Le voci dalla scatola nera

Il Corriere della sera: “Trovata la scatola nera. Il mistero di uno dei piloti chiuso fuori dalla cabina”. “Il disastro. La ricostruzione choc sull’aereo caduto”.
Il titolo più grande: “Italicum, l’affondo di Renzi”. “Il premier accelera sulla legge elettorale: è come gli 80 euro. I suoi: chi vota contro è fuori”. “E il governo anticipa i temi del documento triennale sui conti pubblici”.
Sotto: “Stretta antiterrorismo. Il caso dei controlli sui pc”. “Monitoraggi sulla Rete, il pasticcio degli emendamenti”.
A fondo pagina: “Il Papa in visita alla Chinatown di Prato”. “L’incontro in autunno. Una comunità con 32 mila immigrati regolari e 15 mila clandestini”.
L’editoriale, firmato da Ernesto Galli della Loggia, è dedicato a Roma: “Una città e l’etica perduta”.

La Repubblica ha in prima una grande foto dei resti dell’Airbus precipitato: “’Un pilota chiuso fuori della cabina’. Airbus, l’ipotesi shock del suicidio”, “La scatola nera rivela gli ultimi istanti: uno solo al comando”.
In apertura a sinistra: “Intercettazioni, la stretta del governo”, “Verso il limite alla pubblicazione”, “Blitz di Renzi dull’Italicum: ‘Subito il voto alla Camera’”.
A centro pagina: Sgominata cellula italiana dell’Is. Terrorismo, meno privacy per i pc”, “Reclutava jihadisti, tre arresti”.
Nella colonna a destra, la “copertina” dell’inserto R2: “L’intrigo internazionale del Nobel senza pace”, “Viaggio nei veleni di Oslo dopo la cacciata del capo del comitato”. Se ne occupa Andrea Tarquini, inviato ad Oslo.

La Stampa, con foto della cancelliera tedesca Merkel insieme al presidente francese Hollande e al primo ministro spagnolo Rajoy, ieri sul luogo in cui è precipitato l’Airbus: “Il dolore e i dubbi sulla sicurezza”, “La scatola nera non chiarisce le cause dell’incidente dell’Airbus. Recuperati i primi corpi, oggi arrivano i familiari”.
A centro pagina: “Reclutavano jihadisti per l’Isis. Smantellata una cellula in Italia”, “Tre arresti tra Piemonte e Albania. Un altro è riuscito a fuggire in Siria”.
Sull’economia: “Pininfarina vende agli indiani. Intesa più vicina alla chiusura”, “Mahindra & Mahindra starebbe per acquisire il controllo del marchio storico torinese. E il titolo guadagna il 26% a Piazza Affari”.
“L’evento” di cui si occupa Mauro Pianta: “Il Papa entrerà in un tempio valdese: prima volta nella storia”, “Succederà a Torino il 22 giugno per l’Ostensione. Qualcuno l’ha già definito ‘il miracolo della Sindone’”.
Nella colonna a destra un intervento di Roberto Toscano: “Se la Spagna si scusa con gli ebrei”, “Dopo 500 anni”. Ieri le Cortes hanno riconosciuto ai discendenti degli ebrei espulsi nel 1492 il diritto ad ottenere la cittadinanza spagnola.

Il Fatto: “Ci frugano nelle email con la scusa dell’Isis”, “Il decreto antiterrorismo di Alfano giunto alla Camera consente all’intelligence e alle forze dell’ordine di introdursi in telefonini, tablet, computer, senza alcun controllo e per qualunque reato. I pm, da Roberti a Pignatone: ‘Norme mal scritte e la Procura nazionale è disarmata’”.
A centro pagina: “L’inchiesta Incalza bussa in Vaticano”, “L’ex manager delle Infrastrutture arrestato per lo scandalo Grandi opere non convince i magistrati sui favori al prelato (si tratta di monsignor Gioia, ndr). Perquisita l’abitazione del religioso e sequestrate copie dei suoi movimenti bancari”.
A centro pagina attenzione anche per Sergio Marchionne, “L’Ad più pagato con gli operai più poveri”: “Marchionne taglia a tutti, ma non a sé”, “Nessuno al mondo batte i suoi 60 milioni di stipendio, ma uno studio Usa rivela che i dipendenti costano 10 dollari all’ora meno di quelli dei concorrenti Ford e Gm. A Pomigliano un altro anno di cassa integrazione”.

Il Giornale: “L’Isis è già qui. I tagliagole in casa”. “‘Alto rischio attentati’, retata di estremisti insospettabili in tutta Italia. Vivono tra noi, alla faccia dei buonisti”.
E poi: “Airbus, tragedia ancora inspiegabile. Con l’ombra del dirottatore”.
A centro pagina, con foto, si parla della fiction di Sky dedicata a Mani pulite: “Sky usa la fiction per riscrivere la storia di Mediaset”, di Paolo Liguori.
Di spalla un articolo di Alessandro Sallusti sulle indagini sulle cosiddette olgettine: “Pm ossessionati. Mesi di indagini per la classifica degli ingressi ad Arcore”.
A centro pagina: “Forza Italia-Lega, l’accordo è vicino”. “Oggi incontro Berlusconi-Salvini per l’ufficialità”. “Ncd, sondaggio choc: per la base deve lasciare il governo”.

Il Sole 24 Ore: “Risparmio, meno del 10 per cento a sostegno delle imprese”. “I fondi pensione investono appena il 25 per cento in azioni e obbligazioni di aziende nazionali”. “Dai fondi italiani solo 14 miliardi in Piazza Affari”. “Il caso assicurazioni”.
In alto: “Airbus, recuperata la scatola nera con i dati chiave”. Accanto: “Blitz contro l’Isis tra Italia e Albania. Tre arresti, smantellata una cellula jihadista”.
E poi un articolo dedicato alla “polveriere Yemen”: “Il paese in mano ai ribelli”.
A centro pagina i dati di Confindustria sulla crisi: “CsC: si consolida la ripresa”. “La stima per il primo trimestre: Pil + 0,2 per cento, ma per rafforzare il trend bisogna accelerare sulle rifome”. “A febbraio corre l’export negli Usa (+49,3), giù la Russia (-28,5).

Germanwings

Le prime 9 pagine de La Repubblica sono ancora dedicate all’Airbus precipitato nell’Alta Provenza. Si riferisce della ipotesi avanzata dal New York Times, secondo cui in uno dei passaggi audio già in possesso degli investigatori, si sentirebbe uno dei due piloti che tenta di rientrare nella cabina di pilotaggio. Ma la porta è chiusa, lui bussa più volte, senza ricevere alcuna risposta. Una fonte dell’inchiesta dice: “A un certo punto si sente che cerca quasi si buttare giù la porta”. Per ben tre volte i controllori di volo da Aix-en-Provence tentano di mettersi in contatto con la cabina di pilotaggio. Alle 10.35 il primo tentativo resta senza risposta. Alle 10.36 i controllori dichiarano l’emergenza. Poi la “discesa regolare e non brutale” dell’aereo, che dura otto minuti.
Il Sole 24 Ore: “E’ normale che uno dei due piloti lasci brevemente la cabina di pilotaggio per andare in bagno o per altre ragioni. E’ anche vero che la cabina è chiusa dall’interno per garantire la protezione dal pericolo di un attacco terroristico. In molti casi tuttavia ci sono dei codici elettronici esterni che consentono all’equipaggio di aprire la porta. In questo caso, dalle frenetiche registrazioni citate dal New York Times sembra che nulla di tutto questo sia stato possibile. Che cosa e’ dunque successo? Possibile che l’altro pilota abbia avuto un malore proprio in quel momento e per una tragica coincidenza del destino l’altro pilota si trovava fuori e non poteva rientrare? Possibile che abbia chiuso la cabina dall’interno per evitare, se c’era davvero, che il codice esterno potesse essere usato? In questo caso si deve pensare all’ipotesi di un gesto folle da parte del copilota. Ma le registrazioni riportano un dialogo del tutto normale e rilassato fra i due piloti fino al momento del trambusto in cabina e poi dello schianto sulle montagne”.
Il Sole 24 Ore scrive anche che il direttore della Bea francese, l’ente che sorveglia sulla sicurezza aerea, ha detto comunque che ci vorrà tempo, che è troppo presto per trarre conclusioni. Solo una scatola nera è stata ritrovata finora. Secondo altre indiscrezioni, negli ultimi minuti del volo i controlloi di volo hanno tentato ripetutamente di mettersi in contatto con la cabina di pilotaggio senza ottenere risposta. Sarebbe esclusa la depressurizzazione o l’esplosione prima dell’impatto. I passeggeri probabilmente avevano indossato le mascherine.
Il Giornale, ancora citando il quotidiano Usa, riferisce di altre notizie dalle indagini: “‘Non sappiamo ancora perchè uno dei due (piloti) fosse uscito fuori dalla cabinma l’unica cosa certa è che negli ultimi minuti di volo l’altro pilota (quello rimasto ai comandi) era solo e non ha aperto la porta’. Tra le ipotesi due sono le più accreditate: che il pilota rimasto all’interno sia stato colto da un malore e non sia stato più in grado di sbloccare (con l’interruttore posto sul quadro comandi) la porta (blindata su tutti i jet commerciali dopo l’11 settembre) o che – ipotesi definita ‘atroce’ da Cnn – si sia trattato di un atto deliberato di terrorismo, una missione suicida. Ipotesi, quest’ultima, finora non esclusa dalle autorità ma ritenuta altamente improbabile”.

Intercettazioni

Su La Repubblica, alle pagine 10 e 11: “Intercettazioni, nuova legge, niente freni ai giudici, limiti alle pubblicazioni”, “Il governo riapre il dossier e pensa a multe per chi diffonde conversazioni non penalmente rilevanti”. Liana Milella, che se ne occupa, riferisce del “pressing2 di Ncd dopo il caso del ministro Lupi. La norma potrebbe essere inserita nel provvedimento sulla diffamazione, licenziato dal Senato e ora arrivato alla Camera. Milella sottolinea che al presidente del Consiglio le telefonate private sui giornali non sono mai piaciute: “basta risentirlo il 30 giugno, nella conferenza stampa a Palazzo Chigi in cui presenta i famosi 12 punti sulla giustizia. Quando arriva al capitolo delle intercettazioni eccolo dire: ‘I magistrati devono essere liberi di intercettare, ma dove sta il limite della pubblicabilità? Se c’è una vicenda personale, slegata dall’indagine, capisco il giornalista, ma esiste ancora il diritto alla privacy? Dov’è il confine? Mi rivolgo ai direttori dei giornali, domando loro ‘quale è il limite?’”. Quindi, secondo Milella, “oggi sarebbe politicamente sbagliato dire che Renzi cambia le regole perché Alfano glielo chiede, minacciando anche di ostacolare al Senato il cammino dell’anticorruzione. L’attuale ministro dell’Interno, se lo ricordano tutti, è l’autore della famosa legge-bavaglio che, dal 2008 al 2011, ha drammatizzato la vita del governo Berlusconi. Lì l’attacco ai magistrati era pesante, le limitazioni all’uso delle microspie massiccio, il bavaglio alla stampa tombale. Oggi Alfano non può riproporre quel testo, anche se il vicemnistro della Giustizia Enrico Costa, esponente di punta di Ncd, alla Camera lo ha già fatto”.
Lo stesso vicemninistro Cosa viene intervistato dal quotidiano e dice: “Le conversazioni private, non rilevanti per l’indagine, devono restare tali”. Sanzioni per la stampa? “Servono regole per non farle uscire”. Noi dell’Ncd, dice, “siamo liberali, rigorosi e garantisti. Rigore e garanzie possono stare insieme”. Volete costringere pm e gip a usare sempre meno le intercettazioni e i giornalisti a non pubblicarle? “Gli ascolti, come mezzo di ricerca della prova, non si discutono. Quanto a metterli sui giornali, mi chiedo, e le chiedo, quali garanzie ha un cittadino che un suo dialogo, senza rilevanza per l’indagine, accidentalmente intercettato, non venga sbandierato ai quattro venti?”.

Antiterrorismo

Le pagine 2 e 3 de Il Fatto si occupano del decreto antiterrorismo, all’esame della Camera dei Deputati. Il quotidiano ha riascoltato le audizioni in commissione degli esperti e cita quelle di Alessandro Pansa (capo della polizia), di Giuseppe Pignatone (Procuratore della Repubblica di Roma), Franco Roberti (Procuratore nazionale antimafia), Edmondo Bruti Liberati (Procuratore della Repubblica di Milano), riassumendo, nei titoli: “Antiterrorismo, i pm: ‘Poche idee ma confuse’. Le critiche di Pignatone e Bruti Liberati sul testo ora alla Camera: ‘Non si sa cosa sarà reato’. Roberti: ‘La procura nazionale è una scatola vuota’”. Secondo Wanda Marra, che ha redatto l’articolo, il provvedimento, visto dagli esperti, appare come fortemente limitativo delle libertà personali e della privacy, vago e approssimativo nella definizione del reato di terrorismo e delle misure da applicare, decisamente non funzionante nei poteri si coordinamento attribuiti alla Procura nazionale antimafia (e Antiterrorismo) e nella regolamentazione dei rapporti tra i servizi e la superprocura. Il quotidiano intervista anche l’analista Ispi Arturo Varvelli (che dice “Contro il Califfo non basta solo la repressione”, perché è necessario occuparsi delle cause “profonde” della nascita del radicalismo, ovvero della situazione del mondo arabo e, da questo punto di vista, “appoggiare oggi Al Sisi in Egitto equivale al sostegno a Mubarak dieci anni fa”, perché si ccaetta la repressione dell’opposizione, anche se sottolinea che “è positivo che i magistrati possano oscurare siti web per limitare la propaganda dell’Isis”) e l’ex generale della Guardia di Finanza Umberto Rapetto, che si dichiara “sbigottito” e dice che “Hanno istituito la legge marziale”. Sulla stessa pagina, l’articolo di Paola Zanca: “Il ‘Patriot Angelino Act’ uccide la privacy digitale”, “L’emendamento del Viminale al decreto di Alfano per spiare tutti”. E c’è “il rischio fiducia” sul provvedimento.
“Meno privacy sui pc, la polizia potrà spiarci anche a distanza”, scrive La Repubblica in un articolo decreto al decreto antiterrorismo.

Jihad in Italia

La Stampa, alle pagine 6 e 7, si occupa dell’operazione effettuata ieri dalla Procura di Brescia: “Isis, una cellula anche in Italia, tre arrestati per arruolamento”, “La procura di Brescia ha applicato per la prima volta le norme del decreto sicurezza. Alla cattura è sfuggito ‘Anas al Italy’, scappato in Siria a combattere con l’esercito nero”. Il fuggitivo è Anas el Abboudi, italiano di origine marocchina, 22 anni della provincia di Brescia. Lo avevano già arrestato nel 2013 con l’accusa di addestramento con finalità di terrorismo. Ma le accuse si erano rivelate poco circostanziate. Arrestati, tra Italia e Albania, Alban ed Elvis Elezi (zio e nipote, accusati di arruolamento con finalità di terrorismo). Alla pagina seguente, il reportage da Torino di Gianni Giacomino e Massimo Numa: “Giovani, invisibili e sempre connessi. La guerra santa degli jihadisti torinesi”, “Uno è cresciuto a Lanzo, l’altro a Cirié. Non hanno barbe incolte né vestiti islamici. Passano inosservati anche in famiglia. ‘Se mio figlio è un terrorista lo ammazzo io’”.
Due pagine anche su La Repubblica, firmate da Paolo Berizzi: “Rap, breakdance e reclutamento. Gli insospettabili della Jihad in Italia”. Riferendo poi di quanto contenuto nelle carte dell’inchiesta, Berdini scrive: “Il terrore secondo Abu: ‘Pagani, siamo venuti per uccidervi uno ad uno’”, “In discoteca si faceva chiamare Mc Khalifh. Via da Brescia, oggi è un foreign fighter in Siria”.

Forza Italia, Lega

Il Corriere dà conto di un “summit segreto” tra Berlusconi e Maria Rosara Rossi in cui si sarebbe deciso di non candidare over 65 alle prossime elezioni regionali, salvo casi eccezionali. Quanto alla Lega, l’incontro con Salvini si farebbe domenica, e sarebbe vicina una decisione della Lega di rinunciare ai propri candidati in Liguria e in Toscana. In sostanza “in Veneto Forza Italia si impegna a sostenere la candidatura di Zaia. In Puglia e in Campania la Lega rinuncia a presentare qualsiasi candidatura di disturbo”. Sulla Liguria Salvini sarebbe “pronto” a rinunciare al suo candidato “‘a patto che tu mi proponga una candidatura talmente autorevole da scalzare quella dei miei'”, dice Salvini. In Liguria dovrebbe correre Toti, in Toscana Deborah Bergamini.
Toti viene intervistato dallo stesso quotidiano: “Io in Liguria? Non abbiamo fatto nomi”. Toti risponde anche sulla vicenda Chiarelli, dice che la decisione di Brunetta di sostituire il deputato dalla carica di capogruppo in commissione giustizia è stata inevitabile, perché “ciascuno di noi può sostenere la propria tesi ovunque”, ma non se in Aula si “profitta del tempo per parlare di cose che poco interessano l’Aula e tutto il Paese”. Di Fitto e dei parlamentari a lui vicini dice che sono “martiri autoproclamati tali senza che nessuna persecuzione sia avvenuta”.
Il Giornale: “Patto vicino Fi-Lega. Accordo con Alfano per il sud”. “Schiarite in vista, manca solo l’incontro Berlusconi-Salvini per sancire l’ufficialità”. “Zaia corre in Veneto, Toti in Liguria, Bergamini in Toscana. Con Ncd in Campania”. Il quotidiano si sofferma anche sulla vicenda Fitto, e racconta che ieri il candidato azzurro in Puglia Schittulli, non amato dai fittiani, sarebbe stato visto in treno in viaggio verso Roma per incontrare Berlusconi e “offrire la sua testa”. “‘Per ricomporre con Fitto sono pronto al passo indietro'”.
Secondo Il Sole sarebbe invece “lontano” l’accordo tra Berlusconi e Salvini. Si legge che i fedelissimi di Berlusconi continuano a scommettere sull’accordo, ma che per ora non aiuta “l’atteggiamento mutevole del leader del Carroccio”.

Governo

Il Corriere scrive che oggi il Pd chiederà di calendarizzare la riforma elettorale alla Camera prima delle elezioni Regionali: “è questa la risposta di Renzi alla minoranza del suo partito, che ancora ieri preannunciava una lettera per chiedere cambiamenti, cabine di regia fra Camera e Senato sulle riforme: il premier sembra aver sciolto i dubbi e deciso di accelerare; niente modifiche in vista al testo finora approvato, almeno non quelle che la minoranza chiede a gran voce, provvedimento vigente già prima delle prossime Amministrative. La risposta di Renzi è corredata dalla convocazione della direzione del Pd per lunedì prossimo: si discuterà appunto di legge elettorale e di riforme. Per una sorta di verifica e di resa dei conti”. Il premier avrebbe detto: “‘Per me la legge elettorale ha lo stesso valore degli 80 euro e ho intenzione di mantenere le promesse'”. Secondo il Corriere il governo avrebbe in mente anche una “accelerazione” sulla riforma Rai, e un nuovo decreto sull’Ilva, “primo passo per la costituzione di un fondo che dovrebbe rilevare quote della società siderurgica”.
Alle pagine 12 e 13 de La Repubblica, “le riforme”: “Blitz di Renzi sull’Italicum: ‘Subito il voto alla Camera’, è sfida alla minoranza dem”, “La sinistra chiedeva un incontro, invece si va alla conta in direzione. Speranza: ‘Io ministro? Non ci penso”. Il quotidiano scrive che a sorpresa Renzi ha convocato la Direzione del Pd per lunedì prossimo per discutere di Italicum e di riforme: “sono previste votazioni” al termine della riunione, ha annunciato. E il “retroscena” firmato da Francesco Bei e Giovanna Casadio: “Il premier blinda la legge elettorale: ‘Sono divisi, il momento è ora, voglio chiudere i primi di maggio’”. Alle pagine seguenti, due opinioni a confronto: Lorenzo Guerini, vicesegretario Pd, dice che non si può tenere “un Conlave sulle riforme”, poiché se ne è discusso “per mesi”; mentre il leader di Sinistra Dem Gianni Cuperlo, della minoranza interna Pd, critica il segretario Renzi per la “troppa fretta” e rilancia sulla riforma Rai dicendo che è necessario aprire questo fronte e che “serve un diaframma tra governo e consiglio di amministrazione”.
Su La Stampa: “Italicum ,lunedì’ resa dei conti nel Pd”, “In Direzione si voterà, Renzi prova a mettere la minoranza con le spalle al muro. I suoi non escludono il ricorso alla fiducia. D’Attorre: vogliamo un’intesa generale”.
Sul governo da segnalare Il Giornale: “Il rimpasto si allontana ma Gratteri torna in corsa. Renzi non vuole mandare alle Infrastrutture Lotti o Delrio per non indebolire la task force di Palazzo Chigi. E il magistrato si prepara. Nel Pd veleni per i boatos su Cuperlo ministro”. Per Cuperlo si sarebbe parlato di ministero dell’Istruzione, scrive il quotidiano. Smentisce di essere in procinto di entrare nel governo anche Speranza. Quanto alle Infrastrutture, se Renzi avesse voluto una sostituzione interna al governo l’avrebbe già fatta, e dunque Lotti e Delrio sono esclusi. L’Ncd continua a rivendicare il ministero ex di Lupi, senza fare nomi. Per questo la soluzione “tecnica” di Gratteri sembra ora la più probabile.

Pd Roma

“Serve il lanciafiamme” è la conclusione dell’editoriale di Ernesto Galli della Loggia, dedicato al Pd, a Roma, e alla “etica ormai perduta” dopo la “catastrofe del Pd romano” come “esito della catastrofe di un’intera città”. Si citano le bancarelle di ambulanti, “l’incedere lento, annoiato e superbo, del vigile e della vigilessa di turno”, che a un certo punto “passano alla bancarella dell’ambulante, quasi sempre extracomunitario. Adesso sui loro volti si disegna un certo cipiglio, il gesto si carica d’autorità, nelle poche parole il tu è d’obbligo. Il vigile e la vigilessa palpano la merce, i golfini, le borse, gli stracci. Capita anche che tirino fuori qualcosa con dei moduli, che impugnino una penna. Ma prima di scrivere ci sono sempre lunghi parlottii, conciliaboli. Alla fine quasi mai il modulo viene riempito. Il giro può proseguire. Questa, vista dal basso, è Roma, la capitale d’Italia. Dove il corpo dei Vigili Urbani insieme ai funzionari degli uffici comunali che di essi più si servono (l’Urbanistica, l’Edilizia, il Commercio) sono da sempre oggetto di inchieste e di denunce d’ogni tipo”. Quanto al pd, “era l’unico partito romano che conservava almeno in parte un rapporto con la base popolare, quella del vecchio Partito comunista: e probabilmente proprio questo è ciò che l’ha perduto. Una base popolare dai tratti spesso plebei — chi ha una certa età se lo ricorda — che per forza era contigua a persone e cose non proprio in regola con la legalità (ladruncoli, piccoli spacciatori, topi d’auto): ma finché a sovrintendere ci sono stati il controllo etico-politico del partito e la decisione inappellabile dei vertici in materia di cariche e di mandati elettorali, nessun problema. Come si sa, però, a un certo punto tutto questo è svanito”.

Economia

Il Corriere offre una intervista all’ex presidente della Bce Jean-ClaudeTrichet: “L’Italia si è impegnata ma ci sono molte cose da fare”. “La Grecia? Buoni gli impegni su evasione e corruzione”. Cita come momento peggiore degli anni scorsi il 5 agosto del 2011, veerdì, e il lunedì successivo, quando “abbiamo inviato le lettere ai governi di Italia e Spagna e abbiamo cominciato a comprare i bond. Il 40 per cento del Pil dell’eurozona era sotto attacco”. Dell’Italia dice che rispetto al 2011 molte cose sono cambiate, che “la retorica è cambiata”, che “rimangono molte cose da fare”, ma “mi pare che sia su un percorso nettamente migliore che in passato”.
Il Sole dà grande rilievo ai dati del Centro studi Confindustria: “Si consolida la ripresa nel primo trimestre”. La stima è di un +0,2 per cento. “Per rafforzare il trend positivo bisogna accelerare sulle rifome”.
Nell’editoriale Marco Onado si sofferma sul ruolo del risparmio, ricordando che in Italia, anche dopo sette anni di crisi, la ricchezza finanziaria netta delle famiglie italiane è superiore a quella di tutti gli altri principali Paesi europei”. Il problema è che questo risparmio “stenta a incanalarsi verso gli investimenti produttivi e le forme che più possono consolidare una ripresa economica ancora incerta”. Per esempio “in Europa, fondi pensione e assicurazioni detengono attività per oltre 12 trilioni di euro, una minima parte dei quali (soprattutto per le seconde) investita in attività produttive e in azioni. Molti ostacoli regolamentari (a cominciare da quelli derivanti dai requisiti patrimoniali per le assicurazioni) sono in via di correzione, ma lo stesso Libro verde riconosce che rimane ancora molto da fare, soprattutto per tener conto degli sviluppi futuri di processi di securitisation a favore delle imprese e di quelle piccole e medie in particolare”. Quanto all’Italia, tra le imprese “la propensione alla quotazione in Borsa è desolatamente modesta; il ricorso al mercato obbligazionario limitato da una dimensione media d’impresa troppo bassa per dare vita ad emissioni consistenti e interessanti per gli investitori istituzionali”.
Un altro articolo del quotidiano di Confindustria fornisce le cifre del risparmio privato italiano, che smentisce il “luogo comune” per il quale in Italia non ci sono investimenti perché “non ci sono i soldi”: “In Italia le famiglie hanno 3.848 miliardi di euro di ricchezza finanziaria (che diventano 9.614 includendo gli immobili), l’industria del risparmio gestito ha 1.675 miliardi di euro da impiegare sui mercati, le assicurazioni 541 miliardi e i fondi pensione 126”. Dei 3800 miliardi di euro di risparmi, “solo 60,3 miliardi sono investiti direttamente in azioni quotate in Borsa o in obbligazioni emesse da aziende: solo l’1,5% circa (escludendo i capitali che gli imprenditori mettono nelle proprie aziende) finisce dunque direttamente alle imprese”.

Internazionale

Sul Sole 24 Ore: “Tunisia, preso l’ideatore della strage”. Si tratterebbe di un tunisino che abitava in Belgio. “Le sedici persone della cellula responsabile della strage appartengono alla brigata Okba Bin Nafaa, guidata dall’algerino LOckman Abu Sakher, che pochi mesi fa avrebbe dichiarato fedeltà al califfo Al Baghdadi dopo esser stata affiliata ad Al Qaeda nel Maghreb islamico. La notizia dell’arresto dell’ideatore e della cellule è stata data dal Segretario di Stato presso il ministero degli interni Rafik Chelli in una intervista al quotidiano Al Maghreb.
Da Il Fatto la corrispondenza da Tunisi di Cosimo Caridi: “Il Social Forum lava il sangue di Tunisi”, “In 70 mila nella capitale colpita dal terrorismo islamico discutono di diritti e alternative al capitalismo”.
Sul Corriere Guido Olimpio racconta lo Yemen che “passa dalla guerra civile al conflitto regionale. Nella notte caccia sauditi, insieme a velivoli di numerosi paesi arabi, hanno colpito postazioni dei ribelli sciiti Houti a Sanaa e in altre località”. Assieme ai sauditi numerosi alleati: “Emirati, Qatar, Bahrain, Kuwait, Marocco, Giordania, Pakistan e Egitto. Furiosa la reazione degli sciiti: ‘L’attacco trascina la regione in un grande conflitto’. Gli osservatori non escludono che gli insorti possano chiedere aiuto all’Iran”. Olimpio scrive che gli Usa sono stati informati degli attacchi e hanno fornito assistenza logistica e informazioni di intelligence ai sauditi. I raid sono scattati dopo la fuga del presidente dello Yemen Abdel Rabbo Mansour Hadi, che sarebbe scappato da Aden in una “rocambolesca fuga” via mare verso Gibuti.
Il Giornale, con Fiamma Nirenstein: “Così Obama è riuscito a gettare lo Yemen nel caos”. “Nelle mani dei filoiraniani la base Usa da cui partono i droni. E l’Arabia schiera le truppe”.
“La polveriera Yemen” è il titolo di un commento di Alberto Negri sul Sole 24 Ore. “Un fiasco colossale per gli americani e per i loro storici alleati sauditi: uno stato disgregato sulle rotte del petrolio”. Gli Usa “ammassano truppe al confine per un intervento che potrebbe rivelarsi più complicato del previsto, tanto è vero che l’Egitto del bellicoso generale Al Sisi si è sfilato e la Lega Araba esita a prendere iniziative”.
Su La Stampa, Maurizio Molinari, pagina 12: “Yemen, cade anche Aden. Il presidente fugge in barca”, “I ribelli houti sostenuti dall’Iran conquistano l’ex capitale del Sud. Hadi forse fuggito in una base Usa a Gibuti :’Intervenga l’Onu’”.

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