La Repubblica: “Minacce e insulti, Grillo va in tv, duello con Renzi”.
A centro pagina: “Tasi a settembre per i ritardatari”.
In evidenza a centro pagina la foto del Pontefice, ieri per la prima volta all’assemblea dei vescovi italiani: “Papa Francesco sferza l’Italia: ‘Non cedete al catastrofismo’”.
Il Corriere della Sera: “Grillo all’attacco, show in tv Battaglia finale con Renzi”. E poi: “E davanti a Vespa abbassa i toni”. A centro pagina la Tasi, “rinvio per le città in ritardo”. L’editoriale, firmato da Franco Venturini, è dedicato alla situazione in Libia: “Milizie libiche miopia italiana”. Al centro: “Tasi, rinvio per le città in ritardo”. Sulle inchieste: “L’archivio di Scajola nella casa di uno 007”.
Il Sole 24 Ore: “Tasi, rinvio a settembre per i comuni in ritardo”. “I furbetti nei Comuni e la toppa necessaria”. In alto, sulle inchieste giudiziarie. “Paris interrogato dai Pm: ‘Ho pilotato gare d’appalto’”. A fondo pagina: “Libia alla resa dei conti, mai più ‘terra promessa’”.
Il Giornale: “Casa Renzi è un bordello”. Sotto, fotonitizia: “Il Nuovo Centro Affari di Alfano”. Editoriale di Marcello Zacchè: “Tra Matteo e i mercati la luna di miele è finita”. Al centro: “‘Caso Ruby, Bruti mentì pure al pm’”. Di spalla: “Perché denuncio Napolitano per tradimento”. Sotto: “Sulla ricostruzione del complotto il Colle fa acqua”. In basso: “Mostri in mostra”.
La Stampa: “Tasi, nei Comuni in ritardo la prima rata slitta a settembre”.
Sull’assemblea della Cei: “Il Papa ai vescovi: aiutate l’Italia a resistere al catastrofismo”.
A centro pagina la foto del poster compilato dai compagni di classe di Pietro Azzena, 12 anni, ucciso a Tempio Pausania: “Strage in Gallura, hanno torturato il bambino”.
Il Fatto: “Grillo attacca gli 80 euro da Vespa: ‘Voto di scambio’”.
A centro pagina: “Il Papa frusta la Cei: ‘Basta con bugie e invidie’. E i vescovi si dividono”.
Inchieste
La Repubblica: “Expo, Frigerio ammette: ‘Avevo l’ufficio nella sede di Forza Italia’”, “Paris interrogato per 5 ore: ‘Sì, manipolai le gare, ho sbagliato, volevo protezioni politiche e carriera’”.
La Stampa: “Paris, prime ammissioni: così sono caduto nella rete della cupola Expo”, “Nelle intercettazioni prima degli arresti ‘collegamenti romani’. E Greganti su Pisapia: ‘Debole, non c’è più la nostra etica’”.
Il quotidiano intervista Giovanni Avitabile, capo dell’ufficio ‘Tutela uscite mercati’ al Comando generale della Finanza: “Il finanziere anticorruzione: ‘Irregolari sette appalti su dieci. Pagano cittadini e lavoratori’”, “Spopolano cartelli preventivi e gare confezionate su misura: l’abbiamo verificato nelle Asl”.
Il Fatto: “Expo, Frigerio: ‘Possiamo arrivare fino a Gubitosi’”, “L’ex consigliere politico di Berlusconi spiega di ‘averne parlato a un suo amico che si trova all’Agcom, ovvero Antonio Martsciello”. Il quotidiano scrive che l’ex manager Expo Angelo Paris, ieri, durante un interrogatorio durato sei ore, avrebbe confermato l’impianto accusatorio (“Ho turbato le gare”), ma ha spiegato di averlo fatto per tutelarsi dalle pressioni dell’ex direttore generale di Infrastrutture lombarde. Il verbale è stato secretato.
Il Corriere parla invece di un “nuovo giallo”: “Claudio Scajola aveva affidato una parte del suo archivio a uno 007 del servizio segreto militare. Si tratta di centinaia di documenti portati via dal Viminale e custoditi nell’appartamento di un funzionario dell’Aise. Lo hanno scoperto alcuni mesi fa gli investigatori del Nucleo tributario della Guardia di Finanza. E adesso, dopo l’arresto ordinato dal giudice di Reggio Calabria, la circostanza si trasforma nell’ennesimo misterioso tassello della vicenda giudiziaria che riguarda proprio il ruolo avuto dall’ex ministro dell’Interno nel gruppo di persone accusate di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Pdl Amedeo Matacena, compresa la moglie di quest’ultimo Chiara Rizzo”.
Politica, Europa
Su La Repubblica: “Il piano ‘B’ del Cavaliere: se si scende sotto il 20% subito il potere a Marina”, “L’accelerazione nell’ipotesi di politiche anticipate. Il partito trema: ‘Scomparsi dalla campagna elettorale’”.
Tanto La Stampa che La Repubblica intervistano Alexis Tsipras, leader di Syriza e candidato alla presidenza della Commissione Ue. Su La Repubblica: “Pugni chiusi e toni soft, il tour in treno di Tsipras, ‘Renzo imita la destra’”, “Comizi tra studenti e vecchi militanti: ‘Grillo? Non basta urlare, servono alternative’”. Su La Stampa: “’Matteo non dà risposte di sinistra’”, “’La Merkel decide le sorti dei governi’”.
Aldo Grasso sul Corriere si sofferma sulla prova televisiva di Grillo, ieri da Vespa, e cita le sue parole: “La mia è una mossa politica, sono qui per combattere un pregiudizio…” E, si chiede Grasso: “Perché Grillo è andato da Vespa? Perché ha scherzato sulle accuse rivolte in passato al conduttore?”. Intanto per “rivolgermi a quella gente di una certa età che ha un pregiudizio su di me e per dirgli che non sono né un violento né un esagitato”, poi per “ribadire la sua leadership, come Casaleggio ha fatto andando ospite di Lucia Annunziata”, e infine: “Grillo cerca uno sfondamento a destra, cerca di prendere voti anche dai moderati che non hanno più fiducia in Berlusconi ma sono interessati a certi temi su cui l’ex comico ha molto insistito. Come l’Expo”. Grasso si chiede se si sia avuta una “vespizzazione di Grillo o la grillizzazione di Vespa? Mai e poi mai avremmo creduto di vedere Grillo nel salotto di Vespa ma la politica, com’è noto, è l’arte dell’impossibile”. In ogni caso Grillo è abile nel “cavalcare tutti i mal di pancia del Paese (per questo ha molto seguito), senza però mai indicare una soluzione che non sia l’avventura. Succeda quel che succeda, ‘non mi interessa’”.
Sul Sole Stefano Folli si rivolge a Matteo Renzi chiedendo al premier un “colpo d’ala”, perché – a pochi giorni dal voto – sembra che i protagonisti abbiano “il fiato corto”, e lo stesso premier – forse per timore dell’impopolarità, e cuipure “non fa difetto la spavalderia, evita con cura di toccare il tema Europa”.
Su La Repubblica il candidato dei socialisti e democratici alla presidenza della Commissione Ue, Martin Shulz, risponde con una lettera all’editoriale del fondatore Eugenio Scalfari: “Una speranza per l’Unione”. Negli ultimi cinque anni -scrive- l’Europa è stata nelle mani di una maggioranza conservatrice al Parlamento e al Consiglio dei ministri, domenica c’è la possibilità di “democratizzare e cambiare la direzione del nostro progetto comune”. “Non la sorprenderà -scrive ancora- che condivida la sua opinione sul fatto che il Partito Democratico sia la migliore opinione per gli italiani”. Anche perché “le altre opzioni sono desolanti”: Forza Italia “ha promosso una campagna anti-tedesca, pur sedendo comodamente nella stessa famiglia europea di Angela Merkel e sostenendo il candidato comune della cancelliera, Jean-Claude Junker. Berlusconi l’ha nascosto, anzi, ancor peggio, l’ha accusato di essere fra i responsabili della sua caduta nel 2011”. Il M5s “non solo sarà assolutamente isolato a Strasburgo, ma avanza proposte schizofreniche mettendo nello stesso programma un referendum per uscire dall’euro e la creazione di eurobond”.
Internazionale
Su La Stampa, attenzione per la Libia, dove “le forze speciali passano con i golpisti. Tripoli: c’è dietro l’Egitto”, “Il governo filo-islamico accusa: Al Sisi vuole una spartizione”.
Su La Repubblica Vincenzo Nigro descrive “il personaggio” Khalifa Haftar: “ex compagno di golpe di Gheddafi e poi esule negli Usa, ha lanciato un’operazione militare da Bengasi a Tripoli e ‘congelato’ il Parlamento. E intanto sono passate con lui due basi aeree sotto il controllo delle Forze speciali”. Il titolo: “Il generale e gli islamisti, l’ultima guerra di Libia”. Dove si legge che “lo appoggia l’Egitto, che ha messo fuori legge i Fratelli musulmani”.
Sul Corriere Franco Venturini scrive che “oggi, nel caos libico che è tornato ad infiammarsi, non è per nulla retorico domandarsi quante milizie abbia il generale Khalifa Haftar. In Libia è facile conquistare la ribalta del grilletto, non esiste il monopolio della forza perché non esiste lo Stato. Ma poi, fatalmente, giunge il momento di fare la conta: chi appoggia Haftar, quanti uomini ha, e quali mezzi?”. Anche Venturini ricorda che Haftar è stato a lungo negli Usa, e dell’appoggio egiziano nella lotta agli islamisti. “Ma gli ostacoli restano formidabili. L’Algeria ha fatto sapere che interverrà qualora forze egiziane superassero il confine. Il sud della Libia è popolato da guerriglieri qaedisti che combattono nel Sahel. Alcune autorità di Tripoli hanno chiesto proprio agli islamisti di difendere la capitale. E un fantomatico governo ha sospeso il primo ministro appena designato e sciolto il Parlamento. Davanti a un simile rompicapo Haftar avrà i mezzi per prevalere, oppure sarà guerra civile su larga scala?”. Quanto all’Italia, “sebbene l’Eni sia riuscita finora a limitare i danni, non è difficile prevedere che gas e petrolio diretti in Italia ne soffrirebbero ulteriormente. È ora che il governo italiano, mentre sollecita la solidarietà europea in tema di immigrazione, chieda anche la definizione di una strategia nei confronti della Libia”.
Alle pagine R2 de La Repubblica i lettori troveranno un’intervista al filosofo israeliano Avishai Margalit, tra i partecipanti agli Istanbul Seminars promossi dall’associazione Reset-Dialogues on civilizations, giunti quest’anno alla settima edizione. Il titolo dell’intervista di Giulio Azzolini: “La dura sfida del pluralismo non buonista”. Spiega Margalit che spesso si usa la parola pluralismo in modo “sdolcinato”, come se si trattasse di una “convivenza tranquilla”: ma pluralismo non è sinonimo di tolleranza, perché “l’attitudine pluralista” non richiede solo di “accettare culture diverse dalla propria, ma anche di riconoscere loro un valore intrinseco. Inoltre -aggiunge- il pluralismo implica il sostegno pubblico delle minoranze e dei corpi intermedi”.
Su La Stampa Roberto Toscano prende spunto dalla tragedia delle miniere di Soma per analizzare l’atteggiamento del premier Erdogan, “decisionista in crisi”. Il suo primo commento -scrive Toscano- è consistito nell’affermazione, di un inaccettabile se non cinico fatalismo, che gli incidenti sul lavoro, soprattutto nelle minierei, sono un fatto della vita cui bisogna realisticamente rassegnarsi. Poi, recatosi sul luogo della tragedia, ha reagito ad una manifestazione di protesta nei suoi confronti in modo insensibile e arrogante. Come era già avvenuto in occasione delle proteste di Gezy Park, Erdogan “tende a rivelare un inquietante profilo di autoritarismo. Ma il principale partito di opposizione, il Chp, un partito progressista laico, non sembra in grado di offrire una credibile alternativa: “l’occasione, nelle attuali condizioni del Paese, per passare dalle nostalgie kemaliste ad una moderna proposta progressista non dovrebbe mancare, così come non dovrebbe essere impossibile far passare finalmente la distinzione tra laicità e ateismo”, scrive Toscano. Perché non si tratta di religione e nemmeno di ideologia: i manifestanti che hanno fischiato Erdogan a Soma erano persone umili, religiose, tradizionaliste, le donne dei minatori erano tutte velate. Erdogan “è populista, ma non popolare -come è vero per Putin in Russia e per Modi, oggi, nel Gujarat e domani in tutta l’India- il suo è notoriamente un ‘crony capitalism’, il capitalismo non della libera concorrenza e del mercato, ma quello dei favori agli amici e ai sostenitori politici, il tutto combinato con una stretta crescente nei confronti della libertà di stampa”.
La Repubblica si occupa di Ucraina offrendo ai lettori un intervento pubblicato sul New York Times dell’ex primo ministro Yulia Tymoshenko, uno dei candidati alle presidenziali che si terranno il 25 maggio prossimo: “’L’Ucraina eleggerà il presidente, il nostro voto fa paura al Cremlino’”.
L’inviato a New York de La Stampa, Paolo Mastrolilli, firma un retroscena: “Putin a Shangai per siglare l’accordo del secolo sul gas”, “Mosca cerca sbocchi a Est e aggira le sanzioni”.