Il Corriere della sera: “Lavoro part time prima della pensione. Cancellata la Tasi”. “Intervento sulle prime case. Oggi la manovra”. “Sanatoria sui fondi ai partiti. Protesta l’M5S”.
Di spalla: “Ban Ki-Moon: ruolo dell’Italia, dai migranti alla crisi libica”.
In evidenza con foto anche il maltempo: “Nubifragi, morire di maltempo”.
Sulla politica una intervista a Gaetano Quagliariello: “L’Ncd lasci Renzi o farò nascere un altro gruppo”.
A fondo pagina il primo dibattito tv tra i Democratici americani: “Hillary batte Sanders il buono”.
La Repubblica: “Spunta il part-time per gli over 63”, “Si spacca l’Ncd”, “Quagliariello lascia Alfano, governo più fragile”, “Oggi la manovra: pensioni e ritocchi al deficit”, “Sì alla sanatoria, 20 milioni ai partiti: caos in aula”.
In prima una foto di via dei Fori Imperiali, a Roma: “Sfida di Marino: chiudo i Fori. Gabrielli: ‘Ecco i suoi errori’”. Si tratta di un’intervista che il quotidiano ha realizzato con il prefetto di Roma, che annuncia: “2mila soldati in più per il Giubileo”.
A centro pagina, l’inchiesta che ha portato all’arresto del vicepresidente della Regione Lombardia Mario Mantovani: “Lombardia, il sistema-Mantovani, ‘Così obbediva a Berlusconi’”.
Sulla colonna a destra, un intervento del vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel e del ministro degli Esteri Steinmeir: “Siria, dialogo con la Russia per fermare la tragedia dei profughi”, “La proposta di Berlino: ‘No alle barriere, ma è l’ora del realismo’”.
A fondo pagina, sul confronto in tv tra i candidati alla nomination del democratici Usa: “Il trionfo di Hillary, la candidata ‘inevitabile’”.
La Stampa: “Una manovra da 27 miliardi. Sconto ridotto alle imprese”, “Oggi il Cdm vara la legge di stabilità: niente anticipo del taglio dell’Ires. Pensioni, flessibilità per gli over 63”, “Ncd verso la scissione, Quagliariello si dimette: basta governo con Renzi”.
In apertura a sinistra: “Giubileo, ecco i primi arresti. E Renzi pensa al commissario”, “Il Papa: scusa per gli scandali”.
A centro pagina, foto di un lupo sotto il titolo: “Francia alla guerra dei lupi, il Piemonte attende”, “Sì di Parigi all’uccisione di 36 animali sulle Alpi: convivere è impossibile. Petizioni nelle montagne italiane”.
Sulla colonna a destra: “Senza Auditel la tv sarà più divertente?” (Alessandra Comazzi prende spunto dalla decisione del Cda di Auditel di non diffondere per quindici giorni i dati di ascolto, dopo che erano stati resi noti per un errore i nomi di quattromila famiglie-meter).
Il Fatto: “Niente unioni civili in 27 anni. Salva-soldi ai partiti in 24 ore”, “La prima proposta per i diritti delle coppie omosessuali è del 1988: ieri il ddl Cirinnà si è arenato, mentre il Senato in una seduta rapidissima ha sbloccato 45,5 milioni”.
Più in basso, foto della Lupa capitolina sotto il titolo: “Affare Giubileo: primo appalto, primi arresti per corruzione”, “E Renzi incorona Gabrielli superprefetto”.
A centro pagina, intervista a Milena Gabanelli, conduttrice di “Report”: “Con i 3 mila euro contanti più facile evadere”.
Il Sole 24 ore: “Manovra, per gli over 63 incentivi al part time”. “Taglio Ires legato alla flessibilità Ue sui migranti”. “Oggi il ddl in Consiglio, nel menù spunta un nuovo bonus contributivo”.
Di spalla il quotidiano offre una intervista a Giuliano Pisapia: “Milano capitale globale della diplomazia delle città”.
In alto: “Il Papa: ‘Chiedo perdono per scandali a Roma e in Vaticano’”.
A centro pagina: “Poste, l’Ipo coperta al terzo giorno. Domanda concentrata nella fascia tra 6 e 6,5 euro per azione”. “La richiesta supera i 453 milioni di azioni del collocamento e i 45 milioni della greenshoe”.
Il Giornale: “La manovra di Renzi. Pensioni part time. Dal 2016 uno scivolo per gli over 63. Canone Rai in bolletta”. “E i partiti si votano il colpo di spugna sui debiti”.
In alto anche un articolo sulle inchieste milanesi: “Ecco i buchi neri nell’inchiesta su Mantovani”.
E poi: “Se ne va anche Quagliariello. Scissione dell’atomo in Ncd. Tutti in fuga da Alfano e la maggioranza rischia”.
L’editoriale: “Altro che ossessioni. La verità oscurata su Giorgio Napolitano”.
In prima anche un articolo di Carlo Lottieri titolato “Bentornato contante”.
Quagliariello, Ncd, centrodestra, riforme
La Repubblica, pagina 2: “Strappo di Quagliariello: ‘Ncd esca dal governo, io pronto alla scissione’”, “Sette senatori verso l’addio, maggioranza a rischio. Alfano: ‘Non trattengo nessuno’. Il nodo unioni civili”. E il “retroscena” è firmato da Francesco Bei: “Il premier: ‘Non cambia niente’. Ma ora Verdini conta di più”. Racconta Bei che un esponente di Ncd avrebbe raccolto questa confidenza di Alfano: “La verità? Va via perché Renzi non lo ha voluto nel suo governo. Anzi, Renzi, quando si parlava di rimpasto, venne da me a dirmi: vi do’ altri due ministeri, basta che non ci sia lui”. Quagliariello avrebbe risposto così a queste voci: “Questa storia che volevo il ministero l’ha messa in giro Renzi per sputtanarmi. In realtà l’ho detto più volte che, un minuto dopo le riforme, si sarebbe posto per noi il tema della permanenza al governo. Se non cambia l’Italicum, l’alleanza con il Pd diventa strategica ‘per legge’. E di questo si dovrebbe discutere, non di poltrone”. Al Senato, scrive Bei, sarebbero sette i senatori che hanno deciso di lasciare la maggioranza e passare all’opposizione (tra cui Sacconi, Giovanardi, Augello, Formigoni e Compagna): “i numeri sono piccoli -commenta- ma bastano a rendere i 13 verdiniani davvero determinanti per la sopravvivenza del governo. Senza i voti Ala (verdiniani, ndr.) infatti la maggioranza sarebbe sul filo dei 161”. Il progetto, tuttavia, sarebbe quello di rompere dopo la legge di stabilità, scegliendo come terreno di scontro le unioni civili: non è un caso che proprio Quagliariello e Sacconi -secondo Bei- fin dai tempio del Pdl, abbiano coltivato sempre rapporti con tutti i prelati che ancora guardano con nostalgia all’era Ratzinger. “Dobbiamo passare all’opposizione -avrebbe detto Quagliariello- per poter ricostruire un’area di centrodestra” . Per fare un gruppo servono però dieci senatori: il problema sarebbe risolto con l’arrivo delle tre senatrici di ‘Fare’ (che fa riferimento a Flavio Tosi). E in questi giorni si sarebbero rinsaldati i legami anche con Raffaele Fitto.
A pagina 3 La Repubblica intervista il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, esponente di Ncd, che dice: “Poco visibili per colpa sua. Renzi fa le nostre riforme”. Andrete con il Pd alle elezioni? Lorenzin: “Noi per ora siamo al governo e dobbiamo rivendicarne i risultati. Abbiamo ancora due anni per strutturarci come partito politico”, “le alleanze dipenderanno anche dalla legge elettorale. Ma non capisco chi sostiene che dovremmo essere alternativi a Renzi, semmai siamo complementari. Comunque se l’Italicum resta così com’è andremo da soli e puntiamo a superare la soglia del 3 per cento”. E se l’Italicum fosse modificato con il premio di maggioranza alla coalizione (anziché al partito, com’è ora, ndr.)? Lorenzin: “A quel punto, ma questa è la mia posizione personale, dovremmo presentarci in un’alleanza di governo”.
A questo tema è dedicata l’analisi di Claudio Tito: “Maggioranza liquida”. È evidente -scrive Tito- che il premio alla lista e non alla coalizione costringe Ncd a scelte che non vorrebbero fare. E soprattutto a non avere alcuna garanzia sul loro futuro: “non sanno in sostanza se la loro prossima corsa elettorale possa assicurare almeno una minima presenza in Parlamento o meno”, “il prossimo anno, allora, i rapporti dentro questa ‘maggioranza liquida’ saranno orientati proprio dalla riforma elettorale”.
La Stampa, pagina 6: “Quagliariello lascia la guida di Ncd. Alfano: ‘Io non trattengo nessuno’”, “Il coordinatore pensa alla scissione e a un nuovo gruppo. ‘In questa alleanza rischiamo di diventare insignificanti’”. Lo strappo, scrive Francesca Schianchi, potrebbe portare alla nascita di un nuovo gruppo parlamentare, capace al Senato di complicare il pallottoliere della maggioranza. Una delle ipotesi fatte da Schianchi è che Quagliariello pensi ad una sorta di appoggio esterno, dopo il ritiro dei ministri, in modo da fare pesare il sostegno da fuori molto di più, soprattutto dopo l’avvento di Verdini, che riduce il peso specifico dei voti centristi in Senato.
Il Fatto, pagina 2: “L’ex cocco di Napolitano vuole tornare da B.”, “Quagliariello si dimette da Ncd e prepara l’ennesima scissione dell’atomo”. Secondo Fabrizio D’Esposito Quagliariello sta preparando un “minivan Ncc, in tutto dieci posti compreso lui alla guida, per uscire dalla maggioranza e forse tornare con Berlusconi”.
Anche Il Giornale evoca la “scissione dell’atomo” e scrive che “pronti a seguire l’ex ministro ci sarebbero 6 o 7 senatori e 5 o 6 deputati” anche se “un alfaniano minimizza” affermando che sarebbero “meno della metà”. I nomi sono quelli dei senatori Andrea Augello, Carlo Giovanardi e forse Nico D’Ascola. Per non parlare del presidente del gruppo Renato Schifani, da tempo malpancista per la linea filorenziana di Ncd e che ha ripreso a comporre il numero di telefono di Arcore. Alla Camera, invece, seguirebbero Quagliariello Vincenzo Piso, Eugenia Roccella, Filippo Piccone mentre dubbioso sarebbe Alessandro Pagano. E poi c’è Maurizio Lupi, troppo concentrato, però, a decidere le sue sorti personali, legate alla partita di Milano”. In ogni caso “la notizia dell’imminente strappo, ovviamente, galvanizza il centrodestra. Renato Brunetta commenta via Twitter : ‘Ogni tanto qualche barlume di luce tra gli amici di Ncd. Obiettivo è ricostruire il centrodestra, non fare il tappetino di Renzi’”. Sorride anche Nunzia De Girolamo, da poco tornata in Fi.
Ieri Giorgio Napolitano ha fatto sapere con un foglietto indirizzato al capogruppo di Forza Italia Romani di aver “pietà per le patologiche ossessioni di Berlusconi, per questo non lo querelo”. Il direttore de Il Giornale Sallusti scrive che Napolitano era in Aula al voto sulla riforma della Costituzione per godersi “lo spettacolo di cui scrisse la sceneggiatura nel segreto delle stanze del Quirinale: tutto il potere alla sinistra, annientamento del centrodestra berlusconiano. Ha ‘pietà’ per chi sostiene che per fare questo lui ha violato il giuramento di difendere la Costituzione, ha tramato con imprenditori e banchieri, ha preso accordi con Stati esteri, ha attirato a sé con la lusinga leader politici del centrodestra (da Fini ad Alfano) per provocare scissioni, ha permesso l’espulsione del leader dell’opposizione dal Senato facendo applicare una legge in modo retroattivo. Le chiama ‘patologiche ossessioni’ quando invece sono fatti accertati e documentati da più fonti”. Alle pagine successive il quotidiano milanese dedica molto spazio ai “reati gravi” sui quali “dovrebbero indagare il Parlamento e la magistratura se non fosse debole e sotto ricatto il primo, complice la seconda”.
Sul Corriere viene intervistato Gaetano Quagliariello. Spiega che si è dimesso da coordinatore dell’Ncd per “riportare un dibattito nel mio partito”che “rischia di finire per esaurimento”. “Un’area centrista e liberale non può ripartire da una posizione di governo obbligatoria. Per essere minoranza creativa bisogna prendersi dei rischi”. Spiega che il voto sul ddl Boschi “è la fine del periodo emergenziale” ma se continua l’alleanza con il Pd “diventa strutturale, senza che ci sia nel sistema la possibilità di presentarsi assieme alle elezioni”. Giudica “deludente” la risposta che è venuta da Alfano, dice “se esco, non sarò solo. Nel partito e nella base molti la pensano come me e tanti che se ne sono andati potrebbero tornare”. Cosa pensa delle rinnovate accuse a Napolitano. “Se questo centrodestra non cambia profondamente è votato alla sconfitta. Berlusconi è una componente di quell’area, ma è impossibile ripensarla a partire dalla sua centralità”.
Della riforma costituzionale e del nuovo Senato si occupa Roberto D’Alimonte sul Sole. Ricorda che sulla carta nulla è ancora deciso ma “dopo il voto dell’altro ieri in Senato le probabilità di arrivare in fondo sono molto alte. Nel corso del 2016 il nostro paese avrà dunque quella grande riforma che aspettiamo da più di trenta anni”. Dice che “è comprensibile ma sbagliato” giudicare cattiva la riforma per il metodo o perché l’ha fatta un Parlamento che sarebbe delegittimato. “Negare a questo parlamento il diritto di fare le riforme avrebbe comportato due conseguenze: il rinvio di qualunque riforma alla scadenza naturale della legislatura o elezioni anticipate”E “inconsistenti e incoerenti” sono le critiche di merito, perché “gli stessi che vedono nella riduzione dei poteri del Senato un attentato alla democrazia sono spesso anche quelli che preferirebbero un parlamento monocamerale”. “In realtà, il superamento del bicameralismo attuale è una decisione popolare, come dicono tutti i sondaggi” e anche la questione dei pesi e contrappesi, “invocata per alimentare il timore di una deriva autoritaria, è una critica che non tiene conto di aspetti importanti della riforma”, per esempio il fatto che “aremo l’unico paese della Unione Europea in cui il capo dello stato sarà eletto con una maggioranza dei tre quinti dei votanti e senza una norma che possa mettere fine ad un eventuale stallo”.
Legge di Stabilità
Sul Corriere per punti alcuni dei contenuti della legge di Stabilità che oggi il governo dovrebbe varare.
Si parte dalle tasse sulla casa (“Sparisce la Tasi sulla prima casa”) e si ricorda che “lo sgravio totale dell’Imu riguarderà anche i terreni agricoli e i macchinari ‘imbullonati’ al suolo nelle grandi fabbriche. In totale la riduzione delle imposte sulla casa costerà quasi 5 miliardi di euro, che verranno integralmente rimborsati dallo Stato ai Comuni, che non avranno dunque la necessità di compensare il mancato gettito con l’aumento di altre imposte, come quelle sulle seconde o terze case. Secondo il servizio Politiche territoriali della Uil, lo sgravio di Imu e Tasi sulle case di lusso ammonterebbe in media a 2.778 euro l’anno, mentre il risparmio che si avrebbe con l’abolizione della Tasi sulle altre abitazioni adibite a prima casa sarebbe di 180 euro (230 nei capoluoghi). Il governo è convinto che la cancellazione delle tasse sulla casa possa servire anche per rilanciare i consumi, considerato che il 73% delle famiglie italiane vive in una casa di proprietà”. Sull’Ires, si ricorda che “rilanciare la domanda interna i consumi delle famiglie non bastano, ed arriva così un nuovo pacchetto di misure per favorire le imprese” che inizialmente era previsto per il 2017. Si partirebbe con una riduzione dell’aliquota Ires sugli utili di impresa dall’attuale “27,5 al 24%, ma già nel 2016 potrebbe diminuire tra uno e due punti”.
Sulla decontribuzione sulle assunzioni ci sarebbe una riduzione. Se nel 2015 il limite era di 8060 euro all’anno per tre anni al massimo, “nel 2016 lo sconto non potrà superare i 4 mila euro l’anno e i due anni di durata. Nel 2017, poi, si scenderà ancora: 2 mila euro e un anno. Nel 2018, infine, la decontribuzione dovrebbe sparire del tutto. Perché questa scelta? Circola una battuta tra i tecnici che si sono occupati di questo capitolo della Stabilità: ‘Lo sconto sui contributi è come il metadone. Adesso bisogna scalare, cioè ridurre la dose’”. Si segnala anche il “problema”: “Proprio ieri l’Inps ha certificato che i soldi già stanziati potrebbero non bastare per gli sconti di quest’anno: finora il mancato gettito è di 1,4 miliardi. Con il taglio annunciato per il 2016, da qui a dicembre potrebbe scattare una corsa alle assunzioni. Buono per l’occupazione, meno per le casse dello Stato”.
Sul Sole 24 ore si spiega la notizia che oggi apre quasi tutti i quotidiani: la proposta di un “part-time volontario negli ultimi tre anni di lavoro con una busta paga più pesante e la certezza di non perdere neanche un euro dei versamenti contributivi che costruiscono la pensione”, la “soluzione” messa a punto dai tecnici del ministero del Lavoro che prevede per gli over 63 “un accesso all’orario ridotto in base a un accordo con il datore di lavoro, che verserà in busta paga l’intera contribuzione netta che avrebbe destinato all’Inps in caso di orario pieno”. La retribuzione finale non scederebbe sotto il 65 per cento di quella a tempo pieno e si avrebbe la garanzia della copertura del centro per cento dei contributi a carico della fiscalità generale. La misura varrebbe solo per i privati, non prevede obblighi di assunzioni aggiuntive e dovrebbe essere “implemetata” con un decreto ministeriales successivo alla legge di Stabilità. Quanti soldi metterà il governo? Si parla di 100 milioni.
Sul Sole, Dino Pesole scrive che “servono coperture certe, proiettate su un orizzonte triennale” perché la manovra sia credibile a Bruxelles. Ad oggi la copertura dei 16,2 miliardi necessari a disinnescare le clausole di salvaguardia (aumento dell’Iva e delle accise) è prevista solo per il 2016. “Il rischio è dunque che la prossima manovra, quella del 2017, si trovi di fatto sostanzialmente imbrigliata dalla necessità di reperire 25,4 miliardi (a tanto ammonta l’eredità delle vecchie clausole che nel totale del triennio raggiunge i 70 miliardi) con risorse aggiuntive. Si ridurrebbero in tal modo drasticamente gli spazi di manovra per politiche di bilancio orientate a sostenere un ciclo economico che già dal prossimo anno potrebbe volgere al peggio, per il simultaneo operare di variabili esterne il cui impatto è fin d’ora difficile da stimare”. Scrive il quotidiano che “occorrerà spuntare il via libera di Bruxelles non solo sulle varie clausole di flessibilità invocate dal Governo (17 miliardi in tutto se vi si comprendono i 6,4 miliardi già concessi e la “clausola migranti” da 3,3 miliardi difficile peraltro da ottenere), ma anche all’utilizzo sotto forma di ulteriore copertura di 3-3,5 miliardi di entrate una tantum attese dal rientro dei capitali esportati illegalmente attraverso la cosiddetta voluntary disclosure. Si può spingere il deficit del 2016 fino al 2,2%, e con ogni probabilità si proverà a portarlo al 2,4%, ma per spuntare la flessibilità europea il percorso di riduzione del debito va garantito”. Il governo punta sulla crescita economica, ovvero nel’aumento del “denominatore” nel rapporto debito Pil.
Sul Corriere, Daniele Manca si sofferma sul rischio di delusioni sul fronte dei tagli della spesa: “I commissari si susseguono, con essi i buoni propositi, ma puntuale giunge lo squillo di tromba che annuncia la ritirata”. E tuttavia “agevolare, favorire il più possibile la mini ripresa che misuriamo purtroppo ancora in pochi decimali, non significa, e comunque non è alternativo al rigore al quale va chiamato un settore pubblico e uno Stato invadente”. E ancora: “La revisione della spesa pubblica non ha importanza solo per le cifre che possono essere apportate a copertura di un taglio delle tasse, ce l’ha anche per il messaggio intrinseco indirizzato a una struttura statale che tende a perpetuare se stessa come immutabile nel tempo. Come è possibile che persone di rango come Piero Giarda, Enrico Bondi, Carlo Cottarelli, Roberto Perotti, a vario titolo indicati a occuparsi di spending review non siano riusciti, se non marginalmente, nell’intento?”.
Finanziamento pubblico
Il Sole 24 ore: “Leggina per i soldi ai partiti, sbloccati 45 milioni. Il provvedimento votato al Senato da Pd, Ncd, Fi. Sel si è astenuta. No di M5S tra le proteste”. Si legge che il “ddl della discordia” sblocca 45 milioni di euro di finanziamenti ai partiti “che erano stati congelati verso fine luglio dagli uffici di presidenza di Camera e Senato per l’impossibilità della Commissione (istituita ad hoc dalla legge del governo Letta per vigilare sulla correttezza dei bilanci) di fare tutti i controlli previsti sui bilanci 2013 e 2014”.
Su Il Fatto, pagina 3: “Senato da record per i soldi ai partiti. E i diritti aspettano”, “Il dd che sblocca 45,5 milioni approvato in una sola seduta fiume mentre il testo sulle unioni civili arriva in aula ma si ferma ancora”. L’articolo si riferisce al ddl Boccadutri (ex tesoriere di Sel poi passato al Pd), che ha avuto in tempo record il sì definitivo del Senato ieri: “serve -spiega il quotidiano- a liberare la tranche annuale dei soldi che spettano ai partiti politici. Il finanziamento pubblico dei partiti è stato abolito dal governo Letta, ma solo a partire dal 2107: pe ril 2015 ci sono ancora 45,5 milioni da distribuire (e l’anno prossimo saranno la metà). Per accedere ai fondi, però, i conti dei partiti devono -anzi dovevano- essere certificati da una commissione ad hoc. E invece i bilanci del biennio 2013-2014 sono rimasti senza questo bollino di garanzia: la commissione non è stata in grado di analizzarli a causa della mancanza di personale. Qui interviene, provvidenziale, la Boccadutri: i soldi sono stati sbloccati lo stesso, grazie all’insospettabile solerzia del Parlamento”.
La Stampa: “Sbloccato i fondi ai partiti. Insorgono i Cinque Stelle. ‘Questo è un furto’”, “Finanziamenti garantiti anche senza il controllo della commissione sui conti”. Tre articoli di legge “per rinforzare il personale della commissione di garanzia” (che aveva fatto sapere di non poter svolgere il compito di controllare i dati forniti dai partiti) e consentire così ai partiti di accedere a quel che rimane del finanziamento pubblico, che sparirà definitivamente nel 2017”.
La Repubblica: “Sì alla sanatoria, 20 milioni ai partiti”, “Il Sebato approva il ddl Boccadutri sui rimborsi elettorali. Via libera anche da Fi e Riformisti, Sel si astiene. Bagarre in aula, insorgono i Cinque Stelle. Il Pd: ‘Gli unici non a posto con i bilanci erano proprio i grillini’”. Il quotidiano intervista Gianluca Castaldi, M5S: “Il Pd lo ammetta, incassano i fondi in barba alle regole”, “Si poteva decidere di elargire la cifra spettante man mano che si presentavano le pezze d’appoggio. Ad esempio: dimostravano mille euro, prendono mille euro. E così via fino a 35 milioni di euro. Questa invece è una sanatoria per il 2013 e il 2014. E vedrà, ci sarà un’altra Boccadutri pe ril 2015”. Di fianco, intervista a Sergio Boccadutri: “Ma noi abbiamo rispettato la legge e presentato i conti”, avrei preferito che i grillini “mostrassero i loro bilanci”.
Il Messaggero intervista Sergio Boccadutri. Spiega che la legge “non dispone che i soldi del rimborso elettorale del 2013 partano e arrivino automaticamente nelle casse dei partiti”, prima si dovrà avere l’ok sul bilancio di ogni singolo partito, “noi stiamo intervenendo affinché la Commissione preposta a vigilare sulla trasparenza dei partiti sia pronta a farlo entro trenta giorni”. Spiega che oggi “partiti che hanno rispettato tutti gli obblighi di legge, facendo esaminare i loro conti da società esterne legate alla Consob come avviene per le aziende private quotate in Borsa, stanno subendo forti ritardi sui rimborsi fermi da un anno e mezzo. Soldi che, ci tengo a sottolineare, servono a pagare i creditoi esterni, i dipendenti, e altre attività per le quali è stato consegnato ogni singolo scontrino”. Ricorda che l’M5S, contrario al provvedimento, “è stato l’unico partito a non aver fatto la trafila burocratica per certificare la propria trasparenza”.
Anche sul Corriere: “Boccadutri, l’autore della norma. ‘Giusto dare i soldi ai partiti, bisogna pagare gli stipendi’”.
Gabrielli e il Giubileo
La Repubblica intervista il prefetto di Roma Franco Gabrielli, che dice: “Roma può cambiare solo con un dream team e Marino non ce l’aveva”, “Duemila soldati in più per il Giubileo. Sceglierò con Renzi il commissario. Per il Campidoglio non pensate a me”. Chiede Francesco Merlo: “Tradotto dal ‘renzinglese’, cos’è un dream team? E che cosa sono davvero i superpoteri?”. Gabrielli: “Una buona squadra. È una scommessa sul cambio di rotta”. E cita Brecht: “Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua”. Marino non aveva un dream team? “Il suo errore più grande è il non avere fatto squadra. Pensi a quante volte ha cambiato la giunta”. La magistratura ha arrestato due imprenditori e un funzionario del Comune e ha bloccato il primo appalto per il Giubileo. Gabrielli: “Lei credeva che il lupo avesse perso il vizio? La notizia è l’arresto: gli anticorpi adesso funzionano, e subito”. C’è chi pensa che uno di voi prefetti, o lei o il commissario, a primavera, potreste diventare il candidato sindaco di Renzi. Gabrielli: “Per me, lo escludo. Aggiungo che io vieterei per legge ai prefetti e ai magistrati di candidarsi alle elezioni almeno per cinque anni”. Sui rapporti con il Papa: “L’ho incontrato e basta. Del resto, abbiamo visto che non ama essere asfissiato”. Sugli scioperi: “Useremo la precettazione solo come ultima risorsa, nel caso fossero inutili le vie ordinarie”. Sul rischio attentati: “Abbiamo una intelligence capace. Quello che tempo di più sono i lupi solitari”.
Su La Repubblica, pagina 15: “Fori pedonali: ultima sfida del sindaco”, “Marino prepara la delibera: ‘Un regalo ai romani prima di andarmene. Nessuno c’era mai riuscito’. Dopo le auto, l’area archeologica sarà chiusa anche ai taxi e agli autobus. Residenti sul piede di guerra”. E il quotidiano intervista Adriano La Regina, che è stato soprintendente a Roma e presidente del parco dell’Appia Antica. Dice che si tratta di una “decisione rivoluzionaria” e che “ora bisogna andare fino in fondo”. Ed è stato sfatato il luogo comune secondo cui il traffico deve passare per forza dall’area monumentale.
Il Fatto: “Anno Santo, nuovi poteri a Gabrielli. Sabella (se escluso) verso Napoli”, “Il governo si affida al prefetto anziché al Comune commissariato”.
Il Giubileo e gli arresti
La Stampa, pagina 2: “Giubileo, al primo appalto scattano già gli arresti”, “Ai domiciliari due imprenditori e un funzionario del Campidoglio. Si facevano dare informazioni sui concorrenti per vincere le gare”.
Il Fatto: “Giubileo, primo appalto: tre arresti per corruzione”, “Lavori stradali, gara sospesa, le buche restano. L’assessore: ci sono altri casi”. All’imprenditore Luigi Martella è riconducibile una della ditte che ha vinto una delle gare, assegnata provvisoriamente, per il Giubileo: ieri mattina era stato infatti convocato, con altri partecipanti alla gara, in Campidoglio, dove i funzionari gli avrebbero dovuto dire che era stato tutto sospeso. Ma è arrivata prima la polizia giudiziaria:l’accusa è per lui e per l’altro imprenditore arrestato, di aver corrotto con 2mila euro un funzionario comunale in cambio di informazioni sui partecipanti alla gara per l’appalto della manutenzione e la sorveglianza della grande viabilità. L’inchiesta della Procura di Roma corre su un binario parallelo a quella dell’Anac, l’Autorità Nazionale Anticorruzione di Cantone, che due giorni fa ha sospeso la prima gara per i lavori del Giubileo. L’unica aggiudicata provvisoriamente, Nei prossimi giorni si saprà invece quale impresa vincerà le altre tre gare giubilari indette per il Giubileo: una da 478mila euro per interventi di manutenzione straordinaria, un’altra da 503mila euro e il rifacimento di una strada e la terza da 970mila euro per il ripristino e l’attivazione di otto bagni pubblici.
Mantovani, Lombardia
Le pagine 9, 10 e 11 de La Repubblica sono dedicate all’inchiesta che a Milano ha portato all’arresto del vicepresidente della Regione Lombardia Mario Mantovani e dell’assessore all’Economia, il leghista Garavaglia. Pagina 9: “Salvini contro i pm: attacco politico”, “Tangenti sanità, Mantovani si autosospende da vicepresidente: ‘Sono in questo inferno da innocente’. Ma le opposizioni Pd-M5S presentano la mozione di sfiducia: ‘Maroni se ne deve andare’”. Il quotidiano intervista Emanuele Fiano, deputato Pd e candidato alle primarie del centrosinistra a Milano: “La Lega ha voluto chiudere gli occhi su quegli affari”, “Il governatore sapeva del conflitto d’interessi dell’assessore”. E, di fianco, intervista a Roberto Formigoni, ex governatore, esponente Ncd: “Per molto meno il Carroccio mi fece dimettere”.
Alle pagine 10 e 11, “le carte” dell’inchiesta, raccontate da Sandro De Riccardis: “Nel sistema Mantovani anche le assunzioni ‘su esplicita richiesta di Berlusconi’”, Non soltanto appalti truccati nell’edilizia scolastica e nella sanità. I pm sul vice di Maroni, arrestato: ‘Era al vertice di una rete che si espandeva e autoalimentava. Rispondeva direttamente al leader di Forza Italia’”.
La Stampa: “Mazzette in Lombardia, ‘Il sistema lavorava ancora’”, “nelle carte nuove accuse rispetto alla richiesta d’arresto del 2014. In ballo la nuova gara per il trasporto dializzati nell’Asl Milano 1”.
Su Il Giornale si parla delle “incongruenze” e “buchi neri” nelle accuse a Mantovani “che lasciano alla difesa” del vicepresidente della Regione Lombardia “ampi spazi ampi per una battaglia con la Procura che si annuncia aspra: a partire dalla richiesta di scarcerazione che quasi certamente l’avvocato Roberto Lassini, difensore di fiducia dell’ex senatore, presenterà dopo l’interrogatorio di oggi”. Pietro Baratono, provveditore alle Opere pubbliche della Lombardia, accusa Mantovani per essere stato costretto ad riaffidare incarichi operativi a Angelo Bianchi, un funzionario che era stato messo da parte in quanto inquisito per corruzione. “A verbale, Baratono parla di ‘pressioni molto decise’ da parte di Mantovani, ma dopo l’arresto dell’ex senatore, parlando col Giornale , ha modificato il tiro: ‘Non pressioni, direi consigli’. Sta di fatto che Baratono si guardò bene dal denunciare le pressioni o i consigli di Mantovani, rimise Bianchi al suo posto, e ai pm spiegò: ‘Su Bianchi ho successivamente maturato un giudizio personale nel corso di quell’anno’”. L’altra accusa, quella sul trasporto dei nefropatici, scrive Il Giornale che si è scritto di tangenti ma la Procura non parla di tangenti. Parla di turbativa d’asta. Mantovani e Garavaglia “sarebbero intervenuti per consentire ad alcune associazioni di volontariato della loro zona di continuare a svolgere il servizio”. “E ieri al Giornale il presidente della onlus che Mantovani avrebbe ‘miracolato’, la Ticinia, spiega: ‘Non abbiamo chiesto nessuna raccomandazione, abbiamo solo scritto a tutte le istituzioni che alle gare d’appalto non avrebbe potuto partecipare l’intero mondo del volontariato, che statutariamente non può svolgere servizi commerciali. E infatti noi quel servizio non lo svolgiamo più’”.
Hillary
Su La Repubblica, due intere pagine sul dibattito tv tra i candidati democratici alla nomination: “Il trionfo di Hillary, la candidata ‘inevitabile’, cancella i rivali”, “si è dimostrata l’unica pronta per la battaglia contro i repubblicani”, scrive Vittorio Zucconi. E in basso “lo scenario” di Federico Rampini: “Il fair play di Sanders, l’abilità della Cliton, ecco i voti della sfida” (e si raccontano i grandi temi al centro del dibattito su cui si sono confrontati i candidati, dando conto di chi sia stato il più convincente su stop alle armi, politica estera, Patriot Act, Wall Street, Ttp, diseguaglianze, immigrazione).
Il Corriere della sera: “La resurrezione di Hillary. Al dibattito ‘Dem’ stacca tutti. Dopo mesi di difficoltà, scandali e polemiche una performance convincente”. I partecipanti: Bernie Sanders, l’ex governatore del Rhode Island Lincoln Chafee, l’ex senatore della Virginia Jim Webb e l’ex governatore del Maryland Martin O’Malley. Scrive Massimo Gaggi che a parte le figure sul palco, ad uscire sconfitto dalla Clinton è Joe Biden, che ha fatto capire da tempo di esser pronto a scendere in campo ma non ha mai annunciato la sua decisione. La sua candidatura sarebbe stata giustificata con l’appello del partito democratico non più convinto della Clinton. “Probabilmente Biden avrebbe dovuto annunciare la sua discesa in campo qualche giorno fa. Ora che Hillary è tornata prepotentemente alla ribalta, per lui si fa più difficile”.
Sullo stesso quotidiano Maria Laura Rodotà si sofferma sul gesto di Sanders, che ha detto di non essere interessato a parlare delle email della Clinton. “Per la Rete ha vinto Sanders, cavaliere di sinistra in soccorso di Madam President”.
La Stampa: “A Hillary il primo round. Sanders la grazia sulle email”, “Economia, ruolo di Wall Street, armi: i candidati virano a sinistra”. Ne scrive Paolo Mastrolilli. In basso, sulla stessa pagina, intervista a Robert Reich, che fu ministro del lavoro con l’amministrazione Clinton. Dice: “In America abbiamo troppe disuguaglianze. Rischiamo una svolta autoritaria”, “La globalizzazione schiaccia la classe media. Servono riforme per salvare il capitalismo dai leader populisti”.
Sul Sole 24 ore Mario Platero: “Dibattito quasi perfetto. Hillary prenota la nomination”. “La Clinton si conferma il candidato migliore tra i Democratici”. “L’appello di Obama ad unificare le forze potrebbe ormai significare che il presidente Biden non scenderà in campo”. Si spiega che il messaggio di Obama è rivolto ai Democratici perché si concentrino, oltre che sulla Casa Bianca, anche sul tentativo di fare “passi avanti in Senato”. Tra i concorrenti per la Casa Bianca, ricorda il Sole, ci sono molti più senatori Repubblicani che Democratici. Per conquistare la maggioranza in Senato i Dem avrebbero bisogno di soli cinque seggi, obiettivo “possibile” anche perché alcuni senatori – come Marco Rubio – “hanno annunciato che si ritireranno nel 2016”. Il Sole segnala che la Clinton è ormai in deciso vantaggio ma la presenza di Sanders l’ha costretta a “guardare molto a sinistra. Così l’ex segretario di Stato ha cambiato la sua posizione sul Tpp, l’accordo commerciale del Pacifico, cui aveva contribuito nei suoi anni come ministro degli esteri”. Inoltre ha modificato la sua posizione da favorevole a contraria sull’oleodotto Kyestone. Il problema è nel merito ma anche nell’impressione di una candidata “flipflop”, che cambia posizione per opportunismo, scrive il quotidiano.
E poi
Su La Repubblica, alle pagine 16 e 17: “Check point e mitra nella Geruslaemme della terza Intifada”, “Viaggio nelle zone isolate dai nuovi check point. Kerry lavora a un vertice Abu Mazen-Netanyahu”. Ne scrive Fabio Scuto da Gerusalemme. E Andrea Tarquini intervista Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace e sopravvissuto all’Olocausto: “Israele non vuole dividere la città ma solo fermare la protesta”, “I controlli dei transiti tra Est e Ovest sono una misura necessaria ma temporanea. I leader siano coraggiosi: l’accordo è possibile”, “il presidente dell’Anp dice che l’intesa di Oslo è morta? Ma resuscitarla dipende anche da lui”, “Bibi non rinunci mai a pensare a grandi gesti per rilanciare il dialogo con i palestinesi”, “A Gerusalemme hanno sempre convissuto etnie e religioni diverse: questo clima non cambi”.
Su La Stampa, un “retroscena” di Francesco Semprini da New York dedicato al presidente iraniano: “Iran, Rohani sceglie l’Italia per il primo viaggio in Europa”, “A Roma il 14 e 15 novembre: in agenda scambi economici, nucleare e lotta al terrore”.
Sul Corriere Massimo Gaggi intervista il segretario generale Onu Ban Ki-Moon, che sta per partire per l’Italia. Dice che il nostro Paese è stato “la pietra angolare dei processi di pace delle Nazioni Unite e dell’impegno per i diritti umani. È anche il Paese occidentale che ha dato il maggior contributo alle attività di peacekeeping. Avete mandato più di 1.100 uomini in Libano e altrove e io conto sulla continuazione di questo impegno. L’Italia è stata anche un campione dello sviluppo dei diritti umani e spero che prosegua su questa strada, insieme con le altre nazioni, ora che c’è da concretizzare l’Agenda 2030 con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Un pianeta accogliente, con al centro il futuro degli esseri umani, possiamo farcela”. Sui migranti accolti dice che accoglierli “non è stato facile” ma spera “che l’Unione europea, e anche l’Italia, mostrino ancora la loro solidarietà globale. Un discorso che vale soprattutto per l’Europa, e sono incoraggiato nel vedere i primi accordi nella Ue sulla riallocazione dei rifugiati nei vari Paesi. Dobbiamo affrontare la realtà: questo delle migrazioni è un fenomeno ormai globale. Molti rifugiati fuggono da Paesi in fiamme, soprattutto la Siria. E la priorità dell’Onu non può che essere quella di salvare vite umane e chiedere supporto umanitario ai Paesi membri”. Sui raid russi in Siria: “Ho preso nota dei raid aerei delle forze di Mosca. Col diffondersi del terrorismo islamico dell’Isis e di Al Nusra, la situazione si è fatta più complicata”. Altri temi della intervista: la deforestazione e il riscaldamento globale e la lotta alla povertà.