Il Corriere della Sera: “Ue, primo sì all’Italia su crescita e lavoro”. L’editoriale, firmato da Antonio Polito, è titolato: “Doppio forno, doppio gioco”. Di spalla: “Il Brasile umiliato dalla Germania Un Paese in lacrime”. Al centro: “Israele e Hamas, lampi di guerra”. In prima ancche un richiamo per l’assoluzione di Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri al processo Mediatrade.
La Repubblica: “Condannato, Errani lascia. Il Pd: ripensaci”, “Un anno al Presidente dell’Emilia-Romagna. ‘Falso ideologico’ sui favori al fratello. In primo grado era stato giudicato innocente”.
A centro pagina, foto di un raid aereo israeliano su Gaza: “Netanyahu, pugno duro su Gaza, razzi di Hamas contro Gerusalemme”.
La storia della copertina R2 viene richiamata in prima sulla destra: “Quando la processione fa fuggire i sacerdoti”, “Un rito in cui i boss decidono tutto: strada, tappe, soldi. ‘Questo non è il Dio cristiano’”. Di Francesco Merlo. E un commento di Vito Mancuso: “Le connivenze che Bergoglio vuole spezzare”.
A centro pagina: Flessibilità, duello Ecofin-Renzi. Giù le Borse, Milano la peggiore”.
In taglio basso: “Brasile in lacrime sepolto dai gol tedeschi”.
La Stampa: “L’Ecofin gela l’Italia, ‘Spese, niente deroghe’”, “L’ira di Renzi: questa è una visione miope’”, “Ancora ieri il premier ha chiesto di escludere dal Patto gli investimenti per il digitale”.
Sotto la testata: “Errani condannato lascia la Regione. Ma il Pd: ci ripensi”.
E il caso Mediatrade: “Vendita diritti tv, assolti e prescritti Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi”, “Ghedini: perché a Silvio 4 anni?”.
A centro pagina, foto di una tifosa brasiliana disperata: “Brasile, dramma nazionale. La Germania lo umilia: 7-1”.
In taglio basso: “Raid a Gaza, 16 morti. Razzi su Gerusalemme”.
Il Giornale: “Assolto Berlusconi junior”. Editoriale di Salvatore Tramontano: “Forcaioli con gli altri garantisti con se stessi”.
Il Fatto: “Renzi salva un altro condannato: Errani”.
In taglio basso: “Catastrofe Mondiale. Brasile kaputt 7-1”.
E i titoli su Israele: “Missili su Gerusalemme, Israele allerta le truppe”.
Il Sole 24 Ore: “Effetto-crisi sulle pensioni. Tutti i calcoli per l’assegno”. Gli editoriali di Guido Gentili e Carlo Bastasin si soffermano sulle riforme da fare e sulla “campana della crescita che suona anche per Berlino”
Di spalla: “La Ue all’Italia: riforme prioritarie Juncker: flessibilità”
Riforme, M5S
“I grillini contro Di Maio, ‘Perché decide tutto lui?’”, “Nel M5S crescono i malumori per il suo protagonismo”. Così titola La Stampa dando conto di quanto accade tra i pentastellati sul fronte del dialogo possibile con il Pd in materia di riforme, di cui Di Maio, vicepresidente della Camera, è stato uno dei protagonisti insieme a Danilo Toninelli. Un esempio è quanto scrive il deputato Andrea Colletti, considerato “un ortodosso” nella geografia del M5S: “L’indicazione del cosiddetto ‘doppio turno di lista’ è una valutazione personale di Luigi Di Maio e Danilo Toninelli”. E si dà conto di un’aspra assemblea di parlamentari M5S tenutasi ieri.
La Repubblica: “I fedelissimi di Grillo contro il Guru e Di Maio. ‘Non si negozia con il Pd’”, “Inedito asse tra vecchi falchi e dissidenti. Il ‘cerchio magico’ di Casaleggio sotto attacco”. Il quotidiano parla addirittura di una “clamorosa rivolta interna” con cui sarebbe costretto a fare i conti Di Maio. E il guru, in questo caso, è Gian Roberto Casaleggio: nonostante il volere della Casaleggio associati -si legge- tantissimi parlamentari si oppongono al nuovo corso. E il quotidiano intervista il deputato M5S Andrea Colletti, che dice: “La trattativa coi dem? Solo opinioni personali”. Dice Colletti: “dovremmo partire dall’impianto della nostra legge elettorale, il ‘Democratellum’, che considero molto buona. E invece partiamo dall aloro impostazione, che distorce il sistema e crea la dittatura della minoranza”. Voi non siete mai stati favorevoli al doppio turno, chiede il cronista. Colletti: “Intanto si tratta del ballottaggio e non del doppio turno. Comunque sono contrario a entrambe le soluzioni”. Crede che altri nel gruppo la pensino come lei? “Penso proprio di sì”.
E da La Repubblica segnaliamo un’analisi del politologo Piero Ignazi: “M5S, un capitale in gioco”, “La discesa in campo e l’accettazione delle regole da parte pentastellata sono un fatto positivo per il sistema. E una nuova sfida per i democratici”. Perché secondo Ignazi questa strada obbliga il Pd di Renzi “a rispondere nel merito, a indicare strade diverse e migliori, a realizzare puntualmente quanto promesso”.
Marco Travaglio, invece, su Il Fatto, ironizza sui titoli di quotidiani come La Repubblica (“Svolta sulle riforme, sì di M5S al Pd”, per esempio) e invita a legger bene quanto hanno risposto i pentastellati alle 10 domande del Pd. Perché questi sono “sì” che significano “sì ma a condizione che” e “spesso la condizione equivale a un no”, visto che su tutte le questioni dirimenti dell’Italicum e del nuovo Senato vanno nella direzione opposta del patto “R&B”, ovvero Renzi-Berlusconi. Un esempio: sull’Italicum Pd e Fi vogliono il ballottaggio tra le due coalizioni più votate, poi chi vince prende il 555 dei deputati; M5S accetta il ballottaggio, ma fra i due partiti più votati, poi chi vince prende il 52% dei deputati. Oppure Pd e Fi insistono su liste bloccate, mentre il M5S vuole le preferenze.
Alle pagine interne, ancora su Il Fatto: “I ‘falchi’ a Cinque Stelle volano su Di Maio”.
Sul Corriere l’editoriale, firmato da Antonio Polito, si sofferma sul “doppio forno” di Renzi, tra FI e M5S, con interessi molto diversi tra loro. Una cronaca del quotidiano milanese scrive che “il presidente del Consiglio — a dispetto della complicata sceneggiatura in cui trovano parti in commedia dissidenti pd, recalcitranti forzisti e oppositori grillini — non ha intenzione di perdere neanche un secondo (ieri intanto via libera in commissione alle modifiche del Titolo V). ‘Il risultato lo portiamo a casa’, scandisce Renzi. ‘Sulla legge elettorale, sulle riforme costituzionali, sulla riforma del mercato del lavoro’, precisa. E sottolinea, a uso e consumo dei malpancisti che si nascondono in ogni dove: ‘Vogliamo troppo bene al Paese per lasciarlo a chi dice solo no e disfa i progetti altrui. Noi le riforme le facciamo perché l’Italia torni a essere leader. Piaccia o no ai frenatori portiamo a casa il risultato’. (…) Accelerare per evitare complicazioni, anche se proprio ieri è arrivata sul tavolo del presidente di Palazzo Madama l’annunciata lettera dei 15 senatori (anche del Pd) per chiedere una ‘pausa di riflessione’ prima del voto in Aula. Attaccare per non rimanere scoperti dietro. Strategia e tattica di un Renzi consapevole, come lo sono anche molti suoi senatori, che più passa il tempo più la partita rischia di complicarsi”.
Errani
“Quel milione alla coop del fratello”: così Il Fatto ricostruisce la vicenda giudiziaria che ha portato alle dimissioni Vaso Errani. Sostanzialmente si ricorda quanto ricostruito in primo grado dal pubblico ministero della Procura di Bologna: Errani, nel 2009, avrebbe istigato due funzionari regionali (anche loro assolti in primo grado e condannati in appello ieri) a compilare una relazione falsa sulla vicenda “Terremerse” e su una delibera della Regione che tre anni prima aveva assegnato alla piccola cooperativa guidata dal fratello di Errani un milione di euro. Secondo il pm la relazione venne scritta con l’obiettivo di depistare eventuali indagini, che infatti si aprirono, su questa vicenda. Dopo l’assoluzione, il pm fa ricorso. E per Il Fatto la sentenza del giudice appariva “contestabile” perché non negava che ci fosse stato quel milione, ma statuiva che non c’era stata da parte di Vasco Errani una istigazione a scrivere il falso.
La Stampa scrive che dopo l’apertura dell’indagine sui contributi alla piccola coop agricola del fratello (soldi del programma regionale di sviluppo diretti all’ampliamento di una cantina ad Imola per cui non sarebbero stati rispettati tempi e procedure), Errani nel 2009 spedì una lettera alla Procura di Bologna per chiarire tutto: si trattava di una relazione in cui i due dirigenti della Regione condannati ieri ricostruivano la vicenda, attestando la correttezza dell’operazione. “Col senno di poi, un vero autogol”, scrive il quotidiano, perché la Procura aprì un’inchiesta sull’ipotesi che Errani avesse istigato i suoi sottoposti a dichiarare il falso per coprire una truffa. In primo grado, Errani assolto perché il fatto non sussiste e i due funzionari perché il fatto non costituisce reato.
E ancora su La Stampa, per restare a quanto accadrà ora alla Regione: “Chiude l’ultimo pezzo della ‘ditta’. Renziani pronti alla successione”, “Richetti e Bonaccini in pole position per le elezioni anticipate”. Argomento evidenziato anche da Il Fatto, che scrive come Matteo Righetti o Stefano Bonaccini siano tra i possibili candidati: “vorrebbe dire per Renzi prendere uno dei feudi del partito che, insieme alla Toscana guidata da Enrico Rossi, ancora non ha perfettamente sotto controllo”.
La Repubblica: “Errani, dimissioni lampo per la condanna a un anno. Ma il Pd fa scudo: rimani”. E poi la posizione espressa dal presidente del Consiglio e segretario Pd: “Renzi: ‘Innocente fino alla Cassazione’. Linea garantista Dem”. E si riproduce la nota di Palazzo Chigi ieri alle 21.: “La Costituzione dice che un cittadino è innocente finché la sentenza non passa in giudicato”.
Ue
Sul Sole 24 Ore si legge dell’appoggio “formale dell’Ecofin all’Italia ma rispetto della flessibilità già prevista dal Patto. Il ministro dell’Economia Padoan chiede di rafforzare gli incentivi europei per le riforme. Per il presidente designato della Commissione, Juncker, ‘la flessibilità serve perché il treno europeo non deragli’”. Per il quotidiano di Confindustria “in un comunicato, l’Ecofin ha sostenuto la strategia italiana di rilancio dell’economia che prevede di ‘completare il mercato unico’, ‘promuovere riforme economiche’ e ‘sostenere gli investimenti’. I ministri hanno quindi ribadito che gli stati membri e le istituzioni europee devono fare della flessibilità già contenuta nel Patto ‘il miglior uso’. Il comunicato è stato oggetto di accesi negoziati (…). Il canovaccio non è piaciuto a molti governi ed è stato quindi rivisto. ‘La diffidenza reciproca ha fatto premio su tutto’, riassumeva ieri un negoziatore. Aggiungeva un esponente comunitario: ‘L’iniziativa italiana non era stata preparata sufficientemente (…)’ Mentre tutti i ministri si sono detti d’accordo sulla necessità di rilanciare l’economia, proprio il concetto di flessibilità ha creato nervosismo. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha spiegato: ‘Le riforme strutturali non possono essere né un’alternativa né una scusa al risanamento di bilancio’. Parole simili sono state usate da austriaci e olandesi. A complicare le cose è stato il premier Matteo Renzi che sempre ieri ha spiegato da Venezia come gli investimenti digitali vadano detratti dal disavanzo. Il commissario agli affari economici Siim Kallas ha subito reagito: ‘Nessuna spesa può essere esclusa dal calcolo del deficit’. L’uscita controversa del premier dimostra che la partita europea sarà complicata anche dal dibattito interno italiano”.
“Renzi scottato confida ai suoi: ‘Bruxelles ha una visione miope’. Amarezza per il no all’ipotesi di escludere dal deficit gli investimenti nel digitale”. Così La Stampa sintetizza quanto emerso ieri dal primo vertice Ecofin a presidenza italiana. E spiega che ieri il presidente del Consiglio, nel corso dell’evento ‘Digital Venice’ aveva affermato che “ogni singolo euro investito in infrastrutture digitali va escluso” dal Patto di Stabilità Ue. Nel giro di qualche ora, uno dei più autorevoli “guardiani” del Patto, il commissario Siim Kallas, ha risposto senza perifrasi da Bruxelles che non è possibile escludere alcuna spesa dal calcolo del Patto di stabilità: “l’estone Kallas – scrive il quotidiano – non è uno sprovveduto. Già primo ministro e presidente della Banca centrale del suo Paese e destinato a tornare alla guida dell’Estonia, da pochi giorni Kallas ha assunto il ruolo di commissario agli Affari economici”. Spiega ancora il quotidiano che le regole vigenti non consentono uno scorporo delle spese per investimenti come quello nel digitale e dunque Renzi “è entrato in un campo diverso, suggerendo una eventuale modifica dei Trattati, o quantomeno una profonda ‘rilettura’”.
La Repubblica scrive che “la battaglia italiana per ottenere maggiore flessibilità sui conti pubblici parte in ripida salita”, dopo il “brusco altolà” della Commissione, che ha ribadito ieri “non ci sono spese buone e spese cattive, una spesa è sempre una spesa e tutte le spese vanno calcolate per il computo del deficit”. L’unico segnale positivo, secondo il quotidiano, per un possibile ammorbidimento della disciplina di bilanci, è venuto dall’incontro che il presidente designato della Commissione Ue, Juncker, ha avuto con i gruppi parlamentari europei del Ppe e dei liberali per discutere del suo programma. In quella sede Juncker ha lasciato intendere che il posto cruciale di commissario Ue per la politica economica potrebbe andare ad un socialista (potrebbe essere l’ex ministro francese Pierre Moscovici). Non solo: Juncker avrebbe indicato la necessità che la trojka Ue-Bce-Fmi diventi più “democratica”, riducendo il peso del Fmi.
Il Fatto: “Ue, la flessibilità è solo nelle poltrone”. Dove si dà conto di quella che definisce una “promessa” da parte di Juncker: il commissario agli Affari economici sarà un socialista.”Non era affatto scontato -scrive Il Fatto- che dopo il liberale Olli Rehn, diventato l’uomo simbolo degli anni dell’austerità assoluta- arrivasse un più morbido socialista. Angela Merkel spingeva un altro finlandese, Jirki Katainen, che aveva prenotato la poltrona succedendo ora a Rehn (eletto al Parlamento) nella Commissione Barroso che va a scadenza ad ottobre”.
Da La Repubblica segnaliamo anche una riflessione di Nadia Urbinati sul “potere dei burocrati” in Ue. In cui si analizzano tanto le critiche alla tecno-burocrazia avanzate in questi anni, per esempio, da personalità come il filosofo tedesco Habermas, che quelle esplicitate dal presidente del Consiglio italiano Renzi, che sono da leggersi soprattutto nella chiave di un rilancio della capacità decisionale del governo (una libertà dai lacci per rendere la decisione più agile ed efficace”, scrive la Urbinati).
Israele
Su tutti i quotidiani si raccontano gli “intensi bombardamenti aeronavali sulla Striscia di Gaza, 40 mila riservisti pronti a entrare in campo e l’ordine di Benjamin Netanyahu di ‘aumentare le operazioni contro i terroristi’”, come scrive La Stampa. L’operazione si chiama “‘Protection Edge’ (Margine protettivo) contro Hamas, che reagisce lanciando grappoli di razzi sul Sud di Israele, tentando di colpire Tel Aviv e di mettere a segno un blitz con i commandos del mare. In una Sderot dove il tempo è scandito dai boati dei razzi abbattuti dagli intercettori delle batterie di Iron Dome l’immagine di ‘Protection Edge’ sono le file di tank e blindati color sabbia in transito verso i confini di Gaza, che distano poco più di 1 km”. E poi le parole di Netanyhau: “‘Hamas si nasconde dietro i civili, li usa come scudi umani’. Il premier sottolinea anche, a più riprese, ‘questa operazione prenderà tempo’. Ecco perché i suoi più stretti collaboratori hanno cancellato impegni, pubblici e privati, delle prossime settimane. La guerra aerea fra Israele e Hamas mette in difficoltà l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, che si appella alla ‘comunità internazionale’ per imporre a Israele di ‘cessare l’escalation e i raid’. ‘Israele sta attaccando non solo Hamas ma tutto il popolo palestinese’ sottolinea Saeb Erakat, il caponegoziatore dei palestinesi”.
Sul Corriere una analisi di Antonio Ferrari: “Quello che nessuno vuole e può accadere”.