Il Corriere della Sera: “Cortei e insulti, Camera nel caos”. “Occupazione dei 5 Stelle. Boldrini accusa: minacce inaccettabili”. “I grillini ricorrono alla Consulta dopo il voto sull’Imu. E al Senato chiedono l’impeachment per Napolitano”. A centro pagina, il caso Meredith: “Condannati. Per Amanda pena più dura”, “ribaltata la sentenza di assoluzione: 28 anni a lei 25 a Raffaele”.
A centro pagina anche il forum Italo-Svizzero: “Tensione con Berna sul rientro dei capitali”, “’accordo a maggio’”, (si tratta delle parole del Ministro Saccomanni”.
La Repubblica: “Parlamento, la guerra di Grillo”, “i 5stelle assediano la Camera, via all’impeachment contro Napolitano”. A centro pagina “Amanda e Raffaele, stavolta è condanna”.
La Stampa: “Renzi: grillini squadristi”, “è caos alle Camere, Boldrini costretta ad asserragliarsi nei suoi uffici. M5S chiede l’impeachment per Napolitano. Il leader Pd: una vigliaccata”. A centro pagina grande foto per l’attrice Scalett Johansson: “Scarlett, addio alla Ong: sto con Israele”, “l’attrice testimonial di una bibita prodotta nei territori occupati. La Oxfam condanna la scelta, lei se ne va”. Sotto la testata: “Sentenza ribaltata, ‘Amanda e Raffaele hanno ucciso Meredith”.
Il Giornale: “Napolitano, che botta”, “Presidente di parte”, “il suo governo è morto, il suo Parlamento è un bivacco e arriva pure lo schiaffo dell’impeachment: non passerà ma è una triste fine per un arbitro-giocatore che pensava di entrare nella storia”. A centro pagina la foto del caos nell’Aula di Montecitorio, ieri: “Grillini violenti per parare l’asse Berlusconi-Renzi”.
L’Unità: “Grillo, guerra alle istituzioni”, “spintoni, insulti, blitz: una giornata di ordinaria follia 5Stelle, la presidenza della Camera costretta a chiudere gli uffici. Poi l’impeachment contro Napolitano. Il Capo benedice: guerrieri meravigliosi”. A centro pagina: “Lavoro e industria, ora Letta accelera”.
Il Sole 24 Ore: “Fisco, al via l’operazione ‘rientro dei capitali’. Befera: l’Agenzia già in campo, pronti i modelli”. A centro pagina in evidenza la vicenda Electrolux e l’appello del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, contenuto in una lettera al premier che compare sulla prima pagina del quotidiano.
Il Fatto quotidiano: “Le mazzette e i due marò, Lo scambio italo-indiano”, “torna il rischio pena di morte per i nostri soldati. Proprio quando nel processo di Busto Arsizio, per le presunte tangenti Finmeccanica, emergono documenti sul braccio destro di Sonja Gandhi come beneficiario di pagamenti illeciti. Trema il governo di Nuova Delhi”. A centro pagina, le risse ieri in Aula: “Arena Parlamento”, “M5S e Pd scontro totale, sull’Italicum e Napolitano ceffoni, insulti e minacce”.
Politica
I quotidiani riferiscono ampiamente degli scontri ieri a Montecitorio. Assalto ai banchi del governo, invasione delle aulette delle Commissioni da parte dei 5 Stelle, blitz in Sala Stampa per impedire agli avversari di dare interviste. “Ormai a Montecitorio è cominciato il Vietnam”, scrive La Repubblica. In primapagina il quotidiano ospita anche un commento della deputata Pd Michela Marzano (“Noi insultate a Montecitorio”). Si riferisce alle parole pronunciate dal deputato M5S Massimo De Rosa (“Voi del Pd siete tutti collusi”. E, rivolto alle donne, “voi siete qui solo perché siete brave a fare i pompini”). L’interessato viene peraltro intervistato dal quotidiano: “Ho sbagliato, ma loro mi avevano urlato ‘fascista’, non ce l’avevo con le donne Dem, facevo un ragionamento generale”.
La Stampa intervista il segretario Pd Renzi, e riassume così i contenuti del colloquio: “Hanno perso la testa, squadristi da codice penale”. In riferimento al M5S Renzi dice: “La verità è che gli stiamo tagliando l’erba sotto i piedi”, in riferimento a Beppe Grillo, “smontando uno ad uno tutti i suoi soliti e triti argomenti: la riforma della legge elettorale, l’abolizione del Senato come Camera elettiva, l’abolizione delle provincie, il taglio al finanziamento ai partiti, il titolo V. Dalla politica arrivano finalmente risposte, Beppe Grillo non sa come reagire e perde la testa. E’ per questo che cerca la rissa, la butta in caciara, e arriva addirittura proporre l’impeachment di Napolitano al quale siamo stati noi a chiedere di restare. Ma vedrete che quest’ultima mossa gli si ritorcerà contro e gli creerà problemi persino nel suo gruppo parlamentare”. Poi dice che l’attacco al Presidente è “una cosa senza senso”, una “vigliaccata”. Quando ha ceduto alle richieste di candidatura la scommessa del Capo dello Stato era proprio sulle riforme. E’ per questo che ha accettato di restare”.
Il Fatto quotidiano: “m5S, lite sull’attacco al Colle. Grillo: ‘Noi come i partigiani’”. La cronaca del quotidiano si riferisce alla conferenza stampa in cui ieri quattro parlamentari grillini hanno illustrato le motivazioni per cui chiedono la messa in stato d’accusa del Presidente Napolitano, presso la sala stampa della Camera. “Due piani piu’ su un gruppetto di colleghi sta sbattendo porte e urlando al tradimento, sì. Ma non a quello del Quirinale. Ce l’hanno con i vertici del Movimenti, colpevoli – secondo loro – di non aver condiviso la decisione di presentare l’impeachment in questi giorni. “Proprio adesso, scuotono la testa, che il Parlamento è una pentola a pressione, che si sta combattendo la giusta battaglia contro la ghigliottina con cui la presidente Boldrini ha interrotto la discussione sul decreto Bankitalia, proprio adesso che c’è da fermare la legge elettorale di Renzi e Berlusconi”. Si dà conto quindi delle prese di posizione dei parlamentari M5S Serenella Fuksia, Luis Orellana e Lorenzo Battista, che contestano perché il documento non è stato condiviso ed è stato presentato a nome di tutto il Movimento: “perché – fa notare il Fatto – effettivamente non c’è stato un voto assembleare”.
Anche il Corriere scrive che il gruppo di è spaccato dopo la richiesta di impeachment, e riferisce le parole della senatrice Fuksia: “Ora lo chiederò a Grillo: ci spieghi quando è stato deciso l’impeachment”. Ma “qualcuno ai piani alti” spiega: “Grillo aveva annunciato l’impeachment entro fine mese ed abbiamo dovuto accelerare. Non gli piace essere smentito”.
La Stampa intervista il senatore M5S Luis Orellana, che, sulle accuse di alto tradimento da parte di Napolitano dice: “Mi pare tutto un po’ forzato. Alcuni dei sei punti del nostro documento mi sembrano decisamente infondati, per altre cose sicuramente Napolitano è criticabile”, “ma il punto non è questo”. Il punto è, per Orellana, “il metodo”, “come sempre” perché “il gruppo non è stato coinvolto in nessuna riunione per decidere la linea”.
In un dietro le quinte qualche pagina più avanti: “E Renzi vede Grillo in difficoltà: deve rincorrere”. “Il Sindaco: con le riforme si sgonfia. E il Movimento spera nei franchi tiratori per affossare la legge elettorale”. Su La Stampa Marcello Sorgi scrive che la nuova legge elettorale a due turni rischia di condannare il M5S ad una condizione marginale, “dato che sicuramente nel secondo turno uno degli altri due schieramenti risulterebbe vincitore, e avrebbe i numeri per governare. Ciò che Grillo e Casaleggio non ammetteranno mai è che sono stati proprio l’atteggiamento imposto da loro ai gruppi parlamentari e l’indisponibilità a qualsiasi accordo a spingere centrosinistra e centrodestra a concordare il nuovo sistema elettorale”.
Paolo Franchi sulla prima del Corriere parla di “nuovi squadristi”, e sottolinea che “le speranze, se ancora ce n’erano, di una qualche parlamentarizzazione del Movimento 5 Stelle sembrano definitivamente dissolte”, “un partito antipartito (votato, sarà il caso di ricordarlo, da quasi uno su quattro degli italiani che sono andati alle urne) ha deciso a freddo di cercare di far fronte alle proprie crescenti difficoltà utilizzando il Parlamento della repubblica mò di cassa di risonanza di una agitazione politica che non morde più come un anno fa”. Ma se hanno deciso di partire “lancia in resta adesso”, è per un motivo molto semplice: non il decreto Imu Bankitalia, ma la riforma elettorale, perché i 5Stelle “tutto possono desiderare fuorché l’avvento di un bipolarismo ‘normale’”.
Anche per Salvatore Tramontano, che ne scrive su Il Giornale, la decisione dei parlamentari M5S di alzare “il rumore” è un segno di impotenza: “la svolta sta avvenendo altrove, il patto Renzi-Berlusconi in realtà li ha spiazzati”, “il sospetto è che il patto Renzi Berlusconi sveli il bluff di Grillo: quei due stanno cambiando il Paese, Grillo fa solo rumore. E i 5 Stelle hanno perso la loro ragione sociale”.
L’Unità intervista il ministro per le riforme Franceschini: “Scardinare le istituzioni. E’ il piano Grillo-Casaleggio”, “è evidente che se il Pd e le altre forze politiche riescono a portare a termine la riforma elettorale, il titolo V della Costituzione e il superamento del bicameralismo per il Movimento 5 Stelle diventa difficile trovare un proprio ruolo”. E poiché oggi iniziano le votazioni alla Camera sulla riforma elettorale ed in particolare ci sarà il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità, Franceschini dice: “Se qualcuno avesse la tentazione – e non penso al Pd – di usare il voto segreto per far fallire la legge elettorale, andrebbe incontro al suicidio. Ce la ricordiamo la vicenda Prodi?”. Un Parlamento che “attraverso il voto segreto affossa la riforma fa un enorme regalo a Grillo e un altrettanto enorme danno al Paese”. Nella pagina di fianco si ricorda le pregiudiziali di costituzionalità sono state presentate da M5S, Sel, Fratelli d’Italia e Popolari. E ancora lo stesso quotidiano intervista Stefano Rodotà, che fu il candidato alla Presidenza della Repubblica sponsorizzato dal Movimento 5 Stelle: “Populista non è solo Grillo, è un clima, una sindrome, un linguaggio. A cominciare dai ricatti sulla legge elettorale del tipo prendere o lasciare”. Sulla decisione di chiedere l’impeachment nei confronti di Napolitano, Rodotà spiega: “L’impeachment scatta con l’attentato alla Costituzione o con l’alto tradimento. Oggi non ve ne è nemmeno l’ombra”. E poiché viene rievocato il caso Cossiga, il giurista sottolinea: “Cossiga attaccava quotidianamente la Carta costituzionale, il Csm e singole persone”, “non c’è nulla di anomalo nell’incarico a Monti, dopo i precedenti di Ciampi e Dini, e non si può limitare l’autonomia di scelta del presidente nel conferire l’incarico”. Rodotà poi parla di un “degrado inaccettabile neo costume e nel linguaggio”, ma ritiene che si tratti del “punto di arrivo di un percorso avviato dal picconatore Cossiga”. Il giurista riconferma i suoi dubbi sulla proposta di legge elettorale (per esempio sulle soglie per accedere al premio, “e poi questa legge fotografa lo status quo”). E poi conclude: “Che fare con Grillo? Evitare di vittimizzarlo con una nuova conventio ad excludendum. In fondo sui clandestini è stato sconfitto dall’interno del suo mondo”.
Sulla prima pagina de Il Fatto quotidiano Marco Travaglio ricorda nel suo editoriale che nel 1991-92 Napolitano “voleva sloggiare Cossiga”. Per Travaglio la richiesta di messa in stato d’accusa formulata dai 5 Stelle è “piuttosto ben scritta e tutt’altro che campata in aria”, anche se “non ha alcuna speranza di essere accolta del Parlamento per una banalissima questione di numeri”. Qui inizia una lunga e dettagliata rievocazione dell’unico precedente esistente nella nostra storia: la richiesta di impeachment avanzata contro Francesco Cossiga il 5 dicembre 1991 “proprio dal partito di Napolitano: il Pds, che accusava l’allora capo dello Stato di alto tradimento e attentato alla Costituzione”. L’atto di accusa in 40 cartelle, ricorda Travaglio, era opera di uana equipe coordinata dal vicecapogruppo Violante, e tra loro il superstite più illustre è Ugo Sposetti. Gli altri 5 partiti di sinistra (Rifondazione, Rete, Verdi, Sinistra Indipendente e Radicali) si associarono con altrettante denunce, per un totale di 29 fattispecie di reato contestate. Scrive Travaglio: “Nessun a di esse, secondo i loro accusatori, configurava di per sé l’alto tradimento o l’attentato alla Costituzione, ma era la ‘concatenazione logica e temporale’ di una serie di atti ‘volti intenzionalmente a modificare la forma di governo’ in senso presidenziale, ‘estendendo le funzioni e prerogative’ ben oltre il dettato costituzionale, ad integrare i due delitti”.
Più avanti, Travaglio sottolinea: “pare il ritratto della presidenza Napolitano”. Quest’ultimo fu “uno dei più implacabili censori di Cossiga”.
I sei punti della richiesta di messa in stato d’accusa nei confronti del Capo dello Stato sono sintetizzati su Il Giornale: “Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d’urgenza”, per aver “scavalcato il Parlamento” su leggi e Decreti. Le “sollecitazioni continue e pressanti al Parlamento per modifiche della legge elettorale e di riforma costituzionale”. Il mancato esercizio del potere di rinvio, prima di promulgare una legge; la seconda elezione a Capo dello Stato (la Costituzione dice che il Presidente è eletto per sette anni, dice il M5S); l’improprio esercizio del potere di grazia; un comportamento “volto a minare l’indipendenza della magistratura”, in riferimento al processo per la presunta trattativa Stato mafia.
Industria
In una lettera indirizzata al Presidente del consiglio Letta, il Presidente di Confindustria Squinzi ricorda – a parte dalla difficile vertenza della Electrolux – il complesso di “deficit strutturali del nostro Paese che riguardano fattori strategici per la competitività, sui quali da tempo immemorabile sottolineiamo l’urgenza di intervenire: l’elevato costo del lavoro, dovuto ad una crescente pressione fiscale, la rigidità del mercato del lavoro e il differenziale del costo dell’energia rispetto ai principali concorrenti stranieri”. E torna a chiedere al governo “un serio impegno”.
Sulla stessa pagina si riproducono dichiarazioni pronunciate ieri dallo stesso Squinzi, che ha parlato di un rischio di “desertificazione industriale del Paese”. Nella lettera fa riferimento peraltro al riconoscimento da parte della Commissione europea del valore strategico della industria manifatturiera per uscire dalla crisi: si tratta del cosiddetto “Industrial Compact”, per cui si sono riuniti ieri 24 tra ministri e vice che si occupano di sviluppo economico in altrettanti Paesi europei. L’Industrial compact, spiega Il Sole, è in sintesi un patto europeo sull’industria messo a punto dalla Commissione che punta ad avere lo stesso rango del fiscal compact, con l’obiettivo di rilanciare il manifatturiero in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Il vertice, tenutosi ieri a Roma, ha approvato un documento per dare spinta al progetto.
Internazionale
Con un comunicato ufficiale agli ucraini è stato annunciato ieri che il presidente Yanukovich è in congedo per malattia “a causa di una acuta infezione respiratoria”. Scrive Giuseppe Sarcina sul Corriere che i più maliziosi hanno subito pensato alla celebre indisposizione attribuita a Gorbaciov prima del colpo di Stato fallito del 1991. Ma si potrebbero ricordare anche i memorabili raffreddori dei segretari del Pcus Andropo e Cernenko, “un modo per preparare l’uscita di scena del leader”. Lo stallo è totale, anche perché i leader della opposizione giudicano inaccettabili le condizioni poste dal provvedimento di amnistia varato dal Parlamento: la liberazione dei 250 arrestati (più di un migliaio secondo altre fonti) è infatti condizionata allo sgombero dei 25 edifici pubblici nelle mani dei dimostranti nell’intero Paese. Due i rischi: arroccamento autoritario del Presidente, che potrebbe arrivare a proclamare la legge marziale. Ma l’altra insidia viene dal settore più radicale della piazza, raccolto nella formazione “Settore destro”, composta da ipernazionalisti con richiami al fascismo e al nazismo. Sono una piccola parte, ma stanno crescendo ancora e cresceranno se il governo non trova una via d’uscita, dice uno dei portavoce della piazza.
Sulla stessa pagina, una intervista all’ex premier, nonché uno dei leader della opposizione, Tymoshenko, che sta scontando una condanna a sette anni per aver sottoscritto una fornitura non autorizzata di gas dalla Russia. L’intervista è stata realizzata tramite la figlia Eugenia: “’Ora via alle sanzioni per evitare altri morti’”, dice la Tymoshenko, chiedendo ai Paesi occidentali di colpire con le sanzioni “il sostegno finanziario del regime dittatoriale e quei politici che sono responsabili della violenza contro gli Ucraini. Senza sanzioni sarebbe impossibile iniziare negoziati autentici”. Per la Tymoshenko la principale richiesta è la stessa della popolazione ucraina, ovvero le dimissioni del Presidente Yanukovich.
La Repubblica intervista l’ex presidente polacco e premio Nobel per la pace Lech Walesa. “Cosa consiglia oggi a opposizione e governo ucraini?”. “Se hanno dubbi il modo migliore è consultare i cittadini con un referendum. Suggerisco di definire i cinque problemi principali, chiedere un responso il merito alla nazione e agire a seconda del verdetto del voto”. “Se fossi il presidente organizzerei un referendum ed elezioni anticipate, sono convinto che l’attuale presidente le vincerebbe”. Quanto è serio il pericolo di guerra civile? “Sono vicini alla guerra civile”. Ma la situazione per Walesa “non è solo un fallimento della Ue, bensì un fiasco della umanità intera. L’Europa non ha idea di come agire verso l’Ucraina”.
Su Il Fatto: “Turchia, tangente continua. Il governo purga i magistrati”. Il quotidiano evidenzia la differenza tra “il volto tollerante del potere turco”, sfoggiato dal Presidente turco Gul, in viaggio in Italia e calorosamente accolto dal Presidente Napolitano, che gli ha assicurato “l’impegno dell’Italia per l’ingresso della Turchia nella Unione” e quello intransigente, incarnato dal primo ministro Erdogan, che è diventato ancora più aggressivo. In un mese e mezzo l’ira funesta di Erdogan ha provocato il trasferimento e la rimozione di ben 6000 tra dirigenti, ufficiali e poliziotti semplici. Il premier ha fatto trasferire anche circa 200 magistrati, tra i quali anche i tre che avevano istruito l’inchiesta anti-corruzione che ha lambito anche il suo primogenito. Ieri 800 tra dirigenti e funzionari di pubblica sicurezza sono stati rimossi dall’incarico. Il ministro degli esteri Bonino ha ribadito a Gul che è necessario aprire almeno i capitoli negoziali che riguardano diritti umani e giustizia nel negoziato di adesione con l’Ue.
Su La Stampa Roberto Toscano parla della Turchia scrivendo che si tratta di un “modello al tramonto”. Scrive Toscano che negli ultimi mesi l’ex imam Fetullah Gulen, promotore di una ideolgia islamista moderata, gestore di una rete internazionale di scuole private e sostenuto da discreti seguaci soprattutto nella polizia e nella magistratura, non ha fatto mistero “di essere in totale disaccordo con la linea duramente repressiva del primo ministro, e anche con la sua politica estera, criticata come troppo conflittuale e controproducente rispetto agli interessi nazionali. E’ stato un errore pesante in politica estera, secondo Toscano, essersi prematuramente esposto su una linea oltranzista nei confronti del presidente siriano Assad”. Nei giorni scorsi il primo ministro Erdogan ha effettuato una visita in Iran: ma il pericolo principale per la Turchia “non sembra essere quello di trasformarsi in una teocrazia all’iraniana”, poiché scopo della visita sono gli interessi economici dei due Paesi. Erdogan – scrive Toscano – “non ha certo niente in comune con l’ayatollah Khamenei, che ha incontrato in questi giorni a Teheran, ma invece la sua somiglianza con Putin è autentica. Essa consiste soprattutto nell’autoritarismo praticato, in dispregio del principio di divisione dei poteri, sulla base della pretesa di chi governa con i poteri della maggioranza di non essere sottoposto a magistratura e polizia, e alla sistematica repressione di dissenso e stampa. Negli interessi della Turchia e della stesa Europa sarebbe importante che il cammino all’adesione tornasse ad aprirsi, ma è evidente che una chiusura autoritaria non può che rendere impercorribile quel cammino”.
“Meglio la soda israeliana, Scarlette lascia Oxfam”, titola L’Unità. Umberto De Giovannangeli racconta che “galeotto fu lo spot”. Quello che portato alla rottura della collaborazione tra l’attrice Scarlett Johanssen e l’Ong Oxfam International. Ala base c’è la critica rivolta da Oxfam all’attrice per il suo sostegno a una società israeliana che opera in Cisgiordania. Tutto è iniziato quando lei ha firmato il contratto come ‘global ambassador’ per la Soda Stream Internationale, ditta per la preparazione domestica di acqua frizzante e bevande gassate. L’azienda è però finita nel mirino di Oxfam per il mantenimento di una grande fabbrica in Cisgiordania, territorio occupato da Israele nel 1967 e rivendicato dai palestinesi. In risposta alle critiche, l’attrice ha affermato la scorsa settimana di essere “una sostenitrice della cooperazione economica e dell’interazione sociale tra un Israele democratico e la Palestina”. L’azienda, spiega de Giovannangeli, impiega tanto operai palestinesi che israeliani e sostiene che il suo impianto è un modello di cooperazione pacifica, ma gli insediamenti sono considerati illegali dal diritto internazionale e sono condannati da Oxfam. In risposta alle critiche, la scorsa settimana l’attrice aveva ribadito che “Soda Stream è una società che si impegna non solo per l’ambiente ma anche per la costruzione di un ponte di pace tra Israele e Palestina”.