Il Corriere della sera: “Banche, lo schiaffo dell’Europa”. “Il commissario Hill: venduti prodotti inadatti. Cliente morto, inchiesta per istigazione al suicidio”. “Renzi: commissione di indagine, impossibile salvare tutti. Boschi: mio padre perbene, dal governo nessun favoritismo”.
In evidenza anche il parere di Salvatore Rossi, di Bankitalia: “Bruxelles non neghi le sue responsabilità”. Anche l’editoriale è dedicato a questa vicenda: “L’ipocrisia dei moduli”, di Sergio Rizzo.
A centro pagina: “Penati assolto dopo 4 anni. ‘L’ingiustizia ora è finita’. Tangenti, cade l’accusa per l’ex braccio destro di Bersani”.
Da segnalare anche un intervento di Sabino Cassese, di spalla: “Le pensioni dei magistrati e le leggi da non beffare”.
A fondo pagina il quotidiano continua ad offrire approfondimenti sul tema “migranti e integrazione”.
La Repubblica: “Ue, accuse a governo e Bankitalia: ‘Ai risparmiatori bond invendibili’”, “Renzi: commissione d’inchiesta e un fondo per i truffati. La Boschi: mai favorito mio padre”.
Con un’analisi di Massimo Riva: “Dove comincia la negligenza”. E un articolo di Alberto Statera dedicato a Banca Etruria: “Tra panfili e sultani il pozzo nero dell’Etruria”.
A centro pagina: “Sistema Sesto, assolto Penati, ‘Un’ingiustizia durata 4 anni’”, “Il processo all’ex presidente Pd della Provincia di Milano”.
In prima anche le foto dei nove terroristi degli attentati del 13 novembre a Parigi: “Nella mente dei kamikaze. Così è nata la strage di Parigi”. Con gli articoli di Carlo Bonini, Giuliano Foschini, Anais Ginori e Fabio Tonacci.
A fondo pagina: “Maroni vieta il velo integrale in ospedali e uffici pubblici”.
E, con una foto del capo dello Stato: “Al Quirinale i presepi d’Italia per fermare il razzismo”.
Di spalla a destra, un articolo di Francesco Merlo: “I fantasmi di Valentino, l’untore dell’Aids”, “Il destino incrociato di un seduttore seriale e delle sue vittime”.
E dalle pagine R2 cultura: “L’eternità delle sit-com che sconfiggono Walking dead”, di Gabriele Romagnoli.
La Stampa: “Banche, ecco il salva-obbligazioni”, “Fondo fino a 100 milioni per le perdite. Renzi: commissione d’inchiesta, responsabilità diffuse”, “Protestano gli investitori. Salvini al premier: facciamo insieme battaglia a Bruxelles. La Ue: venduti ai clienti prodotti inadeguati”.
Il quotidiano ha poi inviato i suoi cronisti ad Arezzo e Civitavecchia: “Tra i risparmiatori”, “La vedova del pensionato: ‘Qualcuno deve pagare’”, “Civitavecchia sotto choc dopo il suicidio. E ad Arezzo esplode la rabbia dei cittadini: ‘Come facciamo adesso? Chi ci ridà i soldi?’”.
E offre una “guida”: “Consigli per evitare pericoli allo sportello”, “Tra i prodotti meno rischiosi depositi postali e conti correnti fino a 100 mila euro. La regola d’oro: diversificare gli investimenti”.
L’editoriale di Mario Deaglio è dedicato ai numerosi contenziosi tra Italia e Ue (dalle tensioni sulla legge di stabilità alle procedure di infrazione su migranti e Xylella, per arrivare alla questione banche): “Lo scontro tra l’Italia e l’Europa”.
In prima anche la Conferenza di Parigi sul clima: “Clima, oggi l’accordo. Ma non basta ancora”, “Verso l’intesa per mantenere l’aumento della temperatura molto sotto i 2°. Per farcela servirà uno scatto”.
Sulla colonna a destra: “Corruzione, Penati assolto. ‘Quattro anni di ingiustizie’”.
E un’analisi di Marcello Sorgi sull’appuntamento della Lepolda, oggi a Firenze: “La Leopolda un mezzo al guado”.
Poi la nuova legge sull’omicidio stradale: “Omicidio stradale, sì (faticoso) in Senato”, “Pene fino a 18 anni. Il via libero definitivo a gennaio alla Camera”.
Il Fatto: “Banche: Pd, Fi e Lega contro l’Ue, ma han votato contro le vittime”, “La rabbia. I truffati pronti a marciare su Firenze nei giorni della Leopolda”.
Sotto la testata: “Ponte sullo Stretto, i ‘padani’ e il miliardo in regalo a Salini”, “Le telefonate della Votino (all’epoca portavoce di Roberto Maroni, ndr.) per ottenere la penale”, “Novembre 2011: il presidente del Consiglio Mario Monti aveva appena fatto un decreto per evitare che i costruttori impegnati nell’opera mai nata ottenessero un considerevole risarcimento per la mancata costruzione. Il manager, con l’assistenza dell’ex portavoce di Bobo Maroni all’Interno, prova a ‘fottere’ lo Stato e i contribuenti”.
Più in basso: “L’Onu ‘processa’ il premier per la controriforma Boschi: ‘Violati i diritti dei cittadini’”, “Radicali. Ricorso a Ginevra. Governo a giudizio”.
Poi un’inchiesta: “Gli ‘amici’ che trafficano con l’oro nero del Califfo”, di Roberta Zunini.
Sul caso Livorno: “M5S: ‘Le sedi Pd non pagano la tassa rifiuti’”.
E sul “sistema Sesto”: “Tangenti, Penati metà assolto e metà prescritto”.
Al caso di Francantonio Genovese, dopo il passaggio dal Pd a Forza Italia, è dedicato l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “Genovese per noi”.
Il Giornale: “Il governo rischia il crac. Il salvabanche non salva Renzi. Gaffe del premier sulla morte del pensionato: ‘Non possiamo salvare tutti’. Ma l’Europa attacca: ‘venduti prodotti inadatti’. E in pm aprono un fascicolo per istigazione al suicidio”.
A centro pagina: “Burqa, ora basta. La Lombardia lo vieta in uffici e ospedali. Sondaggio Sky: il 94 per cento è d’accordo”.
Sotto: “Espulsioni farsa, due su tre restano. Il un dossier sul sito della Difesa il deputato Pd Chaouki tra gli ‘islamici radicali’”.
Il Sole 24 ore: “Banche: fondo di solidarietà e un arbitro caso per caso”. “Il governo punta sul modello spagnolo. La Procura indaga per istigazione al suicidio. Attacchi alla Boschi”.
A centro pagina: “Ma nei prospetti i rischi erano indicati”.
Di spalla: “Migranti, procedura Ue: ‘l’Italia non rileva le impronte digitali’”.
A centro pagina: “Precompilata in ritardo senza sanzioni. Emendamento alla manovra esclude conseguenze anche per lievi errori nella dichiarazione”. “Via libera ai crediti di imposta al sud estesi alle aziende agricole”.
A centro pagina anche la notizia della approvazione della norma sull’omicidio stradale: “Fiducia del Senato sul disegno di legge. Omicidio stradale, pena fino a 18 anni”.
Banche
La Stampa, pagina 2: “In piazza la rabbia del risparmio tradito”, “Arezzo, gli investitori dell’Etruria contro il salva-banche: ‘Adesso cosa faremo?’. Salvini sfida Renzi: ‘Facciamo insieme una battaglia a Bruxelles, dovranno risarcire’”. Sulla stessa pagina, da Civitavecchia, la città dove si è ucciso il pensionato che aveva investito alla filiale di Banca Etruria: “La vedova del pensionato suicida: ‘L’hanno preso in giro, devono pagare’”, “Civitavecchia sotto choc, in fila agli sportelli. E il pm apre un’indagine”.
A pagina 4: “Ritardi e rimpalli di responsabilità. Così quei soldi sono andati in fumo”, “Il decreto ha evitato il peggio. Il tempo perso nel negoziato con Bruxelles”. Di Gianluca Paolucci: che ricorda come all’origine del caso e quindi del decreto ci sia la direttiva Ue del cosiddetto bail-in, che impone la partecipazione di tutti i portatori di interessi -azionisti, obbligazionisti e in ultima analisi anche correntisti- al salvataggio di istituti in crisi. E non si trattò di “un fulmine a ciel sereno”, visto che la direttiva è del maggio 2014, recepita nel nostro ordinamento il 16 novembre scorso. Nel frattempo si è aggravata la crisi delle quattro banche salvate. Paolucci ricorda poi che c’era un precedente: quello della banca Cercas, poiché a febbraio l’Ue aveva avvertito che l’intervento del fondo interbancario di tutela deposito nel capitale della Cassa abruzzese era lesivo della concorrenza e quindi il rischio era che venisse considerato aiuto di Stato.
Il Fatto: “Tutti i partiti sbraitano alla Ue, ma hanno votato sì al bail-in”, “Renzi: ‘Le regole le fa l’Europa’, però nessuno degli europarlamentari italiani si oppose. Salvini si astenne. La Boschi: ‘Mio padre un brav’uomo’”. Ne scrive Carlo Di Foggia.
A pagina 2 attenzione per la vicenda di Civitavecchia: “’Addio amore, denuncia la banca: sono criminali’”, “La Procura apre un’inchiesta per istigazione al suicidio. I pm verificano il racconto del pensionato contenuto nella lunga lettera: ‘Una truffa organizzata’”. E il quotidiano racconta “lo sfogo” della moglie: “’In filiale l’han preso in giro. I risparmi in fumo. Pensi, aveva la tessera del Pd’”.
Sul Corriere un reportage da Civitavecchia, con visita alla filiale della Banca dell’Etruria dove il pnesionato Luigino D’Angelo andò tentando di parlare con il direttore. “Se lo ricorda bene un impiegato: ‘Poveraccio, per una settimana intera s’è presentato qui, ogni mattina, e da qui non si muoveva’”. La moglie Lidia dice: “Tutto è cominciato a giugno, quando la banca convocò mio marito, spiegandogli che il suo profilo non era più adeguato al suo investimento: non so come, lo convinsero a passare da un profilo a ‘basso rischio’ ad un profilo ad ‘alto rischio’. Gli hanno fatto mettere un sacco di firme su un sacco di fogli. Lui, ad un certo punto, è stato assalito dal sospetto di essere stato incauto: ma quelli gli risposero che ormai aveva firmato e non poteva più tornare indietro. Abbiamo trascorso un’estate infernale. L’idea di ritrovarsi tutti i risparmi in una posizione di pericolo lo tormentava. Il decreto del governo è stata la mazzata finale. Luigino ha scoperto di aver perso tutto in un pomeriggio. È difficile dire se si sia tolto la vita o se, piuttosto, sia stato ucciso. I responsabili della sua morte sono in tanti. Non perdono chi ha scritto quel decreto, chi l’ha approvato, chi l’ha applicato. Qualcuno deve pagare”.
A pagina 8 de La Repubblica Alberto Statera racconta la “storia” della Banca Etruria: “Etruria, banca spolpata tra fidi ai consiglieri e yacht ‘fantasma’”, “L’istituto nato nel 1882 è da lustri il crocevia tra massoneria e finanza cattolica ed è franato per finanziamenti e acquisti dissennati”.
Ancora sul Corriere Sergio Rizzo, che firma l’editoriale, scrive di una frase attribuita ad un funzionario della filiale di Banca Etruria cui si era rivolto il pensionato suicida a Civitavecchia: “Le pare che se fosse una truffa le farei tenere tutti questi soldi lì?”. Parole che “rivelano quanto sia profonda l’ipocrisia occultata dietro certi formalismi. Chiunque oggi voglia investire i risparmi subisce in banca un lungo interrogatorio teso ad accertare la sua propensione al rischio, e deve poi sottoscrivere un questionario chilometrico spesso incomprensibile se non agli investitori professionisti. E siccome costoro non hanno alcun bisogno di compilare questionari, va da sé che la procedura riguarda esclusivamente i semplici risparmiatori, anche quelli che mettono da parte poche migliaia di euro. L a firma sotto quel documento serve ad ammettere la propria ignoranza in materia di investimenti finanziari e a liberare quindi la banca da ogni responsabilità. Se il questionario dice che puoi al massimo acquistare dei Bot avendo precisa consapevolezza di ciò che stai acquistando, e invece poi compri delle obbligazioni subordinate, sono fatti tuoi. Eri stato avvertito”. Insomma: “i formalismi introdotti a salvaguardia delle banche non hanno onorato il compito che ci si doveva aspettare, ovvero garantire l’assoluta trasparenza su ciò che viene venduto ai risparmiatori, assolvendo perfino certe discutibili modalità con cui determinati prodotti vengono piazzati ai più fragili e incauti”.
La Repubblica, pagina 2: “Ue: bond non adatti ai clienti. Renzi: commissione d’inchiesta”, “Bruxelles: ‘Comprati senza sapere’, Roma rischia l’infrazione. Salvini ad Arezzo in piazza con i risparmiatori: ‘Manager in galera’”. Scrivono Simona Poli ed Elena Polidori che la Commissione Ue è pronta a deferire l’Italia e altri 9 Paesi alla Corte di Giustizia europea per la mancata attuazione della direttiva sul sistema di garanzia dei depositi bancari: ci sono 2 mesi per mettersi in regola.
In basso, il “retroscena” di Fabio Bogo: “Bankitalia: ‘Noi nulla da temere, ma ora si deve evitare la vendita di quei prodotti ad alto rischio’”. Le norme sul bail-in -dicono in Bankitalia- sono state approvate dal Parlamento europeo 2 anni fa senza capire bene a cosa si andava incontro, l’Italia le ha recepite il 16 novembre scorso, “sono figlie di un modello tedesco imperante”.
“Dove comincia la negligenza” è il titolo dell’editoriale di Massimo Riva, che scrive, dopo aver ricordato la “responsabilità grave” che l’Itala ha nell’aver voluto “minimizzare i guasti” del sistema creditizio nostrano: “anche in c’è più di un governo ovvero di un Paese che dovrebbe essere chiamato a rispondere della doppiezza politica praticata con cinica disinvoltura nello stabilire che diventava ‘reato comunitario’ l’uso di fondi pubblici a vantaggio delle banche ma solo all’indomani di avervi fatto ingente ricorso”.
Sul Corriere una conversazione con Salvatore Rossi, di Bankitalia. Dice che il governatore Ignazio Visco “è arrivato a chiedere, in tempi non sospetti, di vietare la vendita di obbligazioni subordinate agli sportelli in modo che solo investitori istituzionali potessero acquistarli”. Dice che “prodotti finanziari inadatti e figli della cultura finanziaria anglosassone sono quelli che hanno dato nel 2007 luogo alla più grande crisi dal ’29 ad oggi”. Rossi conferma che l’Europa ha posto all’Italia il compito di risolvere il problema avendo tre opzioni: “La prima prevedeva la liquidazione delle banche, sa cosa significa? Mettere in gioco fino a 12 miliardi contro gli 800 milioni di oggi, azionisti, obbligazionisti di tutte le categorie, persino i depositanti sarebbero stati coinvolti”. Le altre due alternative: una è quella attuata dal governo, l’altra prevedeva l’intervento del Fondo Interbancario “ma ci è stato di fatto impedito” perché “ci hanno detto che se l’avessimo fatto l’Italia avrebbe dovuto subire una procedura di infrazione per aiuti di Stato”, nonostante il Fondo sia privato.
Sulla stessa pagina una intervista a Ignazio Angeloni della Bce: “Si può applicare più flessibilità alle regole Ue sulle banche”. Angeloni “a titolo personale” e da cittadino italiano dice che avverte “un forte senso di solidarietà con le persone coinvolte. Le ragioni umanitarie di cui lei parla le considero fondate” per giustificare un intervento di qualche tipo del governo.
Sul Sole Alessandro Plateroti firma l’editoriale: “Il drammatico suicidio del pensionato di Civitavecchia ha scosso opinione pubblica e risparmiatori: aveva perso tutto sui bond subordinati della Popolare dell’Etruria, una delle quattro banche commissariate da Bankitalia e salvate dal Governo. Come lui, migliaia di risparmiatori avevano acquistato quei titoli rischiosissimi su consiglio di funzionari e direttori di banca: molti erano ben consapevoli dei rischi che correvano, ma è difficile credere che un piccolo pensionato della cittadina portuale fosse a caccia di rendimenti per speculare in Borsa: è più realistico pensare che sia stato convinto dalla banca, che come molte altre ha piazzato per anni prodotti rischiosi alla clientela senza curarsi troppo delle conseguenze. Il denaro non restituisce la vita, ma i parenti della vittima, come gli altri clienti delle quattro banche a cui sono stati venduti i bond subordinati senza deguata informazione, hanno diritto e dovere di portare i responsabili della vicenda davanti a un tribunale: è la legge, in caso di condanna, che garantisce il risarcimento del danno”.
Ancora sul Sole Rossella Bocciarelli (“Ma nei prospetti i rischi erano indicati”) si spiega che nel caso ad esempio di obbligazioni subordinate lower tier two negli anni 2012 e 2013, ben prima della direttiva Ue sul cosiddetto bail in, i prospetti pubblicati da Banca Marche, Carichieti e Popolare dell’Etruria recavano la dicitura in modo chiaro: “In caso di liquidazione o di sottoposizione a procedure concorsuali dell’emittente il rimborso è subordinato alla preventiva soddisfazione di talune categorie di debiti. In tali circostanze la liquidità dell’emittente potrebbe non essere sufficiente per rimborsare, in tutto o in parte il prestito obbligazionario per cui l’investitore potrebbe incorrere in una perdita, anche totale del capitale investito”. Anche il quotidiano di Confindustria spiega che Bankitalia ha più volte chiesto di non consetire la vendita di questi prodotti ai risparmiatori: “l’ultima volta nel corso dell’audizione di mercoledì del capo della Vigilanza, Carmelo Barbagallo”.
Penati
Sul Corriere: “Schema Sesto, cadono le accuse. Penati assolto”. Si legge che il verdetto secondo cui “il fatto non sussiste” arriva dopo la prescrizione, nel 2013, del reato di concussione. Luigi Ferrarella ricorda i “tre filoni” della inchiesta: un presunto finanziamento illecito a Penati “dietro lo schero della Fondazione Metropoli” di 363 mila euro da parte di un gruppo di imprenditori. Su questa vicenda Ferrarella cita una sentenza che va nella direzione opposta: a Milano nel 2013 era stata chiesta l’archiviazione per i finanziatori sulla base dell’argomento che non fossero consapevoli che facendo una donazione a Penati quando donavano a quella Fondazione. Ieri invece la sentenza ha assolto Penati proprio sulla base del presupposto che i finanziatori sapessero esattamente a chi donavano il loro denaro e che dunque “l’ex sindaco poteva ben pensare” che poi lo dichiarassero. Cosa che non fecero. Altra accusa a Penati viene dall’imprenditore Di Caterina, che asseriva di avergli dato dei soldi e che Penati, per sdebitarsi, gli avrebbe fatto “una serie di favori da presidente della Provincia”, per esemio firmando un preliminare di acquisto di un immobile al solo scopo di dare all’imprenditore una caparra di 2 milioni di euro per una transazione poi non verificatasi. Su questo, scrive il quotidiano, in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, si può ritenere che il tribunale non ritenesse quella trattativa una simulazione per nascondere un reato ma un preliminare autentico poi non perfezionatosi per mutate condizioni di mercato. Dunque Penati non avrebbe compiuto atti contrari ai doveri della Pubblica amministrazione.
Penati viene intervistato dal Messaggero: “Fatta giustizia ma non so se farò ancora politica”. Dice che è stata una “vittoria sofferta”. “Io non sono corrotto, non ho mai commesso nessun atto contrario ai doveri della pubblica amministrazione”, “sono estraneo al sistema Sesto”, “non c’è stato alcun atto illecito o meno che lecito che io abbia commesso”. Dice che il suo partito gli ha voluto molto bene.
Omicidio stradale
E’ stato “approvato con polemiche”, scrive Il Sole, il disegno di legge sull’omicidio stradale. Le pene base vanno dai 2 ai 12 anni, con possibilità di arrivare a 18 per le peggiori aggravanti. Il provvedimento è stato votato con la fiducia (149 sì, 91 no). Il nuovo sistema sanzionatorio riguarda tutti i casi di omicidio colposo e lesioni colpose nei quali il responsabile ha commesso infrazioni stradali. Ma la maggior parte di queste violazioni, pur confluendo nel nuovo reato, restano con lo stesso trattamento penale previsto dall’attuale reato di omicidio o lesioni colposi aggravati da infrazioni stradali: pena da due a sette anni. L’inasprimento riguarda una serie di violazioni che il legislatore, dopo discussioni contrastate, ha ritenuto gravi: non solo fattispecie riconosciute molto pericolose da tutti come ebbrezza media e grave (tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi/litro) e alterazione da droghe, ma anche fattispecie spesso controverse come velocità “spropositata” (in città, il doppio del limite, purché si superino i 70 km/h; fuori città, eccessi di velocità per più di 50 km/h), passaggio col rosso, circolazione contromano, inversione di marcia in corrispondenza di curve, dossi o incroci, sorpasso con striscia continua o vicino alle strisce pedonali”. Per questi casi le pene vanno da 5 a 10 anni. Se c’è lo stato di ebbrezza “grave”, ovvero oltre 1,5 g/l, o la droga si arriva a 12, se ci sono più morti o un ferito si arriva a 18. Nelle situazioni più gravi, l’arresto in flagranza diventa obbligatorio. I tempi di prescrizione raddoppiano e vengono meno alcuni paletti al prelievo di liquidi biologici per dimostrare la presenza di alcol o droga nell’organismo”. Un quadro sanzionatorio che – scrive il quotidiano – rischia “di essere modificato nel giro di uno o due anni dalla Consulta. Infatti, le sanzioni sono superiori a quelle previste dal Codice penale per i responsabili degli infortuni sul lavoro, una fattispecie di gravità che pare assimilabile a quella degli incidenti stradali”.
Politica italiana
Sul Corriere una intervista di Aldo Cazzullo a Dario Nardella, sindaco di Firenze: “No a primarie per regolare i conti. Sala ottima scelta”. Sull’appello dei giorni scorsi dei sindaci di Milano, Genova e Cagliari dice che gli sembra “la nostalgia per una restaurazione impossibile”, ricorda che a Firenze ad esempio “Sel vota contro pregiudizialmente sempre”, e “non so come si possa riunire la sinistra. Quale sinistra, poi? Quela antisistema?”. Al referendum sulle riforme e in un eventuale ballottaggio con il M5S Renzi rischia? “Si sta formando una Armata Brancaleone, un’ammucchiata ‘tutti contro Renzi’”, un “fronte vasto che va da Fassina a Salvini passando per Grillo e Brunetta. Se il Pd rispondesse schiacciandosi a sinistra commetterebbe un errore fatale”.
“La sinistra risponda all’appello dei sindaci”, scrive Piero Ignazi su La Repubblica: “è un invito a un cambio di passo tanto all’interno quanto all’esterno del Pd”.
Ancora La Repubblica: “No di Sel ai sindaci: ‘La colpa è del premier, uccide il centrosinistra’”. Con le interviste a Nichi Vendola, leader Sel, che dice “Pisapia sbaglia, la politica non si fa con la fantasia” e a Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, secondo cui “Deve essere il leader Pd a guidare la riunificazioe”.
Su Il Giornale: “Sinistra anti Renzi spaccata anche nella contro-Leopolda”. Oggi si apre la convention fiorentina e – si legge su Il Giornale – si organizzano molte manifestazioni per contrastarla. Con il risultato che “si dividono ancora di più”. Sinistra italiana si incontra a Napoli con “il brillante sindaco vesuviano Gigino de Magistris”, a Verona ci sarà una convention di “Possibile” di Civati mentre Bersani e Cuperlo si inconteranno al Teatro Vittoria.
Immigrazione
Sul Sole 24 ore: “Bruxelles contro l’Italia sulle impronte digitali”. “LA Commissione ha avviato una procedura di infrazione che coinvolge anche la Grecia e la Croazia”. “Non sarebbe stata applicata la normativa Ue che prevede la raccolta entro 72 ore dallo sbarco”. “Gozi (Affari Europei): non è la risposta che ci aspettiamo per i nostri sforzi”, “se c’è una risposta sbagliata è quella di colpire chi è da mesi in prima linea”.
Sul Corriere: “L’Ue e i profughi, l’Italia falsa i dati”. Si citano i rihiami europei sulla forte dicrepanza, malgrado gli sforzi che l’Italia sta compiendo, tra i numeri comunicati al sistema europeo Eurodac e quelli degli immigrati arrivati sulle nostre coste. Punto delicato è l’elargizione di fondi europei all’Italia per gestire il fenomeno.
Sul Giornale viene intervistata la presidente del Comitato Schengen, Ravetto. “E’ incredibile. La procedura va a colpire lo Stato più colpito dal fenomeno, quello che si sta spendendo di più pr gestire l’emergenza mentre gli altri voltano le spalle”.
Internazionale
“Hollande sembra Bush, vuole la sua Guantanamo”, si legge su Libero. “Dopo la sospensione della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, l’Eliseo sta preparando il terreno legale per l’istituzione di campi di prigionia per i terroristi”.
La Stampa intervista lo scrittore Tahar Ben Jelloun: “Addio patria dei diritti se la Francia copia Guantanamo”.
La Repubblica intervista Rachida Dati, ex ministro della Giustizia dell’Ump di Sarkozy, ora “Les Républicains”. Dice che il Ps è “debole contro i terroristi”, che Le Pen “soffia sulle paure ma Sarkozy salverà la Francia”, “I socialisti scompariranno. L’ultradestra sale sempre soloquando loro sono al potere”.
Sul Secolo XIX il politologo francese Jean Rony. Parla della scelta del candidato socialista Masseret di non ritirarsi dalla competizione, come chiesto da Valls. “Sono convinto che tantissimi socialisti non voteranno per lui ma per Philippe Richert, il centrista”, ovvero il candidato su cui secondo il segretario socialista dovrebbero confluire i voti per sconfiggere il candidato del FN Philippot. Candidato che tuttavia secondo Rony “non è razzista, ha cultura, affronta i problemi senza pregiudizi ideologici. Il suo problema sono i compgni di viaggio”.
Su La Repubblica un’analisi di Renzo Guolo: “I 42 alleati del Califfo, così il Leviatano jihadista ha cancellato i confini”, “I gruppi che hanno giurato fedeltà e obbedienza ad Al Baghdadi in tutto il mondo sono ormai più numerosi della coalizione che li combatte”.
L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato alle stragi di Parigi: “Nella mente dei kamikaze”, “Dal Belgio alla Siria, così è nato il commando della strage del 13 novembre”. Carlo Bonini, Giuliano Foschini, Anais Ginori e Fabio Tonacci raccontano la storia del commando delle stragi: “Quel patto di sangue nato in Siria: ‘Torniamo per farci esplodere”, “Un ex autista di autobus, uno studente modello, uno spacciatore, due fratelli difficili. Il racconto della radicalizzazione dei giovani terroristi che un mese fa hanno deciso di sfidare l’Occidente in nome del Califfo e della ‘Guerra santa’”, “Il ‘nido di vespe’ della cellula belga di Verviers, tra kalashnikov, esplosivi, predicatori dell’odio. Poi, tra l’estate e la fine del 2013, centinaia di francesi si recano in Siria per la jihad. Tre di questi scriveranno la storia al Bataclan”, “Il più giovane depredava cadaveri. A Raqqa diventa l’orecchio di Al Adnani”, “I fratelli Abdelslam provano a fare lavori normali. Ma lo spaccio è più redditizio”.
Sul Sole un reportage di Alberto Negri inviato a Teheran dove “nessuno si chiede come va la battaglia di Aleppo” anche se in Siria sono impegnati migliaia di combattenti guidati dall’Iran, dagli Hezbollah agli iracheni a un contingente formato da milizie afghane e pakistane. Fino ad oggi questo impegno militare è costato alle casse dell’Iran “alcuni miliardi dollari, una decina almeno dall’inizio della rivolta siriana del 2011, ma considerati comunque un investimento sulla ‘mezzaluna sciita’, l’asse confessionale, detto anche della ‘resistenza’, che passa da Teheran-Baghdad-Damasco-Hezbollah in Libano. Quella dorsale dove gli iraniani avrebbero fatto volentieri correre il loro gasdotto fino ai porti siriani sul Mediterraneo, una delle molte ragioni che avrebbero spinto la Turchia e le monarchie del Golfo a sostenere i jihadisti contro il regime di Damasco”.
Sul Corriere: “Sanzioni a Mosca, l’offensiva di Roma: ‘L’Europa eviti rinnovi automatici’”. “Palazzo Chigi non vuole cancellare le misure ma chiede un confronto politico”. Si racconta che mercoledì si riuniva il Relex, il comitato tecnico che si occupa delle sanzioni. A quella riunione si sarebbe dovuto decidere un rinnovo automatico per sei mesi delle sanzioni alla Russia per l’Ucraina. L’Italia però ha chiesto di non procedere a un rinnovo automatico e “tecnico” e ogni decisione verrà presa a livello politico al vertice dei capi di Stato e di governo previsto per giovedì e venerdì della prossima settimana. “E’ la prima volta che l’Italia alza la voce su un tema incandescente come l’embargo a Mosca”. Fonti diplomatiche ci tengono a precisare che in discussione non è il rinnovo, sul quale l’Italia procederà d’intesa con gli altri Paesi e gli alleati.