lo fanno con sempre maggiore mal di pancia. E per questo farà un giro di consultazioni con i segretari della sua ‘strana maggioranza’: oggi incontrerà il Pdl nella persona del segretario Alfano, accompagnato da Silvio Berlusconi e dall’ex sottosegretario Gianni Letta, “faccia a faccia determinante” posto che Monti non ha per nulla apprezzato le recenti posizioni anti-europeiste del Cavaliere. Dal canto suo, scrive Il Giornale, “Berlusconi non ha condiviso l’atteggiamento un po’ troppo supino nei confronti di Berlino, e chiederà al professore di mettere al bando ogni tipo di timidezza”. Il quotidiano spiega che Monti vorrebbe un appoggio pieno alla sua strategia e portare in Europa un solo testo condiviso in Parlamento: perché la strana maggioranza si presenta frastagliata, con ben cinque mozioni da discutere, sebbene in gran parte sovrapponibili. E per Monti sarebbe un’arma in più quella di andare a sventolare a Bruxelles un solo documento”. Su L’Unità: “Monti ai partiti: mozione unitaria per Bruxelles”. Ieri il presidente del Consiglio e il capo dello Stato si sarebbero confidati “la reciproca preoccupazione per la rigidità della cancelliera tedesca”. L’Unità parla di “cauto ottimismo” e scrive che “all’apparenza nel Pdl monta la fronda degli ex An e dei movimentisti alla Santanché, al grido di ‘se il premier torna a mani vuote il governo non ha più ragion d’essere’. Ma in realtà i partiti della ‘strana maggioranza’ si stanno muovendo per sminare la strada del professore verso l’appuntamento. Dove le aspettative sono alte: ‘Cosa ci aspettiamo? – ha detto il leader Pd Bersani. Un gol come Pirlo’. Monti lo sa, e la sua mission è ottenere la mozione comune sull’Europa dalla sua maggioranza”. Nel pomeriggio interverrà quindi a Montecitorio a conclusione della discussione sulla politica europea in Italia, e le trattative su un testo unitario “procedono febbrili”. L’Unità cita l’invito del Financial Times a Monti perché si confronti con la Merkel, e riferisce anche del consiglio dell’ex direttore dell’Economist Bill Emmott, che, a Monti, dice: “Sfidi i partiti a farlo cadere. Se questo dovesse accadere, come è probabile, le elezioni anticipate servirebbero a spazzare via la nebbia politica”.
Anche Il Foglio dedica due commenti all’Europa, a partire dai consigli di Munchau a Monti.

Il Fatto quotidiano scrive che ieri sera sul sito di Palazzo Chigi campeggiava la notizia della telefonata di Obama a Mario Monti, poiché, fa sapere il premier, il Presidente Usa “segue con attenzione l’impegno del governo italiano, per facilitare il consenso in Europa, sulle politiche per la crescita e la stabilizzazione del mercato dei titoli di debito pubblico”. Monti, scrive Il Fatto, attaccherà il catenaccio di Angela Merkel con il sostegno di uno sponsor potente come la Casa Bianca”. Non mancano le metafore calcistiche, nelle cronache dei giornali, e Il Fatto si chiede se al vertice i leader guarderanno la semifinale “che più simbolica non si può, durante il consiglio Ue di giovedì”.
Sul fronte interno, secondo Il Fatto, il Pdl prepara la crisi dopo il vertice di Bruxelles. Il premier, secondo il quotidiano, ha sottolineato che sul summit Ue si è creata una attesa sproporzionata rispetto alle reali capacità di decisione: non c’è alcun trofeo da riportare a Bruxelles. E’ più difficile cambiare un accordo che bloccarne uno”.
Anche sul Corriere: “Monti prepara la strategia Ue. Oggi vedrà Berlusconi e Bersani. Obama: bene l’impegno italiano”. Quanto alla mozione, secondo il quotidiano i partiti avrebbero trovato l’accordo solo su un preambolo unitario. E ci sarà il sostegno all’esecutivo, ma con voti incrociati: “Voteremo reciprocamente, ma mantenendo ognuno la propria identità”, ha detto il capogruppo Pdl Cicchitto.

Internazionale

Il Corriere della Sera parla di “giallo” sulle dichiarazioni che avrebbe rilasciato il neopresidente egiziano (dei Fratelli Musulmani)Mohamed Morsi. Sarebbero state contenute in un lancio dell’agenzia iraniana Farsi, e ci si riferiva ad una intervista che sarebbe stata rilasciata da Morsi prima dell’annuncio della vittoria. In tale intervista Morsi avrebbe detto che “il trattato di pace con Israele va rivisto, e le relazioni con l’Iran riattivate e rafforzate”. Ayman Ahmed, caporedattore del quotidiano egiziano Tahrir, dice: “Tali affermazioni sarebbero assurde ora, e in contrasto con la linea di Morsi, che nel suo primo discorso da vincitore ha anzi ribadito il rispetto dei trattati internazionali”. Un diplomatico di cui non è reso noto il nome sottolinea che la priorità al Cairo sono i rapporti con Ankara e Riad, e spiega che è piuttosto Teheran a volere l’alleanza con l’Egitto contro Israele. Nel pomeriggio è arrivata la smentita ufficiale della Fratellanza Musulmana: l’intervista non è mai esistita.

Anche La Stampa sottolinea come la vicenda sia una sorta di giallo, mentre l’unica certezza è che il presidente in pectore ha visitato il palazzo presidenziale e – soprattutto – ha avviato le consultazioni per la formazione del nuovo governo: il nuovo esecutivo non sarà composto soltanto dal Partito Libertà e Giustizia della Fratellanza, ma sarà allargato anche alle altre parti politiche. Si parla della poltrona di primo ministro per l’ex premio Nobel per la Pace El Baradei.

La Repubblica offre ai lettori un reportage dal Cairo di Alberto Stabile dedicato al primo giorno di Morsi da presidente: “l’ex clandestino nella stanza di Mubarak”. Si scrive che Morsi ha aperto al dialogo “con tutte le componenti della società: laici, liberali, donne, minoranze”. Ed ha promesso che a guidare il nuovo governo “di unità nazionale” non sarà un islamista. Tutt’altro che ottimista è lo scrittore Gamal Al Gitani, secondo cui con gli islamisti è stata “scippata” la rivoluzione: è pessimista “nel medio termine”, e “come me ben dieci milioni di cristiani copti, che infatti emigrano”; “I Fratelli Musulmani vogliono fondare il primo Stato religioso d’Egitto”, “pèerò nel lungo termine sono ottimista. Gli egiziani capiranno il gioco dell’Ikhwan (Fratellanza Musulmana). Verrà un’altra rivoluzione”.
Il Corriere della Sera ha un reportage che racconta il viaggio tra i cristiani dell’Alto Nilo, che denunciano: “Ci hanno impedito di votare”, o comunque hanno tentato di scoraggiare centinaia di elettori. Secondo l’inviato, Lorenzo Cremonesi, l’opinione tra loro prevalente è che avrebbero preferito Shafiq, il generale ultimo premier di Mubarak: “Però anche Morsi va bene – dicono. “Ora stiamo a vedere che accordo troverà con i militari. L’importante è che i Fratelli Musulmani non pretendano di cambiare le nostre vite private imponendo la legge islamica. In quel caso resisteremo. Nessuno potrà venire nel nostro villaggio a costringere le nostre donne a indossare il velo. Se lo faranno tra quattro anni riceveranno molti meno voti, e avremo un governo più laico”.
Una articolo sulla prima pagina de Il Foglio (“It’s the economy, infidels”) si sofferma sui problemi economici egiziani. “E ora al Cairo? I Fratelli Musulmani costretti al pragmatismo economico. I generali lasciano al presidente islamista, con poteri dimezzati, i dossier spinosi su moneta e deficit”.
Su Il Sole 24 Ore un lungo articolo spiega come la politica economica del movimento islamico sia liberista, centrata sul ruolo dei privati. Non a caso il sindacalista comunista El Hamalawy, blogger tra gli eroi di piazza Tahrir, dice: “La loro politica sociale è lo ‘zakhat’ (l’elemosina obbligatoria islamica). Non prevedono programmi di sviluppo statali. Niente sussidi né servizi pubblici. Se dovessi definire la loro politica economica sceglierei il liberismo della destra americana.

Una intera pagina de La Stampa si occupa degli Usa e, in particolare, della “vittoria a metà” di Obama sul fronte della immigrazione: la Corte Suprema ha infatti cancellato tre articoli della legge sull’immigrazione approvata in Arizona, la “SB1070”. Quattro gli aspetti fondamentali di questa normativa: richiede ai poliziotti locali di controllare lo status delle persone fermate se esiste il “ragionevole sospetto” che siano immigrati illegali; trasforma in reato per gli stranieri girare senza documenti che provino di essere entrati legalmente negli Stati Uniti e fare domanda di lavcoro se non si possiedono queste carte; consente di arrestare chiunque sulla base del sospetto che sia un illegale. L’amministrazione aveva fatto causa, perché riteneva che tale legge contrastasse con i poteri del governo federale. I giudici della Corte hanno deciso di cancellare gli ultimi tre articoli, ma hanno lasciato in vita il primo, cioé quello più controverso, perché minaccia di portare al “racial profiling” ovvero abusi nei confronti di persone che potrebbero esser sottoposte a controlli solo sulla base del loro aspetto o della loro “razza”. I giudici hanno però affermato che in tema di immigrazione la parola di Washington prevale su quella degli Stati. Obama si è detto soddisfatto ma ha chiesto al congresso una riforma complessiva. Il candidato del GOP Mitt Romney ha dichiarato che la questione dimostra il fallimento della Casa Bianca, perché non ha prodotto una riforma nazionale dell’immigrazione, ed ha ribadito il diritto degli Stati a gestire questi temi. Le implicazioni politiche di questo tema riguardano direttamente il voto degli ispanici, decisivo per vincere a novembre stati cruciali come Colorado, Nevada, New Mexico, Florida e la stessa Arizona. Obama qui ha un vantaggio netto: che secondo la Gallup è arrivato al 66 per cento contro il 25 di Romney. Obama è popolare perché ha proposto il dream act, riforma favorevole agli immigrati ma bloccata al Congresso dal Gop. E nei giorni scorsi ha annunciato che non deporterà più i figli degli illegali.
Sulla stessa pagina, un articolo è dedicato proprio a questo tema: Romney vira troppo a destra, a picco il sostegno tra i latinos, dove si legge che il candidato Repubblicano è in netto arretramento rispetto al 44 per cento ottenuto da Bush nel 2004 e anche al 31 per cento di McCain nel 2008.

E poi

Il Fatto riferisce di un ultimatum lanciato dal capo della polizia iraniana, il generale Ahmad-Reza Radan, al personale medico della Repubblica islamica: “Avete pochi giorni per togliervi le cravatte. Negli ospedali privati è diventata ormai una consuetudine vedere i medici con le cravatte, e questo è contrario al codice di abbigliamento islamico. Concediamo pochi giorni a tutti i medici per togliersi le cravatte, simbolo occidentale, altrimenti interverremo direttamente”.

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