La Repubblica: “Letta: se c’è la crisi torna l’Imu. ‘Non mi occupo del caso Berlusconi’. Insorge il centrodestra. Polemiche sull’imposta immobiliare e sulla decadenza dell’ex premier nella maggioranza”. “I laici del Csm vogliono accelerare il processo a Esposito”. A centro pagina il quotidiano offre una intervista di Adriano Sofri ad Alma Shalabayeva: “’Vi racconto che cos’è la galera in Kazakhstan”. In evidenza su La Repubblica anche la notizia della morte di Nello Ajello, ricordato da Eugenio Scalfari.
Il Corriere della Sera: “Letta respinge gli ultimatum. ‘Senza governo si paga l’Imu. Berlusconi? Mi occupo del Paese”. “Dal fisco alla giustizia, affondo del premier contro le minacce di crisi. Reazioni caute dal Pdl”. A centro pagina si parla di Barbara de Anna, la cooperante uccisa in Afghanistan da un attacco talebano, che ieri ha ricevuto la Gran Croce d’Onore dell’Ordine della Stella d’Italia. “Una stella per Barbara: ‘Donna coraggiosa’”.
La Stampa: “Letta, doppia sfida a Berlusconi. ‘Il suo caso? Noi pensiamo al Paese’. E sull’Imu: se cade il governo si paga”. “Energia, meno oneri sugli incentivi con il decreto del Fare 2. Il premier: con il gas del Caspio bollette meno care”.
Il Giornale: “La lobby dei giudici rossi. Vi raccontiamo la vera storia di Magistratura democratica, che da 50 anni fa politica indossando la toga. Errori, ricorsi e fortuna: così Esposito arrivò alla Cassazione. E perfino Pisapia lo attacca: si dimetta”. A centro pagina: “Da oggi rinasce Forza Italia. Manifesti, email, comizi, e il simbolo storico: inizia la campagna estiva”.
L’Unità: “La destra dopo Berlusconi. Anche se lo negano, nel Pdl si è aperta la successione politica dopo la condanna definitiva. Intervista a Cicchitto: ‘Il nostro futuro non è Marina’. Andrea Romano: ‘Una sentenza non cancellerà il berlusconismo’. Prospero: ‘La sfida è superare la formula del partito azienda’”. Un commento di Alfredo Reichlin è titolato: “Una questione che ci riguarda”.
Su tutti i giornali la notizia del 14enne che si è ucciso “perché gay”, come scrive L’Unità: “Lettera ai genitori: mi deridono. Le associazioni: la politica non perda tempo”. “Ora subito la legge”.
Imu
Il Presidente del Consiglio Enrico Letta, ieri in Azerbaijan per festeggiare la partenza del gasdotto Trans Adriatic Pipeline, ha legato le due questioni, sollecitato dai cronisti che lo interpellavano sulla questione Imu, ed ha risposto: “Farò una doppia capriola per collegare i due temi: qui stiamo prendendo decisioni importanti per il futuro energetico dell’Italia, ma per prendere certe decisioni strategiche, che avranno un impatto sulle bollette degli italiani tra sette-otto anni, quando io non sarò più primo ministro, servono un governo e un parlamento che decidono. Lo stesso vale per le questioni fiscali: in assenza di un Parlamento e di un governo che decidono, gli italiani pagheranno l’Imu a settembre ed a dicembre. Ecco, tutti dovrebbero riflettere su questo aspetto. Gli impegni presi saranno comunque rispettati, ma invito tutti a rileggere il mio discorso programmatico fatto in Parlamento”. Il Corriere ricorda che entro il 31 agosto, secondo i termini previsti dal decreto che ha congelato la rata Imu di giugno, il governo dovrà trovare la soluzione. Letta, scrive il quotidiano, ha rovesciato su chi agita strappi nella maggioranza la responsabilità di un vuoto legislativo che finirebbe solo per confermare la contestata tassa sugli immobili.
I collaboratori del premier hanno quindi rinviato alle parole pronunciate da Letta al momento della fiducia (“Bisogna superare l’attuale sistema di tassazione sulla prima casa”). Secondo La Repubblica la linea che si è fatta largo tra Palazzo Chigi e il Tesoro è che per ragioni finanziarie la tassa non verrà abolita ma rimodulata e fusa in un nuovo sistema fiscale che garantisca equità.
Il Corriere intervista il capogruppo Pdl alla Camera Brunetta, che invita il Ministro dell’Economia Saccomanni a convocare la cosiddetta “cabina di regia”, anziché fare proposte e presentare dossier. Dice Brunetta: “L’Imu è una imposta reale che si paga sulle cose, non sui redditi di chi possiede le cose. E’ come se uno andasse a comprarsi la benzina con il 740 in tasca. Non è possibile! La benzina la pagano uguale i ricchi e i poveri”. L’obiezione è che in tutto il mondo la prima casa viene tassata. “E’ vero – risponde Brunetta – ma è anche vero che in nessuna altra parte del mondo i proprietari della prima casa rappresentano l’80 per cento delle famiglie. Questo significa che in Italia la casa è un bene a carattere particolare, che rappresenta anche il risparmio delle famiglie”.
La Repubblica intervista l’ex ministro Pdl Romani: “Nessuna trattativa, i patti vanno rispettati. Enrico trovi i soldi per l’abolizione”. Dice ancora Romani: “Il ministro del Tesoro non può limitarsi a fare il centro studi”. Lo trova inadeguato? “Non esprimo giudizi sulla persona. So cosa significa fare il ministro. E dietro Saccomanni c’è una struttura gigantesca, non opera da solo”. Colpa della ragioneria che lo condiziona? “Della burocrazia, direi. Il Tesoro salvaguarda i conti pubblici, ma a volte privilegia gli aspetti fiscali e non la crescita”.
Il Giornale sintetizza così le dichiarazioni del Presidente del Consiglio: “Letta minaccia: ‘se cado resta l’Imu’”. E traduce: “Senza il governo l’Imu campa, con il governo l’Imu ‘crepa’”.
Scrive il quotidiano che si tratta di capire se l’intenzione del governo è quella di cancellare solo la parola Imu, mantenendo la tassa con un altro nome, come ad esempio ‘service tax’, ovvero una imposta unica nella quale dovrebbero entrare sia la tassa sulla prima casa che la nuova imposta su rifiuti e servizi come illuminazione e strade. L’ipotesi è destinare due miliardi di risorse aggiuntive al fondo di solidarietà comunale che dovrebbero servire a diminuire la pressione sui vincoli fiscali dei comuni, che a quel punto potrebbero all’interno della service tax graduare gli interventi, riducendo o addirittura abolendo la tassa sulla prima casa.
Su L’Unità si illustra questa ipotesi: abolire la rata Imu di settembre e poi procedere con l’abolizione della tassa comunale unica. A confermarlo è stato il sottosegretario Baretta, che conferma come sia previsto un allentamento del patto di stabilità per due miliardi.
Pdl
Il “dietro le quinte” del Corriere della Sera dà conto del “pressing” delle colombe perfché il Cavaliere accetti la sentenza. Secondo il quotidiano Berlusconi avrebbe accantonato l’idea dei falchi di fare un tour estivo, ed ha capito che la partita sarà lunga. Avrebbe capito, dai contatti che i suoi hanno avuto con la delegazione del Pd, che ha incontrato l’altro giorno Napolitano, che per quanto il Pdl possa fare per terremotare il governo, è da escludere che il Quirinale dia il disco verde per le elezioni anticipate. Si tratterebbe di una resa dei conti, e secondo il quotidiano sarebbe spaventato dall’idea di un nuovo governo con una maggioranza Pd-5 Stelle che poi decidessero di dare il colpo finale con una legge punitiva sul conflitto di interessi.
Su Il Giornale: “Si tratta, Ferragosto decisivo. Il Colle vuol salvare il governo”. “Cresce l’attesa sul segnale del Quirinale per l’agibilità politica. Diplomazie al lavoro contro i veti incrociati”. Il quotidiano ricorda che il Cavaliere aspetta un segnale dal Quirinale, che però “tace felpato”. Ma il tempo corre e la sentenza della Cassazione diventerà esecutiva entro il 15 ottobre. Se non accadrà nulla, se il Colle rimanesse muto, il Cavaliere potrebbe rompere gli indugi, far saltare il banco del governo Letta, proprio quello che Napolitano non vuole”.
La Repubblica riferisce che uno dei legali del Cav, Niccolò Ghedini, ha smentito che si sia al lavoro sulla richiesta di grazia: per concederla, del resto, occorrerebbe che la condanna fosse comminata integralmente, mentre deve essere ancora rideterminata in appello l’interdizione. Inoltre il condannato dovrebbe aver iniziato a scontare la pena, ma per Berlusconi arresti domiciliari o servizi sociali scatteranno solo dal 15 ottobre, e lui non intende accettare né gli uni né gli altri.
E proprio La Repubblica intervista il ministro degli affari regionali Graziano Del Rio, considerato molto vicino al sindaco Matteo Renzi: “Il governo è nato per aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi. I problemi giudiziari di Berlusconi non li abbiamo creati noi. Noi non siamo la causa e non saremo la soluzione”.
L’intervista, naturalmente, verte anche sulla questione Imu (“Io sono per il dialogo, troveremo una soluzione ma non accettiamo nessun aut aut”, “il nostro principio irrinunciabile è la redistribuzione della ricchezza, la giustizia sociale”). Sul congresso Pd e la data delle primarie dice “Matteo è il candidato migliore alla segreteria”.
Su La Stampa, in un retroscena: “E Franceschini gela il sogno dell’amnistia: ‘Strategie politiche contro le condanne non ci sono’”.
Il Corriere intervista il capogruppo alla Camera del Pd Roberto Speranza (“No a trattative, voteremo per la decadenza”). Dice Speranza: “Rispettare e far rispettare le leggi non significa essere anti-berlusconiani. Qui il giudizio politico su Berlusconi, che per noi è negativo, non c’entra nulla”. Il Senato presto dovrà valutare se Berlusconi, secondo la legge Severino, dovrà restare lontano dalla politica attiva. Dunque il Pd dovrà votare in ottemperanza a quella norma? “Certamente. E’ una questione di formale rispetto delle istituzioni, un atteggiamento assolutamente depoliticizzato. Quella legge è stata approvata da noi, oltre che dal Pdl, e da Scelta Civica”.
Su La Repubblica, Stefano Ceccanti, che fu relatore della legge Severino al Senato, dichiara: “Berlusconi non è più eleggibile”, “la certezza la si ricava dall’articolo 2 del decreto legislativo 235/2012 che attua la legge Severino: “Lì è scritto che in caso di condanna oltre due anni sei incandidabile per sei anni. Vuol dire che non puoi stare in lista”. Descrivo quello della legge Severino come uno “sbarramento rafforzato”: “Fin qui, se eri ineleggibile, in lista ci potevi anche andare, e poi era la Camera di appartenenza che, a proclamazione avvenuta, decideva a maggioranza se eri ineleggibile o no. L’incandidabilità invece è una ineleggibilità rafforzata. Il problema si pone solo quando l’incandidabilità è scoperta o matura dopo che sei stato eletto, come sta accadendo per Berlusconi”.
A questo tema si lega anche quello della successione a Berlusconi: “La destra oltre il Cav: è iniziata la partita”, titola L’Unità, che intervista l’ex capogruppo Pdl e oggi presidente della commissione esteri Fabrizio Cicchitto, che afferma: “Può piacere o no, ma oggi Berlusconi non è surrogabile per alcune ragioni di fondo. E’ la vittima di un attacco giudiziario organico portato avanti da tempo da una corrente della magistratura, Md, che traduce nell’esercizio della giurisdizione la sua elaborazione politico-culturale. Ha dietro di sé un partito unito, al di là delle differenze ornitologiche, talune derivanti da pure ragioni mediatiche. Ha tutt’ora un forte legame con la gente del centrodestra”. Cicchitto dice anche che il problema è “ricostruire accanto a Berlusconi, al di là delle sigle, un partito realmente democratico radicato sul territorio. Quanto ai consensi, i sondaggi ci danno intorno al 30 per cento”. Sulla possibile leadership di Marina Berlusconi: “Non credo ai passaggi di staffetta di tipo familiare”. Anche in una intervista a La Stampa Cicchitto conferma: “Penso che di successioni al momento non abbiamo bisogno perché il leader rimane lui, Silvio”, “sarebbe un errore qualunque surrogazione di tipo familiare. Darebbe una sensazione di ripiego, laddove l’uomo è saldamente in campo”.
Internazionale
La Repubblica scrive che alla vigilia della ripresa dei colloqui diretti tra palestinesi e israeliani, prevista per mercoledì prossimo, dal governo israeliano è arrivato “uno sgambetto in piena regola”: ha infatti dato il via libera alla costruzione di circa 1200 case nella Palestina occupata. E a poco vale la presenza di Martin Indyk, l’inviato speciale di Obama, impegnato ieri nella spola tra le due parti per rianimare il processo di pace. Il quotidiano israeliano Haaretz sottolinea però che la notizia dei nuovi insediamenti era nota sia agli americani che ai palestinesi e che il premier Netanyahu lo avrebbe scritto in una lettera indirizzata al segretario di Stato Usa Kerry. Secondo La Repubblica la novità era “sepolta” in fondo ad una frase dal tono a prima vista rassicurante , perché Israele si impegnava nei mesi di negoziati “a contenere la costruzione delle colonie, limitandola a 1000 nuove unità”, senza specificare quando e come avrebbe fatto esplodere lo scalpore. Il ministro delle Finanze, il centrista Yair Lapid la definisce “un bastone tra le ruotre della pace: una mossa scorretta”.
Su L’Unità: “Israele semina 1200 nuovi alloggi sui negoziati”, “Le case saranno costruite a Gerusalemme est e in Cisgiordania”. E’ stato il quotidiano israeliano Maariv a rivelare le Netanyahu avrebbe annunciato a breve la costruzione delle nuove case, specificando che la decisione era stata concordata con gli Usa come contropartita per la scarcerazione di 103 detenuti palestinesi.
Se ne occupa anche La Stampa: “Mille case per i coloni. Un macigno sui colloqui fra Israele e palestinesi”. Il quotidiano riferisce anche le parole del portavoce del governo israeliano Mark Ragev: “Nella mappa finale della pace non cambia nulla”. Ma, sottolinea l’articolo, è difficile immaginare che l’annuncio poco conciliante del ministro per gli alloggi Uri Ariel, esponente del partito della destra nazionalista Jewish Home, che un paio di settimane fa aveva auspicato la costruzione del terzo tempio ebraico sulla Spianata delle moschee, possa non impattare sul dialogo israelo-palestinese così faticosamente riavviato dagli Usa il 30 luglio scorso.
L’ex premier britannico laburista Tony Blair evidenzia invece i “segnali di speranza”: “nessuno avrebbe mai scommesso sulla ripresa del processo di pace tra Israele e Palestina”, scrive su La Stampa, in un intervento dedicato all’intero scenario del Medio Oriente. Dallo Yemen (pochi hanno notato la visita del presidente Hadi a Washington, il suo Paese sta affrontando un processo di trasformazione politica) all’Iraq (dove il più influente religioso sciita del Paese, l’ayatollah Sistani, ha proclamato la necessità di uno stato civile e non religioso, criticando anche coloro che vorrebbero che gli sciiti andassero in Siria per combattere al fianco di Hezbollah per il regime di Assad), dall’Arabia Saudita (dove, all’inizio del Ramadan, il re Abdullah ha fatto una frote dichiarazione in cui contesta chi strumentalizza l’Islam in nome della politica) all’Egitto (“grazie ad una nuova Costituzione inclusiva e gestita con oggettività, l’Egitto potrebbe virare di nuovo verso la democrazia. Sono state promesse nuove elezioni all’inizio del 2014 e tutti i partiti, inclusi i Fratelli musulmani, potranno partecipare”). E proprio l’Egitto, con le sue divisioni interne, segnala “un più profondo risveglio£, lo status quo non reggerà, l’idea di un “governo dell’uomo forte” è finita, la scelta è tra “evoluzione e rivoluzione”. Blair segnala anche che c’è “crescente accettazione dell’idea che la libertà religiosa è una parte necessaria delle società libere e aperte. La discussione sul ruolo della religione nel governo e nelle società è ora alla luce del sole. E questo è estremamente importante e sano. Per la prima volta c’è un dibattito vivace e intelligente su questo tema, al centro dei problemi del Medio Oriente”.
Su L’Unità: “Via dalle piazze in 24 ore. Egitto col fiato sospeso”. Dove si legge che la fine del Ramadan ha segnato una nuova impennata di tensione: per i Fratelli musulmani è l’occasione per proclamare la “seconda rivoluzione”, dopo quella che ha posto fine alla dittatura di Mubarak. I Fratelli sono da oltre un mese in presidio in due piazze del Cairo (Rabaa Al-Adawiya nel quartiere di Medinet e Al Nahda, vicino all’Università). Sanno che le autorità hanno promesso di concludere in ventiquattr’ore il ripristino della normalità. Fino alla settimana scorsa il mese di Ramadan aveva fermato la mano dell’esercito, che aveva tollerato i sit-in.
Su La Repubblica, l’intervista di Adriano Sofri ad Alma Shalabeyeva, moglie di Mukhtar Ablyazov, oppositore del presidente del Kazakhstan. Racconta la sua storia, la sua vita, l’incontro con il marito e ricorda: “Il presidente Nazarbaev aveva apprezzato Mukhtar, che parlava chiaro sulle questioni economiche ma anche politiche. Dopo la fine dell’Urss la condizione dell’energia era rovinosa, le amministrazioni pubbliche credevano di non dover pagare le bollette. Mukhtar impose che le pagassero2, fu nominato ministro dell’Economia. Nel frattempo la banca che aveva fondato, la BTA, era cresciuta molto, ma il pretesto per il suo primo arresto fu che si fosse servito del telefono del ministero. Fu condannato a sei anni.
Ancora su L’Unità ci si occupa dei laburisti in Gran Bretagna: restano al primo posto nelle preferenze dell’elettorato, ma il distacco sui Tory del premier Cameron si starebbe assottigliando. Due settimane fa il vantaggio era pari a dieci punti percentuali, ora è ridotto a sette: 36% e 29% rispettivamente. Il partito sarebbe “allo sbando”, non avrebbe una linea chiara e non saprebbe comunicarla alla base e al Paese. Critico verso il “silenzio assordante” del governo ombra è, ad esempio, il deputato Graham Stringer. E secondo alcuni compagni di partito, il leader laburista Ed Miliband sarebbe troppo timido anche nel respingere le ricette “neoliberiste” della destra, ossessionato sia dal desiderio di apparire moderato (per recuperare i consensi persi alle ultime elezioni) sia per accontentare l’ala ex-blairiana, che faceva capo al fratello David, da lui sconfitto nella sfida per la leadership interna nel 2010.
E poi
Su La Repubblica alle pagine R2 Cultura Susanna Nirenstein si occupa di un saggio ritrovato di Gershom Sholem, filosofo israeliano nato in Germania nel 1897 e immigrato a Gerusalemme nel 1923, dedicato alla nascita del simbolo della stella di David e più esattamente a come sia diventata un simbolo ebraico. In precedenza era una sorta di talismano diffuso tra fenici, assiri, indiani, e più tardi addirittura nelle moschee. Il popolo di Israele la scelse come emblema soltanto nell’800. Secondo la Nirenstein la decisione di metterla sulla bandiera dello Stato fu per Sholem una delusione, perché si trattava di un segno non esclusivo. Il libro pubblicato da Giuntina si intitola “La stella di David”.
Su il Corriere della Sera Luigi Accattoli commenta le parole pronunciate dal Papa ieri dopo l’Angelus: “Vorrei rivolgere un saluto ai musulmani del mondo intero, nostri fratelli, che da poco hanno celebrato la conclusione del mese di ramadan”. E’ il secondo Papa, dopo Wojtyla, a chiamare “fratelli” i musulmani, appellativo che la tradizione del linguaggio papale riservava ai cristiani. Il Papa polacco ampliò la categoria dei “fratelli” includendovi gli ebrei, che chiamò “fratelli maggiori”, e i musulmani. Lo fece per la prima nel 1978, quando era Papa da soli due mesi.