La Stampa: “Svolta di Letta, pronto al bis”, “De Girolamo: mi difenderò in Aula. A rischio Cancellieri e Saccomanni”.
Sotto la testata, l’inchiesta del quotidiano: “’Stamina ai raccomandati’. Così l’ospedale di Brescia aprì alla sperimentazione. Infusioni ad un alto dirigente lombardo”.
In prima il rischiamo ad un’intervista al nostro ministro degli Esteri: “Bonino: ‘In Siria tacciano le armi per favorire negoziati di pace’”.
A centro pagina: “Il Papa e quel battesimo rivoluzionario”, “Francesco ha concesso il sacramento anche se i genitori della piccola Giulia non sono sposati in chiesa”.
Il Messaggero: “Governo, così cambia la squadra”, “Intervista a Franceschini: ‘L’esecutivo si può rinnovare ma Saccomanni non è in discussione’. Bufera su De Girolamo. Il ministro: chiarirò alle Camere. Letta: affronterò il caso al mio rientro”.
A centro pagina: “Scuola, emergenza agibilità, un edificio su tre non è sicuro”.
La foto è per il presidente francese: “La première dame all’ospedale, gli incontri nella casa del boss”.
La Repubblica: “De Girolamo, processo in aula”, ‘Il mio mandato nelle mani di Letta’. Pd e Sc: chiarisca subito”.
A centro pagina, il flirt presidenziale in Francia: “Madame Hollande ricoverata, trema l’Eliseo”.
In taglio basso, un reportage del quotidiano: “Il ghetto degli immigrati nascosto nel cuore di Roma”.
Corriere della Sera, a centro pagina titoli in evidenza sul governo: “Ora Letta apre al rimpasto”, ‘Mi fido di Renzi, sì alla svolta. Passeremo dalle Camere’”.
In apertura: “Lo strappo di Papa Francesco su nuovi cardinali e battesimi”.
A centro pagina, con foto: “La première dame in ospedale”.
L’Unità: “La partita del Letta-bis”, “Il caso De Girolamo avvicina il rimasto. Lei si difende .pronta a chiarire. Intervista a Speranza: ‘Basta con i problemi personali dei ministri’. Delrio apre a un nuovo esecutivo. Saccomanni: non lascio”.
A centro pagina, foto di Papa Francesco: “Ultimo ‘strappo’: il battesimo di Giulia”.
In taglio basso: “Love story all’Eliseo, bufera su Hollande”, “Ricoverata la compagna del presidente francese dopo le indiscrezioni sulla relazione con l’attrice Julie Gayet. La casa del flirt legata alla criminalità?”.
Sul caso Stamina: “Stamina, altro scandalo: curati prima i raccomandati”.
Il Giornale, su Renzi e Letta: “La coppia scoppia”, “Sono diversi in tutto e fingono di sopportarsi. Ma stanno affilando le armi per stabilire chi comanderà. Pd all’attacco della De Girolamo, che risponderà in Parlamento”.
A centro pagina, con foto: “La first lady tradita finisce all’ospedale”.
Governo
Il Messaggero intervista il ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini, che ricorda: “Non siamo in presenza di un governo espressione di una maggioranza politicamente omogenea che ha vinto le elezioni. Questo è un governo chiamato a ad affrontare una situazione di emergenza, con una situazione di blocco istituzionale, nessun vincitore alle elezioni, una crisi economica allarmante. E’ chiaro che una coalizione composta da avversari politici possa essere attraversata da fibrillazioni”. Sulla richiesta di elezioni, che viene anche da sindaci Pd, Franceschini risponde: “Approssimazione! Abbiamo di fronte a noi la possibilità di un cambiamento epocale se nel 2014 sapremo fare tre cose. Primo: gestione al meglio della crisi economica e sociale”, secondo “superamento definitivo del bicameralismo”, e infine “una legge elettorale che dia stabilità al governo. Se si fanno queste tre cose, chi arriva nel 2015 si troverà a governare in una situazione senza precedenti: di ripresa economica, con una Camera che fa le leggi e un governo cero e stabile. Un altro mondo”. Sulla battuta di Renzi, che ieri ha detto che Letta non si fida di lui: “Io mi fido sia di Renzi che di Letta, sono amico i tutti e due, pur avendo qualche annno di più ci conosciamo fin da ragazzi. So perfettamente che hanno caratteri diversi, in questo momento anche ruoli diversi, ma che sono assolutamente complementari”. Sulla legge elettorale migliore, Franceschini dice che il sistema elettorale dei sindaci è “storicamente anche la posizione del Pd e dello stesso Matteo”; e aggiunge che l’unico sistema in grado di dare governabilità è proprio il doppio turno, neppure lo spagnolo dà questa certezza di governabilità poiché, nonostante lo sbarramento così alto, avendo di fronte non più tanti partitini bensì tre forze in grado di superare gli sbarramenti, nessuno avrebbe di nuovo la maggioranza”. Sul possibile rinnovo della squadra di governo: “alla fine di questo percorso i partiti della maggioranza diranno al premier come la pensano, poi si potrà sulla base di quello, non mi scandalizzo, anche rinnovare la squadra”. Sulle ipotesi di un rientro di Mario Monti all’economia: “Monti è una delle personalità più importanti che ci sono nel nostro Parlamento. Saccomanni però è la persona che ha dato credibilità in Europa al nostro governo, e sappiamo quanto ciò sia importante. Quindi non credo proprio che qualche errore gestionale del suo Ministero possa mettere in discussione una delle garanzie del governo in Europa”.
L’inviato del Corriere Lorenzo Salvia ha seguito la trasferta del nostro presidente del Consiglio in Messico. Letta risponde all’intervista di Renzi ieri allo stesso quotidiano: “Invece io di Matteo mi fido, e sono convinto che ci siano tutte le condizioni per lavorare bene insieme”, “il cambio di passo? Siamo noi i primi a chiederlo ed è chiaro che questa operazione può passare anche attraverso una revisione della squadra di governo”. Ma Letta puntualizza che “ogni decisione è rinviata a dopo il 16 gennaio”, ovvero a dopo la direzione del Pd. Fino ad allora – scrive il Corriere – i partiti avranno tempo per cercare un compromesso sui capitoli ancora aperti, legge elettorale compresa”. Il quotidiano sottolinea che il possibile rimpasto quindi potrebbe arrivare prima della chiusura del contratto di coalizione e il programma e il rimpasto devono andare di pari passo, a sentire Letta: “In ogni caso – dice il premier – il nuovo programma e l’eventuale nuova squadra di governo passeranno dal Parlamento, come sempre abbiamo fatto in questi mesi”.
Alle pagine seguenti: “Il leader Pd insiste per la svolta radicale: non ci interessa sostituire ministri”. Secondo questa ricostruzione la frase che più spesso si sente pronunciare nello staff di Renzi sul possibile rimpasto e in riferimento agli orientamenti di Letta è la seguente: “a noi non conviene ma lui lo farà, vedrete”. Perché – scrive il Corriere – sarebbe il modo per vincolare Renzi al governo.
Il Giornale scrive che Monti – via Facebook – ha sentito il bisosgno di annunciare la sua indisponibilità a partecipare al governo, “mentre conferma la propria disponibilità (già manifestata a Letta e Napolitano) per eventuali incarichi in Europa. Ed aggiunge che la ‘migliore soluzione possibile’ all’Economia resta Saccomanni, ‘anche se mi piacerebbe vederlo più grintoso verso talune miserie dei partiti e più incalzante sulle riforme”. Secondo il quotidiano però l’endorsement di Monti per il ministro non lo mette al riparo dal rischio sostituzione.
Secondo il quotidiano inoltre lo schema di Renzi prevede un “restart”, e fino ad allora non ci saranno mozioni di sfiducia individuale, neppure nei confronti del ministro De Girolamo.
Il Corriere della Sera ricostruisce le questioni su cui il ministro dell’Agricoltura De Girolamo dovrà dare spiegazioni in Parlamento. Il Gip Flavio Cusani ha parlato di un “direttorio politico-partitico” costituito al di fuori di ogni legge che si occupava, “in funzione di interessi privati e di ricerca del consenso elettorale, con modalità a dir poco deprimenti e indecorose, di ogni aspetto di gestione dell’Asl”. Si tratterebbe di uno scenario di scambio di favori, nomine e consensi elettorali, rimaste incise in registrazioni compiute dall’ex direttore amministrativo della Asl di Benevento Felice Pisapia. Intercettazioni depositate in una inchiesta in cui però la De Girolamo non compare come indagata. Altre questioni: le pressioni per far concedere a suo zio il bar dell’Ospedale Fatebenefratelli pilotando controlli sanitari per far fuori il gestore locale; pressioni per l’assegnazione dell’appalto da 12 milioni di euro per il servizio 118; o per decidere dove ubicare i presidi Asl.
Nella pagina di fianco si spiega che tutte le conversazioni registrate nel corso di riunioni del ministro con i dirigenti della Asl di Benevento sono frutto di intercettazioni ambientali abusive, in quanto chi le fece non agì su mandato della magistratura ma di propria iniziativa. Si tratta di Felice Pisapia, all’epoca direttore amministrativo della Asl beneventana che, nell’estate del 2012, sentiva odore di epurazione per motivi politici e pensò quindi di registrare quegli incontri. Pisapia è indagato per appropriazione indebita e altri reati, che avrebbe commesso in qualità di dirigente della Asl. Per lui il Gip Pisani ha disposto l’obbligo di dimora e il sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 700 mila euro.
Le conversazioni sono state registrate in casa del ministro, ma altre ne emergeranno sicuramente dalle cinquecento pagine di trascrizione delle registrazioni di Pisapia che il suo avvocato dovrebbe depositare domani ai giudici del riesame, che decideranno se accogliere il ricorso dell’ex manager Asl contro il provvedimento di dimora coatte. Allora De Girolamo era deputata e coordinatore provinciale del Pdl.
La Repubblica scrive che l’avvocato di Felice Pisapia, Vincenzo Regardi, ha sempre sostenuto che “non si tratta di intercettazioni illegali”, ma di “registrazioni tra presenti”, quindi “documenti e non atti” e in quanto tali utilizzabili. Poi il quotidiano ricostruisce il quadro delle accuse nei confronti del ministro, cogliendo possibili contraddizioni con le sue affermazioni (“mai indicato un primario”, “mai indicato una ditta”, “mai favorito parenti”). Il quotidiano scrive che in caso di rimpasto potrebbe essere proprio la De Girolamo la prima a saltare. Il Nuovo Centrodestra è infatti sovrarappresentato al governo, e qualcosa dovrà cedere. Inoltre il ministro è sposato con il lettiano Boccia, e il premier potrebbe esser criticato se usasse i guanti nei suoi confronti. La pressione dei renziani, unita a quella dei 5Stelle sulla De Girolamo non cessa.
Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera, intervistato da L’Unità, dice che la vicenda è tutt’altro che “edificante” e aggiunge: “Siamo stanchi di occuparci delle vicende dei ministri, vorremmo occuparci dei problemi dell’Italia”.
Fa quadrato insieme a tutto il Ncd il vicepremier Alfano, di cui L’Unità riferisce le parole: “De Girolamo, che all’epoca non era neanche ministro, è stata abusivamente e a nostro avviso illecitamente intercettata”, “Nunzia è vittima e non si dimetterà”.
Ma il quotidiano evidenzia che in quelle discussioni in casa De Girolamo venivano decisi gli affari della sanità locale: è il modo di gestire il potere che finisce una volta di più sotto accusa e “se non è giudiziario, il problema è una volta di più politico e culturale”.
La Stampa ha inviato a Benevento Guido Ruotolo: “Lavori di ristrutturazione abusivi, il bar della cugina verso la chiusura”. Il locale nell’ospedale di Benevento fu oggetto delle presunte pressioni fatte dal Ministro.
Ancora su La Stampa una intervista al deputato renziano Paolo Gentiloni: “Siamo pronti a chiedere le dimissioni di Nunzia, ma il rimpasto non c’entra”. E comunque, sottolinea Gentiloni, sarebbe prematuro chiedere le dimissioni “prima di sentire i suoi chiarimenti”.
“Piemonte, intesa Maroni-Berlusconi, il nuovo candidato non sarà un leghista”, titola La Repubblica. E’ probabile che i piemontesi siano chiamati al voto anticipato prima della scadenza naturale del 2015, dopo la sentenza del Tar che ha annullato le elezioni regionali del 2010. Quel che sembra certo è che verrà confermata l’alleanza di centrodestra che ha vinto 4 anni fa, ma con un candidato presidente che non potrà più essere Cota, di cui è scontata l’uscita di scena.
Anche il Corriere dà per certo il no a Cota. Malgrado le distanze tra Maroni e l’ex delfino Salvini, ora segretario della Lega, l’orientamento sarebbe questo. Le divisioni tra i due sarebbero da registrarsi proprio sulla ipotesi di correre con il centrodestra per un candidato comune, che piacerebbe al governatore Maroni ma non al segretario Salvini. Il quotidiano si occupa anche del possibile ruolo dell’ex sindaco di Torino Chiamparino: tra oggi e domani dovrebbe arrivare la lettera di dimissioni da presidente della Fondazione della Compagna di San Paolo. Ma nel centrosinistra piemontese potrebbero dividersi sulla ipotesi primarie, sollecitate dall’ex popolare Pd Antonio Saitta.
Su La Stampa: “Chiamparino è già in campo”. Pur non avendo la minima idea di quando si tornerà al voto, dopo la sentenza del Tar, l’ex sindaco e candidato in pectore, va di fretta, anche per arginare sul nascere eventuali candidature alternative. Farebbe volentieri a meno delle primarie, ma non è detto che ci riesca, scrive il quotidiano.
Job Act
Delle proposte lanciate da Matteo Renzi sul lavoro si occupa in termini molto critici Luca Ricolfi su La Stampa: “Il lavoro non lo creano i dilettanti”. Dove si sottolinea che “il mercato del lavoro è, probabilmente, l’oggetto più complesso di cui la politica possa essere chiamata ad occuparsi. Riformarlo in modo non disastroso richiede competenze di economia e di diritto che si acquisiscono solo in anni e anni di studi. E infatti, molto saggiamente, Renzi aveva fatto sue diverse proposte degli esperti, e segnatamente il ‘codice semplificato del lavoro’ di Pietro Ichino, un testo frutto di anni di lavoro e orami perfettamente pronto ad essere trasformato in legge dello Stato”, oltre che “una riforma a costo zero”. Renzi quindi non condivide più il testo che egli stesso ha sottoscritto più di un anno fa? L’unica risposta è che il problema numero 1 di Renzi non è riformare il mercato del lavoro in modo utile all’Italia ma logarere il governo Letta”.
Sullo stesso argomento segnaliamo un intervento di Francesco Grillo su Il Messaggero: “Il Jobs Act può combattere la crisi solo se condiviso”. Secondo Grillo la criticità più forte continua ad essere la distanza (cuneo) “tra costo del lavoro per le imprese – che è superiore alla media dei Paesi sviluppati – e la paga netta dei lavoratori, trascinata agli ultimi posti tra gli Stati Oecd (Ocse) da un peso delle tasse che non ha paragoni nel mondo”. Ciò è determinato dalla “necessità di finanziare una spesa pubblica eccessiva ma, soprattutto, di cattiva qualità. Se su questo sono tutti d’accordo quasi nessuno però ha avuto finora il coraggio di esplicitare che è impossibile passare dalle parole sulla spending review ai fatti, se non si mette in discussione l’intoccabilità del posto di lavoro pubblico: più ancora che sulla flessibilità ampiamente esistente nel settore privato è necessario che il segretario del Pd apra il capitolo di quella nel pubblico impiego.
Papa
La Stampa: “La scelta di Francesco, i nuovi cardinali arrivano dalla ‘fine del mondo’”. Nove neocardinali su 16 provengono infatti dal sud del pianeta: America Latina (5), Africa (2) e Asia (2). “I cardinali di periferia” è il titolo dell’analisi del vaticanista Andrea Tornielli, che parla di un antidoto al carrierismo e alle cordate. Tornielli sottolinea anche che Papa Francesco ha scelto di cooptare nel collegio cardinalizio l’arcivescovo di Perugia Gualtieri Bassetti. Peugia è città che da oltre un secolo non aveva un cardinale e di non dare la porpora ai vescovi di Torino e Venezia, due sedi considerate tradizionalmente cardinalizie: “Più che la conta dei promossi e degli esclusi, è qui da cogliere la fine di ogni automatismo e di un retaggio legato alle vecchie capitali degli Stati dell’Italia pre-unitaria”. Inoltre, secondo Tornielli, la designazione di Bassetti a vicepresidente della Cei a gran maggioranza e con una elezione lampo dai confratelli può essere indicativa del fatto che il suo ruolo sia destinato a pesare di più nella Chiesa italiana.
Internazionale
Si è tenuta ieri a Parigi la riunione degli Amici della Siria, riunione che – come spiega La Stampa – ha dato il via ad un percorso che ha come massimo obiettivo politico la possibilità di voltare pagina in Siria, con un governo transitorio. Ma intanto, la prima tappa è il cessate il fuoco, come spiega in una intervista al quotidiano il ministro degli esteri Bonino: “Non si tratta certo di un pre-requisito, è parte di un negoziato”, che avrà uno snodo centrale nella conferenza cosiddetta Ginevra 2 convocata a Montreaux il 22 gennaio. “Che le armi tacciano è molto importante”, dice il ministro, perché permette anzitutto di salvare vite umane Consentirebbe l’accesso umanitario, l’apertura di corridoi per l’aiuto alle popolazioni”.
Sul Corriere della Sera un articolo ricorda che domani si voterà in Egitto sugli emendamenti alla Costituzione. Il risultato sarà un rafforzamento dei militari: “La Carta, poi l’incoronazione. Il generale Al Sisi quasi raiss. ‘Se il popolo mi vuole sarò presidente dell’Egitto’”. La nuova Carta rafforzerà i poteri delle tre forze che più si sono opposte al presidente deposto ed espressione dei Fratelli Musulmani Morsi: i giudici, la polizia e soprattutto i militari. Questi ultimi nomineranno il ministro della difesa, avranno un budget segreto, potranno giudicare in corti militari chi reca danno o offesa alle loro priorità.
La Repubblica intervista lo storico Benny Morris che dice: “Se Sharon fosse ancora vivo lo Stato palestinese sarebbe realtà”. Morris sottolinea che il legato politico di Sharon è complesso, comprende la direzione e l’incoraggiamento della colonizzazione dei territori occupati nel 1967, sia a Gaza che in Cisgiordania, “e l’invasione del Libano nel 1982, che il centro e la sinistra israeliani considerano gravi colpe”. D’altra parte, nella sua veste di statista, ha evacuato gli insediamenti nella striscia di Gaza e nella Cisgiordania settentrionale nel 2005. E probabilmente, se non fosse stato per la sua malattia, avrebbe proseguito nel processo di ‘separazione dai palestinesi’ nel resto della Cisgiordania : la costruzione della ‘muraglia di difesa’, che lascia il 90 per cento della superficie sul lato orientale della barriera, era evidentemente destinata alla creazione di uno Stato palestinese.
Su La Stampa è lo scrittore Abraham Yeoshua a ricordare Sharon, “più guerriero che eroe”, riconoscendo Yehshua di esser sempre stato un oppositore dell’ex premier, “sia sul piano ideologico che politico”. Sharon è per lo scrittore “un personaggio che fatto più danni a Israele di quanto abbia portato benefici. La parziale legittimità che i sostenitori della pace gli hanno concesso per il disimpegno e il ritiro dalla striscia di Gaza, avvenuta senza che si scatenasse una guerra civile grazie alla sua autorità nazionalista, non lo esime a mio giudizio dalla responsabilità dall’enorme danno causato a Israele dalle decine di insediamenti da lui voluti nei territori palestinesi, che creano una base (forse irreversibile) per un futuro stato bi-nazionale: una possibilità disastrosa per israeliani e palestinesi”.