Il Corriere della sera: “Italiano ucciso, le scuse di Obama”. “Era prigioniero da tre anni dei talebani. Tra le vittime anche un ostaggio americano”. “La Casa Bianca: risarciremo”. “Il volontario Lo Porto colpito dai droni in un raid Usa. Renzi alla famiglia: aveva la mia età”.
“Morire quattro volte” è il titolo dell’editoriale, firmato da Beppe Servegnini.
A centro pagina: “Migranti, fondi triplicati per i soccorsi. Europa divisa su scafisti e accoglienza”. “Accordo parziale sul piano italiano. Merkel: idee diverse. Cameron: niente asilo”. “Il segnale atteso che è arrivato a metà” il titolo di un articolo di Franco Venturini.
A fondo pagina: “Così l’Italia farà pagare le tasse a Google”. “Una ritenuta alla fonte sui pagamenti ai giganti del digitale. Giro d’affari da 11 miliardi”.
In evidenza anche due articoli i dati sull’occupazione e sull’economia: “Effetto jobs act, a marzo 92 mila nuovi contratti”. “Merkel vede Tsipras: ‘Evitiamo il default’. Grecia da salvare”.
La Repubblica ha in apertura un’intervista del direttore Ezio Mauro al Presidente della Repubblica: “Mattarella: il 25 aprile patrimonio di tutto il Paese”, “Grazie a un moto di popolo democrazia e libertà hanno vinto, ma vanno difese ogni giorno”, “Ha ragione Calvino: pietà per i morti ma è impossibile equiparare i giovani di Salò e i partigiani”.
L’altra notizia di apertura riguarda la morte del cooperante italiano Giovanni Lo Porto, di cui si riproduce una foto con bimbi africani in braccio: “Ucciso da un drone il volontario italiano rapito da Al Qaeda. Obama: colpa mia”, “Lo Porto prigioniero da 3 anni in Pakistan. Nel blitz muore anche un ostaggio Usa. Renzi avvisato un giorno prima, è polemica”.
A centro pagina, sul vertice europeo ieri a Bruxelles: “Migranti, la Ue triplica i fondi. Ma è lite su chi li accoglierà”.
A fondo pagina, il rimando all’inserto R2 con la storia di copertina: “Il viaggio dell’Armeno errante sulle strade del genocidio negato”. Ne scrive Bernardo Valli da Ostanbul.
Anche La Stampa ha in apertura la foto di Giovanni Lo Porto circondato da bimbi africani. E, poco sotto, quella del presidente Usa, ieri in conferenza stampa: “Ucciso in un raid Usa il cooperante italiano”, “Obama addolorato: mie tutte le responsabilità”, “I nostri 007: eravamo a un passo dal liberarlo”.
In apertura a sinistra: “Una flotta europea per rafforzare Triton. Rifugiati, niente intesa”, “Successo a metà del vertice Ue sull’immigrazione”, “Triplicate le risorse per l’operazione. Renzi: per la prima volta una strategia”.
Sul tema, il richiamo all’intervista del quotidiano a Romano Prodi: “Serve una vera politica per l’Africa”.
Di spalla a destra: “Effetto Jobs Act. A marzo quasi centomila posti in più”, “Mattarella: c’è fiducia”.
Sulla politica italiana, un “retroscena” di Amedeo La Mattina: “Verdini pronto a lasciare Forza Italia”, “L’ex braccio destro di Berlusconi, sempre più vicino al premier, punta al partito della Nazione”.
Il Fatto: “Il drone di Obama spara e uccide un italiano”, “Una settimana fa il leader Usa aveva respinto la richiesta di Renzi di ‘armare’ i Predator comprati dall’Italia per colpire i barconi, ieri la notizia della morte del nostro cooperante Giovanni Lo Porto durante un raid della Cia in Pakistan. Intanto ‘sparisce’ dal def il taglio degli F-35”.
Il quotidiano ha in prima il richiamo ad una intervista a quello che presenta come “il trafficante di migranti”, Weddi Shambel: “Se bombardate, noi rispondiamo”, “Il suo nome nell’inchiesta sulla tratta di esseri umani. Risponde da una masraa libica, in sottofondo le voci di centinaia di migranti pronti a partire e il pianto dei neonati: ‘Venite a cercarmi, sono armato. Fate casino solo per avere più denaro’”.
A centro pagina, un’intervista alla costituzionalista Lorenza Carlassare: “’Italicum, così il governo scavalca la Costituzione’”, “’Le parole di D’Alimonte sulla svolta presidenzialista sono rivelatrici. Sarà alterata la gerarchia dei poteri dello Stato e il Parlamento verrà subordinato all’esecutivo e ai ministri. Spiace dover dare ragione e uno come Berlusconi, ma questa è davvero bulimia di potere’”.
Il Giornale: “Obama e (forse) Renzi hanno nascosto un morto italiano”. “Il volontario rapito da Al Qaeda”. “Tre mesi fa ucciso per errore in un raid Usa. Ma ce lo dicono solo ora”. E poi: “Vertice sbarchi, solo promesse. Il premier torna a mani vuote”.
In prima anche un articolo di Nicola Porro: “L’errore di chiamarli ‘schiavisti'”.
A centro pagina: “Le mosse del centrodestra. Marina Berlusconi attacca il premier. ‘Governo di parole più che di parola’”. “E il Cav: in Italia democrazia sospesa”.
A fondo pagina: “Se Matteo diserta il ricordo degli armeni”.
Di spalla: “Divorzi, nozze gay e i cattolici orfani del centrodestra”, di Renato Farina.
Il Sole 24 Ore: “Tassi Bot sotto zero. Il mercato vende Bund”. “I rendimenti dei buoni trimestrali a -0,007 per cento. Borse Ue incerte, Nasdaq in record”.
In alto: “Immigrazione: triplicati i fondi per la missione Triton. Europa divisa sull’asilo”. “Vertice Ue sull’emergenza sbarchi”. Accanto: “Cooperante italiano ucciso in Pakistan da un drone americano”. “Rapito da Al Qaeda tre anni fa”.
A centro pagina: “A marzo più contratti stabili”. “Il ministero del lavoro: meno posti a tempo e co.co.co”. “Mattarella: dati confortanti, incoraggiano la fiducia”. L’editoriale, firmato da Alberto Orioli, è dedicato a questa notizia. E poi: “Si del Parlamento al Def: copertura provvisoria per spendere il ‘tesoretto'”.
Da segnalare sul quotidiano di Confindustria una inchiesta di Claudio Gatti: “Il debito-monstre e la vera storia dei derivati italiani”.
Lo Porto
La Stampa, pagina 2: “Drone americano uccide Lo Porto. Obama chiede scusa all’Italia”, “Blitz contro Al Qaeda in gennaio nel Punjab. Il Presidente: mia responsabilità, farò chiarezza. Il cooperante italiano rapito nel 2012. Con lui morto un cittadino Usa. Renzi avvisato mercoledì”. E, sulla stessa pagina: “Le opposizioni insorgono. Il premier sapeva del raid?”, “E’ polemica anche sui tre mesi di silenzio dopo l’uccisione”, “Dalle prime ricostruzioni sembra che Lo Porto sia stato usato come una sorta di ‘scudo umano’”. A pagina 3, il “retroscena” di Alberto Simoni e Lao Petrilli: “La frustrazione degli 007: ‘Eravamo vicini a liberarlo’”, “In un video della primavera del 2014 il disperato appello: aiutatemi, sto male”. E Riccardo Arena descrive “il personaggio”: “Giovanni, da un Paese all’altro con l’impegno della solidarietà”, “La rabbia della famiglia, convinta che sarebeb tornato”.
Sul Corriere Paolo Valentino e Guido Olimpio raccontano “quel raid una notte d’inverno” e “l’errore dell’intelligence Usa”. Si racconta che venerdì scorso, durante la visita di Renzi a Obama, è stato chiesto al presidente Usa se avessero parlato dei droni da usare in Libia, e che Obama – abbassando gli occhi – abbia risposto che non ne avevano parlato. “Fonti americane suggeriscono che già in quella occasione Obama potrebbe aver informato il premier del tragico errore, ufficialmente commesso in gennaio, quando un drone della Cia ha colpito un ‘importante obiettivo’ jihadista causando però, allo stesso tempo, la morte dei due ostaggi Lo Porto e Weinstein”. Si scrive che il blitz è stato fatto per colpire Ahmed Farouq, “numero due di Al Qaeda per il subcontinente indiano”. Insieme a lui ucciso anche Qari Imran. Solo a febbraio “l’intelligence ha riferito di voci nell’area tribale secondo cui due occidentali prigionieri dei talebani erano morti in un raid che aveva devastato il rifugio di un comandante uzebko alleato dei talebani cosidetti ‘buoni’, cioè non coinvolti negli scontri con il Pakistan. Ma nessuno collegava ancora la voce a Lo Porto e Weinstein”. Solo diverse settimane dopo, si legge, si è avuta la certezza che si trattasse dei due morti nello stesso raid. IL Corriere dà anche conto di una “coincidenza strana”, ovvero la notizia data dal Washington Post della sostituzione, il 25 marzo, del capo del Centro per l’Antiterrorismo della Cia, “conosciuto solo con il nome di Roger”, esautorato e sostituito: “Ha forse pagato per l’errore?”.
Su Il Giornale: “Ma quale flirt. Così Obama ha preso in giro ‘l’amico’ Matteo sul caso Lo Porto
La Repubblica, pagine 4 e 5: “’Lo Porto ucciso da un raid Usa’. Rapito da Al Qaeda, le scuse di Obama”, “L’italiano, che era scomparso tre anni fa, è morto insieme a un cooperante americano ne corso di un’operazione condotta con un drone della Cia a metà gennaio”, “La Casa Bianca risarcirà le famiglie. Nelle azioni sono stati eliminati due esponenti di spicco dell’organizzazione terroristica”. E Romina Marcea racconta, anche qui, il “personaggio”: “Giovanni, da Haiti al Pakistan per aiutare i più deboli. La madre: ‘Datemi il suo corpo’”.
Ancora su La Repubblica, pagina 6: “Renzi informato mercoledì, è polemica”, “Le opposizioni insorgono contro il premier. Forza Italia e grillini: ‘Perché non ha detto nulla?’. Boldrini: ‘Preoccupante non aver saputo prima’. Oggi Gentiloni riferisce in Parlamento”.
Il Corriere intervista Rosa Calipari, che è anche membro del Copasir: “Gli americani, oltre alle scuse ci dovranno spiegare”. Dice che “fino alla fine del 2013 i servizi ci facevano capire che l’ostaggio era ancora in vita”. Dice anche che il caso è diverso da quello del marito Nicola, “nel caso di raid c’è sempre un rischio elevato, nel caso di Nicola è emersa totale negligenza e mancanza di informazione da parte dei vertici militari italiani a Baghdad”.
Il Fatto, pagina 2: “Le uccisioni mirate di Obama ammazzano l’ostaggio italiano”, “Il Presidente Usa si scusa in tv per l’errore nel raid contro Al Qaeda, tra le vittime Giovanni Lo Porto, sequestrato nel 2012, e un americano”. “Due anni di inutili trattative” è il titolo di un’analisi di Enrico Fierro, a pagina 3 su Il Fatto: dove si sottolinea che molti sono ancora i misteri sull’attacco alla base talebana. I nostri servizi di intelligence non erano stati informati, né c’era stato scambio di informazioni con gli americani sugli spostamenti dell’ostaggio italiano. Lo Porto e il suo collega americano sarebbero stati spostati più volte, e forse passati per le mani di diversi gruppi dell’area qaedista. Una fonte dei servizi rivela: spesso nelle aree di confine tra Pakistan e Afghanistan operano “bande che poco o nulla hanno a che fare con il terrorismo islamista”, sono piuttosto “gruppi di predoni che operano in una prima fase. Sequestrano l’ostaggio e lo propongono a gruppi più politicizzati. C’è una vera e propria trattativa fra bande che può durare anche mesi”.
Su La Repubblica anche un “dossier”: “Quella guerra dall’alto decisa dal computer: ‘Droni, ora nuove regole’”, Spesso gli obiettivi sono selezionati con un software. Le ong stimano in migliaia le ‘vittime collaterali’”.
E’ stato “un flop della nostra intelligence”, dice poi in una intervista al quotidiano Robert Brigham, professore al Vassar college di New York. Cosa è andato storto nell’operazione in Pakistan? “Non c’è dubbio che l’affidabilità dell’intelligence americana è molto minore di una volta, soprattutto per la tendenza a sostituire la presenza degli operativi sul terreno con la tecnologia. Nella Cia prevale ormai la ‘data culture’, l’ossessione per algoritmi ed elaborazione di big data, a scapito dell’apporto umano”, “è un’ illusione puntare sui droni pensando che siano senza rischi per i civili”.
Su La Stampa, Paolo Mastrolilli, corrispondente da New York: “Raid mirati e stragi di innocenti. La guerra fatta con i droni”, “Obama ha ereditato il programma dall’ex presidente George W. Bush e lo ha potenziato. Il motivo: risparmia i soldati americani. Ma in 10 anni sono stati uccisi centinaia di civili”.
Il Fatto scrive che l’ong britannica Reprieve ha calcolato l’inefficacia dei droni statunitensi: su 41 bersagli colpiti, sarebbero 1.147 i civili uccisi.
Sul Corriere Guido Olimpio si sofferma sulla “guerra invisibile” dei droni Usa, “voluti da Bush”e “usati da Obama dal Pakistan allo Yemen”. Nel solo 2014 i droni hanno registrato oltrre 300 mila ore di volo. “Un senatore americano si è lasciato scappare che le macchine volanti hanno ucciso 5mila persone, compresi 64 elementi di spicco del terrorismo”. “Insieme a loro un buon numero sono civili”, scrive Olimpio. Fino a qualche anno fa la base in cui opera il personale che guida i droni era quella di Greech, nel Nevada. Oggi ce ne sono in Gran Bretagna, Turchia, Arabia Saudita e anche Italia.
Sul SOle Mario Platero cita i dati raccolti dal Bureau of Investigative Journalism, scrivendo che l’Amministrazione Obama ha “quasi decuplicato gli attacchi con i droni” rispetto all’Amministrazione Bush. “Il numero ufficiale parla di 437 vittime civili, spesso bambini donne e vecchi negli anni di Obama”. L’Italia pensa di usare i droni contro i barconi “ma èuna opzione da pensare bene”, si legge.
Sul Corriere Beppe Severgnini scrive che Lo Porto “è morto quattro volte. Quando è stato rapito, quando è stato dimenticato, quando è stato colpito, quando la notizia della sua uccisione è stata nascosta”. E’ stato ucciso “dalla ferocia disumana dei rapitori, dalla nostra distrazione, da una bomba dal cielo, dal segreto militare”.
Immigrati
Il Sole 24 Ore dà conto del vertice di ieri sulla questione immigrazione: “Renzi: grande progresso, ora i fatti”. “Merkel: aiuto all’Italia ma serve il registro dei rifugiati, fra i 28 idee diverse su Triton”. Le parole di Renzi: “‘Il rischio insabbiamento c’è in tutti i testi Ue, ma oggi per la prima volta c’è una grande strategia’”. “I distinguo di Cameron: ‘Giusto che la Royal Navy aiuti a salvare vite, ma porteremo i rifugiati in Italia e Paesi vicini'”.
Sul Corriere: “Renzi vede in positivo: ‘Passo gigantesco’”.
La Stampa: “Più soldi e più mezzi per Triton. L’Ue vara un Mare nostrum bis”, “triplicati i fondi per la missione nel Mediterraneo, che potrà andare oltre le 30 miglia. Ma tra i Paesi non c’è intesa sulle quote minime dei profughi. Cameron: restino in Italia”.
E la pagina seguente racconta “La soddisfazione di Renzi: ‘L’Europa ha una strategia’”, “Il premier: giagntesco passo in avanti, non solo per l’Italia”.
Il Fatto: Renzi strappa qualche soldo ma l’Europa lo lascia solo”, “Immigrazione, nessun impegno dall’Ue su accoglienza e intervento”.
E il quotidiano intervista Arturo Varvelli, ricercatore dell’Ispi: “Bisogna lavorare con i Paesi a sud della Libia”. Ovvero il Niger, il Mali, il Ciad. Lì si potrebbero allestire campi per esaminare le richieste di asilo e trasferire gli immigrati in Europa in maniera ponderata e sicura, “così rompiamo i flussi da sud”. Ancora su Il Fatto, la proposta avanzata da Emergency, Centro Astalli, Medici Senza Frontiere: “Via Triton, cambiare Dublino”. Le ong chiedono di rivedere il regolamento di Dublino, che obbliga il rifugiato a restare nel primo Paese di accoglienza.
Tornando a La Stampa, a pagina 9 un’intervista a Romano Prodi: “Contro gli sbarchi agire in Afriza. Serve un’intesa in Libia e aiuti più a Sud”, “L’Europa lavori con la Cina”, vista la “pervasività” della presenza di Pechino in questo continente.
La Repubblica: “L’Europa: azioni anti-scafisti e fondi tripli. Niente accordo sulle quote profughi”, “Renzi: ‘Finalmente c’è una strategia’. Cameron: ‘Neppure un migrante nel Regno Unito”. Secondo il quotidiano “L’Ue muove un passo, ma sull’accoglienza l’Italia è da sola”. A scriverlo è il corrispondente da Bruxellea Andrea Bonanni, che sottolinea come dal Consiglio sia arrivato “un segnale di risposta collettiva”, ma serviranno “tempi lunghi per l’ok agli interventi militari”. E “altri Paesi forniranno mezzi per il pattugliamento del Mediterraneo”, ma “il mandato della missione resta confuso”.
E Marcello Sorgi, nel suo “taccuino” su La Stampa ricorda che sull’intervento deciderà l’Onu, ma c’è “l’ostacolo della Russia”, attualmente sottoposta a sanzioni da parte dell’Europa “e per questo non certo invogliata a dare una mano”.
“La Ue molla ancora i profughi all’Italia”, scrive Il Giornale. “Bruxelles ci dà una mancetta: triplicati i fondi a Triton. Ma nemmeno stavolta sfiderà i trafficanti di uomini”. Si legge che il passo dell’Europa “resta quello di sempre”, “pigro e zoppicante” , che “i 28 se la cavano con qualche promessa” e “il vertice straordinario di Bruxelles conferma insomma la spregiudicata abilità di un’Europa bravissima nell’ esibir generosità sfruttando l’accoglienza offerta e pagata dall’Italia. Quando si arriva al nocciolo del problema, quando si discute su chi si accollerà i migranti recuperati dai volenterosi dell’ultima ora scopri infatti che quei disperati non li vuole nessuno. O meglio che tutti pensano di lasciarli, anche stavolta, a noi”.
Si legge ancora che Cameron “chiarisce che Londra non s’accollerà manco un migrante e s’affretterà a scaricarli ‘nel porto più vicino’. Quindi in Italia. All’esplicito rifiuto di Cameron s’aggiunge la taccagna ambiguità di frau Angela Merkel. La ‘cancelliera’ tace sull’accoglienza mentre sul piano dell’operatività marittima si limita a garantire lo spostamento nel Mediterraneo di una nave già impiegata nella missione antipirateria in Somalia. Insomma generosità a costo zero”.
Sul Sole Gian Andrea Gaiani spiega “tutti i rischi della guerra ai barconi”. Si legge che sul fronte della guerra agli scafisti “gli unici pronti a menare le mani (come nel 2011 contro il regime di Gheddafi) sembrano i britannici che invieranno la nave d’assalto anfibio Bulwark con tre elicotteri e unità di forze speciali e Royal marines”. E, sulle operazioni: “Gli interventi dal cielo possono essere imprecisi e quelli da terra mettono a rischio i soldati e possono essere controproducenti”.
Sullo stesso quotidiano Vittorio Emanuele Parsi: “Si aumentano i mezzi ma non cambiano gli obiettivi”. “La montagna ha partorito il topolino”. “Più grave delle divisioni europee aver fatto credere che esistessero soluzioni semplicistiche”.
Sul Corriere un articolo di Giovanni Bianconi e Ilaria Sacchettoni parlano di “uno dei trafficanti più attivi sull’altra sponda del Mediterraneo”, Yehdego Medhane, eritreo di 34 anni, con moglie e figlio rifugiato in Svezia, “identificato dai poliziotti del Servizio centrale operativo e ora ufficialmente latitante dopo l’arresto ordinato dalla Procura di Palermo. Su di lui s’erano concentrati anche gli accertamenti della Procura di Roma, nell’ambito di un’altra inchiesta; gli investigatori del Nucleo speciale d’intervento della Guardia costiera l’avevano individuato attraverso una telefonata in cui lui stesso ammetteva la corruzione dei militari libici”. Mehdane aveva conoscenze tra i soldati, ed ha detto in una telefonata per esempio che “un giorno un loro barcone si è guastato in mare, e questi militari li hanno soccorsi e li hanno accompagnati fino alle acque internazionali”. Mehdane pagava anche mazzette per liberare i rifugiati detenuti nelle carceri libiche. In una telefonata spiega che per far liberare un gruppo di 150 migranti ha corrotto poliziotti libici pagando 40 mila dollari. “Sono spese che intende farsi rimborsare, come sovrapprezzo sul costo della traversata verso le coste italiane: ‘Medhane dice all’altro che si sono accordati con le persone fatte scarcerare che appena in mare, oltre al viaggio pagheranno anche per l’avvenuta scarcerazione'”.
Italicum
Il Corriere intervista Alfredo D’Attorre che “ribadisce fino in fondo il suo dissenso sulla gestione del Pd e sull’Italicum”. Se fosse posta la fiducia sulla riforma elettorale non parteciperà al voto, e poi si schiererà “a viso aperto” contro la legge elettorale. Dice di ritenere che “nel gruppo” la scelta di porre la fiducia potrebbe “creare resistenza e rigetto in una fascia più ampia di quella che si immagina”.
Altro articolo del quotidiano milanese: “Italicum, sfida su voto segreto e fiducia. Prodi boccia il partito della Nazione”. Si tratta di una intervista di Prodi a Radio Popolare, per parlare del suo libro, che conteneva giudizi sulla idea di partito della Nazione rilanciata da Renzi.
Sul Sole 24 Ore: “Fi annuncia il primo voto segreto”. “‘Lo chiederemo sulla pregiudiziale di costituzionalità'”. “Opposizioni sulle barricate: no alla fiducia”. La richiesta di fiducia era “scontata”, scrive il quotidiano. “A questo punto sembra altrettanto scontato che sulla riforma elettorale Renzi chiederà la fiducia”.
Forza Italia
Sul Corriere: “Marina: questa politia non è un pranzo di gala, ma Renzi avvelena i piatti”. In un colloquio con l’Ansa la figlia di Berlusconi, a margine dell’assemblea di Mondadori ha detto che quello di Renzi “sembra molto più un governo di parole che un governo di parola”, “le promesse sono fin troppe, gli impegni mantenuti pochi o nulla”. Marina ha anche parlato della “grandissima soddisfazione” per la conclusione del processo Ruby, che non cancella tuttavia la “grandissima amarezza” perché quel processo “ha infangato mio padre sul piano politico e, ancor peggio, sul piano personale”. Infine, anche sugli altri processi: “Il sacrosanto bisogno di giustizia di mio padre non potrà non essere soddisfatto”.
Su La Repubblica, un articolo di Tommaso Ciriaco: “’Renzi avvelena la politica’, l’ira di Marina Berlusconi spiazza i moderati di Arcore”, “La presidente di Fininvest sfida la linea di Confalonieri e Gianni Letta. L’ex cavaliere torna tra i leader del Ppe: Strasburgo mi ridarà l’innocenza”. Anche qui si scrive che “sono soprattutto gli uomini di Verdini a scalpitare. Sondano riservatamente i colleghi di partito. Vogliono strappare con il capo, sostenere le riforme renziane e lasciare il gruppo. Non che la circostanza allarmi l’ex Cavaliere: ‘Sapete dove può andare Denis, per quanto mi riguarda?’. Al gruppo Misto, pare”, conclude Ciriaco.
Il Giornale: “Il Cav: ‘Democrazia sospesa ma Strasburgo mi riabiliterà'”. “Berlusconi domina il vertice del Ppe. ‘La Corte europea stabilirà la mia innocenza’. Tajani potrebbe diventare coordinatore. Quei contatti con il partito Repubblicano Usa”. Nel suo intervento, davanti a Manfred Weber, presidente del Ppe, e a 150 commensali, Berlusconi ha detto che lui è stato l’ultimo presidente del consiglio eletto, che “questo è il terzo governo non eletto dal popolo” e che “si regge alla Camera su 148 deputati dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale e su 32 senatori eletti con il centrodestra che ora fanno da stampella alla sinistra”.
Sul Sole Lina Palmerini si sofferma sulle “tre date del big bang in Forza Italia”: 28 aprile, 2 maggio, 1 giugno. La prima data è quella del “via alle danze” sulla legge elettorale. Il 2 maggio è il giorno successivo alla presentazione delle liste per le Regionali, quando Fitto potrebbe presentare ricorsi al Tar sull’uso del simbolo. Il 1 giugno è il giorno dopo il voto, che potrebbe essere quello della “conta dolorosa”: secondo gli ultimi sondaggi Forza Italia avrebbe solo l’8 per cento.
Sul Corriere: “Il leader vuole un ciclone, le liste un test per ripartire. Rossi sonda i nuovi nomi”. “Al lavoro per Fi anche Tajani e Fiori. Ncd con Toti in Liguria”.
Su La Stampa, a pagina 13, un “retroscena” di Amedeo La Mattina: “Verdini pronto a lasciare Fi per il partito della Nazione”, “Il passaggio al gruppo misto potrebbe avvenire dopo le Regionali. L’ex braccio destro di Berlusconi sempre più attratto dal renzismo”.
Occupazione
Ieri il ministero del lavoro ha diffuso i dati sugli occupati in marzo, in crescita rispetto a un anno fa, soprattutto per quanto riguarda i contratti a tempo indeterminato. Mattarella ha apprezzato la notizia, la Camusso ha parlato di “propaganda”.
Il Corriere della Sera: “Più assunzioni (e posti fissi). A marzo 92 mila nuovi contratti”. “Il ministro Poletti: effetto del jobs act. Brunetta: nessun trionfalismo”.
Alberto Orioli, sul Sole, sottolinea che si tratta di dati “provvisori, manchevoli, suscettibili di correzioni”, ma che il saldo tra cessazioni e attivazioni è positivo. E dunque “non si può non vedere il segno di uno scongelamento, di un potenziale nuovo corso. L’incrocio tra il nuovo contratto a tutele crescenti previsto dal Jobs act (in vigore dal 7 marzo) e la nuova stagione della decontribuzione totale per le assunzioni a tempo indeterminato avviata in gennaio produce i suoi primi effetti. Le riforme danno un primo esito positivo. Le imprese stanno spostando l’attenzione verso contratti a maggiore stabilità a discapito di quelli temporanei”. Sommato ai dati sulle esportazioni e alla situazione favorevole dell’euro debole, scrive Orioli, “bisogna mantenere la spinta per le riforme, mirare la politica industriale su innovazione e crescita e non sprecare le risorse del bilancio pubblico. È già tempo di pensare a come rendere strutturale il taglio al cuneo fiscale”.
25 aprile
Il direttore de La Repubblica Ezio Mauro intervista il presidente della Repubblica alla vigilia del 25 aprile. Lei -chiede- ha attraversato la vita politica e istituzionale di questo Paese, ha vissuto la sfida delle Brigate rosse e ha fronteggiato anche l’emergenza più acuta. Che cosa legge nella data del 25 aprile, settant’anni dopo la Liberazione? Sergio Mattarella risponde: “Il Paese è fortemente cambiato, come il contesto internazionale. Non c’è più, fortunatamente, la necessità di riconquistare i valori di libertà, di democrazia, di giustizia sociale, di pace che animarono, nel suo complesso, la Resistenza. Oggi c’è la necessità di difendere quei valori, come è stato fatto contro l’assalto del terrorismo, come vien fatto e va fatto sempre di più contro quello della mafia. La democrazia va sempre, giorno dopo giorno, affermata e realizzata nella vita quotidiana. Il 25 aprile fu lo sbocco di un vero e proprio moto di popolo: la qualifica di ‘resistenti’ va estesa non solo ai partigiani, ma ai militari che rifiutarono di arruolarsi nelle brigate nere e a tutte le donne e gli uomini che, per le ragioni più diverse, rischiarono la vita per nascondere un ebreo, per aiutare un militare alleato o sostenere chi combatteva in montagna o nelle città”. Cosa pensa della polemica dei decenni passati sulla “Resistenza tradita”? Mattarella risponde citando le parole pronunciate da Giorgio Napolitano nel 2008 a Genova: “’Vorrei dire -affermò l’ex presidente- che in realtà c’è stato un solo mito privo di fondamento storico reale e usato in modo fuorviante e nefasto: quello della cosiddetta ‘Resistenza tradita’, che è servito ad avvalorare posizioni ideologiche e strategie pseudo-rivoluzionarie di rifiuto e rottura dell’ordine democratico-costituzionale scaturito proprio dai valori e dall’impulso della Resistenza’. Condivido dalla prima all’ultima parola”. Più avanti, sul tema della riconciliazione: “Non c’è dubbio -dice Mattarella- che la pietà e il rispetto siano sentimenti condivisibili di fronte a giovani caduti nelle file di Salò che combattevano in buona fede. Questo non ci consente, però, di equiparare i due campi: da una parte si combatteva per la libertà, dall’altra per la sopraffazione. La domanda di Bobbio ai revisionisti è rimasta senza risposta: che cosa sarebbe successo se, invece degli alleati, avessero vinto i nazisti?”.