Il Corriere della sera: “Ai pensionati da 724 a 278 euro. Via libera ai rimborsi scaglionati per reddito. E arriverà la flessibilità in uscita. Disponibili ad agosto. Escluso chi ha un assegno superiore ai 3000 euro lordi”.
L’editoriale è firmato da Sabino Cassese: “Consulta e governo. Una valanga che andava evitata”.
Un richiamo a centro pagina sulla scuola: “Approvati i nuovi poteri dei presidi”.
In alto: “Sì alle navi antiscafisti ma lite sulle quote”. “Bozza Onu: controlli in Libia per un anno”.
Un articolo di Marzio Breda: “Il presidente Mattarella: ‘No a soluzioni di tipo militare'”.
A fondo pagina: “Ferrovie Nord, il capo deposto dal giudice”. “Accusa di peculato. Le carte di credito aziendali usate dai figli per acquisti privati”.
La Repubblica: “Rimborsi, via al decreto. Renzi: cambiamo la legge sulle pensioni”, “L’assegno una tantum varierà da 278 a 750 euro”, “Scuola, ok al superpreside. Fassina: Giannini si dimetta”.
“Si potrà lasciare prima ma non meno soldi”, spiega nel suo “retroscena” Roberto Mania.
A centro pagina: “La Ue: sì alle missioni navali antiscafisti. A Roma la guida, è lite sull’accoglienza”, “Vertice sull’immigrazione. Intervista a Schulz: no alla solidarietà part time”.
In evidenza, foto degli uffici di Alibaba: “Alibaba, la rivolta della moda, ‘Bancarella abusiva sul web’”, “Le carte che accusano il gigante cinese”. Di Ettore Livini.
A fondo pagina, il reportage di Fabio Tonacci: “Salerno-Reggio, ecco perché non sarà finita entro il 2016”.
Sulla colonna a destra un intervento di Enzo Bianchi: “La vergogna del cibo che rifiutiamo di condividere”, “I poveri sempre più poveri, così abbiamo perduto il senso del bene comune”. Si tratta della lectio che il priore di Bose terrà al “Festival biblico” che prenderà il via il 21 maggio in 5 città italiane.
La Stampa: “Renzi: cambieremo la Fornero. ‘In pensione due-tre anni prima’”, “Ipotesi di riforma del premier: ritirarsi in anticipo in cambio di una riduzione dell’assegno ‘di 20, 30 o 40 euro’”, “Definiti i rimborsi per 3,7 milioni di persone: vanno da 278 a 750 euro”.
In prima anche la riforma della scuola, con il richiamo a due ex ministri dell’Istruzione: Luigi Berlinguer (“Chi non cambia muore”) e Mariastella Gelmini (“Con me l’opposizione più dura”).
Di spalla a destra: “Migranti, dopo Parigi anche Madrid frena sulle quote”.
E un’analisi di Cesare Martinetti su Marine Le Pen: “In Francia Marine ha già convinto tutti”.
A centro pagina, un fotogramma del cartoon “Inside out”: “Cannes, arrivano le emozioni animate”. Il cartoon della Disney-Pixar “dà corpo ai pensieri e alle paure di una bambina”.
A fondo pagina, sul Salone del libro di Torino: “Un segnale dal Salone: la politica ha stancato”, “Al Lingotto aule vuote o semivuote per i dibattiti che hanno dominato e diviso per vent’anni”.
Il Fatto, con foto di un Renzi ridanciano al telefono: “Imbrogliano i disoccupati, solo una mancia ai pensionati”, “Rimborsi imposti dalla Consulta spacciati come un ‘bonus Poletti’: poche centinaia di euro a chi ne aspettava migliaia. E tolgono un miliardo al Jobs Act per la cassa in deroga che volevano abolire”.
Sulla riforma della scuola: “Scuola, il patto tra Dem e Fi fa passare il super-preside. Squagliata la minoranza Pd”.
Sul vertice di ieri dei ministri degli Esteri e della Difesa Ue: “Battaglia navale contro gli scafisti: la Ue abbassa il tiro”, “Né droni né truppe”.
A centro pagina: “Da Castel S. Angelo a Pompei: Italia affittasi per due spiccioli”, “A Roma gli stand per il passaggio della Mille miglia pagati 2.300 euro al giorno, aperitivi archeologici tra Stadio di Domiziano e basiliche a prezzi stracciati, per una cena l’anfiteatro campano vale 20 mila euro, per una serata al tempio di Segesta ne bastano 5 mila”.
Il Giornale: “La truffa di Renzi sulle pensioni. 50 centesimi di mancia. Previdenza, il premier ci prende in giro: rivalutazione da 15 euro al mese. E sui rimborsi è ufficiale la fregatura. Berlusconi: l’iniziativa del governo è inaccettabile, restituisca i soldi”.
A centro pagina: “Mezza Europa ci scarica i suoi profughi”. “Anche Francia e Spagna in fuga dalle quote Ue”. “Bruxelles approva il piano per fermare gli scafisti. All’Italia il comando della missione”.
In evidenza – tra le “inchieste del Giornale”: “Guido Rossi, 578mila euro per un solo giro al Senato”.
Sulla scuola: “Passa la riforma dei super presidi. Ma senza i numeri”.
Il Sole 24 ore: “Pensioni, così si ricalcolano rimborsi e rivalutazioni”. “Via libera al decreto, bonus una tantum da 278 a 750 euro. Renzi: chi ora critica votò lo stop”. “Nella legge di stabilità interventi per una maggiore flessibilità in uscita”.
Sul tema “diritto e compatibilità economiche” un intervento di Enrico De Mita: “Perché una Consulta moderna è indispensabile”.
Di spalla: “Migranti, ok alla missione navale Ue contro gli scafisti, comando all’Italia. Da Francia e Spagna no alle quote”.
In alto: “Sì della Camera al super preside”.
A centro pagina: “Boom dell’export a marzo: + 9,2 per cento”.
Pensioni
Sul Sole, ampio spazio al tema pensioni, in cui si illustra l’intervento del governo che prevede ad agosto “la restituzione fino a 750 euro di una tantum ai pensionati con assegno sotto i 3mila e 200 euro lordi al mese”, e poi – da gennaio – “l’adeguamento definitivo degli importi delle pensioni per i prossimi anni”. “Chi avrà diritto al rimborso? Servirà presentare una domanda all’Inps? Che cosa dovranno fare gli eredi? E come avverrà il ricalcolo dell’assegno?”: queste le domande cui il quotidiano offre risposta.
La Stampa, pagina 2: “In agosto bonus tra 278 e 750 euro per 3,7 milioni di pensionati”, “Intervento in due tempi: da settembre il ritocco della rivalutazione mensile. Niente bonus oltre i 3.000 euro. Gli assegni d’ora in avanti pagati il primo del mese”. “E decreto fu”, scrive Alessandro Barbera sul quotidiano spiegando che “dopo giorni di dubbi sulla opportunità di intervenire prima delle regionali di fine mese, Matteo Renzi ha seguito i consigli del tesoro e si è levato di dosso il peso della sentenza della Corte costituzionale sulle pensioni. Il governo stanzia circa due miliardi e mezzo per restituire a 3,7 milioni di persone una piccola parte della mancata rivalutazione causata dal blocco delle indicizzazioni decisa nel 2011 dal governo Monti”. Il governo dunque “interviene in due tempi”, spostando in avanti gli effetti della sentenza: il 1 agosto verrà erogata una ‘una tantum’ per restituire una frazione degli arretrati, dal 1 settembre ci sarà il ritocco all’insù (e per sempre) della base di calcolo mensile delle rivalutazioni. I numeri precisi ancora non ci sono perché non c’è un testo definitivo. Per i redditi compresi fra 3 e 4 volte il minimo -ovvero gli assegni che oggi oscillano tra i 1.500 e i 2.000 euro lordi- i pensionati riceveranno il primo agosto un bonus di 726 euro. Per pensionati della fascia successiva -tra i 2.200 e i 2.500 euro lordi- il bonus dovrebbe valere 465 euro, ovvero il 10% del dovuto. Per la fascia tra i 2.500 e i 3.000 -assegni di sei volte il minimo- il bonus dovrebbe valere 278 euro. Le restituzioni finiscono qui: oltre le sei volte il minimo (nel 2011 erano 2.800 euro, oggi 3.000) i pensionati non avranno alcun rimborso, né l’aumento dell’indicizzazione.
Alla pagina seguente: “La vera partita è cambiare la Fornero per potersi ritirare prima del lavoro”. E le parole del premier: “Se una donna a 62 anni preferisce stare col nipotino rinunciando a 30 euro, perché no?”.
La Repubblica, pagina 2: “Via ai rimborsi parziali. Renzi: “E ora cambierà la riforma Fornero”, “’Una tantum da 278 a 750 euro. Chi ci critica votò lo stop’. Padoan: ‘con la restituzione totale conti fuori controllo’”.
Sulla stessa pagina si legge che il governo ha annunciato che con la prossima legge di Stabilità cambierà di nuovo l’età per andare in pensione: “Lasciare prima il lavoro con una pensione minore e dare più spazio ai giovani”. Insomma, si legge su La Repubblica, “non più la rigidità della legge Fornero (oggi l’età per la pensione di vecchiaia è di 66 anni e 3 mesi per gli uomini e le donne tranne che per le lavoratrici del settore privato per le quali servono 63 e 9 mesi), ma forme di flessibilità con penalizzazioni crescenti dell’assegno quanto più ci si allontana dall’età standard per la vecchiaia.
Alla pagina seguente, in un’intervista, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti dice: “Per la prima volta niente giochetti. Via alla staffetta generazionale”, “Sulle pensioni non ci siamo fatti alcuno sconto. Abbiamo detto con chiarezza quello che si poteva fare nel contesto dato nel rispetto della Consulta e nelle compatibilità possibili”, “Ci sono persone che vorrebbero andare in pensione sapendo che questa scelta comporterà un sacrificio”.
Il Fatto, pagina 2: “Un furto chiamato bonus”, “Il governo restituirà ai pensionati solo le briciole dei soldi che monti gli aveva tolto illegalmente: ‘Nessuno perde niente’, sostiene Padoan. Ma sarà sommerso dai ricorsi”.
Su Il Giornale si dà conto delle parole di Renzi, che ha spiegato che il pensionato che prende oggi 1700 euro al mese avrà un aumento di 180 euro all’anno, ovvero 15 euro al mese. “Per semplificare ancora di più, si tratta di 50 centesimi al giorno”, scrive il quotidiano. “Con il nuovo meccanismo messo in piedi dal governo, il pensionato in questione riceverà il primo agosto un ‘bonus Poletti’ una tantum da 750 euro, a fronte di un mancato guadagno (legato al blocco delle rivalutazioni) pari quasi al doppio. Secondo esperti previdenziali, il pensionato in questione ha immolato – in nome del decreto Salva Italia di Monti – più di 1.300 euro. E dal 1° gennaio dal prossimo anno potrà beneficiare di un aumento dell’assegno di 50 centesimi al giorno”. Il Giornale scrive anche che “sarà interessante, poi, verificare quale soluzione tecnica è stata individuata per dare copertura al provvedimento: il testo del decreto ieri sera non era disponibile nella sua versione definitiva. Il Bilancio dello Stato non può aver contabilizzato il tesoretto dal 1,6 miliardi, che Palazzo Chigi fa salire a 2,18. Per un motivo molto semplice. L’emersione dello scarto fra deficit programmato e previsto per quest’anno è stato individuato nel Documento di finanza ed economia, che non ha forza di legge (tant’è che il Parlamento lo approva con una risoluzione). Il decreto sulle pensioni, quindi, non può utilizzare quelle risorse per dare copertura finanziaria a una legge; almeno, fin quando quel tesoretto non entra nella contabilità pubblica”. Dunque “in attesa che venga approvato il Bilancio di assestamento, la copertura finanziaria al provvedimento dovrebbe arrivare da tagli nominali ai ministeri”.
Sul Corriere, Sabino Cassese (“La valanga che andava evitata”) dice che l’intervento “equitativo del governo” chiude “un triste capitolo della vicenda pensionistica”, scrive che sono “estremistiche” le interpretazioni di chi “vorrebbe la ‘restituzione di tutto’ e aggiunge che “lo scivolone della Corte dimentica per un momento delle sue proprie responsabilità politiche avrebbe potuto innescare una valanga rovinosa non solo per l’economia italiana ma anche per gli stessi pensionati”.
Cita Cassese, e in particolare il suo libro “Dentro la Corte”, Enrico de Mita sul Sole 24 Ore. De Mita spiega che la sentenza sulle pensioni “è frutto di una concatenazione di precedenti, di riferimenti a decisioni già prese sicchè non è agevole comprendere il decisum che viene formulato alla fine della decisione”. Dunque “si può dire che c’è una certa autoreferenzialità, che rende la Corte prigioniera di se stessa”. De Mita cita anche le critiche sempre più diffuse di chi “sostiene che la Corte e tutti gli altri giudici in specie il TAR sono un grosso impedimento alla responsabilità politica”, di chi “critica ‘il peso sempre maggiore che le decisioni delle varie branche della giurisdizione hanno sull’attività di governo'”. De Mita spiega anche che forse la Corte poteva aspettare di essere “al completo”, che forse poteva “ricorrere a qualche manipolazione con una sentenza additiva. Ma l’isolamento della Corte e l’aspirazione alla vanificazione della sua giurisprudenza, in nome del primato della politica, sono tentazioni pericolose”. Semmai “il parlamento ha tutti gli strumenti nella legge costituzionale per dimostrare la costituzionalità delle leggi di spesa.”, e “la Corte può chiedere al parlamento e al governo chiarimenti sulle questioni dubbie. Qui diventa rilevante il ruolo dell’Avvocatura di Stato che difendendo la legge ha l’onere di illustrare come essa non violi il principio dell’equilibrio di bilancio”.
Scuola
Su La Stampa, la riforma della scuola: “Approvato il super-preside, stop ai conflitti di interesse”, “I dirigenti potranno assumere, ma sono esclusi amici e parenti”. Si far riferimento ad un emendamento del M5S approvato con il parere positivo del governo: l’Aula della Camera ha approvato l’articolo 9, che attribuisce ai presidi potere di chiamata diretta degli insegnanti, ma potranno farlo “in assenza di conflitti di interesse avendo riguardo a possibili collegamenti soggettivi e/o di parentela del dirigente scolastico con i docenti iscritti negli ambiti territoriali”.
Il quotidiano interpella sul tema due ex ministri dell’Istruzione. Luigi Berlinguer, che guidò il dicastero con i governi Prodi e D’Alema dal 1996 al 2000, ricorda: “Anch’io fui contestato. D’Alema e Veltroni pagarono la loro paura”, “Il coraggio porta anche consensi”. C’è continuità tra le sue riforme e quelle di Renzi? “Il cambiamento, già realizzato in Paesi più avanzati, sta nel superamento di due nodi: la natura trasmissiva dei saperi, che sostituita con quella partecipativa, e la presunzione di una scuola senza l’arte, che coltiva solo la ragione. Nei miei anni queste idee hanno persino ottenuto l’approvazione di leggi importanti come l’autonomia e non si può negare che incarnino il cambiamento proposto da questo governo”. Dunque riforma di sinistra? “Certo. Bloccarla è una scelta di destra. Lo dice non un renziano, ma uno che ha imparato la politica nel Pci”.
Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione dei governi Berlusconi tra il 2008 e il 2011, dice: “rivedo lo stesso film ma l’opposizione fu molto più dura, preconcetta e allarmistica. Rifarei i tagli, la scuola non è un ammortizzatore sociale. Se gli studenti calano non si può aumentare l’organico”. Il provvedimento, secondo Gelmini, “è già molto indebolito dagli emendamenti accolti dal governo in commissione. Il preside-sceriffo, ammesso che sia mai esistito, ora è ridotto a un preside-passacarte senza poteri decisionali forti. Renzi ha già perso la battaglia”.
La Repubblica: “Via libera della Camera ai super-presidi. Fassina contro Giannini, ‘Si deve dimettere’”, “Minoranza dem bocciata con i voti di Forza Italia. Il ministro: sbagliato protestare, l’autonomia è di sinistra”
Sul Sole 24 ore Eugenio Bruno scrive della “nuova era” che comincia per i presidi: “Quella della chiamata (almeno parzialmente) diretta. A partire dal prossimo 1° settembre i dirigenti scolastici potranno scegliere in prima persona i docenti del nuovo organico dell’autonomia a cui affidare un incarico triennale”. Il provvedimento, inserito nel ddl “buona scuola” è stato votato ieri dalla Camera con 214 voti a favore, 100 contrari e 11 astenuti. Con un paio di novità rispetto al testo uscito la settimana scorsa dalla commissione Cultura: da un lato, arriva la norma anti-conflitto d’interesse; dall’altro, aumentano i criteri di trasparenza per la scelta. Oggi la Camera riprenderà con l’articolo 10, “un’altra delle disposizioni “calde”, non fosse altro che perchè stabilisce l’immissione in ruolo, a partire dal 1° settembre, di 100.703 nuovi insegnanti e l’avvio, a partire dal 2016, di una nuova stagione di concorsi. Triennali e regionali”. Mercoledì dovrebbe esserci il primo via libera.
Immigrazione, quote
Su Il Fatto Giampiero Gramaglia scrive che “l’Ue resta divisa sulla ripartizione in quote dei rifugiati: il fronte della riluttanza, anzi, s’allarga, quello della solidarietà si restringe. Se ne riparlerà il 27 maggio, dopo il vertice di Riga del 21 e 22”, anche se l’immigrazione non è all’ordine del giorno. “Condivisione dell’accoglienza e lotta agli schiavisti”, sottolinea Gramaglia, “sono due facce della stessa medaglia: si rischia la ‘figuraccia’, avverte il ministro degli Esteri Gentiloni, se alle parole non corrisponderanno i fatti. Vallo a spiegare a chi dice no perché ha diritto di chiamarsi fuori, Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca, e al ‘blocco dell’est’ compatto nell’egoismo su fino ai Balitci. La Francia è reticente e la Spagna giudica i criteri delle quote ‘ingiusti’”.
La Stampa: “Dopo la Francia, dubbi anche in Spagna, a rischio le quote europee per i rifugiati”, “Gentiloni: un no sarebbe molto amaro. Decisione finale il 26 giugno”. E, sulla stessa pagina: “L’Italia ora si sente tradita, ‘A parole erano d’accordo’”.
La Repubblica intervista il presidente del Parlamento europeo, il socialdemocratico tedesco Martin Shulz (“Sulle quote rifugiati niente solidarietà asimmetrica, ridistribuzione al più presto”). Chiede Andrea Bonanni: le proposte della Commissione prevedono misure di urgenza per la ripartizione dell’accoglienza di un numero limitato di persone già ospitate nei centri europei. Si parla di 20mila profughi. Secondo lei può bastare per calmare la situazione in Paesi come Italia, Grecia e Spagna? Schulz: “Più che tentare di sminuire le misure proposte dalla Commissione lo sforzo di tutti dev’essere nell’assicurarsi che le misure possano essere messe in atto quanto prima, a beneficio di profughi, rifugiati, richiedenti asilo e dei Paesi più esposti alla pressione migratoria. Dobbiamo renderci conto che siamo di fronte a un cambio radicale in termini di politica migratoria”, “Il Parlamento si adopererà perché le proposte della Commissione possano essere tradotte in politiche e legislazione con la maggiore ambizione possibile”.
Sul Corriere viene intervistato il sindaco di Nizza Christian Estrosi, che sabato era accanto a Manuel Valls a Mentone quando questi ha annunciato il no della Francia alle quote proposte dalla Ue. Figlio di immigrati italiani, esponente dell’opposizione, dice che Valls ha fatto bene, che “sarebbe ridicolo redistribuire i migranti illegali tra Paesi che hanno gradi di protezione sociale differenti”. E’ d’accordo con la tesi italiana, che chiede di considerare “europeo” il problema dell’accoglienza, ma “dobbiamo evitare che certi Paesi come la Francia vengano percepiti dai migranti come l’Eldorado”.
Sulla stessa pagina: “Quote migranti, Francia e Spagna chiedono modifiche”. “Cresce il fronte dei contrari. Gentiloni: no a retromarce”.
Sul Sole 24 Ore un articolo di Beda Romano: “Le tentazioni populiste e le paure di Parigi”. Dove si legge che “è tutta in salita” la strada per l’approvazione delle quote di immigrati in Europa. Si spiega che la Francia è contraria perché il sistema potrebbe chiedere a Parigi di accogliere un numero di immigrati superiore che in passato. Nel 2014 la Francia ha accolto l’11 per cento del totale di domande d’asilo arrivate in Europa, mentre il sistema delle quote prevederebbe una percentuale del 14 per cento. Per la Germania invece la percentuale sarebbe inferiore, per l’Italia uguale a quella attuale.
Su Il Giornale: “Francia e Spagna ci abbandonano. E ci scaricano la quota migranti. Solo Alfano e Mogherini credevano nell’equa ripartizione tra i Paesi europei. Tutti si sfilano e i rifugiati arrivano da noi”.
Da segnalare un approfondimento del Sole 24 Ore: “Arrivi via terra in aumento del 65 per cento. Nel 2014 boom dei passaggi clandestini in Europa attraverso la rotta balcanica, incremento di quasi dieci volte tra gennaio e febbraio 2015”. Nei primi due mesi del 2015 oltre 26 mila persone sono entrate in Europa via terra, e sono entrate soprattutto in Italia. Da segnalare la crescita di migranti provenienti dalla Siria, dall’Iraq e dall’Afghanistan: preferiscono dirigersi verso l’Europa via terra, invece che andare in Libia.
Missione Ue
La Repubblica: “Parte la missione contro gli scafisti. Comando a Roma, ora si aspetta l’Onu”, “Via libera dei ministri Ue. Mattarella: ‘In Libia serve una soluzione politica non militare’. Accordo tra Italia, Francia e Germania per il drone europeo”. I ministri degli Esteri e della Difesa della Ue, scrive il quotidiano, hanno dato il via alla missione militare europea “Eunavfor Med”: avrà l’obiettivo di contrastare il traffico di esseri umani nel Mediterraneo. Il quartier generale della missione sarà a Roma, nell’ex aeroporto di Centocelle, che è uno dei sei centri di comando per le operazioni congiunte europee. La guida della missione è stata affidata all’ammiraglio Enrico Credendino, cje ha già comandato la missione navale europea “Atalanta” contro i pirati al largo delle coste somale. L’operazione ha ricevuto un finanziamento di 11,8 miliardi per i primi due mesi e un mandato iniziale di un anno. Per essere pienamente operativa, Eunavfor Med dovrà però attendere una risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che autorizzi l’uso della forza. Poi ci sarà un nuovo via libera da parte dei ministri degli Esteri Ue il 22 e il 26 giugno. Il “concetto strategico” messo a punto dai servizi di Federica Mogherini e approvato dai governi prevede quattro livelli di operazioni: la raccolta di informazioni, l’intervento in acque internazionali, l’intervento nelle acque territoriali libiche e, infine, operazioni per spezzare le strutture organizzative dei trafficanti.
Sul Corriere: “Libia, sì dall’Europa alla missione navale”. “Via libera politico all’azione di pattugliamento delle coste per fermare i trafficanti di uomini. Ma per le incursioni a terra contro i barconi occorrerà attendere il consenso delle Nazioni Unite”. SI legge che il “quartier generale” della missione militare sarà basato a Roma, che a comandarlo sarà l’ammiraglio italiano Enrico Credendino, che il costo stimato della missione sarà di oltre 11 milioni di euro per un anno, e che ora serve il voto Onu.
Sul Corriere anticipazioni dalla bozza Ue presentata all’Onu sul tema del contrasto agli scafisti. Il quotidiano milanese spiega che dalla lettura della bozza “emerge un quadro con alcune sorprese”: per esempio una lettera del governo libico di Tobruk che ha “fornito un elenco dettagliato dei trafficanti che operano sul suo territorio” e chiede assistenza per la “messa in sicurezza delle acque territoriali” e “dello stesso territorio” libico. Il quotidiano scrive anche che nel documento “la parte dedicata alle operazioni militari contro i trafficanti di esseri umani è ancora ballerina”.
La Stampa: “Distruzione dei barconi, l’Ue frena. Missione navale, la guida all’Italia”. Il testo che è uscito dalla riunione, scrive il quotidiano, “è però più basso di qualche tono rispetto alle prime bozze: le barche saranno ‘eliminate’ e non ‘distrutte’, mentre sparisce ogni riferimento esplicito a possibili azioni a terra. ‘Serve per evitare discussioni troppo accese prima della decisione Onu’, spiega il ministro Pinotti”.
Il Fatto: “Sulla lotta agli scafisti la Ue abbassa la cresta”, “Ok solo a una forza navale per danneggiare i barconi. Gioco al ribasso per ottenere il sì dell’Onu e avere alleati nella missione a guida italiana”.
Sul Corriere Guido Olimpio analizza le differenze con l’operazione Atalanta, lanciata dalla Ue nel 2008 per contrastare la pirateria lungo le coste somale.
Sul Sole: “Missione militare al largo della Libia”. “Alla guida ci sarà l’Italia”. “All’operazione navale dovrebbero partecipare anche Gran Bretagna, Spagna, forse Polonia e Slovenia”. Si citano le parole, in conferenza stampa, di Lady Pesc Mogherini, che ha detto che l’obiettivo Ue è “annientare il modello di business dei trafficanti di immigrati”.
Regionali
La Repubblica: “Berlusconi a sorpresa: ‘Sono fuori dalla politica’. Sfida Salvini-Alfano-Fitto”, “Il leader della Lega: ‘Saremo primi nel centrodestra’. Caos al comizio dell’ex premier, fermato un aggressore”.
E sulla stessa pagina, in un “retroscena”, Tommaso Ciriaco scrive: “Il Cavaliere prepara la sua exit strategy. ‘Ma come negli anni ’80 sosterrò qualcuno’”. Di fianco, in un’intervista, l’ex leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini dice: “Silvio ha fallito, non unirà i moderati. Partito repubblicano inutile contro Renzi”.
Del tema si occupa anche Stefano Folli, nella sua rubrica “Il punto”: “La mossa di Berlusconi. E Fitto fa l’inglese”, “Evocando il ‘partito repubblicano’ l’ex Cavaliere mette le mani avanti mentre i suo rivale si rifà a Cameron”.
La Stampa: “’Sono fuori dalla politica’. Berlusconi si sfila (forse)”, scrive Amedeo La Mattina, che sottolinea come il sogno dell’ ex Cavaliere sia quello di “fare il padre nobile di tutti i moderati”.
Su Il Giornale un articolo sulle elezioni in Liguria, con le dichiarazioni di Giovanni Toti che smentisce l’ipotesi di “larghe intese” (che sarebbero necessarie se nessuno dei candidati conquistasse almeno il 35 per cento ndr). “‘Noi vinceremo di sicuro con una lista unitaria perché questo rappresenta un progetto che va oltre la Liguria’”, ha detto Toti. “‘D’altra parte – ha ironizzato Toti – la possibilità di pareggio è un incubo per il centrosinistra ma per i cittadini liguri è un sogno di libertà dato che le giunte di centrosinistra hanno portato la regione allo sfascio'”. Il titolo dice che “Paita annaspa sugli sprechi”.
Una pagina de Il Giornale si sofferma sulle altre sei regioni al voto. Si dà per scontata la vittoria del Pd Rossi in Toscana, si legge che nello scontro tra Caldoro e De Luca in Campania il primo ha “vinto al televoto” di Sky Tg 24, dopo il confronto; ci si sofferma anche sull’Umbria, dove il candidato Claudio Ricci, “fenomeno della politica, attuale sindaco di Assisi”, gode dell’appoggio di tutto il centrodestra, da Alfano a Salvini, e “potrebbe portare a casa una storica vittoria”.
Sul Sole un articolo dedicato a Gian Mario Spacca, presidente uscente delle Marche per il centrosinistra, ricandidatosi con Forza Italia. “Marche, Spacca in corsa contro il suo passato. Si contano i like su Facebook e i follower su Twitter, sui quali Spacca batte di gran lunga il suo avversario Luca Ceriscoli, sindaco di Pesaro, candidato Pd, e l’altro avversario, candidato di Fratelli d’Italia e Lega, Francesco Acquaroli, come pure il candidato del M5S Gianni Maggi e quello della “sinistra unita” Edoardo Mentrasti. La sfida sarà tra i primi due, il candidato Pd è certo di vincere.
Sul Corriere Alessandro Trocino si sofferma sul Movimento 5 Stelle: “Pizze e battaglia locali. La campagna dei 5 Stelle (che stavolta ci credono). L’ottimismo del movimento, lontano dai trasformismi, soprattutto per i possibili risultati in Campania e Liguria”. L’immagine è per Roberto Fico e Luigi di Maio che servono pizze a Napoli a sostegno della candidata Valeria Ciarambino, alla presidenza della Regione Campania.
Isis
“A Ramadi l’Iraq scatena le milizie sciite”, si legge sul Corriere della sera. “La mossa di Baghdad (con il consenso degli americani) per recuperare la città caduta in mano all’Isis. Washington ammette la ‘battuta d’arresto’: oltre 500 soldati locali uccisi e ottomila profughi”. Si legge che il governo iracheno ha mobilitato la milizia sciita denominata Hashd Al Shaabi. Gli Usa sono stati fino ad oggi contrari a schierare milizie sciite in aree a maggioranza sunnita, e il premier Abadi fino ad oggi ha evitato di farlo, ricevendo per questo le critiche dell’ex premier Al Maliki. A fronte del disastroso comportamento delle forze regolari gli Usa hanno dovuto cambiare idea sullo schieramento dell’Hashd.
Sul Sole: “In migliaia in fuga dal terrore di Ramadi”. “Il Pentagono ammette: la caduta della città in mano all’Isis è una battuta d’arresto”. Si legge che l’ambasciatore americano in Iraq dopo un incontro con Sanbah Kahrut, presidente del consiglio provinciale di Al Anbar, ha dato il via libera all’arrivo di milizie sciite a patto che rispondano direttamente al premier al-Abadi.
Il Foglio ricorda che Ramadi “è la terza capitale regionale ad essere perduta” dopo Raqqa e Mosul, ma la differenza rispetto allo scorso anno è che ora sulla carta c’è un governo non debole appoggiato da una coalizione di sessanta Paesi. “Soltanto a Ramadi ci sono stati 170 bombardamenti nell’ultimo mese” ma “per ora tutto questo non ha avuto effetto”.
Cina, India
Sul Corriere: “Pechino rallenta, l’India è pronta al sorpasso”. Il corrispondente da Pechino Guido Santevecchi si sofferma sulla visita del premier indiano Modi in Cina. La Cina ha il pil cinque volte superiore all’India, e Modi è tornato a casa con una ventina di contratti che promettono investimenti cinesi in India per oltre 22 miliardi di dollari, soprattutto in infrastrutture. Poi ha concesso una intervista al Financial Times per dirsi fiducioso che il tasso di crescita del suo Paese supererà “stabilmente” quello del vicino. “Penso che possiamo fare meglio del 7 per cento di crescita annuale sul quale si è attestata la Cina”, dicono gli indiani. La ricetta per crescere è basata su “riforme fiscali e privatizzazioni”, scrive il quotidiano.
Alla pagina dei commenti un intervento dell’ambasciatore Antonio Armellini: “Se la tigre economica indiana corre di più del drago cinese”.