Il Corriere della Sera: “La Grecia non convince l’Eurogruppo. Dovrà trattare ancora con l’ex troika”.
Un articolo di Danilo Taino: “Quello che Atene non vuole capire”.
Un altro articolo si occupa dell’avvio del Qe: “Bce compra titoli. Le scelte di Visco”.
A centro pagina, il titolo più grande:”La riforma divide Forza Italia”. “Le modifiche alla Costituzione. Oggi il voto alla Camera. Una parte degli azzurri tentata dal sì”. “Intervista con Casaleggio: confronto in Aula o si rischia una deriva a destra”.
Accanto, si parla delle relazioni tra la Cina e il Vaticano: “Un’apertura da Pechino: prove di dialogo con il Vaticano”:
Sotto, con foto: “La prima causa di guerre globali? L’acqua, 343 volte”.
A fondo pagina: “Nozze gay, cancellato il no dei prefetti. Il Tar conferma le trascrizioni di Marino: non tocca ai funzionari del governo bloccarle”.
In evidenza anche un articolo di Marzio Breda: “‘Azioni civili contro le toghe da valutare’. Mattarella sulla legge”.
La Repubblica: “Riforme, esplode Forza Italia, i ribelli votano sì”, “Oggi alla Camera la legge che abolisce il Senato”, “Bossi difende Tosi, la Lega rinvia l’espulsione”, “Ex grillino: un ministero e entriamo in maggioranza”.
A centro pagina: “L’Ue attacca Atene: basta perdere tempo”, “La Grecia pronta a rivedere il suo piano”.
In evidenza una foto di Tim Cook, ceo della Apple, che ha presentato il nuovo Apple Watch ieri a San Francisco: “Tutto il mondo al polso, l’ultima sfida di Apple”.
Nella colonna a destra, la “copertina” dell’inserto R2: “La libertà di odio che divide la Francia”, “Dopo Charlie e Dieudonné è giusto censurare i discorsi che istigano al disprezzo?”. Se ne occupano Enrico Franceschini e Anais Ginori.
A fondo pagina: “Il Tar boccia Alfano: ‘Il prefetto non può annullare le nozze gay’”.
La Stampa: “Lo scontro fra Germania e Grecia”, “Il ministro della Difesa di Atene: daremo documenti ai clandestini. Berlino: stop agli aiuti”, “L’Eurogruppo al governo Tsipras: ‘Non c’è più tempo da perdere’. Intanto il piano della Bce parte senza scosse”.
Il quotidiano scrive anche che Bruxelles teme un altro fronte, quello della Carinzia: “La Carinzia travolta dai debiti verso i crac per colpa delle banche”, “Il Land austriaco sospende il rimborso dei bond. La pericolosa eredità lasciata dall’ex leader Haider”.
In evidenza, le multe comminate al nostro Paese dalla Ue: “Italia, stangata da 140 milioni”, “Violate le normative su lavoro e ambiente”.
Nella colonna a destra: “La Lega trema: ‘Senza Tosi il Veneto è a rischio’”, “Slitta l’espulsione”.
A centro pagina, foto di Tim Cook: “Al polso l’orologio che esegue ogni ordine”, “Presentato ieri l’Apple watch: naviga sul web, legge le mail e ti apre la porta di casa”.
A fondo pagina, nozze gay: “Il Tar blocca i prefetti”, “’Solo il tribunale può annullare i matrimoni’. Il Viminale aveva dato ordine di cancellarli”.
In prima anche notizie sulla fecondazione: “I primi figli dell’eterologa”, “Due gemelli nati grazie alla donazione di ovociti. Svolta in Italia dopo la sentenza della Consulta”.
Il Sole 24 Ore: “Effetto Grecia sul Qe: tassi in calo, Borse caute. L’Eurogruppo rinvia a domani il negoziato con Tsipras. Atene apre al dialogo, ma dovrà trattare con la Troika”. “Lo scontro Atene-Ue sulle riforme frena l’entusiasmo dei mercati: decennali greci vicino al 10 per cento”.
In prima anche: “Vicenza-Veneto, prove di alleanza”. Si parla di banche, e in particolare della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. “Anche la banca di Montebelluna come PopVi punta a trasformarsi in spa entro l’estate”. “Favotto replica all’apertura di Zonin: ‘Condizioni per un dialogo'”. Sul tema della riforma delle banche popolari da segnalare un intervento di Massimo Mucchetti, parlamentare Pd e presidente della Commissione industria del Senato: “Il legame con il territorio”, il titolo.
Il Giornale: “Il ricatto della Grecia”. “Che carini questi comunisti: ‘Vi riempiremo di immigrati’. Il governo Tsipras minaccia di dare passaporti europei ai clandestini. Pagano i debiti con il terrore”.
“Atene era un neo, ora è diventato un cancro incurabile” il titolo di un commento di Vittorio Feltri.
Il titolo di apertura: “Giustizia e Forza Italia, per Berlusconi è il giorno della verità”. E poi: “Lega, scissione congelata in Veneto”.
Sotto, un articolo firmato da Arturo Diaconale: “La pagliuzza di Bari e la trave di Trani”.
A centro pagina la segnalazione del nuovo libro di Mario Giordano, “I pescecani”: “I ‘Pescecani’ della crisi che divorano l’Italia”. “Un esercito di truffatori si è arricchito sulle disgrazie. Il libro di Mario Giordano racconta come”.
Il Fatto: “Oggi scassano la Carta alla Camera, Rodotà: ‘Premier padrone’”.
La foto è per il Presidente della Repubblica: “Responsabilità civile, Mattarella ai giudici: ‘Non fatevi intimidire’”.
A centro pagina, foto di Fedele Confalonieri: “Pubblicità, B. pigliatutto”, “Basta vedere come si muovono gli inserzionisti per capire chi comanda ancora in Italia: su 2,8 miliardi spesi dalle prime 100 aziende, 1,3 miliardi vanno a Mediaset. Alla Rai solo le briciole. Eni dimezza il budget, le Poste triplicano”.
In prima anche un titolo per la sentenza attesa per oggi sul caso Ruby: “Cassazione, verdetto verità sul caso Ruby”, “Il terzo grado di giudizio sull’ex Cavaliere (Assolto in appello) e la minorenne passata da Arcore. Relatore il giudice che mandò alla Consulta il lodo Alfano”.
Ue, Grecia
La Stampa dedica le pagine 2 e 3 alle tensioni tra Ue e Grecia. Marco Zatterin, corrispondente da Bruxelles: “Eurogruppo in pressing sui greci: ‘Non c’è altro tempo da perdere’”. E si legge che il ministro delle Finanze ellenico Varoufakis “accetta di riprendere i negoziati”. Poi si riferiscono le parole del presidente della Bce: “Draghi: rispettare le regole sul debito”. L’Eurogruppo, riunitosi ieri, in una sessione insolitamente breve, ha cercato di focalizzarsi su come portare la Grecia fuori dal pantano del debito: per dirla con il ministro Padoan, si trattava di “arrivare al più presto a un incontro tecnico e verificare lo stato di avanzamento degli impegni greci”. E lo hanno fatto, scrive Zatterin, cercando di non urtare i diretti interessati: l’unico ad usare il termine ‘troika’ è stato il ministro delle Finanze tedesco Schauble, non casualmente, ma prima della riunione, nel corso della quale è stata usata la locuzione “istituzioni”. Varoufakis ha presentato la sua lista di misure e ha parlato di un “consiglio di bilancio” indipendente per vigilare sulla politica di spesa, e di lotta all’evasione. Nel corso della riunione il presidente Bce avrebbe ribadito la sua preoccupazione che sia trascurata la regola debito nella valutazione dei comportamenti fiscali dei singoli Paesi: si riferiva in primo luogo alla Francia, ma anche l’Italia ha beneficiato della flessibilità. “Applicare le regole alla lettera sarebbe stata una sconfitta autoinflitta”, ha detto il ministro Padoan, perché “avrebbe fatto aumentare il debito invece che diminuirlo”, danneggiando la ripresa. Alla pagina seguente: “Berlino contro Atene: stop agli aiuti e fuori anche dall’area Schengen”, “Il greco Kammenos (ministro della Difesa greco, ndr.): manderemo in Germania rifugiati e militanti Isis. E i tedeschi minacciano: cambieremo l’intesa sulla libera circolazione”. Scrive il quotidiano che domenica scorsa, il ministro greco della Difesa Kammenos, parlando ai militanti del suo partito (gli ultranazionalisti di “Anel”), ha dichiarato che se i partner europei continueranno a “maltrattare” la Grecia, dovranno essere consapevoli che “potremmo disdettare gli accordi di Dublino e fornire agli immigrati clandestini documenti per andare a Berlino”. E tra i rifugiati che arrivano in Germania, ha aggiunto, “ci sono militanti di Isis”, dunque l’Europa “se ne accolla la responsabilità, trattando male la Grecia”. Reagiscono il cristianodemocratico Roderich Kiesewetter, della commissione affari esteri del Bundestag: sono “inaccettabili” le dichiarazioni di Kammenos, che “strumentalizzano il destino dei rifugiati per imporre la propria agenda economica”; e il leader del partito anti-euro Afd, Bernd Lucke, che ha definito “infami” le parole del ministro greco, chiedendo un “immediato e definitivo” blocco degli aiuti finanziari alla Grecia.
Su Il Giornale: “La Grecia minaccia l’Europa. ‘Vi portiamo il jihad in casa’”. Si definiscono le parole di Kammenos “a metà strada tra la follia e l’esternazione ad alto tasso etilico”.
Su La Repubblica, pagine 6 e 7: “Grecia messa alle strette. Ue: ‘State perdendo tempo’. Si tratterà anche ad Atene”, “tensione alta all’Eurogruppo. Da mercoledì colloqui sia a Bruxelles che nella capitale greca. Varoufakis: ‘Siamo rapidi’”. Alla pagina seguente, il “retroscena” di Ettore Livini: “Il Paese teme il blocco dei capitali. Minacce all’Unione sugli immigrati. ‘Ve li spediamo, terroristi inclusi’”.
Da segnalare anche l’analisi di Federico Fubini: “Fronte interno per Tsipras: radicali in pressing. E torna l’ombra del default”. Scrive Fubini che il governo deve trovare a breve quasi sette miliardi di euro, ma per la prima volta perde consensi in Parlamento e nel Paese: l’ultimo sondaggio registra un crollo del 19% di consensi per l’esecutivo. Fino al 25 gennaio, data delle elezioni, “il tempo aveva lavorato per Tsipras”, scrive Fubini: ma da allora sta correndo in senso opposto, il ministro Varoufakis deve trovare 2,3 miliardi di euro per coprire il fabbisogno dello Stato, altri 3,2 per il rimborso di titoli di debito a breve termine in scadenza, più 1,2 miliardi di crediti dovuti al Fondo Monetario Internazionale. La linea d’ombra del default si fa sempre più vicina: a meno che il governo greco non trovi un robusto e dettagliato accordo sulle riforme a Bruxelles, che sbloccherebbe subito una nuova rata di prestiti da 7,2 miliardi dal resto dell’area euro. E il presidente della Bce ha detto che concederà la deroga che permette agli istituti greci di finanziarsi liberamente a Francoforte (sede Bce), anche sulla base di garanzie considerate dal mercato “spazzatura”. Fubini sottolinea quindi che per Tsipras la strada “si fa sempre più stretta” e che potrebbe trovarsi davanti a due possibilità: nuove elezioni o un referendum. Non sull’euro, ma su un programma di riforme finalmente solido sul quale può provare a raccogliere una coalizione di greci con la testa sul collo.
Una intera pagina del Corriere offre un “retroscena” dedicato al “caso del superministro Varoufakis. Tsipras adesso chiede silenzio”. Ieri però Atene ha smentito “le voci di un ridimensionamento del ruolo di Varoufakis nel negoziato europeo a favore del vicepremier Dragasakis”, alimentate ieri dal ministro delle finanze irlandese Noonan. “Varoufakis è il nostro ministro delle finanze. Se all’estero vogliono qualcuno che dica sempre di sì come il suo predecessore Gikas Hardouvellis (che proprio in questi giorni ha ammesso di aver portato soldi oltreconfine nel 2012, ndr) resteranno delusi”, dicono da Atene.
Sul Sole, Beda Romano ricorda che “le tre istituzioni creditizie note come la troika sono giunte alla riunione di ieri chiedendo ad Atene di poter valutare concretamente la situazione economica del Paese: l’andamento della congiuntura, l’evoluzione del gettito fiscale, la tendenza sui conti pubblici”. Solo dopo sarà possibile “negoziare le riforme da adottare”, diceva ieri un “alto responsabile europeo”. Per evitare di “stuzzicare la sensibilità dei greci” le riunioni s terranno a Bruxelles, anche se poi è prevista una visita ad Atene. “E la troika rientra dalla finestra” il titolo di un corsivo sulla stessa pagina.
Ancora sul Sole 24 Ore, Donato Masciandaro (“Draghi fa, Tsipras disfa”) scrive che da un lato c’è “l’esempio virtuoso dell’azione di espansione monetaria iniziata dalla Bce” mentre dall’altro c’è il “pessimo esempio della strategia opportunistica e tossica messa in atto dal governo Tsipras”, nel senso che gli la Bce “non deve poter finanziare gli squilibri fiscali di questo o quel Paese”, e il divieto di finanziamento monetario degli squilibri “non è un accessorio dell’azione dela Bce ma al contrario è connaturata alla sua stessa natura istituzionale”. Per questo è “incomprensibile” che la Grecia di Tsipras “possa pretendere che la Bce attui una politica diversa da quella messa in atto finora”.
Sul Corriere, Danilo Taino scrive che il governo Tsipras è “legittimato dalle elezioni vinte a introdurre riforme radicali”, ma “due cose non può fare: “una è il continuo rinvio di queste riforme”, visto che il governo greco ancora non ha chiarito cosa intenda fare in fatto di mercato del lavoro e privatizzazioni. E poi non può “pretendere che gli altri 18 membri dell’Eurozona cambino politica se non vogliono: semplicemente non lo faranno”.
Responsabilità civile
Sul Corriere si legge un retroscena di Marzio Breda dedicato alla legge sulla responsabilità civile dei magistrati, “promulgata da giorni” dal Presidente Mattarella e “senza quelle riserve, a volte addirittura esplicitate per iscritto, che in altri casi della storia repubblicana abbiamo visto”. E tuttavia oggi “sente il bisogno di avvertire che ‘andranno attentamente valutati gli effetti concreti della sua applicazione’. E, rivolgendosi ai 364 magistrati in tirocinio nominati un anno fa e ricevuti ieri al Quirinale, li ha invitati a “seguire il modello di magistrato ispirato all’attuazione dei valori etici e ordinamentali”, senza “lasciarvi condizionare dal timore di subire le conseguenze di eventuali azioni di responsabilità”. Non si tratta di una “obliqua bordata al governo”, scrive Breda, ma di un “cenno al dovere di vigilanza del legislatore”. Il riferimento è al concetto di “sunset law”, espressione anglosassone che indica “quelle norme per le quali si decide, fin dal varo, di sperimentare le ricadute per correggerle, se si rivelasse necessario”. Una specie di “clausola di provvisorietà” che scatta spesso per le normative economiche, di cui è difficile calcolare in partenza tutti gli effetti sociali, e che nel caso della legge sulla responsabilità dei giudici dovrebbe “mettere a raffronto il numero di cause che verranno presentate (ora siamo intorno al centinaio) con la loro ammissibilità, fondatezza o pretestuosità”.
Un altro articolo sulla stessa pagina, a firma di Giovanni Bianconi: “Un messaggio che rassicura le toghe. Nuove garanzie dopo l’impegno di Orlando a ‘fare un tagliando’ alla norma”.
Riforme, Pd
Il Corriere della Sera: “Voto sulle riforme, strada in discesa per Renzi”. “Ddl Boschi, oggi il primo scrutinio finale per la Camera: le opposizioni si presentano divise. I 5 Stelle assenti dall’Aula, Fi in ordine sparso. Sel e Lega contrari. Ma restano le tensioni tra i Dem”.
Sul Sole si ricorda che con il voto di oggi alla Camera, che si annuncia “senza sorprese”, il percorso del ddl Boschi è “in discesa”, visto che alla seconda lettura al Senato basterà la maggioranza semplice solo sulle parti modificate dalla Camera, e visto che si tratta di modifiche chieste dalla minoranza Pd. Infine la seconda lettura alla Camera – che deve avvenire dopo una pausa di tre mesi -sarà un “voto secco” su tutto il ddl, e questa volta il sì dovrà essere a maggioranza assoluta. “Referendum non prima di febbraio 2016”, ricorda il quotidiano di Confindustria.
Per tornare al Corriere, la “nota” di Massimo Franco: “Se il Pd è diviso il passaggio al Senato sarà stretto”. Secondo Franco è “verosimile” che la maggioranza Pd cerchi di arrivare al voto al Senato “non a giugno, ma a ottobre”, per ricompattare il partito e “lasciar svelenire i rapporti tra premier e minoranza”.
La Repubblica si occupa, alle pagine 2, 3 e 4, del voto atteso per oggi alla Camera sulle riforme costituzionali. “Il voto sul nuovo Senato spacca Forza Italia, venti ribelli pronti al sì”, “Ma Brunetta (il capogruppo, ndr.) garantisce compattezza sulla bocciatura. Appello di Cuperlo al premier: ora apri a modifiche”, titola a pagina 2 il quotidiano. Umberto Rosso scrive che il premier “non dovrebbe avere difficoltà” perché la minoranza Pd sarebbe orientata a votare sì, salvo alcuni casi. Davide Zoggia dice: “Non la voteremo in cinque o sei: io, D’Attorre, Fassina, ma è ancora da decidere. La battaglia si sposta sulla legge elettorale”. Forza Italia torna in aula, ma voterà no: ma circola sempre più insistente la voce che almeno 20, forse 25 deputati forzisti non rispetteranno l’ordine di scuderia e sono pronti a votare sì. Un gruppo che sarebbe guidato da Gianfranco Rotondi, che il quotidiano intervista: “Voterò a favore e molti mi seguiranno”, dice il deputato Fi, che considera la sua decisione di prendere la parola e di esprimersi in dissenso dal gruppo, anche perché “sulle riforme non c’è disciplina di partito”.
Il “retroscena” è firmato da Francesco Bei: “Renzi avverte i bersaniani: ‘No a modifiche o salta tutto’”: “Nessun ripensamento. Nessuna apertura. Matteo Renzi incasserà oggi il voto favorevole alla riforma costituzionale e non intende riaprire il capitolo dell’Italicum. Perché è questa la vera battaglia che si profila all’orizzonte , l’ultimo vero terreno di scontro per la minoranza dem”. Ma il premier ha deciso di alzare il ponte levatoio e puntare su un voto blindato a Motecitorio, quando tra un paio di mesi – dopo le regionali – la legge elettorale inizierà il suo cammino in commissione. “Se il testo dovesse cambiare ancora -ha spiegato Renzi ai suoi – saremmo costretti ad affrontare di nuovo un passaggio al Senato. E non ce lo possiamo permettere”. Il Senato, ricorda Bei, dopo la rottura del Patto del Nazareno, è diventato una palude infida: lì i 27 bersaniani che si schierarono a gennaio contro l’Italicum – resi ininfluenti dal voto favorevole di Forza Italia – potrebbero questa volta rivelarsi determinanti.
La Stampa, pagina 4: “Riforme, il premier tira dritto. L’Italicum non sarà cambiato”, “A vuoto per ora le pressioni della minoranza Pd. Ma i duri minacciano la rottura. ‘In giugno al Senato i nostri voti saranno decisivi sulla riforma costituzionale’”.
Il Fatto se ne occupa estesamente, fino a pagina 4. “La nuova Costituzione secondo Matteo: come cambia la Carta” è il titolo dell’articolo di Luca de Carolis a pagina 2, dove vengono illustrate tutte le novità del disegno di legge Boschi che, alla pagina seguente, viene commentato dal professor Stefano Rodotà in una intervista. “Così stravolgono anche la forma repubblicana”, dice Rodotà. E sottolinea: “Dicevano a noi professori di non esagerare. Ora in tanti parlano di un’Italia a rischio ‘democratura’. Se ne sono accorti un po’ tardi”. Caustico il quotidiano sui dissensi in casa Pd: “La minoranza Dem – scrive Wanda Marra – non si smentirà neanche oggi e dirà sì alla prima lettura della Camera delle riforme costituzionali. Anatemi, minacce e critiche si esprimeranno in qualche intervento in dissenso. Solo pochissimi non la voteranno. E attenzione, non diranno di no: resteranno fuori dall’Aula”. E alle pagine seguenti: “Qui lo voto e qui lo nego. Da Bersani a Fassina, il fuoco e poi l’estintore”, “Italicum , riforme costituzionali e Jobs Act: sono le ultime tappe del dissenso a parole che finisce al momento del voto in aula”.
Riforme e Forza Italia
Su La Repubblica, a pagina 4: “Big bang Forza Italia, l’ipotesi scissione”, “Berlusconi non riesce a bloccare la fronda e si arrende: ‘Noi rimaniamo per il no, ma capisco chi vuole votare a favore’. I dissidenti oggi potrebbero toccare quota 30. L’ipotesi di costituire gruppi parlamentari autonomi: ‘Non moriremo leghisti’”.
E sulla stessa pagina de La Repubblica, Stefano Folli scrive che “oggi il ‘Partito di Renzi’ rischia di dilagare in Parlamento, ossia di sbaragliare il campo dei suoi oppositori più o meno improvvisati”, “tutto lascia supporre che a prevalere non sarà la maggioranza di governo e nemmeno il Pd. Prevarrà, appunto, il ‘Partito di Renzi’: quel singolare aggregatore che oggi funge da calamita politica e scompagina i gruppi”.
Su La Stampa: “Forza Italia si spacca in tre. Verdini guida il sì”, “Berlusconi: ‘Rischio la libertà e voi mi tradite’”. Scrive Amedeo La Mattina che oggi nell’aula di Montecitorio si potrebbe verificare una spaccatura netta del gruppo di Fi: solo 25-30 dei deputati azzurri voterà no, seguendo le indicazioni di Berlusconi e del capogruppo Brunetta. Un’altra ventina mancherà all’appello, rotondi voterà sì, mentre il gruppo vicino a Denis Verdini (15-18 deputati) deciderà stamane in una riunione. “Se entriamo in Aula- spiega il deputato Ignazio Abbrignani- votiamo sì”.
Su Forza Italia il Corriere offre un “colloquio” con Ignazio Abrignani, “verdiniano”, che con altri sarebbe “pronto alla conta”. “Legge anche nostra. Il no ci porta in un vicolo cieco”, dice.
Governo e 5Stelle
“Io e Grillo restiamo in prima linea”. Dialogo in Aula o deriva a destra” è il titolo di una intervista di Emanuele Buzzi a Gianroberto Casaleggio. Dice che il Movimento 5 Stelle “non vuole assolutamente perdere tempo”, e si sofferma sul disegno di legge sul reddito di cittadinanza. All’apertura del responsabile economico del Pd Taddei replica che “tutto è migliorabile, aspettiamo le proposte migliorative di Taddei per discuterle in totale trasparenza in Commissione o in Aula. Il reddito di cittadinanza è il salvagente per i poveri in Italia che purtroppo non sono più una percentuale trascurabile (Il 14% degli italiani non riesce a permettersi un pasto proteico ogni due giorni) e un modo anche per far ripartire la domanda interna per aiutare le nostre imprese e i nostri negozianti (nel 2014 hanno chiuso 260 aziende al giorno)”. Sulla Rai dice che “il modello deve comunque scindere nettamente la politica dall’informazione, quindi nessuna ingerenza da parte dei partiti e neppure dal governo. La Bbc può rappresentare un punto di riferimento”. Preannuncia il lancio di “‘Rousseau’, un sistema operativo online per la gestione della maggior parte delle problematiche del M5S e più in generale dei movimenti politici”.
Da segnalare ancora sul Corriere un intervento del professor Valerio Onida sulla legge elettorale, che a suo giudizio “non rispetta la reale maggioranza”. Secondo quanto previsto dall’Italicum basterà il 40 per cento dei voti per avere il 54 per cento dei seggi. All’eventuale ballottaggio poi, “può vincere anche una lista che rappresenti una minoranza esigua”.
Berlusconi
Sul Corriere, Luigi Ferrarella analizza i “due scenari” possibili per Berlusconi oggi in Cassazione, dove si decide sul processo Ruby. La Cassazione, si ricorda, potrà confermare definitivamente l’assoluzione o annullarla e ordinare un nuovo processo d’appello. Ferrarella ricorda che la Corte di Appello ha ritenuto non provato il fatto che Berlusconi sia stato colpevole di concussione nei confronti del capo di gabinetto della Questura di Milano Ostuni,e che dunque costui non sia stato costretto -per la telefonata di Berlusconi – ad accelerare le procedure per affidare Ruby a Nicole Minetti. Per la corte d’Appello quella di Ostuni fu “accondiscendenza incautamente accordata per timore reverenziale” nei confronti del premier. Il Pg milanese, De Petris, nel suo ricorso critica proprio questo aspetto della sentenza, e insiste per la “concussione per costrizione”. Il Corriere ricorda che a prescindere da come andrà oggi, Berlusconi “rimarrà alle prese con la nuova indagine che gli contesta la corruzione dei testi, legata ai soldi e ai benefit dati a molte delle ragazze di Arcore interrogate nel processo”.
Sul Giornale si legge che “sulla carta” oggi in Cassazione “dovrebbe essere lo stesso procuratore generale Edoardo Scardaccione a chiedere che il ricorso venga dichiarato inammissibile. E se non lo facesse lui dovrebbero essere la Corte presieduto da Nicola Milo. Ma quando si parla di Berlusconi fare previsioni diventa impossibile, perché ogni passaggio, anche il più banalmente tecnico – e lo si è visto in occasione dello sconto di pena riconosciuto al Cavaliere per la vicenda dei diritti tv – diventa terreno di pressioni, dietrologie e tifoserie. E così ieri la vigilia della sentenza Ruby si affolla di tensioni e speranze. Certo, se la Cassazione annullasse in tutto o in parte l’assoluzione con formula piena disposta il 18 luglio scorso dalla Corte d’appello di Milano, e ordinasse un nuovo processo, la botta per il Cavaliere sarebbe pesante, e rafforzerebbe la sua sensazione di trovarsi nuovamente sotto assedio per via giudiziaria. Ma oggettivamente gli spazi per una decisione in questo senso si presentano assai stretti”.
E poi
Sul Corriere due pagine rubricate come “Expo” (“la buona informazione è cibo per la mente”) sono dedicate alle contese geopolitiche fondate sull’acqua. “Dal Medio Oriente agli Stati Uniti, dal sud America all’Europa dell’est, in tutti i continenti si moltiplicano i rischi di scontro intorno a falde, fiumi e laghi condivisi. Come ai tempi dell’antica Mesopotamia. Ma alla fine i nemici trovano sempre l’accordo”.
Sul Corriere si parla della attesa audizione davanti alla Commissione parlamentare sul caso Moro di Don Mennini, il sacerdote che secondo Francesco Cossiga avrebbe confessato – nel covo delle Brigate Rosse – l’ex leader Dc. “Non sono mai entrato nel covo, ma tanto non mi crede nessuno”. Si tratta di cose che il sacerdote aveva già raccontato in altre audizioni, scrive Giovanni Bianconi. “Forse reticenti e forse no ma non sono domande reiterate all’infinito a poter scardinare l’eventuale cortina di omertà”, scrive ancora. Uno stralcio della audizione, a partire dai tentativi del Papa di liberare Moro: “Qua c’è gente giovane, ma nun ve ricordate le manifestazioni oceaniche contro le Br e La Malfa che voleva la pena di morte? Che poteva fa’ sto povero Papa? C’era un clima ostile, tutti per la fermezza. Che poi, per carità, siamo tutti patrioti, ma sta fermezza è andata a fasse benedì’ poco dopo col sequestro Cirillo e prima era già andata sulla luna col sequestro Sossi. Che ve devo dì?”.