Il Corriere della Sera: “Sì dell’Onu alla Palestina”. “Passa il riconoscimento come Stato osservatore non membro. No degli Usa, Europa divisa”. “Italia favorevole. Israele: molto delusi da Roma”. A centro pagina: “Decreto del governo per riaprire l’Ilva. Monti: coniugare lavoro e salute”. Più in basso, le primarie del centrosinistra: “Accuse e veleni sulle regole. Si accende la sfida nel Pd. Esposti di Bersani contro un’inserzione pubblicitaria dei renziani”.
La Repubblica: “L’Onu riconosce la Palestina”, “a New York l’Assemblea generale decide: 138 favorevoli, è uno Stato osservatore. Gli Usa votano contro”. E poi: “Monti corregge la Farnesina, sì anche dall’Italia. La rabbia di Israele”. A centro pagina il decreto per l’Ilva (“Il premier: nessuna polemica con i pm”) e le primarie: “Bersani-Renzi, rissa dopo il fair play. ‘Calpesti le regole’. ‘No, accuse bulgare’”.
Il Foglio. “Al Palazzo di Vetro l’Italia delude Israele su un voto ‘che non conta’”
Il Giornale: “Monti svende Israele a Bersani. L’Italia vota per il riconoscimento della Palestina all’Onu. Un pegno politico pagato alla sinistra”. A firmare il commento è Fiamma Nirenstein.
Il Sole 24 Ore: “Ilva, dissequestro per decreto. Squinzi: sul caso Taranto l’Italia si gioca il futuro industriale e manifatturiero. Vertice di Governo e parti sociali sulle misure per la bonifica e la continuità produttiva. Monti: nessun contrasto con i magistrati”.
Europa dedica a questa vicenda il titolo di apertura, su un articolo firmato da Enrico Letta. “Passa da Taranto il futuro di questo nostro Paese”. L’editoriale, firmato da Stefano Menichini, è invece dedicato alle primarie: “Attenti, fin qui era un capolavoro”.
La Stampa: “Primarie Pd, tutti contro Renzi. Il sindaco fa pubblicità sui giornali, esposto di Bersani e degli altri candidati”. “Tempesta dopo il fair play in televisione. Il segretario: non sfregiamo il voto, rispettiamo le norme. La replica. Ricorso bulgaro”.
Il Fatto quotidiano: “Ora Bersani e Renzi fanno finta di litigare. Dopo la sfida al cloroformio su RaiUNo il segretario del Pd e il sindaco di Firenze ingaggiano una mezza rissa sulla possibilità di far votare chi non lo ha fatto al primo turno. Appelli a pagamento dello sfidante. Esposto degli altri candidati”.
Libero si occupa del centrodestra con l’editoriale di Maurizio Belpietro: “Il centrodestra non capisce più i suoi elettori”.
Palestina
Il Corriere della Sera spiega che la scelta compiuta ieri da Monti di far votare all’Italia sì alla Palestina come “Stato osservatore” all’Onu è stata dettata dalla scelta di non rimanere isolati rispetto ad altri partner europei e mediterranei. In mattinata il ministro Terzi, propenso all’astensione, aveva spiegato che la decisione sarebbe stata annunciata al momento del voto. Il segretario del Pd Bersani ha commentato: “Credo di aver avuto qualche voce in capitolo in questa scelta”.
La Repubblica titola: “E Monti a sorpresa spiazza Terzi dopo il via libera di Napolitano”. Anche per La Stampa “Napolitano e Monti dettano la linea a Terzi”, “Farnesina per l’astensione, dietro lo spostamento della posizione verso l’assenso ha pesato l’opzione europeista”. La sintonia è soprattutto con la Francia, anche perché “non si ritiene affatto che il riconoscimento all’Onu della Palestina pregiudichi il negoziato con Israele”, come scrive La Stampa. Di tutt’altro avviso l’opinione della Germania e La Repubblica riproduce un intervento del ministro degli esteri Westerwelle, che ha espresso voto contrario: “Non è una scelta che abbiamo preso a cuor leggero”, scrive il ministro, ricordando che il suo Paese è stato in prima linea con un impegno e un aiuto consistenti per la costruzione di “strutture statali e istituzioni funzionanti delle autorità palestinesi”. Tuttavia i passi decisivi nella direzione di una entità in realtà palestinese che sia definibile come entità in realtà di Stato possono essere raggiunti “soltanto come risultato di trattative tra israeliani e palestinesi”. Westerwelle sottolinea anche che la risoluzione approvata è positiva per la Germania poiché, esplicitando una soluzione basata sulla coesistenza tra due Stati, si riconosce il diritto di Israele all’esistenza: “Quel diritto all’Israele all’esistenza che la cancelliera federale Merkel ha definito “’ragion di Stato’ per la democrazia tedesca”.
Fiamma Nirenstein, su Il Giornale, definisce “istituzionalmente sconvolgente” la scelta “niente affatto tecnica” dell’Italia, e contesta il fatto che il comunicato di Palazzo Chigi in cui si annunciava che l’Italia, in nome della prospettiva di “due Stati per due popoli” e per seguire una linea europea, avrebbe votato a favore “scavalca senza remore” le scelte politiche di fondo del Parlamento italiano, “che non è mai stato minimamente consultato”.
Più avanti Nirenstein i chiede “chi abbia trascinato” verso il fronte “anti-istituzionale e ideologico” il premier Monti. “Bersani, che con la sua campagna elettorale di sinistra ha richiesto esplicitamente nel dibattito delle primarie la posizione poi assunta da Monti? Il Qatar, appena visitato, che può sparger oro anche sulla nostra boccheggiante economia? L’Europa? Che, quando ci allineiamo, ecco dove si porta, alla rottura delle regole democratiche, all’abbandono dei nostri alleati, alla spaccatura con gli Stati Uniti”.
Un retroscena de La Stampa da New York parla della reazione Usa. “siamo delusi dalla decisione dell’Italia, ma trattandosi di una nazione sovrana spetta a lei decidere come procedere in questi casi”, dice un portavoce dell’Amministrazione Obama. L’approccio italiano ricalca quello francese, e Washington – pur rimarcando il disaccordo – non vi si oppone. E’ una scelta tattica che guarda anche a cosa potrebbe avvenire sul fronte del negoziato in Medio Oriente nei prossimi mesi: se Washington resta l’alleato più importante di Israele, lo schieramento di numerosi Paesi dell’Ue a favore della risoluzione può assegnare all’Europa un ruolo di rilievo per spingere l’Anp a compiere i necessari compromessi per raggiungere una intesa sullo status finale dei confini”.
Sul Sole 24 Ore Alberto Negri spiega che la svolta di Roma è finalizzata al rafforzamento dei moderati di Abu Mazen. Allo stesso modo si sottolinea che si trattava di “non restare soli nel Mediterraneo”, poiché con il via libera di Parigi, Madrid e degli altri stati della sponda sud il nostro governo rischiava l’isolamento.
Primarie
Una pagina a pagamento sui giornali che invitava a votare al ballottaggio di domenica, e che spiegava a chi non l’aveva fatto che era ancora in tempo per registrarsi e scegliere tra Renzi e Bersani, ha scatenato ieri le polemiche nel centrosinistra e nel Pd. La pagina, che non dava indicazioni di voto, era pagata dalla Fondazione Big Bang, vicina a Renzi. Secondo gli altri candidati, che hanno presentato un esposto, viola il regolamento delle primarie, che vieta qualsiasi forma di pubblicità a pagamento su tv, giornali, radio, internet eccetera. “Direi che a questo punto c’è solo una spiegazione a quello che sta succedendo: adesso hanno davvero paura di noi”, avrebbe detto – secondo Il Foglio – uno degli uomini più vicini al sindaco di Firenze.
Il Fatto quotidiano intervista Luigi Berlinguer, presidente del comitato dei garanti delle primarie. Sulle pagine a pagamento: “Non si poteva, nasta leggersi il regolamento. E non confondere gli elettori. E’ sbagliato dire che basta iscriversi per votare. Non stiamo mica scherzando, qui”. Cosa rischia Renzi? “Sono sincero: non saprei dirle. Non sappiamo nemmeno se il ricorso è valido”. Il comitato di Renzi denuncia: si vogliono espellere, molti divieti – come la giustificazione motivata per il ballottaggio – sono stati aggiunti dopo il primo turno. “Io non posso escludere nulla. Ma non esageriamo: le regole portano la data del 15 ottobre. Poi le abbiamo specificate”.
Un retroscena del Corriere della Sera, firmato da Maria Teresa Meli, si sofferma sul ruolo futuro di Renzi, che dà come probabile “all’ottanta per cento” una vittoria del suo rivale. Dice Renzi che “loro hanno un problema perché non riescono a parlare all’elettorato che mi vota alle primarie. Anche perché non è sicuro che tutta quella gente alle elezioni voti il Partito democratico a guida Bersani, magari qualcuno potrebbe rimanere a casa. E’ un mondo che non conoscono, con cui non sanno instaurare un dialogo. E’ per questo che vogliono assolutamente coinvolgermi”. Secondo il retroscena Bersani sarebbe “disposto ad offrire la segreteria” del Pd al suo rivale, anche perché ha detto più volte che nel 2013 comunque vuole lasciare. “Renzi però non ci pensa minimamente: “La segreteria? Non è il mio mestiere. Io faccio il sindaco, mi sono presentato alle primarie per fare il candidato premier. E’ questo il mio lavoro: amministrare. E’ ciò che so fare. Il segretario invece non saprei farlo. E se devo dire la verità non mi interessa nemmeno”.
Internazionale
Su La Repubblica l’inviato Fabio Scuto spiega come il presidente egiziano Morsi ha ‘imposto’ ieri il voto dell’Assemblea costituente sulla nuova Costituzione. Nei mesi scorsi laici, liberali, cristiani, avevano abbandonato l’Assemblea costituente, facendo mancare il quorum per l’approvazione della nuova Carta. Ma con una mossa che “trascende” le sue prerogativa, Morsi ha fatto nominare 11 membri supplenti per poter raggiungere quota 85 seggi e “procedere a spron battuto all’approvazione dei 234 articoli del testo. La votazione è andata avanti tutta la notte”. La fretta -si spiega- è dettata dal fatto che domenica la Corte suprema sarà chiamata a decidere proprio sulla legittimità di questa Assemblea costituente. La bozza approvata “riflette in larga misura la visione conservatrice degli islamisti della Fratellanza musulmana, con articoli che gli attivisti dei diritti umani, liberali e laici temono porteranno a restrizioni dei diritti delle donne, delle minoranze e delle libertà civili in generale”. Si sottolinea poi che l’articolo 2, che fa riferimento ai ‘principi della sharia’ come fonte del diritto “non è molto diverso rispetto alla vecchia Costituzione dell’era Mubarak, ma è integrato dall’articolo 219, che definisce quali sono i principi della legge islamica. Secondo il testo, questi ‘principi’ riflettono le dottrine teologiche del Corano, della Sunna -i precetti del Profeta- e i pareri dei primi ulema dell’Islam”. Un nuovo articolo prevede che l’università di Al Azhar sia consultata su tutte le questioni relative alla sharia.
Su La Stampa Paola Caridi ricorda che l’articolo 2 -quello sulla sharia come fonte del diritto- “non ha subito modifiche dalla versione del 1980, dopo l’emendamento al testo della Costituzione di Sadat del 1971”, voluto da Mubarak. Spiega la Caridi che la bozza approvata ribadisce che fonti del diritto sono i principi della sharia e non la sharia in sé e che quindi, in qualche modo, i salafiti hanno desistito.
Anche secondo Renzo Guolo (La Repubblica) la scelta fatta sulla Costituzione “non piace troppo ai salafiti duri e puri. Essi chiedevano che le regole, e non i principi, della sharia, primeggiassero nella gerarchia delle fonti. La distinzione non è formale: i principi ispirano idealmente, le norme sono codificate ed applicate dettagliatamente. Sapendo che l’applicazione delle norme, dal diritto di famiglia alle pene corporali, avrebbe provocato una reazione negativa all’interno e all’esterno del Paese”.
L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato alle autoimmolazioni nel fuoco dei monaci tibetani (“la rivoluzione dei bonzi”), che solo nel 2012 sono state 75. Con un intervento del Dalai Lama: “La nostra lotta va avanti, ma ripudiamo la violenza”.
“Legge sui media, Londra si divide”: con questo titolo un articolo del Sole 24 Ore racconta che “dopo tre secoli di deregulation totale, la Gran Bretagna ragiona di libertà di stampa e dell’esigenza di contemperare il diritto di cronaca con la privacy di cittadini esposti da decenni di abusi mascherati da inchieste giornalistiche firmate dai giornali popolari. Ieri Lord justice Leveson ha presentato le conclusioni dopo otto mesi di straordinaria indagine pubblica su ‘Cultura, pratica ed etica della stampa in Gran Bretagna’, nata dal caso News of the world, che ha svelato una rete di intercettazioni illegali, collusioni tra reporter ed agenti prezzolati, sospetti pesanti su un mondo politico uso a coccolare e farsi coccolare, oltre il lecito, da giornalisti e soprattutto editori”. Contrario ad un intervento normativo il primo ministro Cameron: “Attenzione a fare nomre del gener. Si rischia di portare il Paese a varcare il Rubicone di leggi sulla stampa”. Favorevole il suo vice, il liberaldemocratico Nick Clegg, che così si è schierato con l’opposizione laburista di Ed Miliband. Lord Leveson ha escluso la creazione di uno ‘statuto del giornalista’ varato dal Parlamento, ma ha suggerito la creazione di un ente indipendente plasmato secondo le linee indicate dai giornalisti stessi, ma approvato dall’authority delle comunicazioni.
Sul Corriere la storia trova spazio in prima: “La privacy violata, l’autogol di Londra” è il titolo del commento, dove si ricorda che in Gran Bretagna “non è mai stato necessario ricorrere ai codici e alle leggi per imporre ai giornali e ai giornalisti la cultura del rispetto per congelare le eventuali suggestioni censorie dei Parlamenti. Troppo forti le tradizioni liberali, associate alla difesa del principio garantista di separazione dei poteri e al culto per la assoluta autonomia dei mass media”. Ma all’improvviso, questo quadro “ideale e idealizzato” è crollato sotto i colpi del monumentale rapporto (1985 pagine) del magistrato Leveson, che dopo aver indagato sulle scorrerie e lo spionaggio dei tabloid ha raccomandato alla Camera dei Comuni di intervenire, in modo che si sanzionino con una multa fino a un milione di sterline e con il carcere per il furto dei dati personali le infrazioni compiute da giornalisti e direttori. Leveson ha denunciato che negli ultimi 30 anni tra il sistema informativo deviato e il sistema della politica, con i conservatori e con i laburisti, si è creato un quadro di complicità e di relazione troppo stretto, contrario all’interesse pubblico.