Il Corriere della Sera: “Rapiti, la pista dei trafficanti”, “’Italiani presi dagli scafisti’. Il timore che si alzi il prezzo della contropartita”, “Protesta dei prefetti sui migranti: siamo stanchi di essere capri espiatori”.
Sul tema, un’intervista al capo dell’impianto di Mellitah: “Contatti con le tribù per salvare i tecnici”.
Poi il viaggio del presidente del Consiglio in Israele: “Renzi vola a Tel Aviv tra Iran e sicurezza”
A centro pagina la sentenza della Corte europea dei diritti umani sulle coppie gay: “Italia condannata. Boschi: unioni civili entro fine anno”.
In prima anche il selfie degli attivisti filocurdi uccisi a Soruk: “I sorrisi dei ragazzi prima della strage”. Il selfie è stato diffuso in rete con la didascalia “La ragazza con la maglietta dietro di me è morta”. “Volevano ricostruire Kobane, fermati da un attacco kamikaze”.
A fondo pagina: “La disfida ellenica dei Nobel narcisisti”, “Krugman, Stiglitz e tutti quelli che hanno usato la Grecia per difendere le proprie teorie”. Di Federico Fubini.
E un intervento di Lorenzo Bini Smaghi: “Aiuti e riforme: la via tedesca alla solidarietà”.
Sul caso Crocetta, un’intervista al Procuratore di Palermo Lo Voi: “I politici non usino appigli giudiziari”.
E al caso Crocetta è dedicato l’editoriale di Gian Antonio Stella: “In Sicilia serve una svolta”.
La Repubblica: “La condanna dell’Europa: ‘Coppie gay, Italia in ritardo’”, “La Corte di Strasburgo: le riconosca. Il ministro Boschi: legge entro l’anno”.
Di questo tema si occupa Stefano Rodotà con un commento dal titolo: “Lo Stato indifferente”.
E il “retroscena” di Annalisa Cuzzocrea: “Ma la partita dei diritti slitta all’autunno”.
In apertura a sinistra un’intervista con copyright Le Soir/Lena al presidente della Commissione Ue: “’Sulla Grecia intesa decisa dalla paura’”, “Intervista a Juncker: ‘Tornati i demoni nazionali, l’Unione è in pericolo’”.
Sulla colonna a sinistra: “Immigrati, la rivolta dei prefetti: basta insulti, la colpa è del governo”-
Anche qui in prima la foto dei ragazzi della strage di Soruk: “Il selfie dei ragazzi uccisi dalla jihad”, “Turchia, sopravvissuta ricorda gli amici morti nella strage”.
A fondo pagina: “Un prete tutor per i divorziati ma la comunione solo a Pasqua”, di Paolo Rodari.
La Stampa, in apertura a sinistra: “Monito all’Italia: ‘Ora riconosca le unioni gay’”, “Sì della Corte europea al ricorso di tre coppie”, “La legge ancora ferma in Senato. Pesano le divisioni nel governo”.
“Una scossa ai legislatori immobili” è il titolo dell’editoriale di Vladimiro Zagrebelsky sulla sentenza della Cedu.
E “la simulazione”: “Diritti civili, il Parlamento ora direbbe sì”, “Un sistema elabora i numeri e prevede la scelta dei senatori in vista del voto in aula”.
La parte alta della pagina è per le foto di alcuni dei 32 giovani curdi vittime dei kamikaze dell’Is: “Quei nostri ragazzi uccisi a Soruk”.
In taglio basso, l’omicidio di Ismaele Lulli a Pesaro: “L’hanno sgozzato per gelosia”, “Fermati due compagni di classe: una vendetta”.
E sul caso Yara: “Bossetti ha tentato il suicidio”.
Il Sole 24 Ore: “Rientro dei capitali verso la proroga soft”, “’Prenotazione’ entro il 30 settembre, poi l’invio dei documenti”, “Tempi stretti e incertezze sulla voluntary disclosure: si valuta la ridefinizione del calendario”.
A centro pagina: “Tsipras rinvia due riforme-chiave”, “Per evitare il no in Parlamento rimandata ad agosto la stretta su baby-pensioni e agricoltori”, “Pressing di Moscovici su Berlino per la rimodulazione del debito di Atene”.
L’editoriale è firmato da Carlo Bastasin ed è dedicato all’Ue “dopo il rischio Grexit”: “L’Europa in ordine sparso non salverà l’Europa”.
A fondo pagina, la sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte dei diritti dell’uomo: “’L’Italia deve riconoscere le unioni gay’”.
In prima anche la visita del presidente del Consiglio in Israele: “Renzi a Netanyahu: ‘La sicurezza di Israele è anche la nostra, vigileremo sull’accordo con l’Iran’”.
Su questo tema le analisi di Vittorio Emanuele Parsi (“Il successo con Teheran”) e di Ugo tramballi (“I doveri verso Gerusalemme”).
Il Giornale ha in prima una foto di Matteo Tutino, il primario dell’ospedale Villa Sofia al centro delle polemiche per via di una intercettazione con il presidente della Regione Sicilia Crocetta. E’ immortalato in una posa plastica da culturista: “Ecco chi è davvero l’uomo che ha inguaiato la sinistra”, “Chirurgo, palestrato, amico di Ingroia: Tutino ha ucciso Crocetta e sepolto il Pd”.
A centro pagina: “La Ue ci molla i profughi e impone le nozze gay”, “La Corte europea condanna l’Italia: dobbiamo riconoscere le unioni omosessuali”.
A fondo pagina il discorso tenuto dal primo ministro britannico David Cameron lunedì scorso a Birmingham: “’Che errore dire che l’islam non c’entra col terrorismo’”.
In apertura a sinistra “lo studio choc di Intesa Sanpaolo”: “Il governo a forza di tasse ha cancellato il ceto medio. E ora stanga le case al mare”.
“Così avete bloccato il Paese” è il titolo dell’editoriale che il direttore Alessandro Sallusti dedica a questo tema.
Avvenire: “’Le nozze gay no’. La Corte europea: Roma riconosca le unioni civili ma nessun obbligo di introdurre il ‘matrimonio’”. “Sul ricorso di tre coppie, lo Stato condannaot al risarcimento. ‘Sentenza senza conseguenze’. E si infiamma il dibattito sulla legge”.
Sotto la testata il quotidiano di ispirazione cattolcia si occupa del viaggio di Renzi in Israele, delle assunzioni nella scuola, del rapimento dei 4 italiani in Libia e della notizia di una giovane sieropositiva che è migliorata senza cure.
In evidenza anche l’incontro in Vaticano con i “sindaci del mondo”: “Il Papa: salvare l’ambiente salva l’uomo”.
A centro pagina: “I migranti accolti la maggiore azione umanitaria italiana”. “Viminale: giunti in 85 mila. I prefetti: noi capri espiatori”.
A fondo pagina la ricerca: “Così si è ristretta la classe media”. “Passata dal 57 al 38 per cento”.
Libia, i rapiti.
Il Corriere della Sera, pagina 2: “Libia, si indaga sugli scafisti”, “I sequestrati potrebbero essere in mano ai trafficanti di Zuara. Il timore di una richiesta alta di riscatto e di un passaggio tra gruppi”. Scrive Fiorenza Sarzanini che il rischio è che ora il prezzo per il rilasci dei quattro italiani adesso diventi altissimo: perché il clamore per il rapimento avvenuto in Libia certamente “farà alzare la posta”. L’area dove i dipendenti dell’azienda Bonatti sono stati catturati è infatti controllata dai trafficanti di uomini: gruppi di criminali che gestiscono i viaggi verso l’Italia potrebbero aver fiutato l’affare per sfruttare il sequestro e pretendere una partita non soltanto economica. Bisogna evitare il “passaggio di mano”, impedire che altri gruppi -di connotazione più politica o fondamentalisti- cerchino di interferire, di gestire gli ostaggi e le trattative con l’Italia. E’ un omento difficile per gli scafisti, che hanno perso numerose imbarcazioni e sanno di essere sotto controllo, per cui cercano altre fonti di guadagno. Il traffico di esseri umani è controllato anche da ex miliziani di Gheddafi con legami e contatti ben ramificati. Tutto è complicato dal fatto che ora in Libia ci sono quattro fazioni che rivendicano di essere “autorità nazionale”, quindi ogni dichiarazione in merito viene letto per il messaggio che può contenere. E per questo ha destato interesse la dichiarazione dell’ambasciatore libico in Italiam Ahmend Safar, che rappresenta solo una parte del Paese (ovvero il governo di Tobruk l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale): ha detto che “gli inquirenti in Libia occidentale sospettano che dietro il rapimento ci siano motivazioni criminali e che uno o più trafficanti di esseri umani abbia agito per rappresaglia contro la missione che punta ad individuare le navi che salpano dalla Libia per l’Europa”. E dal governo di Tobruk è stata ribadita la richiesta di “revocare l’embargo sulla fornitura di armi all’esercito libico” per “sconfiggere il terrorismo”.
Sulla stessa pagina l’inviato a Tripoli Lorenzo Cremonesi scrive che per quel che riguarda l’identità dei rapitori, dalle vecchie conoscenze della stampa tripolina emerge una “quasi unanime” individuazione in un gruppo di scafisti della regione di Zuara. Si tratterebbe di una sorta di vendetta-avvertimento all’Italia affinché non disturbi le loro operazioni in mare, soprattutto in estate: una decina di giorni fa tra Lampedusa e Sicilia le autorità italiane hanno arrestato cinque-sette pezzi grossi del racket degli immigranti illegali.
A pagina 3 il Corriere offre ai lettori un’intervista a Mustafa Sanallah, presidente e amministratore delegato della National Oil Corporation, l’azienda statale libica che controlla gran parte della produzione petrolifera e di gas del Paese. Dice che “i quattro italiani viaggiavano in macchina soltanto con l’autista, senza nessuno che li proteggesse. E poi dopo il tramonto…erano le nove e mezza di sera, non si può fare. Ora la polizia sta cercando di capire perché si sono messi in quel modo, chi ha organizzato il viaggio dalla Tunisia, perché hanno scelto di viaggiare via terra”. Sanallah dice che la polizia ha interrogato a lungo l’autista. Conosce il contenuto dell’interrogatorio? “Mi hanno detto che ha raccontato di essere arrivato da Ovest (dalla Tunisia). Dice di essersi accorto che dietro di lui c’era un’auto e che quando erano a circa cinque chilometri da Mellitah quella macchina li ha costretti a fermarsi e a deviare verso sud”.
Su La Repubblica, pagina 4: “’I quattro tecnici italiani rapiti, una vendetta dei trafficanti’. Gentiloni: ipotesi premeditata”, “E’ la pista indicata da alcune fonti di informazioni a Tobruk. Appello dell’Onu: ‘Vanno liberati senza alcuna condizione’”. Anche qui si riferiscono le dichiarazioni dell’ambasciatore libico Safar: “sembra molto improbabile che ci siano motivazioni politiche dietro il rapimento”. L’ipotesi di un sequestro a scopo di estorsione sembra farsi largo: la sostiene il quotidiano panarabo Al Hayat e sembra più probabile, rispetto a quella di un collegamento con gli uomini del sedicente Stato islamico o del gruppo Geish al Qabila, l’Esercito delle tribù, milizie tribali contrapposte a Fajr Libya (che controllano Tripoli, ndr.).
Decisamente scettico sulla ipotesi che il rapimento sia un avvertimento al nostro Paese lo storico Angelo del Boca, che dice: “Ma no, è una sciocchezza. In Libia i rapimenti sono cosa di tutti i giorni. Succede ben altro che il sequestro di lavoratori occidentali con il caos del Paese”. E sulla possibilità di un’operazione militare a guida tricolore: Guardi, la situazione è così caotica che diventa ridicolo proporre una missione. Il ministro ha detto: siamo pronti, mandiamo cinquemila soldati. Ma per fare cosa? Con quale progetto? A fianco di chi? Sarebbe un grande errore, anche se ce lo chiedesse l’Onu”.
La Stampa, pagina 6: “Ancora buio sui 4 italiani rapiti. ‘Troppo presto per fare ipotesi’”, “Farnesina prudente, indiscrezioni sulla matrice ‘tribale’ più che politica. Giallo sulla scelta del percorso: perché andare per terra e a un’ora tarda?”. Il quotidiano dà conto anche dell’incontro, ieri alla Franesina, tra il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e l’inviato speciale del segretario generale Onu per la Libia, Bernardino Leòn: “L’inviato dell’Onu ora è ottimista: ‘L’accordo tra le fazioni è vicino’”. Scrive Francesca Paci che “l’Italia ha il cerino in mano perché mentre la comunità internazionale è schierata con Tobruk, i nostri principali interessi sono in Tripolitania e dobbiamo parlare con Tripoli. Se Leòn fallisse toccherebbe a noi, per questo nessuno dice che l’imperatore è nudo e che l’accordo è solo un accordino”, visto che l’hanno sottoscritto solo il governo di Tobruk e alcune forze minori della Tripolitania come i berberi e parte delle milizie di Misurata.
Coppie gay
Su La Repubblica, pagina 2: “Unioni gay, Italia condannata dalla corte di Strasburgo: ‘Viola i diritti, ora le riconosca’”, “Accolto il ricorso di tre coppie che avevano chiesto di sposarsi. Boschi: legge approvata entro l’anno. Ma i centristi dicono no”. Il quotidiano intervista due dei ricorrenti, Roberto Zacheo, ingegnere, 55 anni e Riccardo Perelli, medico, 56 anni. Perché vi siete rivolti alla Corte? “Vogliamo l’uguaglianza dei diritti e dei doveri”, “Adesso il governo si sbrighi a fare una legge decente, non quella farsa pietosa dei Dico”. Di fianco, intervista a Maurizio sacconi, senatore Ncd: “Ma la sentenza -dice- non ci impone i matrimoni omosessuali”, “ha accolto la richiesta di maggiori tutele per le convivenze stabili ma ha respinto quella dei matrimoni gay”. E tra i punti che contesta c’è “la concessione di provvidenze pubbliche come la reversibilità o le detrazioni per i familiari a carico”.
A pagina 2 il “retroscena” di Annalisa Cuzzocrea: “Renzi in pressing ma salta il voto in estate”. Si legge che il ministero dell’Economia sgombra il campo dai problemi di copertura: si tratterebbe in realtà di una cifra che si aggira tra i 5 e i 10 milioni. E secondo il quotidiano anche il Ncd è ormai pronto a trattare: il suo leader Alfano vuole evitare che sul disegno di legge si creino maggioranze trasversali con il soccorso di 5Stelle e Sel.
La Stampa, pagina 2: “Strasburgo condanna l’Italia: ‘Riconosca le unioni gay’”, “La Corte europea dei diritti dell’uomo accoglie il ricorso di tre coppie. Ma in caso di inadempimento non sono previste sanzioni”. E Ilaria Lombardo, in un articolo sulla stessa pagina, sottolinea come “il vuoto legislativo sui diritti” sia colmato da Corti e tribunali”: vale tanto per i cambi di sesso che per i matrimoni, “la politica superata dai giudici”.
In prima su La Stampa l’editoriale di Vladimiro Zagrebelsky, che della Corte europea dei diritti umani è stato giudice. Scrive, a proposito della sentenza “che ha condannato l’Italia per la mancanza di una legge che dia forma legale alle coppie omosessuali e ne regoli i diritti e i doveri” che quella mancanza, “prima ancora che questo o quel suo contenuto”, viola “il diritto al rispetto della vita privata e familiare protetto dalla Convenzione. La Corte ha indicato al governo italiano che una legge deve essere introdotta. La Corte ha ribadito ciò che ha più volte affermato, che le coppie dello stesso sesso possono, come quelle di sesso diverso, entrare in una relazione stabile e responsabile e hanno la stessa necessità di riconoscimento legale e protezione della loro relazione. Oltre al riconoscimento legale, importante in sé, esse devono veder garantiti i diritti essenziali e propri di una coppia stabile e responsabile. La Corte non ha indicato quali siano quei diritti essenziali, ma ha sottolineato l’importanza di un riconoscimento legale attraverso una legge apposita. Non è una novità, poiché già in una sentenza riguardante la situazione in Austria all’inizio degli anni 2000, la Corte aveva affermato il principio. Nel frattempo la situazione europea ha subito una univoca e rapida evoluzione, di cui la Corte ha tenuto conto, nel senso del riconoscimento da parte di molti Stati del matrimonio oppure delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. La Corte ha anche menzionato il risultato del sondaggio di opinione condotto dall’Istituto nazionale di Statistica e segnalato dall’Associazione Radicale Certi Diritti che, insieme ad altre organizzazioni, si è costituita nel giudizio per portare argomenti: dalla ricerca dell’Istat risulta la larga accettazione delle coppie omosessuali da parte dell’opinione pubblica italiana”.
A pagina 3 de La Stampa: “Ma l’accordo politico è ancora lontano”, “Il disegno di legge che istituisce un modello di unioni civili simile a quello tedesco è fermo in Senato. Pesano le divisioni all’interno della maggioranza e l’ostruzionismo di Ncd. Arriverà l’approvazione?”. Con interviste a Monica Cirinnà, senatrice Pd relatrice della legge sulle unioni civili (“Una decisione che dà spinta alla nostra legge”); a Gaetano Quagliariello, coordinatore di Ncd (“Discutiamo ma niente matrimoni”); e a Giorgio Tonini, cattolico, senatore Pd (“La strada è riconoscere diritti inviolabili”, “su questi temi c’è libertà di coscienza” ma abbiamo trovato un punto di incontro con l’anima cattolica del Pd, “accentuare, rispetto al testo base, gli elementi di distinzione giuridica tra l’unione civile e il matrimonio”); Eugenia Roccella, una delle “irriducibili” Ncd (“Su quel testo la mediazione è impossibile”).
Su La Repubblica Stefano Rodotà parla di “Stato indifferente”: “ i giudici di Strasburgo hanno esplicitamente ricordato le loro precedenti decisioni sul riconoscimento delle unioni civili, sì che nessuno potrà dirsi colto di sorpresa o invocare la necessità di un adeguato tempo di riflessione. Su questo punto la sentenza è chiarissima. I silenzi del Governo, la totale disattenzione di fronte agli espliciti inviti rivolti nel 2010 dalla Corte costituzionale e nel 2012 dalla Corte di Cassazione, l’assoluta inazione del Parlamento, hanno determinato una grave violazione del diritto alla tutela della vita privata e familiare, riconosciuto dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.
Avvenire affida l’editoriale a Carlo Cardia, che scrive che la Corte di Strasburgo, “nel censurare l’Italia perchè la sua legislazione ‘non tutela le esigenze fondamentali di una coppia convivente dello stesso sesso impegnata in una relazione stabile’, non chiede al nostro legislatore di introdurre il matrimonio gay” e anzi “conferma” che “il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è previsto all’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti fondamentali del 1950”. La violazione per cui l’Italia è stata censurata riguarda l’articolo 8 della Convenzione, “che tutela la vita privata”, scrive Cardia, che si sofferma anche sul fatto che la giurisprudenza di Strasburgo è “stata nel corso degli anni estremamente oscillante” e che da qualche anno ha assunto una “imparzialità” sul tema, decidendo che la Convenzione “non vieta né impone la concessione dello status matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso”.
Il Corriere offre un ritratto di Enrico Oliari, “infermiere di Trenonto e presidente dell’unica associazione gay apertamente ‘di destra’ in Italia, che si chiama GayLib. E’ un altro dei ricorrenti alla Corte europea. “Siamo dovuti andare a Strasburgo perchè la nostra politica è immobile”, visto che già la Corte Costituzionale italiana nel 2010 chiese una legge ma “loro se ne sono fregati”.
Il Sole 24 ore: “Unioni gay, la Ue condanna l’Italia. La Corte di Strasburgo: riconoscere i diritti. Il caso di tre coppie”. Il quotidiano sottolinea che nella nota diffusa da Strasburgo per spiegare la decisione si rileva che “la Corte costituzionale italiana ha ripetutamente richiesto tale protezione e riconoscimento”, ovvero una “legge efficace e affidabile che riconosca le coppie gay e ne garantisca i ‘bisogni fondamentali’ in presenza di una relazione stabile”. Eppure “la legge italiana ha per lungo tempo fallito nel tenere in considerazione” le pronunce della Consulta.
Accanto il quotidiano di Confindustria fa il punto sul disegno di legge proposto dalla senatrice Cirinnà: “Eliminato ogni riferimento a ‘matrimonio’. Sul Ddl Cirinnà il nodo resta la maggioranza”.
Una utile grafica del quotidiano dà conto delle “norme in Europa” sul tema. Dal quale si ha conferma che i Paesi che non hanno norme sul tema sono, con l’Italia, la Polonia, la Lituania, la Lettonia, la Romania, la Bulgaria, la Slovacchia.
Su Il Giornale: “La Ue dimentica gli sbarchi ma ci impone le nozze gay. A bacchettare l’Italia sono gli stessi euroburocrati elusivi sull’immigrazione. La sinistra esulta ma l’Ncd frena. E la legge ormai giace da un anno al Senato”.
Sicilia
Sul Sole: “Crocetta non lascia, dossier sul tavolo di Renzi”.”Domani il segretario del Pd Raciti a Roma. Il governatore apre alla ‘chiusura anticipata della legislatura’” e annuncia una azione legale nei confronti del settimanale L’Espresso.
Il Giornale si sofferma su Matteo Tutino, “ex eminenza grigia della sanità siciliana, che sta inguaiando Crocetta” e che “è diventato amico del governatore grazie al ‘rivoluzionario’ Ingroia”. Il quotidiano scrive che Tutino “è un uomo vanesio, il mago del body jet, con un fisico da palestrato e bicipiti da urlo che non esista a mostrare. E che fanno presa su Crocetta. Il chirurgo anche in questo è simile al governatore, si veste in maniera informale, rifiuta l’etichetta”. La sua presenza sarebbe stata “invasiva”, scrive Il Giornale, che sottolinea anche come l’amicizia con Crocetta sarebbe “nata nel segno della ‘rivoluzione’ per il tramite di Antonio Ingroia, il pm della trattativa fra Stato e mafia che provato con la politica ma si è dovuto rifugiare, per salvare la faccia, in una società partecipata siciliana”.
Sul Corriere una intervista al Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi: “mi dispiace constatare che ferma restando la libertà di stampa e il diritto dovere dei giornali di esercitare il controllo su ogni tipo di potere, compreso quello giudiziario, ci siamo ancora molti che continuano a credere all’esistenza di un’intercettazione nonostante le ripetute smentite di un organo dello Stato come la Procura della Repubblica che ho l’onore di guidare”. Lo Voi dice anche che “certamente le registrazioni che abbiamo a disposizione dipingono un clima di ostilità nei confronti di Lucia Borsellino nonché i motivi di disagio che l’hanno spinta alle dimissioni”, ma “proprio il fatto che abbiamo dovuto ricostruire quel contesto attraverso una faticosa opera di connessione e incastro fra tanti discorsi spezzettati nel tempo è una ulteriore conferma che l’intercettazione di cui tanto di discute non esiste”. Senza quella intercettazione, chiede il giornalista, “il caso Crocetta Borsellino non sarebbe esploso nei termini dirompenti che invece ha avuto”. “E’ vero, e anche questo dovrebbe essere motivo di riflessioni”. Ma “non è corretto interpretare un intervento dovuto, proprio per l’oggettiva rilevanza del caso, a favore o contro qualcuno”. Ultima domanda: “Ha verificato se l’intercettazione è agli atti in altri uffici?”. “No, perché non è mio compito”. “L’Espresso ha ribadito che l’intercettazione sarebbe stata registrata in una indagine palermitana e io non posso che confermare la smentita”.
Israele
Sul Sole si ricordano le parole di Renzi: “La sicurezza di Israele è anche la nostra”. “Vigileremo sull’accordo con Teheran”. Il premier israeliano, scrive il quotidiano di Confindustria, non ha comunque “nascosto il suo disappunto”, ribadendo che l’accordo permetterà in un decennio all’Iran di avere a disposizione decine di armi atomiche” e nel frattempo armare Hamas e il terrorismo in Paesi come la Libia.
Sul Corriere una intervista a Yair Lapid, ex ministro delle Finanze di Netanyahu, oggi all’opposizione. Dell’accordo con l’Iran dice che “la procedura per arrivare alle ispezioni è ridicola, gli iraniani hanno ventiquattro giorni per far sparire il materiale prima che gli scienziati occidentali possano verificare. Ma lo sforzo dell’intelligence internazionale per individuare gli inganni iraniani sarà enorme e verranno scoperti”. “L’accordo è un primo ai leader iraniani che negli anni hanno continuato a mentire”.
Il Sole sottolinea anche un altro intervento di Renzi, davanti agli universitari di Tel Aviv, per rimarcare il successo di Israele nel campo dell’innovazione.
In un commento di Ugo Tramballi ci si sofferma sul successo economico “miracoloso” di Israele, e si aggiunge che il mese scorso un rapporto della Rand Corporation, think tank Usa, sosteneva che se Israele trovasse un accordo con i palestinesi il “dividendo della pace garantirebbe 123 miliardi di dollari in dieci anni”, al netto degli altri 200 che costerebbe invece uno stato di guerra. E anche per i palestinesi andrebbe meglio: il loro Pil procapite aumenterebbe del 36 per cento. “Il miracolo economico di un Israele in guerra scolorirebbe di fronte al toccasana della pace”.
Grecia
Sul Sole 24 ore: “Tsipras alla resa dei conti con i ribelli”. “Oggi in Parlamento il secondo pacchetto di riforme, rimandata la stretta su baby pensioni e agricoltori”. Intanto l’esecutivo ha varato la norma sulla gestione delle crisi bancarie, che sarebbe stata accolta “con favore” dalla Bce. Il quotidiano ricorda che lo scorso mercoledì il primo ministro ha ottenuto 123 voti sui 162 che aveva sulla carta grazie alla tenuta del partito dei Greci Indipendenti. Oggi Tsipras metterà in votazione le norme sul nuovo codice civile e l’adozione della direttiva sulle crisi bancarie, rimandando il voto sulle pensioni e sulla tassazione degli agricoltori, norma quest’ultima che non è condivisa da alcuni parlamentari di Nea Demokratia. Insieme al no dei ribelli interni di Syriza potrebbe mandare sotto il governo.
Anche sul Corriere: “Tsipras conta i suoi in Parlamento. Obiettivo: restare a quota 123. Riforme al voto. Nel caso di nuove defezioni, elezioni vicine. S&P alza il rating”.
Su La Repubblica, alle pagine dell’economia, l’intervista al presidente della Commissione Ue Juncker, di Le Soir/Lena, Leading European Newspaper Alliance: “Evitato il peggio ma in Europa, si è rotto il legame della solidarietà”, “Su Atene così come sull’immigrazione, c’è una rottura fattuale di quel legame. Il futuro mi preoccupa”, “Durante le trattative i primi ministri erano preoccupati più dagli effeti che l’accordo avrebbe avuto nei loro Paesi”. E su Tsipras: “alla fine è diventato un uomo di Stato, ha capito che se avesse proseguito sula sua strada, sarebbe stata la fine della Grecia”.
Su La Stampa, pagine dell’economia: “S&P promuove il piano Tsipras e alza il rating della Grecia”, “Oggi Atene vota le riforme del codice civile e delle banche”.
Su La Repubblica un intervento di Paul Krugman: “Il sogno impossibile dell’Europa”. Dove si legge che “la Grecia vive una crisi peggiore della Grande Depressione e gli attuali sviluppi non offrono alcuna speranza di ripresa. La Spagna viene portata ad esempio perché l’economia è finalmente in crescita, ma resta il 22 per cento di disoccupazione. E all’estremità superiore del continente si delinea un arco di stagnazione: la Finlandia vive una depressione paragonabile a quella dell’Europa meridionale, la Danimarca e l’Olanda se la passano altrettanto male. Come mai questo sfacelo? Semplice, è quello che accade quando i politici si autoingannano, ignorano l’aritmetica e gli insegnamenti della storia. No, non sto parlando della sinistra in Grecia o altrove, ma di personaggi rispettabilissimi di Berlino, Parigi e Bruxelles che da un quarto di secolo cercano di governare l’Europa su principi di fantaeconomia. A chi di economia non sapeva molto o preferiva ignorare le questioni scomode l’introduzione della moneta unica europea parve una grande idea”. Più avanti Krugman sottolinea che fin dall’inizio non era affatto difficile capire che l’unione monetaria in assenza di unione politica “costituiva un progetto di validità assai dubbia”. Quando poi le prevedibili tensioni sull’euro iniziarono, “la reazione politica dell’Europa fu di imporre una rigida austerità sulle nazioni debitrici e di negare la semplice evidenza storica e logica che quelle politiche avrebbero inflitto danni economici tremendi, senza peraltro riuscire a realizzare la promessa riduzione del debito”.
Sul Corriere Federico Fubini si occupa dei “duelli” tra economisti sulla crisi greca e ricorda una recente dichiarazione di Paul Krugman: “Ho avuto uno choc – ha ammesso. Non mi era passato per la testa che quelli del governo greco potessero prendere una posizione così dura senza un piano di riserva”.
Fubini scrive anche che l’altro economista vicino alle posizioni battagliere di Syriza, Joseph Stiglitz, “per parte propria non ha confessato alcuno ‘choc'” e che “entrambi i Nobel continuano a prevedere una rottura dell’accordo e dell’auro. Hanno buoni argomenti ma li presentano in modo così martellante da far sospettare un filo di impazienza. In fondo, se il peggio accadesse, non farebbe che avallare il fatto che le loro idee neo keynesiane contro i sacrifici di bilancio erano corrette”.
Riforma Pa
Sul Sole 24 Ore una pagina è dedicata alle prime indiscrezioni sulla prossima legge di Stabilità. “Contratti Pa, per il rinnovo oltre un miliardo. Per pensioni e sgravi neoassunti altri 3-4,8 miliardi. Il Mef: in cinque anni 35 nuove agevolazioni fiscali”.
Sul Messaggero Francesco Grillo si chiede se la legge di riforma della Pa riuscirà a “sopravvivere alla maledizione che ha colpito le tante riforme della macchina dello Stato” degli ultimi anni. Grillo scrive che “la sostenibilità del cambiamento che la Madia sta proponendo dipende da una serie di dettagli dietro i quali si nasconde il diavolo delle controriforme striscianti che hanno depotenziato i tentativi dei suoi illustri predecessori. Su questi dettagli il Governo interverrà con una ventina di decreti attuativi che determineranno l’esito finale”. Uno dei dettagli è quello di “convincere le persone il cui comportamento si propone di cambiare”. Nella riforma Madia si parte dalla “carriera dei dirigenti. Sono i dirigenti, del resto, quelli che possono determinare gli esiti di qualsiasi trasformazione e che, spesso, vi si sono opposti; sono loro la cerniera tra potere politico che cambia di continuo e strutture che sono, invece, stabili”. Ma la riforma deve affrontar e due nodi: “Il primo è quello della valutazione”, “per non cadere dalla padella dei burocrati che affossano qualsiasi cambiamento nella brace della discrezionalità della politica”; il secondo è quello della “autonomia”, nel senso che “un dirigente valutato deve avere le leve per poter condizionare la prestazione dell’organizzazione di cui è responsabile”.
Ilva
Continua il “braccio di ferro sull’Altoforno”, come scrive Il Sole 24 ore. Ieri una nuova istanza dell’azienda per poter continuare la produzione: se rigettata farà subito appello in Cassazione”. “Resta la tensione per gli operai denunciati. Domani i commissari alla Camera”. Il quotidiano ricorda che Ilva ritiene di avere il diritto di utilizzare l’altoforno 2 sulla base del decreto varato dal governo il 4 luglio. Opposto il parere del custode giudiziario dell’impianto, nominato dal Pm.
Sotto un altro articolo: “I sei mesi neri dell’acciaio italiano. Le vicende tarantine pesano sull’output nazionale. Tra gennaio e giugno caòlo del 10,6 per cento sul 2014”.
Ceto medio
Sul Corriere una pagina è dedicata al rapporto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo: “Casa addio, ora gli italiani risparmiano per i figli”. E’ una indagine sul risparmio. L’indagine è basata su interviste e dice che nel 2015 le famiglie italiane della classe media sono il 38,5 per cento del totale, in calo rispetto al campione del 57,1 per cento rilevato nel 2007, prima della crisi. Durante la crisi insomma – secondo il rapporto – circa 3 milioni di famiglie hanno “perso l’ancoraggio economico che le ancorava alla classe media”,
“Così hanno cancellato il ceto medio” scrive Il Giornale. Il commento di Alessandro Sallusti si sofferma sul fatto che “uno stato di polizia fiscale ha stritolato le imprese e messo all’indice artigiani e commercianti”, con il risultato che i miliardari “hanno portato fabbriche e yacht all’estero” mentre “i poveri sono rimasti tali”. “Non è un caso che a innescare tutto questo sia stato un presidente della Repubblica comunista, Giorgio Napolitano”, con la “ricetta, mai sottoposta alle urne” affidata “prima a Mario Monti, poi a Enrico Letta, infine a Matteo Renzi”.
Sul Sole, alla pagina dei commenti, Valerio Castronovo: “Ridare fiducia alla classe media. Meno tasse, investimenti e occupazione: le leve per riprendersi”. E poi Carlo Carboni: “E’ questione politica, non economica”. “La crisi del ceto medio genera astensione, sentimenti antipolitici o populismi come testimoniano per esempio i successi di Syriza e Podemos”