La piazza grande della destra

Il Corriere della sera: “A Bologna la piazza del centrodestra. ‘Uniti per farcela’. Salvini: noi il nuovo, nessun ritorno al passato”. Il commento è affidato ad Antonio Polito: “Silvio, Matteo e le reciproche convenienze”.

In alto anche: “Sala apre alla candidatura”. Ha confermato la sua disponibilità ieri da Fazio in tv.

A centro pagina: “Il Papa e la condanna dei corvi. ‘Rubare è reato, vado avanti’. Francesco rompe il silenzio sull’indagine”.

A fondo pagina: “’Ha ucciso mamma? Voglio stare con lui’”. “La figlia sedicenne accusata dell’omicidio di Ancona. Storia di un’ossessione”.

In grande evidenza anche l’esito del Gran Premio di motociclismo: “Valentino, un lunedì da leoni contro la truffa degli spagnoli”.

La Repubblica: “Salvini a Berlusconi: il capo sono io. Il piano del Pd per Roma e Milano”, “Lega in piazza a Bologna con FI e Meloni, fischi all’ex Cavaliere. Scontri tra antagonisti e polizia”.

“La marcia forzata del lega-forzisti” è il titolo del commento di Ilvo Diamanti; più in basso, l’analisi di Piero Ignazi (“La destra incattivita senza più moderati”). Per quel che riguarda la sinistra, da segnalare “il retroscena” di Claudio Tito (“Zingaretti e gli altri, le scelte di Renzi”) e “l’inchiesta” di Concita De Gregorio (“I dem perduti della Capitale”).

A centro pagina, foto dal Moto GP: “La rimonta e il complotto: furia Valentino”, “Arriva quarto ma non basta: ‘Marquez ha favortio il traguardo di Lorenzo’”.

A fondo pagina: “Dal Vaticano ai petrolieri Usa, la rete che trama contro Francesco”, di Marco Ansaldo.

E il reportage dalla Birmania di Raimondo Bultrini: “Il sogno birmano di San Suu Kyi: ho il 51 per cento, sarò premier”.

Sulla colonna a destra: “I segreti del Califfo nascosti nel Sinai”, “L’attacco all’aereo russo il nuovo fronte dell’Is: cosa cambia nella Jihad?”. Di Jason Burke.

Sotto la testata, con richiamo all’inserto R2: “Addio Gallino, sociologo del lavoro, il riformista che criticò il mercato”.

La Stampa: “Centrodestra, il timone da Berlusconi a Salvini, ‘Arriveremo al 405’”, “A Bologna cortei e tafferugli: arresti e feriti”, “Carroccio, Forza Italia e Fdi in piazza in una città blindata. Anche fischi all’ex premier”.

E su Milano: “Milano, sì di Sala, ‘Disponibile a candidarmi’”, “Il commissario Expo: ‘Ma è ancora presto per dire che si farà’. Torino, Appendino in campo per i 5 Stelle”.

A centro pagina, sull’aereo russo caduto in Egitto: “Regista dell’attentato è un imam egiziano”.

E un commento di Mark Franchetti: “La tragedia renderà Putin più forte”.

In prima anche qui una foto di Valenti Rossi: “Rabbia Valentino: ‘E’ un biscottone’”.

Sulla colonna a destra un commento di Mario Deaglio: “Dall’America briciole di ossigeno”.

E un appello di Malala Yousafzai e Jim Yong Kim: “Una speranza alle bambine del mondo”.

Il Fatto: “Salvini a Bologna, botte e flop”, “Cosa nera”, “Fischiato in piazza l’ospite Berlusconi. Meloni: ‘Polo anti-premier’”.

Più in basso: “Addio a Gallino, il sociologo che difese il lavoro”. Con il ricordo di Curzio Maltese.

A centro pagina, la storia di copertina: “Canone Rai, cosa non si fa per te”, “Il governo ha annunciato che con il pagamento in bolletta ricaverà 2 miliardi. Ma non è chiaro come: il numero degli evasori è sconosciuto e per non pagare basterà un’autocertificazione”.

In prima anche l’intervista a Marisa Rodano: “Povera sinistra, divisa e in mano a Matteo Craxi”.

A fondo pagina, Vatileaks: “Francesco, chi sono i tuoi nemici?”, Bergoglio sa chi sta tramando: adesso serve trasparenza” (di Carlo Tecce).

Libero: “Ingroia confessa e promette. Svelo le telefonate di Napolitano. L’ex pm ammette: sulla trattativa Stato mafia sono stato sconfitto ma scriverò un romanzo per divulgare le intercettazioni dell’ex presidente. Mai stato comunista. Le procure? Un muro di gomma, parola d’avvocato”.

A centro pagina, con foto: “Bentornato centrodestra. E ora la lista unica”. “Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia uniti a Bologna”. Altri articoli: “Salvini fa le prove da leader ma ha due nodi da sciogliere”. “Parte la campagna del Cav per riprendersi i moderati”. “Meloni pensa al voto e prenota un bis a San Giovanni”.

Il Giornale: “Centrodestra in piazza”. “Non moriremo renziani”. “Centomila persone nel cuore rosso di Bologna alla manifestazione di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia”. “Il Cavaliere: uniti vinceremo le prossime elezioni. Salvini: Renzi a casa”.

A centro pagina: “Il Papa: rubare carte è reato”. “Bergoglio denuncia la sottrazione di documenti: ma io vado avanti”.

Piazza Maggiore

La Stampa, pagina 2: “Salvini si mette l’abito di governo, ‘Sappiamo dire anche molti sì’”, “Il segretario in camicia bianca sul palco di Bologna alterna slogan di lotta contro Renzi e Alfano ai toni più pacati: la ruspa abbatte, ma poi ricostruisce”.

La Repubblica, pagina 2: “La piazza fischia Silvio e incorona Salvini, ‘Non torniamo al ’94, il nuovo è a guida Lega’”, “Berlusconi cerca l’applauso: ‘Uniti vinciamo col 40%’. Ma la folla urla ‘Matteo, Matteo’. Scontri polizia-centri sociali, sei feriti. Sabotata la ferrovia”. Michele Smargiassi racconta il comizio di Bologna e scrive che i partecipanti ascoltavano spazientiti, insofferenti e annoiati le parole di Berlusconi, che ha provato tre, quattro volte, ad accendere la piazza con la sua celebre lista di domande retoriche che non lo ha mai tradito. Ma il pubblico aspettava “il leader. Il vero leader della destra. E non è lui. E’ Matteo Salvini”.

Su La Stampa, a pagina 3, l’inviato a Bologna Amedeo La Mattina: “Berlusconi re senza corona. E dalla piazza partono i fischi”, “L’ex premier detronizzato non riesce più a conquistare il pubblico. ‘Senza di me questa sarebbe solo destra, noi decisivi per vincere’”. Il cavaliere di nero vestito -scrive La Mattina- continua a fare le domande retoriche di sempre del tipo ‘volete cancellare…’ questa o quella tassa”, ma tutti vogliono sentire Matteo. Il leader della Lega “sente il brontolio dei suoi fans, i fischi che salgono dal fondo di Piazza Maggiore, percepisce la stanchezza del suo popolo, si avvicina al podio, appoggia una mano sul leggio, il Cavaliere di ce ‘Matteo mi fa capire che devo chiudere’. Ma va avanti come se nulla fosse per altri dieci minuti buoni per finire un discorso sentito molte volte negli ultimi 20 anni”. Poi si riferiscono alcune delle frasi pronunciate da Berlusconi: a proposito di Renzi (un signore che non è mai stato eletto, che a Palazzo Chigi “si regge su una maggioranza risicata, frutto di imbrogli, con un gruppo di traditori come stampella della sinistra”) dell’unità ritrovata del centrodestra (“noi cresciamo e con questa ritrovata unità saremo ancora più forti. Vinceremo le prossime elezioni politiche perché con Matteo, Giorgia e Silvio non ce ne sarà per nessuno. Raggiungeremo il 40% e ci prenderemo il premio di maggioranza”).

Il Fatto, pagina 3: “A Bologna c’è la Cosa nera di Salvini e B. (fischiato)”, “Giorgia Meloni esulta: ‘Polo anti-Renzi’. Scontri fra forze dell’ordine e centri sociali”. Berlusconi, “nel ruolo di comparsa e spalla minore, è stato anche fischiato, tanto che Salvini si è avvicinato per fargli chiudere l’intervento”, scrive Davide Vecchi da Bologna.

Su La Stampa Giovanni Orsina sottolinea che Salvini è al momento l’unico leader di statura nazionale che stia al passo dei tempi “nella vasta area elettorale politica che si stende alla destra di Renzi”, mentre Berlusconi mostra di essere rimasto “legato agli schemi, in larga parte superati, del 1994” e gli altri leader “generati dalla ‘diaspora’ berlusconiana non si sono finora dimostrati in grado di acquistare un vero spessore nazionale”.

Su La Repubblica l’analisi di di Piro Ignazi: “Chi si illudeva che ci fosse ancora una destra ‘moderata’ in Italia, ieri si è dovuto ricredere”, sul palco di Bologna “è avvenuto il passaggio di consegne tra Berlusconi e Salvini”, “l’identità berlusconiana non esiste più da tempo” e “l’uscita di scena del leader di Forza Italia non è dovuta alla sua condanna giudiziaria. E’ che si è rarefatta l abase sociale su cui innestare narrazioni miracolistiche”, Berlusconi “spandeva ottimismo a piene mani”, ma ora tutto questo non ha più senso, “è il tempo della risposta dura e della faccia feroce: è il tempo della ruspa. Salvini e la Lega risorta mettono la sordina alla identità localista, relegata ormai a folclore, e puntano tutto sulla protesta del popolo onesto e lavoratore, maltrattato da una classe politica arrogante”.

Su La Repubbblica a pagina 4 “le mappe” di Ilvio Diamanti e i dati del sondaggio di Demos&Pi: “Il forzaleghismo al test ballottaggio, la sfida ai democratici in 4 punti”, “Nello scenario Demos la ‘finalissima’ Renzi-salvini ha un esito netto a favore del centrosinistra. Ma con l’asse Lega-Forza Italia la partita è sul filo. Perché in quel caso si muoverebbero un quarto degli astenuti al primo turno”. In caso di ballottaggio – si legge- la Lega non sembra avere possibilità di successo e risulta distanziata di quasi 20 punti dal Pd di Renzi, ovvero il PdR. Ma lo scenario cambierebbe se Salvini e Berlusconi si presentassero uniti (è il “Lega-forzismo” di cui parlava Edmondo Berselli): diventerebbero più competitivi, il PdR sarebbe ancora avanti, ma di poco (52% a 48%).

Il Giornale: “Berlusconi dà la carica: ‘Con Giorgia e Matteo vinceremo le elezioni’. Il leader di Forza Italia conquista la piazza, esalta la rinnovata compattezza del centrodestra e lancia la sfida a Renzi e a ‘traditori e abusivi’”. Si cita il leader azzurro che dice “ho fatto proprio bene a venire, sono soddisfatto”.

Un altro articolo: “Cade il timore del PPE: ‘Se no vince Grillo’. Il Cavaliere rassicura Daul: ‘Nessuna deriva estremista, non abbiamo cambiato pelle’. E Forza Italia si ricompatta”. Il quotidiano parla di una lunga telefonata del Cavaliere con il presidente del Ppe per spiegargli che il suo partito deve siglare una alleanza con la Lega di Salvini per evitare il rischio di un ballottaggio tra Renzi e il M5S.

L’editoriale è firmato da Alessandro Sallusti. Scrive il direttore de Il Giornale che Berlusconi “ha avuto un coraggio da leone a decidere di ridiscendere in campo giocando in trasferta, sul terreno leghista che è amico ma non suo”. Il significato “politico ed elettorale” della piazza di ieri è che “c’è un centrodestra che non vuole il servo sciocco a Renzi né elemosinare ruoli dentro un improbabile partito della Nazione”. “I numeri per tornare vincenti sulla carta ci sono e, da ieri, c’è pure il presupposto per provarci davvero”.

Sul Corriere una intervista a Umberto Bossi: “Bossi: da Silvio scelta strategica. Lui non va sottovalutato”. Dove Bossi dice: “Non mi sembra che Berlusconi sia così rincoglionito come dicono i giornali”. Berlusconi “ha capito benissimo che se non fosse venuto avrebbe lasciato a Salvini il ruolo di unico oppositore a Renzi”.

Sul Corriere Antonio Polito scrive che quella di Berlusconi non è una “resa alla supremazia leghista sul centrodestra” ma “piuttosto un accomodamento, una presa d’atto della realtà”. Salvini “non sarebbe d’altra parte il primo Matteo che Berlusconi tenta di usare come la piscina di Cocoon”. Il titolo è “Le reciproche convenienze del patto di piazza Maggiore”.

Libero intervista Maurizio Gasparri: “Basta però essere ospite degli altri, Forza Italia deve svegliarsi”. Gasparri dice che pensa a “tre grandi manifestazioni” che Forza Italia dovrebbe organizzare a Milano, Roma, Napoli.

Sullo stesso quotidiano: “La Meloni pensa a Roma: ‘Facciamo il bis in piazza San Giovanni’”.

Pd, Sala, sinistra

Su La Stampa: “Sindaci, per Renzi lo spettro sono i ballottaggi con i grillini”, “Bologna, Roma e Torino molto pericolose. Il secondo turno tradizionalmente più favorevole può trasformarsi in un boomerang”. Carlo Bertini riferisce le parole di Massimo Bugani, candidato M5S a Bologna: “Io credo al ballottaggio e, come dimostrano i casi di Parma e, più di recente a Livorno, quando poi andiamo al secondo turno può succedere di tutto”. Lo scenario -si legge- potrebbe riproporsi anche a Roma, Milano e Torino. In quest’ultimo caso il Pd dovrebbe presentare di nuovo Piero Fassino: che però dovrà fronteggiare un campo accidentato, visto che Sel e il neo-partito “Sinistra Italiana” appoggeranno Giorgio Airaudo. La nuova formazione punta così se non alla sconfitta generalizzata del Pd, “quantomeno a dimostrarsi determinante”, come è già accaduto in Liguria.

Sulla stessa pagina, intervista al presidente Pd e commissario del partito a Roma, Matteo Orfini: “La nuova sinistra? Salottieri e votati a essere minoritari”, “La patente di sinistra devono darla Settis, Zagrebelsky e Rodotà? Sono i professionisti del ditino alzato”, “Con la sinistra governiamo tante città, vogliono rompere soltanto per logiche nazionali”.

Su La Repubblica: “Il puzzle di Renzi per le città. ‘Ma il governo non rischia’. Zingaretti in pole a Roma, a Bologna idea Gualmini”. L’articolo di Claudio Tito inizia citando una frase che Renzi avrebbe pronunciato: “Io mi gioco tutto al referendum. Se lo perdo, vado a casa. Questo discorso non vale invece per le amministrative. So che è una partita in salita, ma non possiamo uscire sconfitti in tutte le città”. In primavera -scrive Tito- è chiamata al voto “la spina dorsale” municipale d’Italia, con le cinque principali città e l’incubo dei ballottaggi con il M5S. La Capitale rappresenta per il Pd la questione più intricata: è stata scartata l’idea lanciata dal ministro Lorenzin di un candidatura di Alfio Marchini sostenuta anche dal centrodestra (“Marchini non sarà mai il candidato del Pd”, pare abbiano detto a Palazzo Chigi). Niente esterni (né Cantone, né Sabella), pare l’orientamento attuale: i riflettori pare stiano ora puntando sul presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Per quel che riguarda Bologna, il nome che viene fatto è quello della politologa Elisabetta Gualmini, che ha anche una certa esperienza amministrativa e che è vicepresidente della Regione Emilia Romagna e assessore alle politiche sociali.

A pagina 9, l’inchiesta di Concita De Gregorio: “Le anime perse del Pd romano, ‘Ora rischiamo di essere azerati’”, “Il dopo Marino. Circoli spesso chiusi, militanti sconcertati per la cacciata del sindaco, Orfini assediato su Fb:’Fateci parlare’. E l’accusa di una ex assessora:’I capibastone ancora tutti lì, vivi e vegeti’”.

Su La Stampa: “Milano, Sala dice sì ma resta il nodo primarie”, “’Io disponibile a candidarmi’. Majorino: era l’uomo della Moratti”. L’ad di Expo, scrive Fabio Poletti, ha quindi sciolto la riserva in qualche modo, ma resta il nodo primarie e sala a Sel non è mai piaciuto. Né farà passi indietro Pierfrancesco Majorino, del Pd, assessore della giunta Pisapia. Se Sala è in qualche modo il candidato del Partito della Nazione di Renzi, Majorin potrebbe rappresentare il resto del mondo: dice che “il tema non è Renzi. Ma dare continuità all’esperienza per certi versi anomala di centrosinistra con Giuliano Pisapia. Io corro per vincere”.

Sul Corriere si legge che “la destra si ricompatta, la sinistra si divide”. Si evidenziano le parole di Stefano Fassina, che nel fondare la sua “sinistra italiana” ribadisce che si tratta di una formazione “alternativa al Partito Democratico”, e quelle del presidente della Toscana Rossi e chiede alla sinistra di “lottare unita”

Il Fatto intervista Marisa Rodano: “La sinistra è brava a dividersi. E Renzi mi ricorda molto Craxi”, “Prendete la ‘Grande Riforma’ dell’ex leader socialista e scoprirete quante somiglianze”. Le critiche della Rodano colpiscono anche Veltroni, per via della svolta del Lingotto nel 2007 (“Non si può buttare via tutto, non si può rifiutare il proprio passato”; poi parla del partito “liquido” cui puntava l’allora segretario e sulla liquidazione delle sezioni mentre invece era “un tessuto fondamentale”; e, per venire all’oggi, “la politica italiana è diventata di persone, e ognuno la fa in proprio, come singolo”).

Sul Messaggero un ampio articolo dà conto di quanto pubblicava ieri L’Unità: un sondaggio di Swg in cui si chiedeva anche se i concetti di destra e sinistra fossero superati: “la maggioranza degli italiani”, il 55 per cento, “considera le vecchie categorie di destra e sinistra, centrodestra e centrosinistra ormai superate”, mentre “solo il 30 per cento è ancora legato al passato e alla tradizione”. Il titolo dell’articolo: “Quel sondaggio dei renziani. ‘Destra e sinistra superate’”.

Sul Corriere una intervista a Giorgio La Malfa, che era presente sabato alla assemblea di “sinistra italiana” al teatro Quirino di Roma. “La Malfa: darò una mano, sull’economia sono con loro”. “La legge di Stabilità non dà alcun sostegno alla ripresa né alla riduzione della disoccupazione. Io penso che si debba tornare alla lezione di Keynes”.

Sul Corriere una intervista a Pierferdinando Casini: “E’ la fine di venti anni di alleanze con i moderati. Ora con Renzi senza vergogna”. “C’è un’area più ampia che si riconosce nell’opera di Renzi ma che non appartiene al Pd”. Renzi “sta facendo con il Pd quello che Blair fece con i laburisti inglesi ma il partito della Nazione dobbiamo farlo noi”, “i moderati che sostengono il governo”.

M5S

Su La Stampa un “colloquio” con Chiara Appendino, scelta dal M5S per la sfida alle comunali di Torino: “Appendino, la Giovanna D’Arco M5S che a Torino preoccupa Fassino”, “Fresca, borghese, bocconiana: ‘Vogliamo governare davvero’”.

Su Il Fatto a pagina 2 le candidature individuate dal M5S per le città di Torino e Milano. Su Torino: “Il M5S segue la profezia di Fassino: via libera alla manager Appendino”, Partorirà a gennaio”, “Voto unanime su di lei”. Fassino l’aveva definita la Giovanna D’Arco della pubblica morale: glielo aveva detto in pieno consiglio comunale, “un giorno lei siederà su questa sedia e vediamo se sarà capace di fare tutto quello che oggi ha auspicato di saper fare”. Ora Chiara Appendino, 31 anni, laurea alla Bocconi ed esperta di controllo e gestione, raccoglie la sfida.

Su Milano: “Vince a sorpresa Bedori, l’unica donna su 8 in corsa: ‘Ora coinvolgerò tutti’”, E’ un’attivista storica, 52 anni, disoccupata con un diploma in comunicazioni visive.

Su La Repubblica: “M5S, per Milano e Torino 2 donne”, “Pochi votanti alle consultazioni nella città di Pisapia, neanche Casaleggio va al seggio”.

Papa

Sul Corriere Gian Guido Vecchi: “Il Papa e la condanna dei corvi. ‘Rubare è reato, vado avanti’. Francesco rompe il silenzio sull’indagine”. In evidenza anche il brano dal Vangelo citato ieri sugli “scribi che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere i saluti delle piazze”, “avere i primi seggi nelle sinagoghe” che “riceveranno una condanna più grave”. Con il suo messaggio di ieri il Papa, si spiega, “confuta un possibile effetto del ‘nuovo’ Vatileaks” ovvero “l’idea che non sia cambiato nulla rispetto allo scandalo del 2012”.

Su Il Giornale Renato Farina: “Altroché sconfortato dagli scandali. Il Pontefice sapeva tutto delle carte rubate. E non cerca aiuti. ‘Siete con me, andrò avanti a cambiare la Chiesa’”. Anche Farina sottolinea che il Papa “non ha usato l’espressione ‘peccato’ ma ‘reato’”, che ha detto “atto deplorevole” e “fatto triste”, non “persone cattive” o “gente malvagia”. “Insomma, fa capire di esser stato costretto a sbattere in galera i presunti autori del furto”, perché è anche “un capo di Stato che non può sorvolare su nessun reato” ma anche per gli autori fa valere il suo “chi sono io per giudicare”, mentre è “durissimo con chi forse non commette reati ma ‘pratica uno stile di vita da pavone’”.

Per tornare al Corriere è ancora Gian Guido Vecchi a soffermarsi su “quella parola cambiata rispetto alla bozza”. Non c’era la parola “rubare” ma “far uscire”.

Sul Messaggero una intervista ad Andrea Riccardi: “Francesco ha spiazzato tutti. Non tace i veleni, anzi li sfida”. “Riccardi: con questo discorso si dà il via alla riforma”.

Economia

Sul Corriere Francesco Giavazzi scrive alcune proposte per “consolidare la ripresa della nostra economia”. Aggiunge che se “il Jobs act è la più importante riforma economica attuata in Italia da cinquant’anni a questa parte” e se si sta andando nella direzione giusta sul fronte della riduzione della pressione fiscale, “dove invece l’azione del governo rimane gravemente insufficiente è nel creare le condizioni per la nascita di nuove imprese” perché “barriere all’entrata proteggono imprese anziane, spesso inefficienti, impedendo l’ingresso di imprenditori nuovi e di nuove tecnologie”. Per migliorare questo punto, ricorda l’economista, “il Consiglio dei ministri aveva esaminato un Disegno di legge sulla Concorrenza predisposto dal ministero per lo Sviluppo economico” che era un “ottimo testo” in fatto di rimozione di “barriere all’entrata”, dalle farmacie agli Ncc ai porti. Ma il ddl è poi stato “svuotato” e depositato in Parlamento senza ch enessuno se ne occupasse più. “È davvero sorprendente che un governo che non ha esitato a schierarsi contro i sindacati per far approvare il Jobs act non abbia il coraggio di opporsi alla lobby dei farmacisti e dei presidenti delle autorità portuali. Sembra quasi che Renzi faccia fatica a capire l’importanza di mercati aperti che consentano l’ingresso di nuove imprese”.

Luciano Gallino

Su La Stampa a pagina 31è Massimiliano Panarari a ricordare Luciano Gallino, scomparso ieri a 88 anni: “Luciano Gallino, il lavoro prima di tutto”, “Tra i padri della sociologia in Italia, ha insegnato a lungo all’Università di Torino dopo essersi formato a Ivrea con Adriano Olivetti. E Gianni Vattimo scrive che “fino all’ultimo” è stato “un intellettuale di fabbrica”: “la battaglia contro il neoliberismo oggi predominante, dalla parte dell’economia reale”.

Due intere pagine su La Repubblica (44 e 45). Sono firmate da Paolo Griseri (“Luciano Gallino. Il riformista rigoroso che ci ha raccontato le metamorfosi d’Italia”, “Il suo mite radicalismo d’indagine aveva finito per farlo passare, negli ultimi anni, come un intellettuale no global, mentre era semplicemente il coerente sostenitore di un riformismo rigoroso e non cortigiano”) e da Guido Crainz (“Un intellettuale raro che alla pura analisi univa sempre l’empatia per ‘i vinti’”).

Su Il Fatto lo ricorda Curzio Maltese: “Gallino, nel suo pensiero la Resistenza della sinistra”, “per primo ha colto le storture del nuovo capitalismo globalizzato e della bizzarra costruzione dell’Unione europea”. E si ricorda “l’apprendistato sociologico da Olivetti”.

Aereo russo

Su La Stampa: “Un egiziano dietro la strage nel Sinai”, “E’ di Abu Osama al-Masri la voce intercettata dagli 007 mentre parla con l’Isis in Siria. Guida il gruppo jihadista locale che ha giurato fedeltà ad al Baghdadi nel 2014.

Su La Repubblica: “Il leader della rivolta del Sinai dietro alla strage dei turisti. ‘E’ stata una bomba al 90%’”, “La voce di Al Masri, che guida i ribelli salafiti, nell’audio di una rivendicazione. I servizi americani e inglesi sono certi che si sia trattato di un attentato”. E di fianco un’analisi di Jason Burke: “Quel patto di sangue tra terroristi che allarga la rete di Al Baghdadi”, “Da tempo il capo dell’Is ha scelto di espandersi stringendo accordi con le fazioni estremiste già attive in luoghi chiave: il caso dell’aereo russo dimostra che questa strategia può portare risultati eclatanti. Presto potrebbe essere replicata con successo altrove”.

Su La Stampa anche un’analisi di Mark Franchetti da Mosca: “La tragedia dell’Airbus renderà Putin più forte”, “La nazione attaccata dai jihadisti si stringerà intorno al suo leader. L’opposizione verrà messa a tacere e l’impegno in Siria aumenterà”.

Birmania

Su L’Unità: “La sfida di Aung, diario da Rangoon”, firmato da Goffredo Bettini, che si trova nel Paese con un gruppo di osservatori del Parlamento europeo. Al premio Nobel, scrive Bettini, “non basta vincere: conta la misura del successo per ridimensionare il potere quasi assoluto dell’esercito”. Si ricordano le regole del voto (il 25 per cento dei seggi spetta di diritto ai militari, la Costituzione può essere cambiata solo con il 75 per cento più uno dei voti, la stessa Costituzione esclude Aung San Su Kyi di essere eletta presidente in quanto sposata con uno straniero). E si aggiunge che “nonostante i difetti” questa è “la migliore condizione elettorale e democratica che abbiano conosciuto i birmani” dal 1962.

Da segnalare sul Corriere una intervista a Emma Bonino, che ha conosciuto Aung San Suu Kyi da commissario europeo, nell’estate del 1996, quando la Birmania era “devastata dall’Aids” e la leader era agli arresti domiciliari. “Lei non è mai cambiata, una donna di pace dalla ferrea disciplina”. “Non ha mai creduto nelle rivoluzioni, piuttosto nelle transizioni pacifiche per quanto lunghe”.

E poi

Sul Corriere Sergio Rizzo torna a raccontare la vicenda per cui – sulla base di una legge del 1998 che “stabiliva l’estensione della garanzia dello Stato già vigente sui debiti degli organi di partito ai debiti del partito che si faceva carico dell’esposizione del proprio giornale con le banche” – oggi “le banche creditrici” dei Ds, “non avendo più neppure un mattone da pignorare, hanno preteso di escutere la garanzia dello Stato sui debiti residui: 125 milioni. Il giudice non ha potuto che dar loro ragione e lo Stato ha dovuto adesso sborsare 107 milioni”.

Sul Sole 24 ore una intervista al ministro degli esteri Paolo Gentiloni: “’Tagli vincolanti sui gas serra’. Le proposte italiane al vertice sul clima. Più spazio alle rinnovabili”. L’intervista è in vista del vertice Cop 21 che si terrà a Parigi.

Il Corriere dedica ampio spazio ad un reportage di Viviana Mazza da Dohuk, nel Kurdistan iracheno: “’Noi, schiavi kamikaze’. Tra i bambini fuggiti dall’accademia dell’Isis. Liberi per 30 mila Sdollari grazie a una rete di salvataggio”. Il racconto di uno dei bambini, dieci anni: “Gli uomini dell’Isis mi picchiavano con i cavi della luce. Dappertutto: sulla schiena, le mani, le gambe. Ci picchiavano durante l’addestramento e quando non imparavamo bene il Corano, ma anche senza motivo. Dicevano che ci avrebbero mandato a uccidere i miscredenti, gli yazidi e il Pkk. Ci dicevano: diventerete dei kamikaze”.

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