Il Corriere della sera: “Strage nel centro per i disabili”. “California, uccise 14 persone. ‘Sono stati tre killer’. La polizia: pista del terrorismo interno”. “I testimoni: uomini bianchi in divisa militare. Obama: ora basta con le armi, il Congresso agisca”. “Mille sparatorie in mille giorni” è il titolo di un articolo di Guido Olimpio.
A centro pagina: “Le foto e le accuse di Mosca. ‘Erdogan fa affari con l’Isis’. Gli Stati Uniti difendono il premier turco: calunnie”.
A fondo pagina: “’Ho creato la Rete perché resti libera’. Berners Lee, inventore del web: limitazioni della privacy solo con regole chiare”.
In evidenza in prima, con foto: “Il doping travolge l’atletica azzurra. Chiesti due anni di squalifica per 26 nazionali”.
Da segnalare anche un articolo di Aldo Cazzullo su Podemos e la Spagna (“La caduta di Iglesias, leader dimezzato”) e una intervista all’ad del Gruppo Mondadori Ernesto Mauri (“Non chiamateci Mondazzoli, crescere fa bene ai libri”).
La Repubblica: “Putin attacca Erdogan e la Nato: ‘Affari Turchia-Is, ecco le prove’”, “L’ira del Cremlino per il Montenegro nell’Alleanza. Russo decapitato: ‘Mosca non avrà pace’”.
Con la corrispondenza da Mosca di Nicola Lombardozzi, l’analisi di Federico Rampini (“Il gioco pericoloso dei due presidenti”) e il retroscena di Federico Rampini (“E gli Usa allargano la trincea anti-zar”).
La foto a centro pagina è un fermo immagine della strage di ieri in California: “Tre killer nel centro per disabili, ancora una strage in America”.
A fondo pagina: “L’atletica del doping, 26 indagati”, “Da Donato a Gibilisco e Howe: rischiano due anni di squalifica”.
Sulla politica italiana: “Milano, Renzi lancia le primarie. Sala in campo contro la Balzani”, “Fatto l’accordo premier-Pisapia”.
Sull’economia: “L’Istat: gli italiani più ricchi ,a tra Nord e Sud aumenta il divario”. E un’intervista a Giuseppe De Rita: “Fare di più per la crescita”.
Di spalla a destra, “La copertina”: Bangladesh, la casa delle bambine liberate”, “Il lavoro delle Ong contro l’orrore delle nozze infantili”.
La Stampa: “Mosca: ‘Erdogan in affari con l’Is’”, “La Russia accusa e mostra filmati e rotte: il Presidente turco e la sua famiglia coinvolti in un traffico criminale”, “Un miliardo il Pil del Califfo. Montenegro verso la Nato, protesta il Cremlino: ‘Reagiremo’”.
Più in basso l’intervista al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk: “’Putin? In Siria è un problema’”.
A centro pagina, foto dei soccorritori al lavoro a San Bernardino, California, dov’è avvenuta ieri la strage: “Sparatoria nel centro disabili: 14 vittime”.
E il commento di Paolo Mastrolilli, inviato a New York: “La paura dell’America per il nemico invisibile”.
In prima un editoriale di Roberto Toscano sull’Arabia saudita: “La barbarie e il silenzio dell’Italia”.
Sulla colonna a destra, il caso “Zuckeberg&Co”: “I filantropi che investono sul futuro”, di Gianni Riotta.
Poi, sulle cifre Inps e le dichiarazioni del presidente Boeri: “La pensione? Il trentenne oggi pensa solo al reddito”.
Oggi è in edicola anche l’inserto “Origami”: “Terrorismo, su ‘Origami’ le domande dei bambini”.
Il Manifesto, con foto di Putin ed Erdogan: “Un brutto affare”, “Scontro ai livelli di guardia tra Mosca e Ankara, Putin accusa Erdogan e fornisce le ‘prove degli affari della famiglia’ del Sultano con l’Isis: petrolio a basso costo in cambio di armi. La replica: ‘Solo calunnie’. Missili puntati verso la Turchia. Usa e Nato contro i russi. E Londra dice sì alla guerra di Hollande”.
“Caos di guerra”, è il titolo dell’editoriale di Tommmaso di Francesco.
In basso, un appello internazionale a Erdogan per la liberazione dei giornalisti Can Dundar e Erdem Gul, in prigione per aver scritto della consegna di armi da parte dei Servizi di Intelligence turchi a gruppi islamisti in Siria.
A centro pagina, sul rapporto Istat sul Benessere Equo e Sostenibile: “Il malessere del Sud, gli ultimi restano gli ultimi”.
E un’intervista a Dettori (Cgil), che dice: “Niente Jobs Act nel pubblico. Ma i licenziamenti sono già possibili”.
Sulle elezioni a Milano: “Renzi vede Pisapia: primarie ‘vere’, ma Sala resta in campo”.
Sul clima: “Il Congresso Usa boccia le promesse appena fatte da Obama a Parigi”.
Il Giornale: “Europa nel caos, l’Isis ride”. “Putin accusa Erdogan: ‘E’ in affari con i terroristi’. Gli Usa difendono la Turchia e la Nato annuncia l’ingresso del Montenegro. Per il presidente russo è inaccettabile. E’ tutti contro tutti e l’Italia tace”.
E poi: “Uomini armati fanno strage in California: almeno 14 morti”.
A centro pagina: “Finisce l’era dei magistrati in tv. La stretta del Csm sulle ospitate”.
Il Sole 24 ore: “Per brevetti e marchi bonus più semplice. Nella legge di Stabilità gli emendamenti per facilitare l’accesso al regime del ‘patent box’. Squinzi: ‘Tutelare le imprese che fanno ricerca e innovazione’”.
Di spalla: “Strage in un centro disabili in California. Sparatoria tra killer e polizia”. “Fbi non esclude terrorismo, ‘un sospetto ucciso’”.
A centro pagina: “Salva banche, correzioni in manovra. Il governo studia misure per tutelare i risparmi fino a 30mila euro. Padoan: norme in linea con la Ue”. E poi: “Renzi: l’Italia si muove, Pil meglio delle previsioni iniziali, debito giù”.
Sulla tensione Russia-Turchia: “Putin accusa Erdogan: ecco le prove dei traffici con l’Isis sul petrolio. Londra dice sì ai raid in Siria”.
A fondo pagina: “Atletica sotto shock, deferiti per doping 26 italiani”.
San Bernardino
Sul Sole 24 ore si legge che i killerdi San Bernardino hanno agito “come se fossero in missione”. Stando alle iniziali ricostruzioni indossavano una divisa militare e il passamontagna. “La polizia locale propende per il terrorismo domestico mentre l’Fbi ha detto di non essere ancora in grado di fornire elementi”.
L’edizione online del Corriere della sera fornisce i nomi di Syed Farook, 28 anni – un cittadino americano di origine araba, musulmano, un uomo che l’anno scorso si era recato in Arabia Saudita – e Tashfeen Malik, probabilmente la moglie. Sarebbero “gli esecutori materiali della strage di San Bernardino dove mercoledì mattina 14 persone sono state uccise e 17 ferite in quello che, ora dopo ora, assume sempre più l’aspetto di un attacco terrorista anche se la sua radice jihadista non è ancora certa”. “Farook era un dipendente della contea presso l’ispettorato della Sanità”.
Sullo stesso quotidiano articolo di Guido Olimpio con i numeri delle sparatorie gravi negli Stati Uniti: dal dicembre 2012 sono state 1029, 1300 morti e non meno di 2700 feriti. Le ragioni di queste stragi: “Armi facili, pubblicità, emulazione”. “Il ‘matto’ copia il politico, il folle prova a trovare giustificazione dei suoi gesti contro il prossimo e la società. Dunque ha bisogno di riflettori”.
Russia-Turchia
La Stampa, pagina 2: “La Russia accusa Erdogan: ‘Compra petrolio dall’Isis’”, “Svelati filmati e rotte che mostrerebbero gli affari del leader turco con gli jihadisti. LA replica: ‘Sono solo calunnie’. La Nato apre a Montenegro, Mosca: reagiremo”. A scriverne è Anna Zafesova. Il ministero della Difesa russo -spiega- ha convocato una maxi conferenza stampa dove ha proiettato filmati e mappe che mostrano tre rotte usate per portare il petrolio ottenuto dagli jihadisti in Siria e in Iraq verso la Turchia. Il viceministro Antonov non ha usato eufemismi: “In questo traffico criminale sono coinvolti il presidente Erdogan e la sua famiglia”. Secondo l’intelligence russa, il greggio viene estratto vicino a Raqqa, a Deir Ez-zourin e in Iraq, e trasportato in cisterne nei porti turchi di Iskanderum e Dertyol, o alla raffineria a Batman, nell’est. Come prova sono stati mostrati centinaia di camion che attraversano il confine tra Siria e Turchia a Reyayhnli, e video di depositi bombardati dai russi. Mosca sostiene di avere dimezzato le entrate petrolifere dell’Is, fino a 1,5 milioni di dollari al giorno. E accusa Erdogan di commerciare con i terroristi: acquisterebbe da loro 200 mila barili al giorno, con il figlio a capo di una delle compagnie petrolifere e il genero ministro dell’Energia. Il viceministro nega che l’obiettivo delle rivelazioni siano le dimissioni di Erdogan, ma l’offensiva aumenta ogni giorno: Putin ha accusato la Turchia di aver abbattuto il caccia russo perché stava bombardando i convogli di greggio dell’Isis, ma ha lasicato intendere che Erdogan potrebbe non esserne al corrente.
La Repubblica, pagina 2: “L’accusa di Mosca: ‘Erdogan fa affari col petrolio dell’Is’. Londra: via ai raid”. Da Mosca scrive il corrispondente Nicola Lombardozzi, secondo cui “le foto e le prove presentate dai militari di Mosca inchiodano la Turchia. Da tre rotte ben precise il petrolio ed il gas valicano senza controlli il confine con una flotta di ben 800mila autocisterne camuffate da semplici tir. Ma c’è di più. Secondo lo Stato maggiore russo gran parte dei pagamenti del petrolio arriverebbero direttamente sotto forma di armi e aiuti militari. Un inviperito generale Mikhail Mizintzev, capo del centro nazionale per la Difesa, annunciava nuovi sviluppi e altre prove per i prossimi giorni: ‘Nelle sole ultime due settimane sono passati dalla Turchia alla Siria ben 2000 militanti, 120 tonnellate di munizioni e circa 250 veicoli. Tutti destinati all’Is e all’altra formazione terroristica Jabhat al Nusra. Il nostro controspionaggio ha anche individuato campi di addestramento dei terroristi in territorio turco, spostamenti di grandi quantità di esplosivo e sospetti aiuti umanitari”.
A pagina 3 a raccontare “la storia” è Marco Ansaldo, a lungo corrispondente del quotidiano in Turchia: “Energia, finanza e un genero ministro, il potere ad Ankara è un caso di famiglia”. “Mai mettersi contro la Russia, recita un antico adagio”. E ricorda come la Storia lo abbia insegnato a Napoleone e Hitler. “Da diverso tempo -scrive Ansaldo- la famiglia di Erdogan attira le attenzioni dei turchi, ma è argomento scarsamente noto all’estero, come in modo perfido hanno mostrato ieri le accuse brucianti del viceministro russo della Difesa Antonov. Il leader turco ha negato, in risposta alle accuse del viceministro russo Antonov: “In Occidente nessuno si pone domande sul fatto che il figlio del presidente turco sia a capo della più grande compagnia energetica e che il suo genero sia stato nominato ministro dell’Energia”. I legami tra i figli di Erdogan e il mondo degli affari non sono qualcosa di esattamente estraneo, scrive Ansaldo. E ricorda che due mesi fa, Bilal, il figlio 35enne ha preso temporanea dimora a Bologna. Il quotidiano di centro sinistra Cumhuiyet, il cui direttore nel frattempo è stato arrestato per gli scoop sui traffici d’armi dei jihadisti con i militari turchi ed è ora in carcere con l’accusa incredibile di spionaggio assieme al caporedattore centrale, aveva dato la notizia che Bilal si era iscritto alla John Hpokins University per completare il suo dottorato. A un’età che ha sollevato qualche dubbio e fatto avanzare l’ipotesi che fosse qui per gestire suoi affari. Businessman dal 2006, Bilal è uno dei tre azionisti di un’azienda che si occupa di trasporti marittimi. Il mese scorso un media americano, “The Verge”, ha scritto che il gruppo, denominato BMZ, avrebbe illegalmente portato petrolio in Turchia dall’Is. Bilal fa parte anche del consiglio di amministrazione della fondazione “Turgev”, che si occupa di giovani e formazione ed è stato accusato di corruzione. Era uno degli indagati della Tangentopoli del Bosforo del 2013. Il caso più eclatante è nato però ad Ankara pochi giorni fa, quando nel nuovo governo è spuntato il nome del genero di Erdogan come ministro dell’Energia. Si tratta di Berat Albayrak, marito della figlia di Erdogan, 37 anni, potente, parlamentare dell’Akp: fino a poco tempo fa era a capo della holding “Calik”, un conglomerato che va dal tessile alla finanza, non esclusi i media, dove il quotidiano “Sabah”, una volta acquistato, ha assunto una spiccata tendenza filogovernativa.
Su Il Manifesto, a pagina 2, se ne occupa Giuseppe Acconcia: “Jihad, bugie e videotape”, “Nel business del petrolio sarebbe coinvolta la famiglia di Erdogan. E ora Putin vuole la sua testa. Il Pentagono: ‘E’ un’assurdità’”. Scrive Acconcia che “Mosca ha scoperto il vaso di Pandora degli affari petroliferi” tra Ankara e l’Is. E riferisce delle accuse del viceministro russo Antonov, che ha peraltro “tuonato” contro la Turchia “ I leader turchi hanno dimostrato estremo cinismo. Guardate cosa stanno combinando!”, “Hanno invaso il territorio di un altro Paese e lo stanno saccheggiando sfacciatamente”. Il riferimento, “finalmente senza peli sulla lingua”, fa notare il giornalista. È al finanziamento delle opposizioni al presidente Assad da parte di Ankara e poi all’imposizione unilaterale, con l’avallo della Nato, di una safe-zone turca nel Nord della Siria (Rojava). Soprattutto nella popolazione curda questo atteggiamento ha prodotto un odio anti-turco senza precedenti sin dai tempi della conquista di Kobane da parte dell’Is nel 2014: “quel giorno è un segno indelebile nella mente del popolo curdo perché non si sarebbe mai dovuto verificare se Erdogan avesse avuto davvero a cuore le sorti del suo popolo. A questo punto i kurdi, nonostante non abbiano mai tifato Assad, vedono nell’intervento russo l’unica chance per liberarsi del controllo delle autorità turche”.
Sulla stessa pagina il quotidiano pubblica un appello internazionale per la liberazione di Can Dundar e Erdem Gul, rispettivamente direttore e caporedattore del quotidiano “Cumhuriyet”. I due giornalisti -si legge nell’appello- “sono in prigione dallo scorso 26 novembre” con l’accusa di spionaggio e terrorismo “perché lo scorso maggio hanno pubblicato le prove delle consegne di armi da parte dei Servizi di intelligence turchi a gruppi islamisti in Turchia”. Tra i sottoscrittori dell’appello: Noam Chomsky, Edgar Morin, Carl Bernstein, Thomas Piketty, Jack Lang.
E a pagina 3: “L’affaire Dundar e Gul”, un articolo di Dimitri Bettoni da Istanbul, che ripercorre la vicenda dei due giornalisti, il processo, le deposizioni. Contro Dundar era stato lo stesso Erdogan a sporgere denuncia.
Sul Corriere Frabrizio Dragosei da Mosca scrive che “le mancate scuse di Ankara per l’abbattimento del caccia russo hanno gettato di nuovo benzina sul fuoco delle tensioni tra Putin ed Erdogan. Il ministro della difesa di Mosca ha mostrato foto e filmati che sembrano dimostrare traffici molto intense alle frontiere dela Turchia con la Siria e l’Iraq. Il viceministro Antonov accusa: Ankara è il principale utilizzatore del petrolio rubato alla Siria e all’Iraq”. Si legge che oggi il ministro degli esteri russo Lavrov dovrebbe incontrare il suo omologo turco e che si è fatto promotore di una proposta per “sigillare la frontiera siriana”, anche usando i curdi e una task force americana purché “con il consenso del governo di Damasco”. Erdogan intanto ha definito assurde le accuse di Mosca ma “diversi fatti specifici non sono stati negati”. “I militari russi hanno preparato con cura il ‘pacchetto avvelenato’ per gli ex amici turchi”, scrive il quotidiano, che ricorda come accuse simili siano state avanzate anche in passato dagli alleati della Turchi, seppur non in modo così specifico.
Nelle pagine successive Guido Olimpio scrive che le accuse russe “sottolineano con foto e clamore aspetti già emersi” ma “stavolta Mosca personalizza la situazione coinvolgendo i familiari del presidente turco Erdogan, dal figlio Bilal al genero”.
Sul Sole: “Le rotte segrete del contrabbando dell’oro nero”. Dove si racconta di “oscuri faccendieri” che in Turchia, nel Kurdistan iracheno e in Giordania acquistano greggio dall’Isis. La Turchia è sicuramente il mercato più importante, e in particolare una parte dell’intelligence del Paese vi sarebbe direttamente coinvolta.
Ancora sul Sole si fanno i conti sui danni per l’economia turca delle sanzioni russe, che colpiranno il turismo, l’export di merci, i trasporti e le costruzioni. “Sei miliardi di entrate in fumo per Ankara”, scrive il quotidiano.
Su La Stampa, a pagina 2: “Tasse, immobili e contrabbando. Ecco l’economia del Califfato”. Francesco Semprini ricorda che “non di solo petrolio” vive il Califfato. E riferisce di un articolo pubblicato dal New York Times, che sottolineava come l’Isis di giorno combatta e di notte riscuota: “gli sgherri del Califfo sono dei perfetti gabellieri”, ma guai a chiamarle tasse, si parla di “zakat2, atti caritatevoli del buon musulmano. Tasse che vengono riscosse nei territori conquistati (luce, gas, pedaggi, multe).
Sul Manifesto, pagina 2: “Cade Homs, la capitale della rivolta ormai nelle mani dei governativi”. Scrive Chiara Cruciati che la promessa di far sedere allo stesso tavolo governo e opposizioni entro il 1 gennaio si fa sempre meno concreta. Martedì le opposizioni a Homs hanno siglato con il governatorato della città il ritiro dal distretto di Waer, dove erano ancora presenti -dopo aver abbandonato, sotto supervisione Onu- il resto della città oltre un anno fa. L’obiettivo del negoziato è stato descritto così dal governatore di Homs: “Evacuazione degli uomini armati e delle loro armi e ritorno delle istituzioni dello Stato nel distretto”. In cambio i miliziani potranno lasciare la città senza ritorsioni, una sorta di amnistia cui seguirà l’arrivo di aiuti umanitari. Cade definitivamente “la capitale della rivoluzione”.
Russia e Siria
Su La Stampa, a pagina 3, intervista a Donald Tusk, presidente del consiglio europeo, che è stato presidente del Consiglio polacco dal 2007 al 2014. Dice Tusk a proposito di Putin: “E’ parte del problema. Non è la soluzione in Siria”. Gli vien chiesto da Marco Zatterin se non pensa che Putin abbia assunto un atteggiamento di maggior dialogo. Tusk: “Non sono certo che la situazione giustifichi un simile ottimismo. Sinché i russi si concentreranno sull’opposizione ad Assad sarà difficile dire che sostengono l’Europa o gli Usa”. Nessuna mediazione fra Siria e dossier Ucraina?
“Capisco che ogni tanto si debba ricorrere alla realpolitik, però è giustificato solo da risultati concreti e positivi”, “non ci sarà nessun baratto sottobanco coi russi fra Siria e Ucraina”. E sottolinea: “L’impegno occidentale non è proteggere Assad dall’opposizione. Invece il 90% delle azioni russe non è contro l’Isis. Putin ha le sue strategie che non sono le nostre”.
La Repubblica, pagina 4: “La vendetta dell’Is contro la Russia, un video sul web: ‘Spia decapitata’”, “La vittima è il giovane ceceno Magomid Khasaiev, in ginocchio e poi sgozzato”, “A gennaio toccò a due kazaki. Confessarono di essere stati arruolati per sorvegliare Daesh”. Ne scrive Paolo G. Brera.
Italia e Siria
Sul Giornale una intervista a Leonardo Tricarico, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, già consigliere militare nei governi D’Alema e Berlusconi, oggi in pensione, presiede la Fondazione Icsa. Dice che “le iniziative diplomatiche, a cominciare da quelle di Hollande, per una chiamata alle armi hanno partorito un topolino, operazioni militari di facciata. Se non fosse per Putin il Califfato
continuerebbe ad avanzare indisturbato. Credo che il presidente francese, visti i risultati modesti della mobilitazione europea, dovrebbe chiedere la solidarietà atlantica, convocando il tavolo Nato-Russia, istituito nel 2002 da Berlusconi a Pratica di Mare. Dopo le Torri Gemelle l’alleanza rispose coesa all’appello di Bush, ora Hollande dovrebbe chiedere di ricambiare quella generosità”. “Renzi ha fatto bene finora ad essere prudente, ma a questo punto serve una svolta, con la legittimazione dell’Onu, che altrimenti rischia di scomparire”. L’Italia ha “poco ma è quel che serve: “parlo del sistema di ricognizione satellitare sviluppato da Finmeccanica; dei droni, Predator e Reaper, per i quali abbiamo maggiori professionalità degli Usa; delle cisterne volanti, che non ha nessuno; delle forze Sead, per la soppressione delle difese antiaeree nemiche; dei velivoli di trasporto aereo, che solo la Gran Bretagna può vantare. Se avessimo anche gli F35 di quinta generazione, invece dei nostri cacciabombardieri, il salto qualitativo del conflitto sarebbe enorme”.
Ancora sul Giornale: “Governo costretto ad ammettere: c’è sintonia”. Tra Pd e Forza Italia ci sarebbe una sintonia innegabile sulla centralità della Libia, sulla necessità di coinvolgere la Russia, sull’intervento militare in Siria. Così l’intervista di ieri di Berlusconi al Corriere sarebbe stata “silenziosamente” apprezzata dal governo anche se l’apprezzamento non viene fatto in pubblico perché il governo non ha intenzione di andare in Parlamento su qualche tipo di intervento diretto. “Al momento non è nella nostra agenda”, si legge sul quotidiano.
Libia
Sul Giornale Gian Micalessin si sofferma sui piani dell’Isis in Siria, che si vorrebbe trasformare in “una base strategica contro l’Europa”, una “dependance” da cui “colpire l’Italia. Si cita il rapporto del “Team di controllo sulle sanzioni” per conto del Consiglio di Sicurezza Onu in cui appunto “si evidenzia come il distaccamento libico dello Stato Islamico, sia oggi il ‘territorio d’oltremare’ su cui più investe la dirigenza di Mosul e Raqqa. Un ‘territorio’ destinato a trasformarsi in una comoda ‘via di fuga’ in caso di attacco occidentale alle roccaforte irachene e siriani”. Nel rapporto si cita Abu al Mughirah Al Qahtani, “un personaggio fin qui sconosciuto, ma indicato dal rapporto Onu come il capo della ‘dependance’ Nord africana”. Lui sostiene che “la ‘Libia è di grande importanza perché è in Africa, ma al tempo stesso immediatamente a Sud dell’Europa contiene una varietà di risorse che ben difficilmente inaridiranno ed è anche la porta del deserto che abbraccia molti paesi africani’”.
Gran Bretagna
Sul Corriere Fabio Cavalera dà conto del dibattito ieri alla Camera dei Comuni: “Londra vota i raid con i Tornado in Siria (e i laburisti appoggiano la mozione Cameron)”. Il quotidiano spiega che un sondaggio di Yougov aveva quantificato in 52 su 100 i cittadini contrari all’intervento e in 48 i favorevoli. “Alla Camera dei Comuni e alla Camera dei Lord i fronti si spaccano trasversalmente”. Se gli indipendentisti scozzesi sono compattamente per il no, esprime dubbi il Lord e arcivescovo di Canterbury Welby. L’emendamento per stoppare la missione è firmato da un parlamentare conservatore, John Baron. “Ma è la frantumazione dei laburisti che balza agli occhi”. Con Corbyn e contro Cameron si schiera il predecessore Miliband ma più di 50 deputati laburisti dichiarano il sì alla mozione per l’intervento. Alcuni anzi invocano l’intervento delle truppe di terra, come la “blairiana Margaret Beckett”.
Sul Sole: “Londra vota per l’intervento in Siria”. Si legge che il fronte laburista avrebbe potuto fornire più voti a Cameron se non fosse stato per le accuse agli oppositori all’intervento di essere “simpatizzanti del terrorismo”. Corbyn ha chiesto le scuse che non sono arrivate ma “l’uscita del premier ha complicato le dinamiche del voto” rischiando di “ricompattare il Labour”. Che invece alla finesi è presentato al voto in ordine sparso, dando così l’impressione di un partito “deciso a governare senza avere una linea netta su un tema chiave come la guerra”. Tra le voci laburiste decisamente favorevoli ai bombardamenti il quotidiano segnala Yvette Cooper ed Hilary Benn, ministro degli esteri ombra.
Su Il Manifesto, da Londra, Leonardo Clausi: “Cameron strappa il sì alle bombe. Laburisti spaccati tra le proteste”, “Il voto nella notte dopo una seduta fiume”. E’ il dibattito alla House of Commons, “cominciato sulla scia dello sdegno di molti deputati laburisti non solo in quota Corbyn ma anche centristi, furibondi per l’uscita di David Cameron, che martedì sera aveva etichettato chi tra loro si oppone ai bombardamenti come un ‘simpatizzante dei terroristi’. Una sparata alla Boris Johnson che ha scatenato una serie di richieste di scuse” che il premier si è rifiutato di porgere.
Francia
Su La Repubblica, un’intervista alla sindaco di Parigi Anne Hidalgo di Anais Ginori: “Stragi e minacce non ci cambieranno. Parigi è in piedi, la jihad ha perso”, “sono molto fiera dei miei concittadini. Abbiamo lanciato un messaggio al mondo: resteremo sempre uniti”, “Gli italiani saranno sempre benvenuti. Faremo di tutto per accoglierli in condizioni di sicurezza”.
Il Corriere dà conto del “balzo di Hollande nei sondaggi” dopo la strage di Parigi. L’indice di popolarità del Presidente è balzato avanti di 20 punti, come scrive il Figaro Magazine. “Non era mai accaduto che un presidente in carica risalisse tanto, considerato anche che Hollande era considerato il più impopolare della storia” francese.
Montenegro
Su La Repubblica, alle pagine 6 e 7 una lunga analisi di Federico Rampini: “Montenegro pronto a entrare nella Nato. Il gelo del Cremlino”, Messaggio dell’Alleanza a Putin. E presto potrebbero entrare anche Georgia, Bosnia e Macedonia”, “L’annuncio del segretario Jens Stoltenberg: ‘Una decisione storica quella di avviare colloqui di adesione con Podgorica”, “Kerry rassicura Mosca: ‘Lavoriamo alla prevenzione di minacce come il Califfato e fenomeni come le migrazioni”.
Sul Corriere, articolo di Maria Serena Natale: “Montenegro nella Nato, scacco a Mosca”. Si legge che “strappandosi all’abbraccio con Belgrado, il cristiano Montenegro aveva già allentato la presa della Russia”. Sul Sole si legge che il segretario della Nato Stoltenberg ha annunciato ieri di essere pronto a riconvocare il Consiglio Russia-Nato per rilanciare una cooperazione paritaria” di fatto ferma dalla crisi ucraina, da oltre un anno e mezzo. “Una offerta di dialogo a cui Lavrov ha subito risposto affermativamente”.
Economia
Grande attesa oggi per le mosse della Bce di Mario Draghi. Il Sole 24 ore scrive: “Draghi oggi svela il Qe2 della Bce”. Il consiglio della Bce deciderà oggi le modalità del rafforzamento dello stimolo monetario alla luce dei dati sull’inflazione, che nell’euro zona è scesa dall’1,1 allo 0,9. Alessandro Merli sottolinea che il problema di Draghi è che da quando è partito il Qe l’economia ha dato segnali di ripresa ma non è successo con l’inflazione. In ogni caso si dà praticamente per scontato un ulteriore intervento sui tassi (quelli di deposito delle banche presso la Bce sono già negativi e potrebbero diventare ulteriormente negativi). Quanto al Qe2, c’è chi ritiene più probabile un allungamento del programma di acquisti e non un ampliamento del volume (60 miliardi al mese).
Sul Corriere: “Yellen pronta la rialzo del tassi. Draghi, il D-Day sui nuovi stimoli”. “Oggi il vertice della Bce. Verso un ampliamento degli acquisti di titoli di Stato”.
L’editoriale del Corriere, firmato da Dario Di Vico si sofferma sulle condizioni della nostra economia mentre è in corso “l’ennesima querelle” sui decimali di Pil di crescita e mentre si approva una legge di Stabilità “che assomiglia a un vestito di Arlecchino, tanti colori e tante pezzature diverse”. Si legge che “il giudizio sempre più diffuso” è che la nostra economia fatichi ad accelerare “perché non riesce ad aprirsi”, sia nel senso di semplificare le “bardature burocratiche” che nel senso di favorire gli investimenti stranieri, anche per un “deficit di cultura economica da parte degli amministratori locali che non hanno la capacità e la competenza per negoziare con una multinazionale i piani e le modalità di investimento e preferiscono brandire il megafono dell’arruffapopolo che si oppone agli invasori”. Si cita il caso recente della Ikea in Lombardia: gli svedesi vogliono rafforzare la loro presenza sulla direttrice Milano-Varese, la giunta Maroni ha deciso tempo fa una moratoria sui centri commerciali fino al 2018. La richiesta era precedente alal decisione della Giunta e serviva quindi un ulteriore stop. “Ed è arrivato. Nel comunicato con cui gli esponenti leghisti annunciano, con un certo autocompiacimento, la loro decisione, è inserito un ringraziamento al Movimento 5 Stelle perché ha condiviso e appoggiato la posizione del centrodestra”.
Milano
Sul Corriere due pagine dedicate alle elezioni amministrative a Milano: “Primarie aperte, sì di Renzi a Pisapia. Sarà duello a Milano e Balzani si scalda”. “L’incontro al Nazareno: ‘Matteo ha dato assoluta autonomia di scelta ai milanesi’”. Insomma si andrebbe verso “primarie vere” tra Francesca Balzani, vicesindaco uscente, e Giuseppe Sala, amato dai renziani, Emanuele Fiano e Pierfrancesco Majorino. Dopo l’incontro di ieri tra Renzi Guerini e Serracchiani da una parte e Pisapia e Balzani dall’altra si è deciso di fare “primarie vere, aperte, coinvolgenti e partecipate”.
Altro artiolo, di Maria Teresa Meli: “Il leader punta su Mr Expo e chiede lealtà”. Secondo il retroscena Pisapia ieri non avrebbe annunciato la candidatura di Balzani ma solo chiesto che il partito lasci decidere ai milanesi. “Parole che hanno indotto Renzi e gli altri dirigenti a pensare che alla fine Balzani potrebbe non candidarsi”. Renzi dice che le primarie comunque non hanno veti e non hanno un “risultato scontato”, a patto che tutti i partecipanti si impegnino a rispettarne l’esito . Anche sulla data delle primarie (i milanesi le avevano fissate per febbraio, il Pd vorrebbe farle tutte a marzo) c’è possibilità di trovare un accordo, si legge.
Il Giornale: “I dubbi di Renzi su Sala e deve ingoiare le primarie”. Dove si legge che il premier avrebbe espresso qualche giudizio sul “modo di comunicare” del commissario Expo. Giudizio “che i presenti hanno considerato una critica o almeno qualche piccolo dubbio che Sala sia il candidato giusto”.
Consulta
Sul Sole si legge che – anche se ufficilamente l’accordo tra Pd, Fi ed Ap sui giudici alla Consulta tiene – i numeri dicono il contrario. Neppure ieri i tre candidati hanno superato il quorum. E anzi i due principali, Barbera e Sisto, sono scesi “mentre il popolare Piepoli, su cui si sono concentrati i malumori dei centristi, ha raggiunto quota 100”. Oggi nuovo scrutinio, con il rischio che sia messo tutto in discussione. Il Pd – per bocca di Ettore Rosato – ribadisce che Barbera è “l’unico candidato”. Ieri hanno votato 52 parlamentari in meno della volta precedente. Rosato dice che è “fisiologico. I candidati dell’accordo sono Barbera, Sisto ed Ida Angela Nicotra, al posto di Giovanni Pitruzzella che aveva annunciato il ritiro.
E poi
Su La Stampa, in prima, un commento di Roberto Toscano sull’Arabia saudita: “La barbarie e il silenzio dell’Italia”. Dove si legge, tra l’altro: “Come è possibile opporsi alle decapitazioni di ‘infedeli’ dello Stato islamico e passare sotto silenzio le esecuzioni di ‘apostati’ da parte dell’Arabia saudita?”.
Su La Repubblica, alle pagine “R2”: “Bangladesh. Le bambine liberate”, di Adriano Sofri. “Nel Paese l’integralismo islamico fa paura e la piaga delle spose adolescenti è ancora viva. Ma malattie e mortalità infantile si riducono. E la speranza sono tante giovani ragazze che chiedono solo formazione e indipendenza”.