Il Corriere della Sera: “Rissa in Aula, poi il lavoro passa. Dura protesta di 5 Stelle e Lega. Poletti: indennizzo legato all’età per i licenziamenti economici”. “Merkel apprezza la riforma e apre sulla flessibilità. Renzi: l’Europa non è solo vincoli”.
A centro pagina, con foto: “Muore il paziente zero di Ebola negli Usa”.
E poi: “Tettamanzi: eucarestia ai divorziati risposati? Sì, ma a tre condizioni”.
Accanto: “Alfano sui gay: c’è la legge da rispettare”.
La Repubblica: “Battaglia in Senato, poi la fiducia. Merkel: bene Renzi sul Jobs Act”, “M5S e Lega all’assalto di Grasso. Poletti conferma la modifica dell’art. 18 anche se non è nell’emendamento”. In taglio basso: “Ebola, è morto negli Usa il ‘paziente zero’”.
A destra, il richiamo all’intervista, alle pagine R2, ad Andrew Wylie, l’agente letterario dei Nobel: “Il padrone degli scrittori: ‘Fermeremo il camion di Amazon’” (“è solo un camionista digitale”, dice, accusando Amazon di tentare di piegare il gruppo Hachette ed altri editori rendendo introvabili i loro libri).
La Stampa: “Jobs Act, passa la fiducia”, “Il Senato nella notte approva la riforma del lavoro con 165 voti a favore”, “Renzi al summit europeo: deficit al 2,9. Merkel: l’Italia fa passi importanti. Manovra, tagli per tre miliardi alle Regioni”.
Sotto la testata, l’inchiesta sul Mose: “Galan: patteggio con 2,6 milioni”.
E le motivazioni della condanna al sindaco sospeso ed ex pm dell’inchiesta Why Not: “’De Magistris? Inchieste private’”, “I giudici: intercettava i parlamentari per obiettivi personali. E il sindaco sospeso di Napoli incontra la giunta”.
La foto a centro pagina raffigura Brittany Maynard, che si è trasferita in Oregon, dove è consentita l’eutanasia: “Gli auguri a mio marito, poi morirò’”, “Brittany commuove gli Usa: ha un tumore, il primo novembre l’eutanasia”.
Il Sole 24 Ore: “Jobs Act, via libera del Senato. I leader europei: sì alla riforma. Poletti: solo indennizzo per i licenziamenti economici”. “Voto di fiducia nella notte dopo la bagarre. Protesta di M5S e Lega: libri contro Grasso”.
Accanto: “Apertura della Merkel sulle spese da finanziare”. Le parole della Cancelliera sul calcolo della parte nazionale di cofinanziamento dei fondi europei sono state pronunciate ieri a Milano, alla conferenza sul lavoro voluta dalla Presidenza italiana.
A centro pagina: “Marchionne: resto fino al 2018. Elkann: pronti a nuove alleanze, la famiglia può ridurre la quota. Il Ceo di Fca: spazio ai giovani, abbiamo la panchina lunga. Lunedì il debutto a Wall Street”.
Il Giornale: “Tanto rumore per nulla. Così non cambierà il lavoro”. “La solita sceneggiata di sinistra: i senatori si scannano in Parlamento per una riforma che non esiste. Il governo annuncia sfracelli, poi fa retromarcia. Nel testo l’abolizione dell’articolo 18 non è mai citata”.
A centro pagina, con foto: “Questa ragazza si ucciderà tra 20 giorni”. “Un tumore e l’eutanasia a 29 anni”. La donna, una ventinovenne malata di cancro, ha detto che il suo non è suicidio: è una malata terminale, vuole solo morire con dignità
Sotto: “Ebola fa tremare anche il calcio. Pallone nel caos: i club non vogliono mandare i giocatori in coppa d’Africa”.
Il Giornale dedica anche un commento alla presentazione del libro dell’economista francese Piketty, in questi giorni in Italia: “Lo strano caso del marxista nel tempio del capitalismo”, ovvero alla Università Bocconi.
Il Fatto: “Il Senato s’incazza e guasta la festa a Renzi”, “Proteste dei 5 Stelle e lancio di libri da parte dei leghisti: Grasso sospende la seduta e fa imbestialire il premier che non riesce ad esibire lo scalpo dell’articolo 18 al vertice Ue di Milano. Tocci (Pd), schifato, si dimette da senatore. Fiducia nella notte: 165 sì a una delega in bianco”.
In taglio basso: “L’arbitro Rocchi ancora imputato per Calciopoli”.
E il porto di Molfetta: “Pd, che fenomeno: salva Azzollini (Ncd) per salvare Coop”, “L’autorizzazione negata per il presidente della commissione Bilancio indagato sulla presunta truffa da 150 milioni. Nell’affare la Cmc. Casson: ‘I dem coprono la casta’”.
Ddl lavoro
“Un Jobs Act con lentezza”, titola Il Fatto scrivendo che “Le opposizioni (e Grasso) rovinano l’effetto annuncio di Renz all’incontro europeo con Merkel e Hollande. La delega in bianco passa con 165 voti a favore e 111 contrari”. La fiducia è arrivata a tarda notte e, secondo il quotidiano, al presidente del Consiglio non sarebbe piaciuta la gestione dell’Aula del Senato da parte del presidente Grasso che, avendo espulso il capogruppo M5S Petrocelli – e quest’ultimo essendosi opposto- ha in qualche modo ritardato, con la successiva sospensione dei lavori, l’approvazione del Jobs Act.
Sulla stessa pagina, si dà conto del caos ieri in Aula e delle contestazioni M5S durante l’esposizione del provvedimento da parte del ministro del Lavoro Poletti: “L’ultima novità: il ministro ‘interruptus’”.
La Repubblica: “Il Senato vota la fiducia, tre i dissidenti del Pd. Scontro in aula con i grillini”, “Sono 165 i sì al Jobs Act, 111 no e 2 astenuti. Tra i dem non partecipano Casson, Mineo e Ricchiuti. E Tocci si dimette. Renzi: non molliamo”.
E in un “retroscena”, La Repubblica racconta così il punto di vista del presidente del Consiglio: “E il premier ora avverte: ‘Alla Camera non si cambia niente. La legge entro novembre’”. “È una partita chiusa, per Renzi”, secondo il quotidiano, perché la legge delega non cambierà di una virgola nemmeno alla Camera e il pressing della minoranza è destinato ad essere respinto. E si parla anche qui dell’ira del capo del governo sul presidente Grasso (troppi ondeggiamenti).
Il dossier del quotidiano tenta di spiegare cosa prevede la modifica della legge delega del governo: “lavori meno cari e sussidio universale. Articolo 18 rinviato al decreto, pochi i casi di reintegro”, “demansionamento possibile ma senza riduzioni di salario”.
La Stampa: “Caos Pd, la minoranza spaccata, alla fine restano solo in quattro”, “E il premier s’inalbera per il documento dei critico dei bersaniani”. Dove si dà conto della decisione del senatore Walter Tocci di votare la fiducia e poi dimettersi da senatore. Felice Casson si è già autosospeso dal gruppo dopo che la giunta per le autorizzazioni aveva votato in modo difforme rispetto alle sue indicazioni di votare a favore dell’utilizzo delle intercettazioni del senatore Ncd Azzollini. Il documento critico dei bersaniani è stato presentato ieri da 35 senatori. Il “retroscena” alla pagina seguente evidenzia le parole pronunciate da Renzi ieri al vertice Ue sul lavoro a Milano: “’Spodestati gruppi di potere’. Renzo esulta sulla scena europea”, “Al vertice di Milano il plauso della Merkel: passo importante”.
“Cosa c’è nel maxiemendamento del governo?”. A questa domanda risponde una pagina de La Stampa articolata per voci (dagli ammortizzatori ai contratti, dal demansionamento al salario minimo, passando, ovviamente, per i licenziamenti). Su quest’ultimo capitolo, riguardante quindi l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, si ricorda che è previsto che con i decreti legislativi vengano definite le fattispecie per le quali si manterrà il reintegro in caso di licenziamento definito illegittimo. Il reintegro resterà certamente per i licenziamenti discriminatori, mentre per quelli disciplinari verrà definita meglio la casistica.
“Serve la riforma, non uno scalpo”: è il titolo dell’analisi di Federico Fubini che compare in prima pagina su La Repubblica. Dove si legge: “è senz’altro legato alle pressioni europee”, il fatto che “di colpo” il presidente del Consiglio abbia “affrontato l’articolo 18 e la disciplina dei licenziamenti dopo aver spiegato a lungo che queste cose contavano poco. Ha cambiato rotta solo dopo i suoi contatti estivi con i leader europei”. Il risultato è che ieri “è andato in scena il più strano dei voti di fiducia: il Senato ha delegato il governo a riformare i contratti sulla base di un testo che non ha una sola parola sul punto più delicato, il regime dei licenziamenti economici e disciplinari. In realtà Giuliano Poletti, il ministro del Lavoro, ha delineato in aula un percorso: nei nuovi contratti (non negli esistenti) i licenziamenti economici non prevedono il reintegro per decisione giudiziaria, mentre nei casi disciplinari la possibilità di reintegro sarà limitata. E sarebbe ingeneroso sostenere che la delega votata ieri è in bianco, perché il testo contiene un disegno equilibrato: dal welfare alle politiche attive di formazione e collocamento, fino alla pulizia nelle giungle delle forme di precariato, i passi avanti si vedono”. Resta però “l’impressione di un colossale corto circuito -scrive Fubini- tra ciò che si fa e le ragioni per le quali si cerca di farlo. Forzando i tempi e il dibattito, facendo leva sul timore di molti senatori di andare a casa e se cade il governo e si va al voto, il premier ha preferito mettere parti del suo stesso partito spalle al muro in nome di un simbolo: l’articolo 18. Anche la transizione ai negoziati sui salari in azienda è sul tavolo, è anche più importante dell’articolo 18, ma semplicemente non se ne parla perché come totem funziona piuttosto male”.
La Repubblica intervista l’ex presidente della Bce Jean-Claude Trichet, che dice: “Giusta la strada tracciata dal Jobs Act, l’Italia potrà avere più crescita e occupati”.
Ancora su La Repubblica, un’intervista al senatore Pd Felice Casson: “Io non voto, questa fiducia è contro i lavoratori”.
Sul disegno di legge il Sole 24 Ore sottolinea che il testo non contiene riferimenti diretti alla questione dell’articolo 18. “Sull’articolo 18 l’impegno del governo”. “Poletti: ‘Solo indennizzo per i licenziamenti economici, reintegro per i disciplinari gravi'”. Le modifiche si applicheranno a tutte le nuove assunzioni, ha detto il ministro, interrotto dalle proteste dei senatori del Movimento 5 Stelle, tanto che Poletti ha deciso di depositare il testo del suo intervento senza pronunciare l’intero discorso. Poletti ha però ribadito che “per il governo è centrale la delega lavoro in tutta la sua portata”, perché l’articolo 18 “non è l’alfa e l’omega della nostra riflessione”. E anzi “sull’articolo 18 ci sono eccessive aspettative, sia in senso negativo che positivo”.
Il quotidiano sente “il parere degli esperti”, giuristi come Arturo Maesca, Michele Tiraboschi, Marina Calderone, Roberto Pessi, Sandro Mainardi. Maresca dice che è “condivisibile” l’intento del governo di voler “rendere più attrattivo il contratto a tempo indeterminato”. Per Tiraboschi “la delega è a tal punto generica e compromissoria che, in non pochi punti, consente letture opposte di uno stesso principio o criterio direttivo”. Anche per Pessi la vera partita sarà al momento della scrittura dei decreti delegati. Marina Calderone apprezza il nuovo assetto proposto per i sussidi, che “va verso la semplificazione e riduzione degli oneri a carico delle aziende”.
Il Sole applica al disegno di legge delega il suo “rating”, che misura l’efficacia delle norme. Il nuovo contratto a tutele crescenti viene considerato ad alta efficacia, come pure l’intento enunciato da Poletti di voler prevedere solo l’indennizzo per i licenziamenti individuali per motivi economici. Meno alta l’efficacia dell’altro punto sull’articolo 18, quello sui licenziamenti disciplinari, per l’introduzione di un “doppio regime” che distinguerà i casi più gravi.
Il Giornale dedica una pagina al provvedimento: “Salari, sgravi, licenziamenti: il Jobs Act è una scatola vuota. La revisione last minute della riforma del lavoro ha reso il provvedimento più vago. E persino l’abolizione dell’articolo 18 è stata annacquata”.
Sul Giornale la reazione di Forza Italia è così sintetizzata: “Berlusconi: sono misure bluff. ‘Matteo non ha avuto coraggio’. Il Cavaliere: ‘Il premier Renzi paga le divisioni interne al suo partito’. Brunetta: ‘Per attuare il Jobs Act ci vorranno almeno venticinque anni'”.
Il Corriere: “Il no in Aula ricompatta Forza Italia. Ma Berlusconi tiene aperta la porta”.
Ue, vertice di Milano
Il Sole 24 Ore: “Apertura di Merkel sulla spesa cofinanziata”. “L’Italia aveva chiesto di scorporare dal conto dei deficit l’integrazione che ogni Paese garantisce ai progetti finanziati con Fondi Ue”. La Germania si sarebbe detta “pronta a discutere” del tema: Ha detto Merkel: “Da tempo sappiamo che ci sono sei miliardi disponibili ma è difficile usarli al meglio. Siamo pronti a discutere modifiche”. “So che ci sono paesi che lottano per tenere il deficit nei parametri del Patto di Stabilità e capisco che usino con una certa reticenza questi programmi. Questi incontri sono importanti perché ci offrono la possibilità di confronto”.
Sul Corriere: “Merkel promuove l’Italia: passo avanti. E apre a eccezioni sul Patto di Stabilità. La Cancelliera: ‘Fondi di cofinanziamenti esclusi dai vincoli, siamo pronti a discuterne'”.
Secondo il “retroscena” di Maria Teresa Meli, sul Corriere, Renzi – ieri a Milano – avrebbe espresso critiche all’Europa del rigore: “‘Ho fatto un discorso molto duro, tutti hanno capito quello che volevo intendere'”. E avrebbe detto: “‘Noi dobbiamo fare assolutamente la nostra parte, guardarci allo specchio ed essere sinceri con noi stessi'”. Ma “‘dopo che tutti (…) hanno riconosciuto il lavoro fatto dall’Italia (…) allora ho spiegato tutto quello che non va nella Ue, facendo esempi puntuali, che non riguardano solo l’Italia, perché il problema è di tutti'”.
Per tornare al Sole, Carlo Bastasin scrive che le dichiarazioni di ieri dei capi di governo a conclusione del vertice “non hanno rassicurato. La Germania si sa non intende offrire stimoli fiscali, inoltre, come altri, osserva con giustificato sospetto gli altisonanti 300 miliardi di investimenti promessi da Bruxelles. Il presidente Hollande ha negato addirittura di aver parlato di politiche di bilancio. Se al frontone del tempio mancano diverse colonne, spiccano ancor più quelle che lo tengono in piedi: Renzi si è presentato con una importante riforma del mercato del lavoro e ha assicurato il mantenimento degli impegni fiscali onorando la credibilità italiana. Se l’obiettivo del vertice era questo, allora è andata come doveva”.
Elezioni?
“Quirinale, futuro, elezioni (con una sorpresa). Due ore in carrozza a origliare i non detti renziani”, si legge su Il Foglio. Claudio Cerasa racconta un viaggio in treno in cui ha sentito “un pezzo grosso del governo” parlare di abrogazione dell’emendamento D’Attorre, quello che in aprile scorso vincolò l’entrata in vigore della nuova legge elettorale alla approvazione della riforma costituzionale. Il cronista racconta che la conversazione “intercettata sul treno tra Roma e Bologna” si sarebbe parlato anche di Quirinale. Il “pezzo grosso” parla al suo interlocutore. “‘Cosa vuoi che ti dica? Matteo è chiaramente alla ricerca di un presidente giovane, donna, non legata a vecchi assetti di potere. Vuoi che ti dica che la vuole anche bionda? Vuoi che ti dica che la vuole con un cognome che finisce con -inotti?”.
Il Corriere intervista Ignazio Francesco Caramazza, candidato alla Corte Costituzionale ritiratosi dopo una serie di fumate nere del Parlamento. Dopo la prima fumata nera “il mio interlocutore mi ha detto, scusandosi: ‘La situazione è sfuggita di mano’. Ho capito e quindi avevo deciso di ritirarmi, ma un’alta personalità, di cui non faccio il nome, mi ha convinto a tentare almeno un’altra volta. È andata come è andata’”. “Giochi scorretti e fuoco amico, così ho lasciato”, il titolo dell’intervista.
Sinodo
Il Corriere intervista l’Arcivescovo emerito di Milano Dionigi Tettamanzi (definito “troppo conservatore per i progressisti, troppo progressisti per i conservatori”, come si diceva per Paolo VI).
Sulle nuove famiglie: “Eviterei di appiattire la discussione, per certi versi necessaria, omologando i termini diffusi, ricordando che il frutto delle parole di oggi diverrà l’eredità del domani. Mi sembra di capire che i (nostri) giovani abbiano voglia di famiglia, contrariamente a quel che si pensa. E per famiglia essi intendono quella dalla quale provengono”.
Sulla possibilità della comunione per i divorziati, Tettamanzi elenca “tre precise condizioni”: “se dei sacramenti si assume il loro significato di ‘segni delle misericordie di Dio”, se “si evitano confusioni indebite sull’indissolubilità del matrimonio”, e se “si assicura un recuperato impegno di vita cristiana attraverso cammini di fede che siano veri e comprovati”.
L’articolo dedicato al Sinodo è titolato: “Il Sinodo e le coppie omosessuali: la Chiesa accolta tutti”. “Apertura sulle ‘situazioni familiari difficili’. I vescovi: serve un equilibrio tra la dottrina e il rispetto”. Si parla del tema delle “situazioni pastorali difficili”, che comprendono divorziati ed omosessuali, affrontato ieri pomeriggio al Sinodo con un intervento introduttivo del cardinale brasiliano Damasceno Assis.
Su Avvenire un commento: “Il partito dello scontro è già deluso”. Delusi quelli che guardavno al Sinodo”come a una rissosa riunione di condominio”. “Il dibattito non manca, certo”, ma “nessun intervento è apparso teso ad affermare una tesi univoca”.
Il titolo: “‘Chiesa, casa paterna per le coppie ferite. Damasceno Assis: nessuno sguardo legalista. Accogliere le situazioni più difficili”.
Alfano e le nozze gay
“Nozze gay, Renzi spiazzato da Alfano”, titola La Stampa, secondo cui “dopo le polemiche sulla circolare anti-riconoscimenti” delle nozze gay contratte all’estero da cittadini italiani, emessa dal ministro dell’Interno, “si riapre il dibattito” e mentre il Nuovo Centrodestra “fa scudo intorno al suo leader e si candida a guidare lo schieramento dei conservatori”, oggi ci sarà un faccia a faccia tra Mara Carfagna, neo-responsabile del dipartimento libertà civili di Forza Italia e il sottosegretario alle Riforme. Sulla stessa pagina, intervista a Monsignor Rino Fisichella: “Le unioni tra omosessuali? Si discuta senza discriminare”. Quanto all’iniziativa del ministro dell’Interno, dice che Alfano “si è mosso nell’ambito delle sue competenze”.
Per La Repubblica sulle coppie gay “il governo accelera sulla legge” e “anche il Sinodo apre alle famiglie omosex: ‘La Chiesa sia una casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa’. Alfano isolato: ‘Contro di me violenza inaudita’. Nel piano di Renzi stessi diritti degli etero e adottabilità dei figli del partner”. E sulla stessa pagina, un’intervista a Mara Carfagna, che sollecita “un patto del Nazareno anche sui diritti civili”, “non è una metamorfosi del partito, ma una evoluzione: è il Paese che ci chiede di metterci al passo con ciò che accade in Europa”.
E poi
Su La Stampa Marta Ottaviani, dal confine turco-siriano, racconta come sia esplosa “la rabbia curda”: “’La Turchia ci ha traditi, è complice dell’Isis’. Scontri con polizia e islamisti da Istanbul a Dyarbakir: 21 morti”. E le parole del segretario di Stato Usa Kerry: “Kobani non è la priorità. Il Pentagono: i raid non bastano”.
“La Nord Corea ammette: ‘Abbiamo campi di lavoro’”, scrive La Stampa dando conto delle dichiarazioni all’Onu dei rappresentanti di Pyongyang. Avrebbero una superficie due volte quella di Seul.
La Repubblica ha un’intera pagina dedicata alla Corea del Nord. “’Kim Jong-un è stato deposto’, allarme da Pechino agli Usa per i troppi misteri di Pyongyang”, si legge in un articolo a pagina 19. Dove i lettori troveranno anche un’intervista di Roberto Brunelli a Shin Dong-huyk, fuggito a 23 anni dal “Campo 14”, il più feroce dei campi lager: “Sono l’unico prigioniero fuggito dai lager, vi racconto gli orrori nascosti del regime”.
Il Corriere si occupa delle elezioni di oggi per il seggio vacante britannico di Clacton, nell’Essex, sud est inglese, fortino dei conservatori, dove oggi potrebbe essere eletto Douglas Carswell, che diventerebbe primo membro dell’Ukip al Parlamento britannico. “Ukip in marcia su Westminster, Cameron nei guai”, scrive il quotidiano.
Sul Sole 24 Ore un articolo si sofferma sul tema dei flussi di gas dal Nord Africa, e in particolare dalla Libia, che da venerdì scorso “ci ha inviato pochissimo gas. Addirittura nulla sabato”, secondo i dati di San Rete Gas. Fonti ufficiali avevano parlato d un guasto al terminale che raccoglie il gas libico per inviarlo in Sicilia. L’impianto, secondo le stesse fonti, sarebbe stato riparato. Ma i flussi di gas, risaliti lunedì, sono scesi di nuovo. L’Italia può fare a meno del gas russo purché non si interrompano gli altri canali di rifornimento, ricorda il quotidiano.
Su Il Giornale i timori dell’economia mondiale per le ripercussioni del virus Ebola. “Ebola contagia anche l’economia. Nell’occhio del ciclone ci sono prima di tutto le materie prime”. Uno studio di Deutsche Bank ricorda che i Paesi colpiti sono “veri Eldorado per l’estrazione di oro giallo e oro nero, oltre che per la produzione di alluminio, cobalto, rame e cacao”.