Il Corriere della Sera: “Marina Berlusconi e la politica: oggi no, un domani chissà”. “Il mio giudizio su Renzi? Mi sembra il nuovo che arretra”. Il titolo più grande è “Applausi agli agenti condannati”. “Il ragazzo ucciso a Ferrara, diventa un caso l’omaggio di un sindacato di polizia ai colleghi”. “La madre di Aldrovandi: rivoltante. L’ira del premier e di Alfano”.
A centro pagina: “Alitalia, lettera di Etihad. Ora riparte la trattativa”
La Repubblica: “Berlusconi, scatta l’altolà del Tribunale”, “Rischio domiciliari dopo gli attacchi ai pm”, “Il premier: riforma del Senato o vado a casa”, “’Così cambierò la pubblica amministrazione’”.
A centro pagina, in grande evidenza, la foto della “ovazione” tributata dal sindacato di polizia Sap ai colleghi condannati per l’omicidio Aldrovandi sotto il titolo: “Aldrovandi, applausi shock degli agenti. La madre: ‘Vergogna’. Renzi le telefona”.
La Stampa: “Tar e dirigenti licenziabili. Renzi attacca la burocrazia”, “Accuse a Napolitano, il Tribunale: valuteremo le frasi di Berlusconi”.
Sotto la testata: “Aldrovandi, applausi agli agenti condannati. La madre: rivoltante”, “Alfano: gesto che danneggia la divisa”.
A centro pagina, fotonotizia per i giocatori dei Los Angeles Clippers: hanno le maglie da gioco rivoltate per protesta contro il proprietario del team. Il titolo: “’Niente neri’: e l’Nba caccia il boss razzista”, “Donald Sterling, proprietario dei Los Angeles Clippers, sospeso a vita. Gli sponsor lo avevano già scaricato”.
Il Fatto: “Altro che Renzi anti-casta. Gli sconti ai partiti restano”, “Prima di Pasqua il premier aveva annunciato: ‘Via subito le agevolazioni postali per la propaganda elettorale’. Ma il suo decreto le lascia in vigore fino al 1° giugno e così consente di utilizzarle per le elezioni del 25 maggio. I candidati ringraziano”.
In taglio basso: “Cinque minuti di applausi per chi ha ucciso Aldrovandi”, “Tre dei quattro agenti condannati accolti trionfalmente al congresso del Sap”.
Il Giornale: “Ora arrestano le idee”, di Alessandro Sallusti. E poi: “Perché Renzi può fidarsi solo del Cavaliere” di Vittorio Feltri. Al centro, la fotonotizia: “Alitalia sta per diventare araba”. Di spalla: “Che libertà è leggere in classe un libro porno?” di Marcello Veneziani.
Il Sole 24 Ore: “Casa, cresce il conto della Tasi”. Di spalla la politica: “Sulle riforme si media Renzi: il sì entro il 10 giugno o lascio”. A fondo pagina: “Alitalia, la trattativa riparte”.
Aldrovandi
Il Corriere della Sera scrive che “sono gli agenti condannati per l’uccisione del diciottenne Federico Aldrovandi le star del congresso nazionale del Sap, il secondo sindacato di polizia dopo il Siulp, in corso al Grand Hotel di Rimini. È bastato che la loro presenza fosse annunciata, martedì pomeriggio, perché la sala si sciogliesse in un lungo e liberatorio applauso dei colleghi, con tanto di standing ovation”, e ricorda che “gli agenti hanno scontato in carcere parte dei sei mesi residui di pena, come raramente accade a condannati fino a quel momento incensurati, e per questo hanno trovato un’ampia solidarietà nella categoria. Decine di colleghi appartenenti al Sap e ad altri sindacati, naturalmente in borghese, li hanno letteralmente scortati, nei mesi scorsi, alle diverse udienze tenute al tribunale di sorveglianza di Bologna che doveva decidere sull’esecuzione della pena”. Si ricorda anche la polemica scatenata nel marzo 2013 a Ferrara da una manifestazione organizzata dal Coisp, piccola organizzazione appartenente come il Sap alla galassia del sindacato autonomo di polizia, proprio sotto le finestre degli uffici comunali in cui lavora Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi. Il questore del capoluogo estense è stato successivamente trasferito.
Su L’Unità si ricorda che i tre agenti sono Paolo Forlani, Luca Pollastri ed Enzo Pontani (non c’era invece l’unica donna coinvolta, Monica Segatto), e che sono stati condannati dalla Cassazione lo scorso 21 giugno 2012 per eccesso colposo in omicidio colposo a tre anni e sei mesi (tre dei quali coperti dall’indulto).
“In serata è arrivata la telefonata di solidarietà (alla madre, ndr) da parte del Presidente del Consiglio Matteo Renzi” e poi “anche la denuncia di Alfano: ‘Gli applausi sono un gesto gravissimo e inaccettabile che offende la memoria di un ragazzo che non c’è più e rinnova il dolore della sua famiglia. Applausi che danneggiano la Polizia e il suo prestigio’”.
La Repubblica intervista la madre di Federico Aldrovandi, Patrizia Moretti che, dell’applauso dice: “è molto brutto sapere che chi dovrebbe tutelare la legalità, invece applaude i delinquenti condannati per omicidio in ogni grado di giudizio. La giustizia italiana li ha qualificati come autori di una violenza efferata”, “Quello che hanno fatto è eversivo? Lo chiederò al presidente Renzi e soprattutto al presidente Napolitano”. Poi ricorda i giorni in cui un piccolo sindacato, il Coisp, era andato sotto le finestre del suo ufficio: “Ma il Sap non è un piccolo sindacato e la cosa strana è che quella volta il Sap mi aveva manifestato solidarietà”.
Il quotidiano intervista però anche il segretario generale del Sap, Gianni Tonelli che, alle accuse del capo della polizia Alessandro Pansa e del presidente del Consiglio Renzi, risponde: “Sono dichiarazioni fuori luogo: i poliziotti applauditi hanno dovuto subire sei mesi di carcere per un reato colposo”, “I colleghi hanno diritto ad una revisione del processo. Quello che stiamo facendo, lo facciamo nella convinzione che siano innocenti. Altrimenti non ci esporremmo come sindacato, né personalmente”.
Berlusconi, politica
Stefano Folli ricorda che ieri al congresso del Sap a Rimini, teatro dell’applauso agli agenti, è intervenuto anche – per telefono – Silvio Berlusconi. E parla di una situazione “bizzarra, probabilmente senza precedenti. Un condannato che parla a un congresso di poliziotti forse non si era mai visto (fra l’altro – episodio inquietante – gli stessi congressisti hanno dedicato un applauso di cinque minuti ai tre loro colleghi giudicati colpevoli di avere provocato la morte del giovane Federico Aldrovandi nel 2005).
La contraddizione è l’inevitabile conseguenza del compromesso all’italiana che ha chiuso per ora la vicenda. Berlusconi è entrato in una zona grigia che non gli permette di essere del tutto libero, ma gli consente di fare tutto quello che vuole in campagna elettorale tranne candidarsi. In effetti si tratta di un ex presidente del Consiglio e tuttora leader politico, sia pure sul viale del tramonto: si è deciso che la cosiddetta ‘agibilità politica’ non gli poteva essere negata. Ma ciò non toglie che la soluzione individuata sia un pasticcio foriero di guai”, perché “il Berlusconi di oggi è un personaggio indotto dalle circostanze e dai suoi rancori a imboccare una strada senza ritorno, in un’offensiva sempre più aspra contro le istituzioni e l’Europa mescolate insieme come due facce della stessa medaglia”.
Il Corriere della Sera intervista Marina Berlusconi, che oggi presiederà l’assemblea di Mondadori. “Le aziende sono il suo impegno, almeno per ora”, scrive il quotidiano. Si parte da Berlusconi che, dice l’intervistatore, “sta diventando di nuovo un caso in Europa e in Italia …”. Risposta: “Troppa gente si affanna a commentare quel che mio padre dice e a interpretarlo come più le conviene. Bisognerebbe smetterla una volta per tutte con le strumentalizzazioni”. Suo padre ci mette del suo, è arrivato a parlare di colpo di Stato per la sentenza Mediaset. “Mio padre ha subito in vent’anni una persecuzione giudiziaria senza precedenti, è stato il bersaglio di organi di informazione che dividevano con un gruppo di toghe ideologie, interessi, obiettivi. La presunzione di colpevolezza ha sostituito quella d’innocenza, l’incertezza del diritto ha stravolto i principi giuridici. E si è arrivati persino a celebrare processi su reati confezionati su misura”.
Su Renzi: “si è presentato bene, niente da dire. Le immagini e le parole giuste. Il solo fatto che abbia conquistato il Pd suona come la negazione di quello che la sinistra ha fatto e predicato in questi vent’anni, la certificazione della sua sconfitta”. Nel senso che oggi la sinistra ha capito che “Berlusconi non è il male da eliminare ad ogni costo ma solo un avversario politico”, e che “mio padre aveva perfettamente ragione a ripetere che il problema dei problemi di questo Paese è che con le attuali regole non si riesce a governarlo”. Sul governo: “Giudizio negativo. È giusto creare un clima di ottimismo e fiducia, ma attenzione: più forti sono le aspettative che si generano, più gravi saranno i danni se alle promesse non seguiranno i fatti. Purtroppo, è quello che sta succedendo, al di là del fumo alzato con i tweet, le slides, qualche pesciolino rosso in più e qualche auto blu in meno”.
E sul suo impegno: “Per la politica ho un grande rispetto, la seguo dall’esterno con attenzione, ma il mio posto è nelle aziende, questo è il lavoro che mi piace fare”. “La leadership non si eredita, bisogna sapersela costruire”. Poi ovviamente “so che nella vita non si può mai escludere nulla. Quindi, oggi è così. Un domani, se capitasse, la politica, chissà…”.
Ieri, ospite di Porta a Porta, Matteo Renzi ha preannunciato che nella riforma della Pubblica Amministrazione “ci sarà qualcosa che assomiglia ai dirigenti a tempo determinato”, come scrive L’Unità. “Domani in Cdm il governo varerà la riforma della Pubblica amministrazione e ci sono molte cose che faranno discutere”. La riforma “toccherà temi come ‘la giustizia amministrativa e le questioni legate alla retribuzione dei megadirigenti e sulla licenziabilità dei dirigenti’”. Ma ‘nessuno verrà licenziato perché il governo ha da tagliare, dobbiamo far lavorare di più e meglio i dipendenti e chi lo fa deve essere pagato di più’”.
Il Giornale scrive che Renzi ieri ha anche “piegato” il Pd “con la minaccia dell’addio” e che proprio a Porta a Porta ha “agitato le dimissioni in caso di stop alla riforma” del Senato.
Su La Repubblica: “Renzi media ma avverte: ‘Riforme o me ne vado’. Il voto slitta al 10 giugno”, “Il premier propone un compromesso ai parlamentari del Pd. Per la minoranza si tratta di ‘un passo avanti’”. E il quotidiano intervista il senatore Pd Vannino Chiti, sostenitore di un sistema elettivo del Senato, come previsto da un disegno di legge che conferma di non voler ritirare. Chiti viene presentato come il “simbolo della resistenza a Matteo Renzi”. Dice: “Così va meglio, ci si confronta, però servono altri emendamenti”. Aggiunge che vorrebbe un confronto “sereno” su alcuni altri punti: “Si parla di arrivare a 148 senatori, nel mio ddl invece sono 106. E poi il numero dei deputati: per me devono passare a 315”. Poi spiega che “sul sistema elettorale del Senato, Renzi ha detto: si scelgano i senatori con un listino alle Regionali. Oppure lasciamo libere le Regioni di definire se eleggerli direttamente nel consiglio regionale. Mi ritrovo nella prima ipotesi. La seconda no, è un guazzabuglio con interrogativi costituzionali”.
Internazionale
La Repubblica riferisce di un sondaggio-shock del think-tank inglese Open Europe secondo cui alle prossime elezioni europee i partiti populisti potrebbero ottenere il 30 per cento dei voti, conquistando almeno 218 dei 751 seggi: “Gli esperti: le previsioni premiano Le Pen, Wilders e Grillo, ma la maggioranza pro-integrazione non è in pericolo”, si scrive, puntando l’attenzione sull’indebolimento probabile degli “anti-europeisti moderati” come i conservatori britannici. Ma ci sarebbe comunque una solida maggioranza a Strasburgo favorevole a mantenere l’integrazione europea o perlomeno lo status quo.
La Stampa intervista il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, che dice: “L’Italia rispetti le regole, Bruxelles sarà flessibile”, “L’Italia ha una buona ragione per attenersi alle regole: il debito elevato. Deve ripristinare la credibilità. Credo che il rispetto dei vincoli e la flessibilità, per tutta l’Eurozona, siano contenuti in tutto ciò che sta facendo la Commissione, e io lo sostengo. Flessibili sugli obiettivi nominali, rigorosi su quelli strutturali: mantenere la direzione e lavorare sulla velocità”.
Il Fatto torna sulla visione che si ha della Germania e sulle parole pronunciate da Berlusconi, alla vigilia delle Europee: “’Uniti nell’odio per la Merkel, tanti gli europei con B’”, dice in un’intervista Gian Enrico Rusconi. Dei tedeschi, che si interrogano sulla rabbia anti-Germania e se ne stupiscono, Rusconi dice: “Loro hanno semplicemente rispettato gli impegni, chiedono agli altri di fare altrettanto”, “La Germania è indubitabilmente il Paese dove la democrazia funziona meglio. I poteri non si sovrappongono, non interferiscono e riescono a sviluppare un’energia positiva e una partecipazione piena alla cosa pubblica”. Dobbiamo abituarci a sentir chiamare di nuovo nazisti i tedeschi in campagna elettorale? Rusconi: “È questa la più spaventosa ignominia. Auschwitz è divenuta per loro ormai una forma di religione civile”, “Si deve ritornare indietro di cinquant’anni per documentare forme di silenzio, di inerzia. Perciò le parole di Berlusconi sono state vissute come becerume, pensiero inquinato e sporco oltreché offensivo”. E ancora: “Quel che manca in Germania è l’opposizione alla gestione della Merkel, alla sua perfetta manutenzione del sistema. È la socialdemocrazia che non riesce a manifestare un pensiero, ad aprire un varco”.
La Repubblica intervista lo storico tedesco Michael Stuermer, vicino alla Cdu-Csu ed ex consigliere del cancelliere Kohl: “Silvio è peggio di Grillo, una minaccia per Ue e Ppe”, “Il problema più grave è il suo programma populista, ma alla fine i Popolari dovranno mediare con lui”.
Su La Stampa il corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin ricorda invece che “in Europa Forza Italia ha sempre votato come la Merkel” e che “il tasso di fedeltà dei deputati berlusconiani al Ppe è altissimo”. E del leader Antonio Tajani si dice che ha rapporti molto sereni con la Cancelliera.
La Repubblica intervista il sindaco democratico di New York Bill De Blasio: racconta a Federico Rampini le sfide e le difficoltà e dice: “Nella Grande Mela ci sono troppe disuguaglianze”, “Abbiamo tanti ricchi e poi il 46% di concittadini vicini alla soglia di povertà”, “Basta con i piccoli passi. È il momento di essere audaci”, “Viviamo un periodo simile a quello della Grande Depressione”, “Costruiremo 200 mila case con affitti abbordabili per i lavoratori”.
Su La Stampa, segnaliamo un intervento dello scrittore israeliano Abraham B. Yeoshua: “Raccogliamo la sfida di Abu Mazen”, dedicato all’intesa tra Anp ed Hamas per un governo di unità nazionale e alla dura reazione avuta dal premier Netanyahu: “dopo tutto – scrive Yoshua – gli israeliani hanno sempre sostenuto che un accordo di pace con l’Autorità palestinese includerebbe solo una parte del popolo palestinese, e quindi sarebbe poco sicuro e affidabile. Ma ora che si trovano davanti a un governo che rappresenta l’intero popolo, all’improvviso la situazione si fa scomoda, perché i vecchi pretesti non valgono più e bisogna affrontare una realtà diversa. Dobbiamo capire che la decisione di Hamas di unirsi al governo dell’Autorità palestinese e di accettare le sue condizioni di base per la pace con Israele è sostanzialmente l’ammissione di un cambiamento di rotta (nonostante questo non venga dichiarato ufficialmente). Hamas sa che alla fine dovrà riconoscere la realtà di Israele”.
Marco Ansaldo, su La Repubblica, si occupa di Turchia, poiché il premier Erdogan, uscito vincente dalle elezioni amministrative, ha chiesto agli Usa l’estradizione di Fetullah Gulen, l’ex imam e predicatore in autoesilio in Pennsylvania, un tempo alleato del governo conservatore islamico e ora accusato di aver tentato un “golpe giudiziario”. E in vista delle presidenziali di agosto, Erdogan secondo Ansaldo, ha scelto la via della provocazione indicendo una preghiera islamica nell’ex basilica cristiana e oggi museo Santa Sofia.
Il Corriere mostra una foto sotto il titolo “Schröder e Putin, l’abbraccio che imbarazza la Germania”, dove si legge che “Gerard Schröder, ex Cancelliere tedesco, ha festeggiato a San Pietroburgo i suoi 70 anni. Invitato speciale: il presidente russo Vladimir Putin. I due sono amici di vecchia data ma l’abbraccio che vedete in queste foto ha sollevato un polverone in Germania. L’affetto di Schröder, che è anche presidente del consiglio di sorveglianza di Nord Stream (il consorzio che realizza il gasdotto russo-tedesco), è sembrato fuori luogo in queste settimane di dure trattative con il Cremlino sulla crisi ucraina”.
Da segnalare sul Corriere anche una intervista a Robert Kaplan, dedicata al viaggio in Asia di Obama: “Strategia giusta. Capacità imperiale per un’area cruciale”. Nell’intervista Kaplan dice anche, a proposito di Ucraina: Obama a Bruxelles ha “pronunciato un discorso debole”, e “credo sia stato un errore escludere esplicitamente un coinvolgimento militare Usa in Ucraina”. Obama ha ragione “nella sostanza”, ma “in una situazione come questa non vai a dire a un avversario aggressivo come Putin ‘Non ti preoccupare, non interverrò’”.
Ben due pagine del quotidiano milanese sono dedicate alla missione asiatica di Obama: “Le tre sfide del Pacifico e il dilemma Usa”, ovvero la Corea del nord, il Giappone e soprattutto la Cina.
La Stampa intervista l’ex presidente sudafricano De Klerk: “Oggi il Sudafrica discrimina i neri”, dice, sottolineando che oggi “sono favoriti in tutto”, “Attendo il giorno in cui il colore del Presidente non sarà più un elemento determinante”. Si dice convinto che Mandela oggi sarebbe “infastidito dal crescente tono razzista dell’African National Congress”.