La Repubblica: “Imu, Saccomanni gela il Pdl. Sul sito del ministero del Tesoro le proposte per la tassa sulla casa. Draghi: svolta nell’economia già nel 2013. ‘Ecco le 9 soluzioni: la peggiore è abolirla’. Il centrodestra insorge”. A centro pagina: “Femminicidio, sì al giro di vite, via da casa gli uomini violenti. Il Consiglio dei ministri vara il decreto. La querela diventa irrevocabile, assistenza gratuita alle vittime”.
Il Corriere della Sera: “Saccomanni riapre il caso Imu. Il ministro boccia l’abolizione totale sulla prima abitazione. ‘Misura iniqua’. Ma il Pdl attacca: basta balletti, la tassa va abolita. Fisco, ecco cosa cambierà”.
La Stampa: “Il Tesoro: iniquo abolire l’Imu. Il piano di Saccomanni: esenti solo i redditi più bassi. Il Pdl: tassa da eliminare”. “Letta e le tensioni nella maggioranza: se si va al voto col Porcellum avremo altre larghe intese. Primarie Pd, caos sulla data”. In alto il quotidiano si occupa dell’inviato Domenico Quirico: “Bonino: ‘Riallacciati i contatti. Cauto ottimismo per Quirico’”.
Il Sole 24 Ore: “Casa, spunta la tassa unica. La ‘service tax’ peserà la metà dell’Imu, i Comuni potranno ridurla ancora. Le ipotesi ‘tecniche’ì del’Economia: bocciata la cancellazione sulla prima abitazione, ai sindaci le leve su Tares e aliquote”. Il quotidiano pubblica in prima pagina le “proposte e i giudizi del ministro”, con i giudizi su costo ed efficienza delle nove ipotesi prospettate. A centro pagina: “Bce: ripresa graduale nel 2013. Boom delle importazioni cinesi: si ferma il rallentamento di Pechino. Nel bollettino mensile Francoforte conferma ‘tassi ai livelli attuali o più bassi ancora a lungo’”.
Il Fatto quotidiano: “Cacciare B non c’è fretta. Punire Esposito d’urgenza”. Al Senato Pd, Pdl e centro stoppano il voto accelerato chiesto da 5 Stelle e appoggiato da Sel sulla incandidabilità di Berlusconi. Vietti richiama il Csm dalle ferie per inquisire il giudice che ha condannato il Cavaliere”. In taglio basso: “Elezioni a febbraio, ora ci pensa anche il Colle”.
Il Giornale: “Gli altarini del giudice” “Esposito processato già due volte”, “Accusato di ‘venire retribuito’ per la gestione della sua scuola”, “accusato di usare i messi comunali come autisti ‘dei familiari’”, “accusato di scegliere i casi mediatici per ‘spirito di protagonismo’”. In taglio basso: “Nuove frottole per non tagliare l’Imu”, “Saccomanni contro l’abolizione. Letta al Pd: non vi libererete di me e del Pdl”.
Libero: “La superpensione di Epifani”, “prima di lasciare il timone della Cgil, il segretario si è alzato lo stipendio e ora percepisce 3400 euro netti al mese, che si aggiungono alla ricca paga di parlamentare. E tutto a spese nostre”. A centro pagina: “Il governo provoca il Pdl: l’Imu resta”.
L’Unità: “Dalla parte delle donne”, “approvato il decreto contro il femminicidio, via da casa mariti violenti e pene più severe per lo stalking”. A centro pagina: “Imu, no del governo alla proposta Pdl”, “per Saccomanni iniqua l’abolizione della tassa sulla prima casa anche per i più ricchi. Nove ipotesi di riforma, l’ira di Brunetta”.
Imu
Scrive il Corriere della Sera che il ministro dell’Economia Saccomanni ha scoperto le carte e a sorpresa, ha deciso di rendere pubblico il dossier sulle ipotesi di riforma dell’Imu. Lo ha fatto, come ha spiegato in una lettera, per “offrire un contributo al dibattito in corso, al chiarimento delle implicazioni concrete delle varie proposte, nella consapevolezza che le scelte politiche devono basarsi su adeguati approfondimenti tecnici”. Saccomanni ha messo online il dossier delle proposte: nove ipotesi, otto delle quali riguardano la riforma complessiva della imposizione sugli immobili dal 2014, e una l’abolizione della rata dal 2013. Emerge dal quadro la netta contrarietà del ministero alla abolizione completa della tassa sulle prime case, e la sua preferenza per una riforma che oltre all’Imu abbracci anche la nuova Tares e, se possibile, per una soluzione del nodo Imu 2013, affidata esclusivamente ai Comuni. Il Sole 24 Ore sostiene che è molto accreditata l’ipotesi numero 8 di questo dossier, che rimetterebbe ai comuni l’intera gestione dell’imposta sulla abitazione principale, una “service tax” che peserà la metà dell’Imu. Non prima, comunque, di aver cancellato del tutto la prima rata. Entro il 31 agosto il governo dovrà dunque prendere una decisione a partire dalla cancellazione dell’acconto di giugno, fino ad oggi solo sospeso. Dopodiché, anche alla luce di un confronto serrato con gli enti locali, l’esecutivo potrebbe allentare per almeno due miliardi i vincoli del patto di stabilità interno, lasciando ai comuni la possibilità di ridurre il prelievo Imu sulla abitazione principale e per le pertinenze, fino all’azzeramento dell’imposta anche attraverso la riduzione della aliquota di base pari allo 0,4 per cento (oggi i sindaci possono portarla al massimo allo 0,2, e azzerarla solo operando sulle detrazioni).
Sul quotidiano Massimo Bordignon segnala i rischi di questa scelta: “Il passaggio ad una service tax, in sostituzione dell’Imu, se davvero si prenderà questa strada, non è una buona idea. L’Imu almeno faceva riferimento a una base imponibile diversa dal reddito, il patrimonio, mentre c’è il rischio che la service tax con le inevitabili detrazioni e deduzioni finisca con il ripercorrere la strada di una nuova imposta sul reddito mascherata.
Il Corriere della Sera, in riferimento alle proteste che si sono levate dal centrodestra, sottolinea che già da dieci giorni il capogruppo del Pdl Brunetta, insieme agli altri componenti della “cabina di regia” di maggioranza e governo, aveva a disposizione il dossier del Ministero dell’Economia. E lì, nero su bianco, c’era scritto quel che secondo il quotidiano il Pdl non ha intenzione di sentirsi dire, e cioè che “la proposta di esenzione totale dall’Imu per l’abitazione principale non sembra pienamente giustificabile sul piano della equità e della efficienza del tributo”, valutazione chiara espressa da Saccomanni che però non aveva fatto seguire a questa considerazione alcuna scelta, perché la linea del governo Letta sull’Imu è sempre stata quella di offrire un contributo tecnico al dibattito politico, senza entrarci direttamente.
Su La Stampa si spiega: “Il Tesoro non vuole restare solo a risolvere il dossier più scottante. Scopo del documento è mettere la politica di fronte alla realtà dei numeri”. Anche qui si sottolinea che il documento diffuso ieri sul sito del Ministero era per il 95 per cento già noto ai responsabili dei partiti nel corso delle riunioni tecniche o politiche tenutesi nei giorni scorsi.
La Repubblica intervista Renato Brunetta, che invita il governo a rispettare gli impegni. Attacca: “I ministri non fanno le rassegne, quelle le fanno gli uffici studi. I ministri non si occupano delle analisi preliminari, prendono le decisioni”, “quelle 105 pagine sono un ottimo lavoro da ufficio studi, non c’è dubbio. Valutazioni di natura quantitativa e qualitativa di cui terremo conto. Sono utili al dibattito, certo, ma noi le conoscevamo già, eravamo già in possesso di quella rassegna, ce l’avevano distribuita al ministero il 22 luglio, anche se allora le pagine erano 95”. E ribadisce: “L’Imu sulla prima casa va eliminata. Così è stato deciso, così deve essere. I patti sono chiari, niente furbizie o ipotesi folli”.
Lo stesso quotidiano interpella il viceministro dell’Economia Stefano Fassina, che ribadisce: “nei patti non c’era l’abolizione per tutti”, “sono andato a riprendere le dichiarazioni programmatiche di Letta, il discorso sul quale ha ottenuto la fiducia. Il presidente del consiglio parlò testualmente di un “superamento” dell’attuale sistema di tassazione sulla casa e non di eliminazione per tutti dell’Imu. D’altra parte, ricorda Fassina, sono stati presi impegni non solo con il Pdl ma anche con il Pd: “Il superamento dell’Imu non venne indicato come la priorità assoluta per il governo, come invece adesso vorrebbe far credere il centrodestra. C’erano altri impegni nel discorso di Letta, presi con tutta la maggioranza, altre tre priorità: il rinvio dell’aumento dell’Iva, il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, il problema drammatico degli esodati”.
Libero parla di “schiaffo del governo al Pdl” sulla questione Imu, e scrive: “Viene da chiedersi come fanno a stare insieme chi considera la prima casa un “bene inviolabile”, come sostiene il Pdl, e chi la considera un bene di lusso, come il ministro dell’economia Saccomanni”.
Pd
Ieri nel corso della direzione del Pd c’è stato quello che La Repubblica descrive con l’ennesimo duello sulla data del Congresso. Il segretario Epifani avrebbe dapprima confermato la data del 24 novembre, poi diffuso una nota per fare marcia indietro. Scrive La Repubblica che l’obiettivo era quello di mantenersi vaghi, strategia del tandem Bersani-Epifani, convinti che sia più conveniente tenersi le mani libere. In caso di crisi di governo le assise potrebbero slittare, accelerando sulle primarie ma solo per la premiership, ma lasciando in sella Epifani come segretario.
Il Corriere della Sera da’ conto dell’intervento del presidente del Consiglio Letta alla direzione e lo legge così: “lo scenario che Enrico Letta evoca per contenere l’insofferenza dei democratici è forse il più indigeribile per i vertici del Pd, come per il Pdl: se il governo cade, si torna a votare e, con questa legge elettorale, non c’è altra strada che ‘nuove larghe intese’. Il Presidente del Consiglio parla alla direzione del suo partito e fa capire che non assisterà in silenzio alle manovre di chi vuole logorarlo”. Insomma, il messaggio è : non c’è alternativa al suo governo, l’Italia rischia di disperdere i primi timidi segnali di ripresa e il ruolo del Pd è fondamentale: “Non mi farò distrarre, il mio impegno è sulle politiche. Se viene meno l’unità del Pd in questo momento di sfilacciamento, il sistema rischia di venir giù”. Su L’Unità: “Il premier: senza un Pd unito è il Paese che rischia”. Su Il Giornale: “Letta spaventa i democratici: non vi libererete di me e del Pdl”, “Il premier alla direzione Pd avverte i suoi: ‘Oggi l’unica alternativa a questo governo sono altre larghe intese’. Ed è guerra pure sulle date del congresso e delle primarie”. In un Pd dilaniato, scrive il quotidiano, “anche fissare la data (scritta nello Stauto) per il congresso diventa un’impresa impossibile. Alla fine di una giornata defatigante, il fronte anti-Renzi del Pd, guidato dal segretario Epifani, continua a resistere”: Malgrado appelli e richieste in questo senso venute da più parti (da Debora Serracchiani ad Arturo Parisia tutti i renziani, da veltroniani come Giorgio Tonini per arrivare al candidato ‘dalemiano’ alla segreteria Gianni Cuperlo, si chiede la data di convocazione del congresso, “ma Epifani (e con lui Bersani, Freanceschini e tutti i maggiorenti anti-renziani) tiene duro e dice solo che, a settembre, ci sarà l’assemblea sulle regole e da lì ‘inizierà formalmente’ il precorso congressuale che dovrà concludersi con le primarie per la leadership”.
Femminicidio
Ieri il consiglio dei ministri ha licenziato un decreto legge che prevede misure per contrastare il cosiddetto femminicidio che, nelle intenzioni del governo, si propone, come scrive il Corriere, tre obiettivi: prevenire la violenza di genere, punirla in modo certo e proteggere le vittime. Prevede l’arresto obbligatorio in flagranza di maltrattamenti in famiglia, la irreversibilità della querela e l’allontanamento dei violenti. Il decreto inasprisce le pene di un terzo quando ai maltrattamenti in famiglia assistono i minori di 18 anni (prima erano 14) e se la vittima di una violenza è una donna in stato di gravidanza. Le minacce e i messaggi insistenti su social network vengono riconosciuti come atti persecutori. La polizia ha la facoltà di espellere di casa il coniuge violento, se c’è un rischio per la integrità fisica della donna. Nei casi di gravi indizi di violenza domestica o di minaccia grave da parte dell’ex, le forze dell’ordine potranno chiedere al magistrato che all’autore sia vietato avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla sua vittima. Ai processi per femminicidio viene garantita una corsia preferenziale ed è stata introdotto il gratuito patrocinio per le vittime di violenza, a prescindere dal reddito. Infine, per portare all’emersione di violenze nelle comunità straniere, sarà concesso il permesso di soggiorno a chi le punisce e le denuncia.
Il Sole 24 Ore spiega insomma che non vengono introdotti nuovi reati, ma si introducono aggravanti, con l’aumento della pena di un terzo, come è il caso, per esempio, della presenza di un minore di fronte ad una violenza. Scatta una aggravante anche per lo stalking. Le vittime saranno costantemente informate sull’iter processuale sapendo, per esempio, di una eventuale scarcerazione. Le testimonianze dei minori o di maggiorenni “vulnerabili” saranno protette, e lo Stato garantirà l’anonimato a chi, avendo saputo, partecipato o ascoltato una violenza in corso, la denuncerà.
Ne parla estesamente su L’Unità Maria Cecilia Guerra, viceministro al lavoro con delega alle pari opportunità, che spiega come si tratti solo dell’inizio di una battaglia sociale da cui dovrà prendere il via un processo di informazione e sensibilizzazione della collettività. La viceministro spiega che particolare attenzione è stata posta, in accordo con quanto richiesto dalla convenzione di Istanbul, ratificata dal nostro parlamento il 27 giugno scorso, sulla violenza domestica, definita come “l’insieme di atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica, che si verificano all’interno della famiglia o comunque tra persone che sono o sono state legate da relazioni coniugali o affettive”. La Guerra sottolinea che “la caratteristica principale del provvedimento è però la filosofia della prevenzione”. Anche una norma punitiva, come quella che aggrava le pene in caso di violenza compiuta alla presenza di minori può, ad esempio, avere una funzione preventiva: è infatti noto che assistere alla violenza di un genitore sull’altro genera comportamenti imitativi nei figli.
Internazionale
La Stampa riferisce del processo per la strage di Fort Hood, nel 2009: il maggiore dell’Us Army Nidal Hasan, soldato musulmano-americano nato in Virginia da genitori palestinesi originari della Cisgiordania, entrò nell’edificio in cui era in corso la vaccinazione dei militari in partenza per l’Afghanistan urlando ‘Allahu Akbar’ uccidendo 13 di loro e ferendone 30. Le indagini avrebbero scoperto in seguito che ad indottrinarlo è stato l’imam del New Mexico divenuto capo di Al qaeda in Yemen, Anwar al-Awlaki: l’imam si vantava di essere americano, è stato ucciso dai droni in Yemen nel 2011 e puntava a reclutare jihadisti negli Usa. A quattro anni di distanza, Nidal Hasan rischia la pena capitale e intende facilitare il compito dei giudici in questo senso: ha deciso di difendersi da solo “perché nessun militare può tutelarmi”. Punta a difendere il principio che il suo è stato un atto di guerra, legittimo come quelli che “l’America commette uccidendo musulmani in Afghanistan e in Iraq”. Insomma, intende trasformare il processo nella occasione per legittimare la jihad da parte di un soldato musulmano degli Stati Uniti.
La Stampa dedica due intere pagine alla Siria, anche in relazione all’inviato del quotidiano Domenico Quirico, da 4 mesi nelle mani dei sequestratori in Siria. Secondo le informazioni diffuse ieri dal direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza Massolo, Quirico sarebbe nelle mani di criminali comuni. A differenza di lui, padre dall’Oglio sarebbe invece stato catturato da una filiale locale di Al Qaeda. Del rapimento di Quirico parla il ministro degli esteri Emma Bonino, che condivide un sentimento di cauto ottimismo espresso da Massolo sulla vicenda del giornalista. E parlando di Siria, la Bonino parla di un “consolidamento della leadership dell’attuale presidente della coalizione siriana anti-Assad”, Jabra, eletto da poco alla riunione di Istanbul. Di che area è espressione? “Gode del sostegno dell’Arabia Saudita, diversamente dal predecessore, Sabra, che era espressione di orientamenti più vicini a Qatar e Turchia, che sono stati i due Paesi sostenitori della Fratellanza Musulmana in Egitto e Tunisia. E questo ci porta naturalmente ad allargare il discorso alla instabilità regionale. Stiamo assistendo a uno scontro interno alla famiglia sunnita che vede in questo momento prevalere i sauditi e che, insieme ad altre ragioni, come lo scontento locale per ragioni sociali ed economiche, ha portato alla caduta di Morsi. Ora però c’è da augurarsi che regga la Tunisia”.