In Svizzera vince il sì alle quote di immigrati.

Il Corriere della Sera: “La Svizzera chiude agli immigrati”, “Il referendum elvetico passa di misura, da rivedere i trattati con Bruxelles. Timori per i frontalieri italiani”, “Tetto agli ingressi, irritazione Ue. Esultano i partiti anti Europa”.

Di spalla a destra, le rivelazioni di un’intervista di Alan Friedman: “Già nell’estate 2011 Napolitano sondò Monti come premier”.

In taglio basso: “Ora Alfano avverte Letta: svolta vera o non ci stiamo”.

 

La Repubblica: “Alfano: no al governicchio”, “’Ora tocca a Reniz decidere’. Letta: piano imprese per il rilancio”.

In apertura a sinistra: “La Svizzera si spacca e chiude agli immigrati. L’ira dell’Europa”.

In basso, il richiamo ad un’intervista ad Hans Kung: “Chiesa e fedeli distanti. Francesco deve cambiarla”.

 

La Stampa: “Svizzera-Ue, crisi sugli immigrati”, “A Berna passa il referendum: sì alle quote. Bruxelles: accordi a rischio”.

Sotto la testata: “La frenata di Renzi: ‘Al governo senza voto? Ma chi ce lo fa fare…’”.

 

Il Giornale: “Bomba svizzera sull’euro”, “I cittadini della Confederazione dicono basta all’immigrazione selvaggia. E’ uno schiaffo all’ipocrita politica europea. E alla moneta unica dominata dai tedeschi, che di quella politica è il simbolo”.

A centro pagina, grande -e minacciosa- foto del capo dello Stato: “Tutti i golpe bianchi di Napolitano”, “Il Colle vuole tenere in piedi Letta a ogni costo. Ma Renzi si prepara al voto anticipato in ottobre”.

Di spalla, a destra, Marcello Veneziani: “Le foibe? In Italia vince solo l’oblio”.

 

 

Svizzera

 

Scrive La Stampa che l’intero establishment elvetico, ovvero il governo, il Parlamento, i partiti tradizionali, l’industria, i sindacati, ma anche i principali mezzi di informazione si erano schierati contro il referendum promosso dal partito nazionalista. E che all’ondata di sì hanno resistito solo la parte francofona e le grandi città come Zurigo, Ginevra e Berna. I 17 cantoni oltre la ‘valle del Roesti’, come viene chiamato il limite con le aree di lingua tedesca, hanno scelto di votare sì. In Ticino i favorevoli sono arrivati al 68 per cento. Il risultato complessivo è che con il 50,3 per cento la Svizzera ha detto sì alle quote d’ingresso per gli stranieri.

La Repubblica racconta che ad incarnare il tema legato al referendum – che sarebbe secondo il quotidiano un errore bollare come ‘razzismo’- è Sergio Savoia, verde, del WWF, figlio di immigrati beneventani. E’ lui, con la Lega ticinese e con il partito di destra Udc, ha stravinto con il referendum: non ci sta a passare per un ‘rinnegato’ e dice che il popolo ha detto all’Unione europea e ai governanti svizzeri che “la politica dell”entrate tutti’ e poi ci si dimentica di chi entra, e lo si lascia lavare i parabrezza, non va bene”. Racconta ancora il quotidiano che due anni fa erano comparsi cartelli che raffiguravano gli immigrati, alcuni con la bandiera italiana, come topi affamati che mangiavano il formaggio svizzero. C’erano 35 mila frontalieri, cioè lavoratori che dall’Italia attraversavano la frontiera: adesso sono 60mila, il doppio in cinque anni. Un tempo -spiega un’italiana che fa la parrucchiera- venivano operai e idraulici, adesso gli immigrati lavorano nelle banche. E i frontalieri, a differenza degli svizzeri, si accontentano di stipendi sui 1.500-1.700 euro. Il risultato è che gli immigrati di vecchia generazione, quelli degli anni Sessanta, vedono i loro figli restare a casa. Il quotidiano intervista il sociologo svizzero Jean Ziegler: “Salari troppo bassi agli stranieri. Ecco le colpe del governo dietro quest’ondata xenofoba”. Il Corriere della Sera spiega che il pronunciamento del referendum obbliga adesso il governo e il Parlamento di Berna a rimettere in discussione entro tre anni i trattati sulla libera circolazione delle persone sottoscritti solo pochi anni fa con l’Ue. In Svizzera il 23% dei residenti è straniero: è la più alta percentuale dell’intera Europa, contro il 7 per cento dell’Italia, ad esempio. A ciò va aggiunta la quota di lavoratori pendolari che ogni giorno varca la frontiera, provocando un crollo dei salari. Dall’Italia partono ogni giorno 60mila lavoratori impiegati a nord di Chiasso. Ma il referendum riflette anche un vento anti-Europa e anti-stranieri che sta investendo tutto il continente: non a caso i primi ad esultare sono stati la leader del Front National Marine Le Pen (“brava la Svizzera che ha detto no all’immigrazione di massa”) e il leader degli euroscettici inglesi dell’Ukip, Nigel Farage (“Un voto saggio contro il bullismo dei burocrati di Bruxelles”). “Ora in Lombardia serve una zona franca”, dice in un’intervista al Corriere il governatore leghista della Lombardia Roberto Maroni, che si era schierato contro il referendum e ora chiede un incontro urgente al presidente del Consiglio Letta. Dice Maroni: “Noi parliamo di contrasto all’immigrazione clandestina applicando la Bossi-Fini: in Italia, con un regolare contratto di lavoro non hai problemi. In Svizzera vogliono limitare anche chi i regolari contratti ce li ha”. La Stampa intervista il segretario della Lega Matteo Salvini, che afferma: “Hanno fatto bene. Tutelano i loro interessi”, “I lavoratori italiani? E’ Roma che li protegge”. E su La Stampa un retroscena da Bruxelles spiega che sono a rischio ora le intese bilaterali con l’Unione europea su dazi, export, commercio. Su La Repubblica: “Uno schiaffo che può sconvolgere la Ue, a rischio anche gli accordi di Schengen”.

 

 

 

Governo.

 

La Repubblica intervista il leader del Nuovo Centrodestra e vicepremier Alfano: “Governo, la scelta tocca a Renzi, ripartenza e non semplici ritocchi, sennò diventa una foto ingiallita”, dice. E precisa: “Non ci stiamo a un governicchio che ogni giorno rischia di scivolare su un incidente perché sostenuto da una maggioranza che non ci crede fino in fondo”, sulle spalle di Renzi “grava in queste ore una grande responsabilità: è lui il segretario de Pd e questo è un governo a guida democratica. Quindi è evidente che tocca a Renzi fare delle scelte”, “non siamo disposti ad aspettare fino al 20 febbraio” (data della prossima e decisiva Direzione del Pd).

Sul Corriere: “Alfano rilancia il Letta-bis, ‘Altrimenti non ci stiamo’”, “Il vicepremier teme una crisi al buio e avvisa Renzi: Ncd non intende partecipare a un governo di legislatura”.

Secondo La Stampa, “più passano le ore, più Matteo Renzi sparge dubbi sulla reale convenienza che avrebbe per lui una staffetta a Palazzo Chigi” con Letta. In questi giorni ha ribadito il concetto: “Sono tantissimi i nostri che dicono: ma perché dobbiamo andare al governo senza elezioni? Ma chi ce lo fa fare? Ci sono anch’io tra questi, nel senso che nessuno di noi ha mai chiesto di andare a prendere il governo”.

Anche sul Corriere: “’Ma chi me lo fa fare?’. Il segretario allontana l’ipotesi della staffetta”. E tuttavia, sulla stessa pagina, compare un’intervista al renziano e coordinatore della segreteria Lorenzo Guerini che, a proposito delle resistenze di Renzi, afferma: “capisco le sue resistenze, ma credo che sia un dovere al quale la politica non può sfuggire, quello di verificare, senza reticente e con coraggio, se un governo di legislatura non possa essere la soluzione migliore per l’Italia”.

Il Giornale: “Renzi fiuta la trappola: ‘Non vado al governo senza passare dal voto’. Il segretario Pd respinge l’ipotesi della staffetta con Letta e spera ancora che si vada alle urne entro ottobre, dopo il varo dell’Italicum”.

La Stampa intervista il bersaniano Alfredo D’Attorre che, alla ripresa del dibattito alla Camera sulla legge elettorale, continua a tenere il punto e chiede di superare le liste bloccate. Ma dice anche che è necessario cambiare il ministro dell’Economia, perché serve “una svolta sul terreno economico-sociale”.

Per Il Giornale è in atto un altro “golpe bianco del Colle” e l’Italia è “ostaggio dei suoi veti”: Napolitano “farà di tutto per salvare il governo perché non vuole elezioni. Dopo aver estromesso il Cav e imposto Monti, ora piloterà anche questa crisi”

 

 

Governo che fu

 

Due intere pagine del Corriere della Sera sono dedicate al ruolo del presidente Napolitano con una ricostruzione degli eventi fino alla caduta del Cavaliere, a cura di Alan Friedman: “Napolitano e i progetti su Monti premier. Quel colloquio dell’estate 2011”. Monti dice che il capo dello Stato gli diede segnali in quel senso. Nella pagina di fianco, il racconto di Carlo De Benedetti: in agosto Mario mi chiese un consiglio e io gli dissi di accettare. L’intervista a Monti è sul Corriere.it. I colloqui citati sono contenuti in un libro di Friedman in uscita per Rizzoli.

 

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