La canzone di Jamala. Una rivincita per i tatari di Crimea

 

Il Corriere della Sera ha in prima la foto dello stadio Old Trafford di Manchester evacuato e sorvegliato dalla polizia: “Stadio evacuato, la beffa inglese”, “Finta bomba lasciata dopo un’esercitazione”. Ne scrive Guido Olimpio.

Di fianco: “‘Libia a rischio’. L’Italia rimanda l’invio di soldati”, “La Farnesina: puntiamo a stabilizzare il Paese”.

Sul tema “produttività e demografia” un commento di Lorenzo Bini Smaghi: “Economia, i nostri ritardi”.

Sulla trattativa del governo con l’Ue sui nostri conti pubblici: “Manovra da 10 miliardi?”, di Federico Fubini.

A centro pagina, il M5S: “Di Maio si affida a Grillo: è il garante delle espulsioni”, “Caso Pizzarotti, parla il vicepresidente della Camera”.

L’editoriale in apertura a sinistra un’analisi di Paolo Mieli: “Scacciare l’Isis non basta”.

A fondo pagina: “Vincere in Formula 1 a diciotto anni”, “Max Verstappen ha avuto i nervi saldi di un adulto, non l’impazienza dei ragazzi”, di Paolo Di Stefano.

Infine, “La riflessione” di Susanna Tamaro: “Pagare le tasse è civile, non è bello”.

La Repubblica: “Voto in due giornate anche al referendum. Letta: ‘Non ha senso'”, “La battuta di Grillo sul sindaco di Londra, polemiche. Salvini: al ballottaggio meglio Raggi di Giachetti”.

E un’analisi di Nadia Urbinati: “Il M5S e la retorica della purezza”.

Sui temi economici: “Le mosse del governo. Da fondi e risparmio la spinta della crescita. Con Calenda rilancio delle privatizzazioni”, “Quattro punti per la produttività”. Ne scrive Ferdinando Giugliano.

Di fianco, foto di un piccolo tifoso a Manchester ieri allo stadio: “Manchester, finta bomba, evacuato lo stadio”.

E sull’allarme in vista degli Europei di calcio: “51 difficili partite”.

A centro pagina: “‘Ora serve un piano per le famiglie’, ma il bonus bebé divide la politica”, “Il dossier: congedi flessibili e bond per il welfare”.

A questo tema è dedicata la riflessione di Chiara Saraceno: “Un figlio costa anche da grande”.

Sulla colonna a destra, Moises Naim si occupa di Venezuela: “Venezuela. I colpevoli di una crisi umanitaria”, “Le fabbriche chiudono. Maduro invia l’esercito. Oppositori: ‘Alle urne'”.

A fondo pagina un intervento di Salvo Intravaia: “Quel miliardo nascosto speso in lezioni private”. Si tratta di una ricerca della Fondazione Einaudi sul mercato nero delle ripetizioni scolastiche.

La Stampa: “Dall’Ue arriva uno sconto da 14 miliardi”, “Lettera di Bruxelles: sciogliete i nodi su Iva e deficit”, “Salvini, prove d’intesa con i grillini in chiave anti-Renzi”.

“La rischiosa offensiva della Lega” è il titolo di un commento di Federico Geremicca.

E sul “caso Milano”: “Il laboratorio per il futuro della destra”, un commento di Giovanni Orsina.

Di fianco, grande foto per Jamala, la cantante ucraina che ha vinto l’Eurofestival: “Jamala alla guerra delle canzoni”, “Ira di Mosca per la cantante ucraina che vince l’Eurofestival con un brano antirusso”.

Più in basso: “Sottomarini in missione in Libia per difendere l’Italia dai terroristi”, “Quattro U212 sorvegliano le comunicazioni dei gruppi jihadisti”.

Poi la “paura a Manchester”: “Finta bomba a Old Trafford. Stadio evacuato, niente partita”, “La polizia: era soltanto un telefono dimenticato. Psicosi terrorismo a poche settimane dagli Europei”.

A fondo pagina: “F1, il baby campione sul podio con le due Ferrari”, “Storico Verstappen: primo a 18 anni nel Gp di Barcellona. Mai un vincitore così giovane”.

Il Fatto apre con le parole pronunciate dall’ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky al Salone del Libro di Torino: “‘Mattarella ora fermi Renzi'”, “‘Il premier semina paura contro il no'”, “Dal Salone del Libro appello al capo dello Stato: ‘Basta ricatti. Il referendum di ottobre non si svolgerà democraticamente se verrà fatta circolare l’idea che è l’ultima spiaggia’. Alfano: votare anche il lunedì. Salvini: ‘Tra Giachetti e Raggi scelgo la candidata M5S'”.

Di fianco, la “storia di copertina” su CasaPound: “Di mazza e di governo: marea nera CasaPound”, “L’exploit alle amministrative di Bolzano, i circoli culturali e le azioni ‘sociali’, l’avanzata nelle scuole fino alla marcia sabato prossimo a Roma: dove vuole arrivare il movimento di estrema destra”.

A centro pagina: “‘Bomba a Manchester’, psicosi e partita rinviata”, “‘Un tubo di gas collegato a un telefonino’ e costruito per seminare panico: il pacco poi è stato fatto saltare. I tifosi cantano contro Jihadi John: ‘Vai al diavolo’. Allerta massima in vista degli Europei di calcio in Francia dopo i dossier degli 007”.

Sotto la testata, su Eurovision: “Vince la canzone sui crimini di Stalin. E Putin si infuria”, “‘1944’ dell’ucraina Jamala contro le deportazioni”.

Di fianco: “Alessandria d’Egitto, il porto dei trafficanti all’ombra di Al-Sisi”. Un reportage di Pierfrancesco Curzi spiega che la Libia è pericolosa, quindi l’Egitto di Al Sisi è uno dei più battuti dai trafficanti di uomini e la storica città di Alessandria è uno degli snodi grazie al suo porto.

Il Giornale: “Terrorismo, siamo nel pallone”, “Senza difese”, “A un mese dall’inizio degli Europei panico allo stadio di Manchester per presunto ordigno. Attacchi di Parigi e Bruxelles, il dossier che prevedeva tutto ignorato per un litigio tra agenti”. Un ispettore belga -spiega il quotidiano- aveva consegnato in anticipo un dossier che tuttavia non era stato preso in considerazione dal suo capo per “antipatia personale”.

“Bomba o non bomba siamo minacciati tutti”, scrive Giuseppe De Bellis.

Su politica e giustizia: “Pd, M5S e la fregnaccia della gara a chi è più pulito”, di Piero Ostelllino.

Di fianco: “Spunta la cordata Bonomi per la maggioranza di Rcs”, di Massimo Restelli.

A centro pagina: “Così il governo ‘rottama’ le auto storiche”, “Effetto bollo”.

L’editoriale del direttore Alessandro Sallusti è dedicato al caso Dell’Utri: “Detenuto senza cure”, “Giudici e burocrati hanno condannato a morte Dell’Utri”, è il titolo di apertura, a sinistra, del quotidiano. E l’editoriale di Sallusti: “Colpito perché simbolo”.

In prima anche un commento di Antonio Signorini su Mattarella: “Mattarella, il signor sì che aiuta sempre il premier”, “La sponda del Colle”.

Al voto in due giorni?

Su La Repubblica la proposta del ministro dell’Interno Alfano: “‘Voto in due giorni anche sulla Carta’”, “Alfano propone per il referendum costituzionale di ottobre la scelta di allungare al lunedì l’apertura delle urne già decisa per le comunali. Ma i maggiori costi fanno discutere: la spesa per gli extra sarebbe di circa 100 milioni”. In basso, intervista all’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, sotto il cui governo venne deciso, come misura della spendig review, il giorno unico per le tornate elettorali: “Los concerto di Letta che firmò la legge: ‘Retromarcia costosa, non capisco proprio'”, “Ovunque in Europa si vota in un giorno”. Il quotidiano intervista Roberto Weber, Istituto Ixé, che spiega, a proposito delle comunali da prolungare: “Non serve prolungare, la quota motivata è sempre quella: intorno al 50 per cento”, “ci stiamo europeizzando. Si riduce il demos, si restringe la base elettorale e avviene perché ormai moltissimi possono prescindere dalla politica”. Il ragionamento vale anche per il referendum sulle riforme costituzionali? “Penso di no. Noi siamo il Paese più politicizzato d’Europa e siccome questo voto viene percepito come una scelta su cui comanderà ci sarà più partecipazione”. In quanti voteranno? “Intorno al 60 per cento. Gli italiani percepiscono le riforme come collegate alla legge elettorale. E per questo Renzi rischia”.

M5S, Lega, Milano, Napoli, elezioni amministrative

Su La Repubblica: “Salvini: contro Giachetti meglio Raggi”, “Il leader della Lega sceglie nell’ipotesi di un ballottaggio a Roma tra 5 Stelle e centrosinistra. Oggi al Consiglio di Stato l’ultima chance per Fassina, già ai ferri corti con Sel: scambi d’accuse sul pasticcio delle firme irregolari”.

Su La Stampa, pagina 2: “Prove di alleanza anti-Renzi. Salvini: pronti a votare Raggi”, “Il leghista: se al ballottaggio a Roma va Giachetti, appoggiamo il M5S”. Ne scrive Amedeo La Mattina. A pagina 3 l’inviato a Parma Jacopo Jacoboni: “‘Sì al dialogo’, la tentazione dei Cinque Stelle”, “Di Maio sceglie la linea possibilista: porte aperte agli elettori di destra, ma no all’alleanza contro il sistema. Per il secondo turno possibile sostegno del Carroccio a Roma e Torino in cambio di voti grillini su Parisi”, il candidato del centrodestra a Milano.

E per restare a Milano, segnaliamo un’analisi di Giovanni Orsina: “Laboratorio Milano, Parisi ora prova a contenere le spinte dei populismi”, “Al Nord la Lega è ancora di governo. Ma al centrodestra manca un leader”. Scrive Orsina che la conciliazione tra destra e centrodestra può avvenire solo sul terreno mediano del senso comune: non a caso Stefano Parisi sta facendo una campagna elettorale dai toni moderati e “se si ricompattasse intorno al senso comune e all’esempio milanese, la destra saprebbe rispondere alla concorrenza del M5S”, che prospera, al pari della Lega, “nello spazi tra l’establishment e i cittadini qualunque. E potrebbe reggere il confronto con Renzi”.

Federico Geremicca in prima su La Stampa scrive che la sortita del leader leghista “piuttosto che un annuncio a sostegno del partito avvertito come il più vicino”, sembra “un nuovo capitolo della guerra sorda in atto tra le due maggiori forze anti-establishment del panorama politico italiano”.

Sul Corriere: “Salvini: tra Giachetti e Raggi voto lei”, “‘Ma nella Capitale al ballottaggio andrà Meloni’. Storace lo incalza: e se c’è Marchini cosa fai? Renzi incontra lo sfidante Pd. Oggi il verdetto sulla esclusione di Fassina, polemiche in Sel”.

Sul Corriere, intervista al candidato del centrosinistra a Milano Giuseppe Sala, che dice: “Milano conti di più a Roma. Meglio un sindaco vicino al governo”, “Torniamo al federalismo fiscale”, “Una città che vive sull’apertura al mondo non può essere governata dalla Lega”, “Se verrò eletto sindaco sicuramente celebrerò le unioni civili, ci sono già alcune coppie che si sono prenotate con me”.

Il Fatto: “Neanche Salvini crede alla Meloni sindaco: ‘Al ballottaggio di Roma voto la Raggi”, “Il leader della Lega già sul carro della grillina. Oggi verdetto finale su Fassina”.

Su La Repubblica: “De Magistris tra due renziani e il Pd sparisce dai rioni operai”, “Il sindaco arancione cerca il bis in una città sempre più affamata di lavoro dove i clan tornano a sparare. La dem Valente aiutata dai verdiniani contende il podio del ballottaggio al forzista Lettieri, che strappa Lanzetta alla sinistra”. Ne scrive Concita Sannino da Napoli.

Sul Corriere, attenzione per il sindaco di Parma Pizzarotti dopo l’avviso di garanzia per abuso d’ufficio e la sospensione dal M5S: “M5S, nuove crepe. Pizzarotti contrattacca”, “Pubblica l’avviso di garanzia e dice: ora tocca a voi. In piazza a Castellarano con il padre candidato. L’ipotesi di altri addii. La senatrice Bulgarelli: ci siamo trasformati in un partito padronale”. E sulla stessa pagina, intervista a Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e membro del direttorio del M5S, che dice: “Non ho il potere di decidere sospensioni. E’ Beppe il garante del Movimento”.

Alla pagina seguente, intervista al sindaco M5S di Livorno Filippo Nogarin, anche lui raggiunto da un avviso di garanzia: “Mi dimetto da primo cittadino se c’è un rinvio a giudizio”. E su Piazzarotti: “Non ho scaricato Federico. E’ un bravo amministratore”, “Io mi ispiro a Gandhi, è una figura ideale, cerco di seguire il suo insegnamento”.

Su La Repubblica: “Grillo, gag e polemiche sul sindaco musulmano. ‘Vedrete se si fa saltare…'”, “Nello show a Padova preso di mira Sadiq Khan, eletto a Londra. Il Pd accusa: razzismo che fa tremare i polsi”. In basso, in un’intervista, Manlio Di Stefano, deputato M5S, dice: “Ma Beppe non è xenofobo, sono battute per lo spettacolo”.

Su La Repubblica: “Pizzarotti pronto a far causa per il simbolo del movimento”, “In caso di espulsione vuole continuare ad usarlo, i legali al lavoro. Applausi al comizio nel paese dove si candida il padre” (è la città di Castellarano, in provincia di Reggio Emilia). Ne scrivono Annalisa Cuzzocrea e Caterina Giusberti.

Al M5S è dedicata anche la riflessione di Nadia Urbinati su La Repubblica: “Il M5S e la retorica della purezza” (“La virtù politica si manifesta e si concreta -scrive- nel mettere in conto le contaminazioni che il potere può comportare e quindi nel correre ai ripari con misure che prevengano, contrastino e reprimano”).

Governo, bonus bebé, welfare

La Repubblica dedica le pagine 2 e 3 alla proposta lanciata dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin di raddoppiare il bonus bebé per il primo figlio e di farlo crescere ancora di più dal secondo in poi. Anche Palazzo Chigi si è espresso, scrive Michele Bocci, dicendo che ci sono varie misure allo studio per cambiare il welfare e questa è una di quelle. L’idea di Lorenzi è quella di sfruttare i risparmi nella spesa per il bonus 2015 dovuti al calo della natalità e investire circa 300 milioni all’anno in più. Il Pd, scrive il quotidiano, appoggia il ministro. La Cgil è critica. Il demografo Giancarlo Blangiard dcie, intervistato: “E’ un aiuto importante purché duri nel tempo”. Mentre Federico Bozzanca, segretario nazionale della Fp Cgil resta critico: “Non è la strada giusta, pensiamo prima ai nidi”. A pagina 3 il dossier: “Uno studio del think tank renziano Volta sugli interventi necessari per contrastare la denatalità. ‘I soldi da soli non bastano, se vogliamo invertire il trend serve un pacchetto di misure strutturali'”, “Congedi ultra flessibili e bond per il welfare, ‘Così torneremo a fare figli'”. Sul tema interviene anche Chiara Saraceno, che sottolinea: “Un figlio costa denaro e tempo, non solo nei primi anni di vita, ma lungo tutti gli anni della crescita (e in Italia ben oltre) anche se in diversa combinazione”, “pensare di incoraggiare la natalità concentrandosi quasi esclusivamente sul sostegno al reddito nei primi anni di vita, quindi, è un approccio sbagliato”.

Su Il Giornale: “La strana unione civile tra Renzi e ‘Repubblica’”, “Il quotidiano di Clabresi dà ampio risalto all’ultima sparata del governo sul bonus bebé. Così tira la volata in vista del voto”.

Libia

Si apre oggi a Vienna un vertice sulla Libia convocato e co-presieduto dal segretario di Stato Usa John Kerry e dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Ne scrive su La Stampa in un’analisi Giordano Stabile: “Trovare un ruolo al generale Haftar. La missione del vertice sulla Libia”, “I grandi a Vienna per sostenere Al-Sarraj e scongiurare una Cirenaica autonoma”. Al vertice, su insistenza di Roma, prenderanno parte i Paesi che il 13 dicembre 2015 diedero il via libera all’impresa del premier incaricato Al Serraj: i cinque membri del Consiglio di Sicurezza, i più importanti Paesi europeo e i vicini della Libia come Tunisia, Egitto, Ciad, Niger, Sudan.

Sul Corriere della Sera, a pagina 2: “Troppi rischi: niente soldati in Libia”, “Gli italiani non saranno mandati a difendere Onu e esecutivo. Possibili le azioni di truppe speciali. Tutto l’impegno sulla diplomazia”, “A garantire la sicurezza della sede del governo a Tripoli saranno solo i soldati del Nepal”, scrive Fiorenza Sarzanini. A pagina 3 un’analisi di Francesco Battistini: “Un Paese diviso, quattro governi”, “I rischi di un intervento senza alleati certi ma con molti nemici. ‘Non sappiamo nemmeno dove sia il fronte’, dice un diplomatico”, “Combattere l’Isis? L’unica cosa sicura è che, nel caso tocchi ai libici, agirebbero ognuno per sé e tutti contro tutti”.

Venezuela

Su La Repubblica, articolo di Omero Ciai: “Venezuela, è stato d’emergenza”, “Carestia e blackout. L’opposizione ha raccolto le firme per convocare un referendum e destituire Maduro. Il presidente risponde mobilitando l’esercito e occupando le fabbriche che hanno interrotto la produzione”, “Tassi di mortalità alle stelle, crollo dei servizi pubblici, 70% della popolazione in povertà”.

E Moses Naim firma un commento: “Il chavismo ha ucciso una nazione ricca, questa è una vera crisi umanitaria”, “Un’ondata di criminalità fuori controllo spinge la gente a barricarsi in casa, mancano le medicine”. Naim racconta dell’arresto di un imprenditore per non essere riuscito a garantire la carta igienica -clausola invocata dal sindacato e prevista dal contratto- per via della scarsità di quasi tutti i prodotti di base.

Su Il Giornale ne scrive Paolo Manzo: “Ora Maduro manda in carcere gli imprenditori”, “‘Radicalizzare la rivoluzione’, dice il presidente. Che nega il referendum per la sua revoca”.

Brexit

Su La Repubblica la corrispondenza da Londra di Enrico Franceschini: “Brexit, Johnson all’attacco: ‘La Ue è come Hitler'”, “L’ex sindaco di Londra: ‘Ripete l’errore di voler unificare il continente’. Insorge il Labour. Il leader dei populisti dell’Ukip: ‘Insieme al governo'”.

Su La Stampa: “‘L’Unione europea è quasi come Hitler’. Johnson infiamma la campagna pro Brexit”, “L’ex sindaco di Londra: l’Ue vuole creare un superstato”.

Russia, Ucraina, il caso Eurovision

Jamala, cantante ucraina tatara di Crimea, ha vinto il festival Eurovision con una canzone, “1944” che racconta la deportazione dei Tatari di Crimea da parte di Stalin. La Stampa dedica le pagine 8 e 9 a questa vicenda. Anna Zafesova racconta di come il favorito russo Lazarev sia finito terzo e di come la Russia abbia lanciato l’accusa: “E’ stata una vittoria politica”. Quella di Jamala, scrive Zafesova, non è una canzonetta qualunque, visto che parla della deportazione dei tatari dalla Crimea per opera di Stalin. I conduttori della tv russa hanno occultato, durante la diretta, i contenuti della canzone, di cui peraltro il quotidiano riproduce il testo (“Quando gli stranieri arrivano/ Vengono a casa tua/ Ti uccidono/ E dicono che non sono colpevoli/ Dove avete la testa?). A pagina 9 Lucia Sgueglia racconta il personaggio Jamala : “La ribelle della Crimea che canta i dolori dei nonni cacciati dal comunismo”, “Dalle canzoni d’amore al palco della protesta sul Maidan. da due anni non può più tornare nella penisola contesa”.

Su La Repubblica: “La guerra tra Russia e Ucraina sul palco dell’Eurovision”: l’ennesimo casus belli è stata la straziante ballata cantata da Jamala, dedicata alla tragedia della deportazione della sua gente in Siberia. Argomento che di questi tempi tocca un tasto assai dolente, esacerbato dall’annessione della penisola da parte di Mosca nel 2014 che Ucraina, Ue e Usa considerano illegittima.

E poi

Su La Repubblica Anais Ginori racconta da Parigi il Salone Le Bourget, dove ogni anno si tiene il raduno dei musulmani di Francia (Ramf): “Veli, datteri e sfida ai pregiudizi alla fiera di Parigi dei musulmani”, “Si conclude oggi l’evento nazionale (150 mila persone in quattro giorni) tra stand e dibattiti, cibo, vestiti e qualche ambiguità”, “C’è anche una conferenza con il controverso intellettuale Tariq Ramadan”. Si riferiscono le parole di Amar Lasfar, presidente dell’Unione delle organizzazioni islamiche francesi: “Ci sentiamo vittime delle violenze come gli altri francesi, anzi siamo più arrabbiati: la nostra fede è strumentalizzata”.

Sul Corriere, a pagina 22, un commento di Paolo Mieli: “Cacciare l’Isis non basta per scongiurare il caos”, “Battere gli jihadisti si sta rivelando molto complesso. Un gioco di specchi dove i successi rischiano di trasformarsi in disfatte. Peggio, dove neanche riusciamo a immaginare quale possa essere considerata una vittoria definitiva”. L’analisi prende spunto dalle notizie secondo cui l’Isis ha perso terreno ed è stato colpito da diserzioni e calo dei reclutamenti: sarebbero poca cosa, scrive Mieli. se Stati Uniti e Russia non fossero preventivamente giunti a un accordo sul successivo controllo dell’intera area mesopotamica. E se la consegnassero a un regime di caos anarchico, Al Baghdadi e la sua organizzazione diventerebbero qualcosa di simile a quello che fu Al Qaaeda ai tempi dell’Afghanistan: troverebbero rifugio nel deserto dello Yemen da dove riprenderebbero gli attacchi all’Europa.

Su La Repubblica un articolo di Raimondo Bultrini racconta come vacilli il mito di Aung San Suu Kyi: il New York Times l’ha messa sotto accusa per le violazioni dei diritti della minoranza musulmana dei Rohigya, che l’Onu ha definito uno dei popoli più perseguitati della terra. “I ministri del suo partito vogliono un giro di vite sui Rohingya. I generali la lodano. Lei litiga perfino con la Bbc. E’ finita la luna di miele con le Ong”.

Dalle pagine R2Cultura de La Repubblica segnaliamo anche l’intervista allo scrittore e filosofo Slavoj Zizek, per parlare del suo ultimo libro dal titolo “La nuova lotta di classe”. Critica i populisti anti-immigrazione ma, ancora di più -nota Giulio Azzolini che lo interpella- la sinistra liberal che è favorevole all’apertura delle frontiere. Perché? “Perché sono due facce della stessa medaglia, ma la seconda è più ipocrita della prima. Il problema non è dire sì o no all’accoglienza, ma capire come mai in tanti fuggono dai loro Paesi”, “sono anni che nell’indifferenza generale, tutti, Cina inclusa, si appropriano delle terre africane in nome di uno sfrenato neocolonialismo economico”. Perché non sopporta il concetto di integrazione? “I terroristi di Bruxelles erano perfettamente integrati. Bisogna abbandonare questa retorica dell’integrazione che uniforma tutto e tutti”, “la sinistra ha sempre sottovalutato i sentimenti etnici”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *