La Bce ora chiede riforme vere

La Repubblica: “Draghi, una spinta per la ripresa, ‘Riforme vere, poi la flessibilità’”, “La Bce taglia i tassi allo 0,05%, sì all’acquisto di titoli. Berlino vota contro. Volano i mercati”.
A centro pagina, con foto: “Niente soldi, la rivolta di polizia e militari”.
In apertura a destra: “Ucraina e Iraq, Obama alla Nato: ‘Così non basta’”, “Il presidente Usa striglia gli Alleati”, “Nuove sanzioni a Putin, l’Europa frena”.
A questo tema è dedicato l’editoriale del direttore Ezio Mauro: “L’Occidente da difendere”.

Il Corriere della sera: “La Bce abbassa i tassi allo 0,05%. Spinta di Draghi per la crescita”, “l’opposizione della Bundesbank. Entusiasmo dei mercati”. L’editoriale, firmato da Danilo Taino, è titolato: “Ma più di così sarà difficile”.
A centro pagina, ma più in evidenza: “”Polizia in sciopero, Renzi reagisce”. “Annunciata la prima mobilitazione della storia. La replica: no ai ricatti. Il premier: dialogo, ma 5 forze di sicurezza sono troppe”.
Sotto, con una foto: “Vertice Nato, nuove sanzioni alla Russia”. “Ucraina a un passo dalla tregua”.

La Stampa: “Draghi, mossa per la crescita”, “Giù i tassi allo 0,05% e via ai primi acquisti di titoli. Fa paura la deflazione. Blocco dei salari, le forze dell’ordine: scioperiamo. Il premier: niente ricatti”.
Sotto la testata, la crisi ucraina: “’Cessate il fuoco’. Ma per Mosca resta il rischio sanzioni”, “L’Ucraina annuncia l’accordo con i ribelli”.
E la questione terrorismo-Isis: “Il piano di Obama: combattere l’Isis con una coalizione”, “Coinvolti europei, turchi, egiziani”, “L’Italia: no ai raid in Iraq”.
Anche oggi in evidenza sulla prima pagina del quotidiano il tema della legalizzazione della marijuana: “La marjiuana di Stato sarà prodotta dall’esercito”. Si tratta di una coltivazione della pianta in vista del suo utilizzo a fini terapeutici e verrà prodotta dallo stabilimento chimico militare di Firenze.

Il Sole 24 Ore: “La Bce taglia i tassi, volano le Borse”. “Renzi un altro tassello per la crescita”. “Il Tesoro: bene così, finanzia l’economia”. L’editoriale, firmato da Donato Masciandaro, spiega che “l’ossigeno non basterà senza riforme”. Un altro commento, firmato da Alessandro Plateroti: “Per investire serve più della liquidità”-
A centro pagina: “Statali, polizia verso lo sciopero”. Di spalla: “Un piano italiano per finanziamenti Ue alle infrastrutture”. In prima si legge anche di un “pressing del Colle sulle riforme: ‘Accelerare lavoro e delega Pa’”.

Il Fatto: “Tutti contro Renzi”, “Polizia, esercito, Marina, Forestali, medici, Vigili del Fuoco”, “Il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici (fino al 2020, dice il Def), scatena la furibonda reazione degli uomini in divisa, che annunciano il primo sciopero della storia repubblicana. Il premier corre ai ripari e li convoca, ma avverte: ‘Nessun ricatto’. La ministra Madia: ‘I soldi non ci sono’. Cgil, Cisl e Uil pronti a una manifestazione nazionale”.
A centro pagina: “Le eterne Province: Pd e Forza Italia si spartiscono i posti”, “Entro il 12 ottobre saranno rinnovati tutti e 64 gli enti locali e costituite otto città metropolitane: non votano più i cittadini, ma i sindaci e i consiglieri comunali. Centrodestra e centrosinistra si dividono le poltrone tagliando fuori le liste civiche”.

Il Giornale: “Europa fermati”. Sotto: “Troppi tagli, forze dell’ordine in rivolta”. Di spalla: “Scuola italiana bocciata: ci costa tanto ma non funziona”.

Bce

Scrive La Repubblica che “Mario Draghi è passato all’azione con più energia del previsto” con la decisione di tagliare il costo del denaro facendolo scendere al minimo storico di uno 0,05%. Quanto all’annuncio di un programma di acquisti, a partire da ottobre, di titoli di bond privati, in particolare quelli cartolarizzati Abs (Asset Backed Securities), non è il quantitative easing (acquisti di titoli di debito dei Paesi europei) ma “è in un certo senso un passo in quella direzione”, secondo La Repubblica. Ma il quotidiano sottolinea, in un “retroscena” di Federico Fubini, che questo si traduce in una “ipoteca Eurotower sui piani di Renzi”, perché “con la Ue non basteranno le promesse”. A differenza di banchieri centrali come Alan Greenspan o Ben Bernanke, Draghi spiegò una volta che il modo di comunicare di un uomo che accentra un tale livello di potere finanziario dev’essere “crisp”, ovvero netto, preciso. Draghi ha quindi consegnato una serie di massaggi percepibili, più che nelle parole, negli accenti che le accompagnano: “quando per esempio Draghi osserva che di flessibilità nelle regole di bilancio europee si discute solo dopo le riforme interne dei Paesi – ‘approvate in forma di legge’, non solo proposte – la sua non è solo una generica opinione. È un intervento di precisione chirurgica nel dibattito europeo di queste settimane”. E un articolo sulla stessa pagina sintetizza nel titolo: “Supermario fissa l’agenda, ‘Prima leggi sulle riforme, la flessibilità solo dopo’”. Dove si riferiscono le parole pronunciate dal presidente Bce: “Dal punto di vista di un rafforzamento della fiducia, che è una delle ragioni per cui in diverse aree manca la crescita, sarebbe meglio se facessimo prima una discussione seria sulle riforme strutturali e poi sulla flessibilità”. Secondo Draghi, inoltre, una certa flessibilità esiste già ed è “insita nelle regole”.

Il Fatto: “Bce, Draghi delude i fan della flessibilità”, “Messaggio all’Italia: prima si fanno le riforme, poi si tratta sui conti. Taglio dei tassi a 0,05% e programma di acquisto di titoli derivati per spingere le banche ad aiutare le imprese”.
La Stampa: “Draghi taglia i tassi e prepara il bazooka”, “Il costo del denaro a 0,05%, via all’acquisto di bond privati: ‘Ma ora riforme’. Lo spread torna ai livelli pre-crisi”. E l’analisi di Tonia Mastrobuoni: “Così il banchiere tesse la tela contro gli ideologi del rigore”, “Gli incontri con Renzi e Hollande e il pressing su Berlino”. Alla pagina seguente: “Mini-euro e tanta liquidità per far ripartire l’Europa”, “Moneta unica più debole per favorire l’export e costo del denaro più basso per aiutare imprese e famiglie. Il piano Bce riuscirà a riaccendere la ripresa?”. Si raccolgono quindi le opinioni di una serie di imprenditori e ricercatori che valutano vantaggi e possibili effetti di quello che è per alcuni un “sogno”: un cambio euro/dollaro a 1,27.

La Repubblica intervista l’economista Nouriel Roubini: “’Draghi coraggioso, ma è solo il primo passo, restano da abbattere le resistenze tedesche”, è il titolo con cui viene presentato il colloquio. Roubini spiega le resistenze della cancelliera Merkel tanto con la situazione dell’economia tedesca che è in “semirecessione” che con le pressioni che vengono da “un’opposizione interna sempre più fortemente anti-europea”. Dell’Italia dice: “non ci sono neanche quei dati estemporanei positivi. Le nostre previsioni sono peggiorate: dai calcoli prospettici basati su vari indici di fiducia delle imprese e dei consumatori, appena tornati sotto il livello di guardia di 50 dopo che in primavera erano arrivati a 54, deduciamo che l’Italia chiuderà l’anno in recessione”. Come giudica il passo del governo Renzi sulle riforme? “C’è qualche lentezza, però siamo onesti: sono misure così strutturali che hanno bisogno di due-tre anni, non di qualche mese per dispiegare i loro effetti”.

Sul Sole 24 Ore, Donato Masciandaro scrive che la Bce ha dato “ulteriore ossigeno all’Unione: una ulteriore espansione monetaria, che però potrà dare risultati solo se i governi nazionali – a partire da quello italiano – non metteranno in campo gli unici due bazooka che possono davvero funzionare: da un lato politiche fiscali disciplinate ma orientate alla crescita; dall’altro politiche strutturali che rendano tutti i mercati più competitivi ed integrati, a partire da quello del lavoro”. Draghi è “rimasto nel mezzo” tra interventisti ed attendisti, perché ha “una visione dell’economia europea che si colloca a metà tra gli opposti: la nostra Unione può uscire dalla trappola della liquidità, e la banca centrale può dare un contributo, ma solo se le altre politiche economiche faranno la loro parte, e non per un tempo indefinito”.

Danilo Taino, sul Corriere, cita “un importante banchiere svizzero” che ieri “diceva che Matteo Renzi è un ragazzo fortunato. Le misure di politica monetaria annunciate da Mario Draghi, in effetti, sono il massimo che ci si potesse aspettare: anzi, vanno al di là delle aspettative della gran parte degli economisti. Attraverso misure convenzionali e non convenzionali – cioè ordinarie e straordinarie – e anche dividendosi al proprio interno, la Banca centrale europea ha ridotto al minimo possibile i tassi d’interesse; si prepara a comprare debiti degli operatori economici (raccolti in pacchetti) per liberarne i bilanci e spingerli a chiedere credito; fornirà denaro alle banche a costi che più bassi non potranno mai essere in modo che li prestino a imprese e famiglie. È lo stimolo monetario più poderoso che i Paesi dell’Eurozona abbiano mai avuto: quel Quantitative Easing (allentamento monetario) teso a spingere la crescita, a creare inflazione e a indebolire il cambio dell’euro”. Renzi è “un ragazzo fortunato” ma “non potrà chiedere più nulla a Draghi: il governatore è arrivato al limite estremo (salvo un difficile, eventuale programma di acquisto di titoli di Stato) a cui poteva arrivare. D’ora in poi, tutto è nelle mani dei governi”.

La polizia sciopera

Sul Corriere una intervista a Domenico Rossi, sottosegretario alla Difesa e generale di corpo d’armata dell’Esercito, deputato del gruppo Per l’Italia: “Basta mortificazioni. Il governo adesso deve trovare i fondi”. “Capisco che le forze dell’ordine e le forze di polizia si sentano mortificate”. Dopo le dichiarazioni del Ministro Madia “toccherà al governo e al Parlamento, nella cornice della Legge di stabilità, riuscire a trovare le risorse per rispondere… sono sicuro che il governo valuterà con la dovuta attenzione queste giuste richieste che arrivano dalle forze dell’ordine”.
Sullo stesso quotidiano un “retroscena” di Maria Teresa Meli spiega che Renzi avrebbe “spiegato ai suoi che è ingiusto fare così per un aumento in un momento del genere”. Il blocco degli stipendi degli statali era “già previsto nel Def”, e “non c’è niente di nuovo”. Sì ad incontri ma “voglio ricordare che non stiamo toccando lo stipendio né il posto di lavoro di nessuno”, e “non accetto ricatti”. E “siamo l’unico Paese che ha cinque forze di polizia”, avrebbe detto ai suoi collaboratori il premier. Su questo il quotidiano fa il titolo.

La Repubblica e La Stampa intervistano il sottosegretario alla Semplificazione e alla Pubblica amministrazione Angelo Rughetti: “Protestino se vogliono, ma chi guadagna poco ha già preso gli 80 euro”, dice a La Repubblica. E spiega: “La nostra priorità è sostenere i redditi bassi. E non privilegiare alcuni corpi sociali a scapito di altri”. Su La Stampa conferma che il blocco degli stipendi degli statali è stata “una scelta dolorosa”, ma ricorda che “un quarto dei dipendenti pubblici quest’anno sta beneficiando del bonus Irpef: di fatto una tredicesima di 90 euro”

Internazionale

La Repubblica, dando conto del vertice Nato in Galles: “Obama striglia gli Alleati, ‘Sicurezza minacciata, adeguare le missioni Nato’”, “Contro Putin pronte nuove sanzioni americane, europei cauti. Usa irritati con Hollande, al vertice oggi si parla di Siria-Iraq. Il consigliere per la sicurezza di Obama, Ben Rhodes, ha dato il senso di questo summit nel Galles che in qualche modo è “storico” secondo l’inviato Federico Rampini, quando ha ricordato che “per dieci anni la Nato ha combattuto in Afghanistan, ora le missioni tornano ad essere vicinissime, è la sicurezza dell’Europa in prima linea”. Per quel che riguarda la crisi ucraina, “Obama – scrive Rampini – vigila sui segnali di sfilacciamento del fronte europeo”, non lo convince il comportamento del presidente francese Hollande, per via del “balletto” in cui si è esibito sulle forniture di portaerei Mistral a Mosca: prima bloccate, poi solo rinviate con la promessa a Putin che “’saranno consegnate non appena c’è la tregua in Ucraina’”. L’Europa ha dato il suo accordo in linea di massima alle sanzioni verso la Russia ma, sottolinea il quotidiano, ne rinvia l’applicazione nel caso arrivi la firma della tregua in Ucraina.

Un invito a fermare Putin arriva dall’ex presidente polacco Lech Walesa che, in un’intervista a La Repubblica, dice: “Io pensavo, fino a poco fa, che Putin fosse saggio. Pensavo che l’Ucraina in qualche modo sarebbe rimasta sotto l’influenza russa. Ma lui col suo comportamento sta perdendo l’Ucraina e ogni sua simpatia. Io pensavo che puntasse sulle numerose minoranze russe in diverse aree dell’ex blocco sovietico”, “potrebbe organizzarle con strutture a loro modo simili a partiti politici”, conquistando un ruolo-chiave in tutti i Paesi in cui ci sono minoranze russe, “ma constato che Putin crede più nei carri armati che nella democrazia. Sta cercando di destabilizzare non solo l’Ucraina ma tutta la Mitteleuropa e l’intera Unione europea. E sbaglia”. La Nato sta rispondendo in modo adeguato? “L’Occidente ha una mentalità diversa: pensa che il 21esimo secolo sia arrivato”.

La Stampa: “Kiev è pronta alla tregua. Usa e Ue divisi sulle sanzioni”. E il “retroscena” di Paolo Mastrolilli, inviato al vertice Nato nel Galles, sul pericolo Isis: “Intelligence, armi e aiuti umanitari. Così Obama costruisce la sua coalizione”, “Turchi, egiziani, europei: Washington chiede a uno di fare la propria parte”.

Su Il Giornale Gian Micalessin definisce quello gallese un vertice “della schizofrenia” o “in alternativa il bluff, di un Fogh Rasmussen, segretario generale Nato, che mentre accusa la Russia di attaccare l’Ucraina e snobba il piano di pace di Vladimir Putin da per quasi certo un intervento in Irak contro lo Stato Islamico”. Insomma: “mentre l’Europa affronta una crisi che minaccia persino la crescita della Germania, mentre le sanzioni già imposte alla Russia minacciano le nostre aziende e quelle in arrivo – legate agli avvenimenti sul terreno – rischiano di costringerci a rinunciare persino al gas, Rasmussen ci chiede di combattere una guerra su due fronti. E di pagarcela aumentando le tasse. Una prospettiva irreale non solo per l’Europa, ma persino per un’America chiamata, dal 2012, a rispettare le direttive strategiche che definiscono irrealistica la possibilità di combattere contemporaneamente due conflitti su fronti diversi”.

Sul Sole: “La Nato ‘al fianco dell’Ucraina’. Obama attacca la Russia ma Poroshenko conferma: oggi la firma della tregua”. “Gli Stati Uniti hanno già pronta la lista delle nuove sanzioni nei confronti di Mosca”. Quanto al “fronte mediorientale”, Rasmussen dice: “Se ci verrà chiesto siamop disposti a intervenire contro l’Isis in Iraq”. “La doppia crisi che ricompatta l’alleanza Atlantica” è il titolo di un commento di Leonardo Maisano.

E poi

Su La Stampa si dà conto della visita al Papa dell’ex presidente israeliano Shimon Peres: “’Onu delle religioni’. L’idea di Shimon Peres piace a Papa Francesco”. Peres ha illustrato in un’intervista a Famiglia cristiana la sua proposta: “preso atto che l’Onu ha fatto il suo tempo, quello che ci serve è un’Organizzazione delle Religioni unite, un’Onu delle religioni. Sarebbe il modo migliore per contrastare questi terroristi che uccidono in nome della fede, perché la maggioranza delle persone non è come loro, pratica la propria religione senza uccidere nessuno”.
A commentare queste affermazioni, sullo stesso quotidiano, è Enzo Bianchi: “Non ci serve l’Onu delle religioni” (se il motivo principale è il fallimento dell’Onu, della sua Carta fondatrice e, implicitamente, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, non si vede come una nuova struttura, a composizione religiosa e non statuale, e una nuova dichiarazione di principi confessionali e non di etica universale, possa riuscire dove hanno fallito le migliori risorse che l’umanità ha saputo investire all’indomani della seconda guerra mondiale).

Sul Corriere, una ampia intervista a Marine Le Pen che dice che non leggerà il libro su Hollande scritto dalla ex première dame Trierweiller perché è “un concorso di indecenza. Un grave disonore per la Francia, provocato sia da chi ha scritto il libro, sia dal suo protagonista”. Sulle prospettive del governo Valls, alla domanda se non dovesse ottenere la fiducia, risponde: “Non penso che il governo sarà battuto, perché i socialisti dissidenti abbaiano ma non mordono. Si agiteranno, ma non voteranno contro perché non vogliono tagliare l’albero sul quale sono seduti. Ma i francesi hanno perso fiducia nella politica e ora anche nell’uomo Hollande: tocca a lui arrendersi e decidere per la dissoluzione”. Il corrispondente da Parigi le chiede anche di Salvini – suo compagno di gruppo in Europa – e del suo viaggio in Corea del Nord: “Penso tutto il male possibile dei regimi totalitari. Quella di Pyongyang è una spaventosa eredità del passato, ma vorrei che ci preoccupassimo di combattere anche il totalitarismo di domani, che è lo Stato islamico: è lui, il fascismo verde, il nemico. Per ora non vedo che provvedimenti ridicoli”.
Sul libro, Hollande e il suo chiamare i poveri “senza denti” un commento di Paolo Franchi, ancora sul Corriere della Sera.

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