Il Corriere della Sera: “Le prime mosse europee di Renzi”. L’editoriale di Angelo Panebianco è titolato “La diga utile del premier”, mentre a centro pagina si parla del risultato di regionali e amministrative: “Piemonte, Abruzzo e Comuni. Al Pd le Amministrative”. In evidenza anche una intervista a Walter Veltroni: “Il mio sogno realizzato da Matteo”. In basso: “Francesco: possibili altri Papi emeriti”.
La Repubblica: “Regioni e città, il Pd fa il pieno”. “Renzi: la speranza ha vinto sulla rabbia, ora in Europa sarà più forte una terza via”, “La sinistra riconquista il Piemonte e l’Abruzzo. Alfano: non torno col Pdl”, “Grillo prende il Maalox: ‘È un Paese di pensionati che non vogliono cambiare’”.
La Stampa: “Renzi raddoppia e rilancia”. A centro pagina: “Svolta in Piemonte. Vince Chiamparino”. In taglio basso, il viaggio in Terrasanta del Pontefice: “Il Papa: pedofilia come messe nere”.
Il Fatto: “Renzi, la prossima mossa: scardinare i Cinque Stelle”.
A centro pagina, l’elezione a Strasburgo di quelli che il quotidiano definisce “vecchi arnesi, impresentabili e capibastone”: “Da Fitto a Scopelliti, invasione degli ultracorpi”, “Fuori Mastella, Iva Zanicchi e il ministro Giannini. Passa Borghezio. Bonafé la più votata, Pittella sbaraglia la Picierno che però passa lo stesso. Ok le altre renziane capolista. Alt a Fiandaca, il ‘negazionista’ della trattativa”.
La Stampa titola: “Il Nord-Est con Renzi, scommessa a tempo, ‘Riforme in un anno’”, “percentuali da vecchia Dc, ma il voto è al premier. Zuccato (Confindustria): ‘Ora è più forte, agisca’”. In Piemonte: “Vola Chiamparino. Doppiata Forza Italia. Grillini solo terzi”. Chiamparino “avrà la maggioranza assoluta: 32 seggi su 50”. Di fianco, un’intervista allo stesso Chiamparino: “Il lavoro sarà la mia priorità. Via al progetto dell’area alpina”. Per il quotidiano la ricetta del “sindaco dei sindaci” è stata “rassicurante”: si è concentrato sulla provincia, lontano dalle polemiche.
Il Sole 24 Ore: “Effetto voto sui mercati: Borsa +3,6%, spread a 156”. In alto il Papa e le sue parole dal Medio Oriente: ‘No alla violenza che usa il nome di Dio’”. In prima anche la notizia dell’arresto dell’ex ministro Corrado Clini, per peculato. L’editoriale è firmato dal direttore Napoletano: “Il doppio mandato che Renzi non può tradire”.
Il Giornale: “Forza Italia, la verità”. In prima anche una intervista a Jean Marie Le Pen: “Così mia figlia cambierà l’Europa”.
L’Unità: “Effetto Renzi. Il Pd guida i socialisti europei. Il premier: vince la speranza, ora riforme. Grillo insulta gli elettori: tutti pensionati. Ma non si ritira come promesso”.
Il trionfo di Renzi
“Il riformismo diventa maggioranza” è il titolo dell’editoriale del direttore de La Repubblica Ezio Mauro, che vede accomunati Beppe Grillo e Silvio Berlusconi nella reazione ai risultati elettorali (“è tipico del populismo autoipnotico dare la colpa agli altri dei propri errori”, il primo attribuendolo all’esistenza di “un’Italia di pensionati”, l’altro alla “condizione di uomo non libero”, tralasciando che questa riduzione della libertà di movimento, e non politica, è causa dei reati che ha commesso). Per Mauro “l’identica reazione spaesata e fuori dalla realtà indica il parallelo declino dei due populismi (uno di destra, l’altro anche) che si contendevano la guida del grande malessere italiano”. In tutto il continente “l’antieuropeismo dilaga”, sottolinea Mauro citando l’esempio francese: e anche l’Italia avrebbe potuto fare questa scelta, “la scorciatoia del gran rifiuto”. Invece l’Italia “ha scelto di provare a cambiare l’Europa. Cioè, nella stagione trionfante dell’antipolitica, ha scelto la politica”. E a chi parla della vittoria di Renzi come “ritorno della vecchia Dc”, Mauro fa osservare che la vittoria al Nord, la riconquista di Piemonte e Abruzzo, il boom di Milano, Verona, Varese, Como, segnalano che ci sono ceti e soggetti sociali che vogliono un cambiamento: “la sinistra può dunque parlare ad un centro non politico o ideologico, ma di interessi, che dopo l’illusione del laissez-faire berlusconiano e l’inutile ruggito grillino, può essere per la prima volta coinvolto in un progetto di cambiamento”.
Sul Corriere Aldo Cazzullo intervista Walter Veltroni, che da segretario del Pd arrivò al 33 per cento. “Grazie a Matteo si è avverata la vocazione maggioritaria”. Di Renzi dice: “veniamo da mondi diversi, ma abbiamo la stessa idea: il Pd non deve limitarsi a riempire il proprio recinto, per poi unirlo al recinto dei vicini. Il Pd deve saper parlare a tutti gli italiani. Questo risultato storico è frutto di due circostanze oggettive: il fatto che Renzi sia al governo da poco, e abbia indicato la possibilità di un cambiamento; e la crisi di Berlusconi. Ma c’è anche una circostanza soggettiva: la personalità stessa di Matteo, la sua determinazione, la ‘cattiveria’ che io non ho saputo avere; cosa che mi sono sempre rimproverato come un difetto. Se il sogno si è avverato, il merito è suo. Compreso il merito di aver sfidato, da riformista, tutti i conservatorismi”.
Per il direttore de La Stampa Mario Calabresi si tratta della “vittoria sorprendente della speranza”. È presto per conoscere i flussi dei voti, ma “se si suppone che i giovani, certamente i più frustrati dalla scarsità di futuro, abbiano votato in maggioranza per il Movimento 5 Stelle”, è credibile che i loro genitori abbiano votato per Renzi: non per conservatorismo o perché, come ha detto Grillo, questo è un Paese di pensionati, “ma al contrario per la convinzione che sia meglio costruire che distruggere”: un artigiano che votata per Forza Italia può riuscire a mettere la croce sopra il simbolo Pd “solo se è spinto da un senso di necessaria sopravvivenza”. Sullo stesso quotidiano anche Massimo Gramellini sottolinea come “il capolavoro” di Renzi sia stato “strappare al leader del centrodestra gli anziani”.
E Giovanni Orsina, ancora su La Stampa, evidenzia come Renzi sia riuscito ad intercettare una quota di voti ex berlusconiani: “dopo vent’anni di tentativi, per la prima volta il Partito Democratico sembrerebbe dunque esser riuscito ad evadere dalle sue riserve elettorali tradizionali”.
Leggi anche l’analisi di Giancarlo Bosetti, su Reset, sul “recinto” rotto dal Pd di Renzi.
Il direttore del Sole 24 Ore parla di un “doppio mandato a doppia partita (italiana e europea)” per Renzi, che dovrà rimettere “in corsa l’Italia dentro quel sentiero (obbligato) di cambiamento che ci legittima a costruire, insieme con i Paesi fondatori, il cambiamento del Vecchio Continente ritrovando lo spirito solidale di Helmut Kohl («Voglio una Germania europea, non un’Europa germanica») che chiuda le cicatrici della storia e consegni al mondo globalizzato gli Stati Uniti d’Europa”.
Sul Corriere Angelo Panebianco parla di “diga utile” per Renzi, nel senso che il premier deve aver “attirato due diversi tipi di elettori: quelli convinti dalla sua proposta e quelli che lo hanno individuato come la ‘diga’ utile per fermare l’avanzata dei grillini. Se si guarda all’ottimo risultato del Pd nel Nord (dove la propensione al voto per quel partito è tradizionalmente scarsa), si capisce che l’effetto diga deve essere stato potente: la paura del grillismo ha innescato una mobilitazione a favore di Renzi”. Ma Renzi oggi “ha un solo vero nemico da cui guardarsi: se stesso. Deve vincere una certa propensione all’improvvisazione, allo slogan brillante che fa apparire di semplice soluzione problemi complessi. Deve fare, per davvero, il tanto che ha promesso e che, ancora, in larga misura, non ha nemmeno cominciato a fare”.
Su La Repubblica, l’analisi di Ilvo Diamanti: “Primo in tutto il territorio, il Pd ora è partito nazionale”, “Fino a ieri la base elettorale del centrosinistra era addensata nell’Italia centrale. Renzi è riuscito a intercettare la fiducia di ceti sociali e zone da sempre ostili”. Nel Nord Est il Pd è cresciuto in misura più elevata rispetto alla media nazionale; buona parte dell’avanzata del Pd è avvenuta nelle aree dove il M5Stelle è arretrato di più, come Nord-Est, Toscana, Umbria e Marche; il M5S ha perduto dove è cresciuta di più l’astensione, come Sud, Sicilia, Triveneto.
Anche La Repubblica intervista Sergio Chiamparino: “Rivali doppiati, adesso la riforma del Senato”, dice, riferendosi al fatto che il candidato grillino Davide Bono ha ottenuto il 21,1% e quello di Forza Italia, Gilberto Pichetto, è arrivato secondo con il 22,4%.
“Democrazia renziana” è invece il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio su Il Fatto: parlando di Matteo Renzi scrive che “la pancia di una certa Italia lo vede e lo sente come il nuovo Berlusconi, cioè come un nuovo messia, il salvatore della Patria, il populista ridens con il sole in tasca e 80 euro in mano”. Insomma, “un democristiano”, “in senso tecnico, non deteriore”, precisa Travaglio risalendo alla Dc degli anni ’50, sopra il 40%: “anche allora pochi dichiaravano di votarla, ma la votavano in tanti. Un partito-contenitore” che ospitava a bordo tutto e il contrario di tutto. Ma dovrà fare i conti con un Parlamento che non rappresenta più le vere forze in campo: i partner ufficiali, ovvero Alfano, Casini e Monti, per non estinguersi alle prossime urne, dovranno marcare le differenze sul fronte delle riforme. E così, “paradossalmente, il Pd al massimo storico dovrà chiedere aiuto a un Berlusconi al minimo storico”. E il “soccorso azzurro non è mai gratis”. Alle pagine seguenti: “Il piano di Matteo: riforme subito, con Forza Italia o con i delusi M5S”.
La Repubblica: “Riforme, l’aut aut di Renzi: ‘Dopo questi risultati nessuno ci può fermare, non accetto più ricatti’. Il presidente del Consiglio ripete: al voto nel 2018. Mano tesa al M5S: ‘Si siedano al tavolo del confronto’”.
Su La Repubblica, spostando l’attenzione ai nuovi equilibri in Europa (“I socialisti frenano l’onda populista, ora è battaglia per la Commissione”), un “retroscena” porta questo titolo: “Renzi chiama la Merkel: ‘L’Italia conta di più, vogliamo l’Eurogruppo’”.
Su Il Fatto: “Il premier cannibale ora vuole un posto alla tavola europea”, “L’ottimo risultato gli consente di avere il gruppo egemone tra i socialisti. Una carta da spendere con Merkel e Shulz”.
Lotta per la Commissione
In Europa oggi si terrà il primo vertice dei leader dopo le elezioni: “Juncker-Schulz, è già derby all’ombra degli euroscettici”, titola Il Fatto spiegando che “tra il popolare e il socialista potrebbe spuntare il terzo incomodo” alla presidenza della Commissione Ue. Su La Stampa: “Juncker prenota la Commissione Ue. Ma la corsa è in salita”. E in un “retroscena” dello stesso quotidiano di Tonia Mastrobuoni si legge che ci sarebbe un “asse Merkel-Cameron contro il candidato del Ppe”, Juncker: “la cancelliera non vuole un presidente troppo ingombrante”. La Merkel vorrebbe al timone dell’esecutivo Ue Mario Monti, il premier irlandese Enda Kenny o la Thornign Schmidt, premier danese. Per quel che riguarda i socialdemocratici, prima di iniziare un negoziato il vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel chiede che i Popolari scarichino il primo ministro ungherese Viktor Orban e Forza Italia.
Anche Il Sole 24 Ore scrive che per Junker la strada è “in salita”.
Sul Corriere si scrive che – anche se “nessuno lo dice apertamente, tutti lo pensano: l’ideale per Bruxelles e Strasburgo è ancora una grande coalizione Ppe-Pse sul modello tedesco, per garantire la stabilità, il cammino delle riforme”. Secondo il quotidiano “per convincere Schulz a farsi da parte, Juncker potrebbe garantirgli la successione a Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio Europeo, ormai vicino alla scadenza. E non sono ancora del tutto esclusi gli ‘outsider’, i candidati esterni: Christine Lagarde, matrice Ppe, direttore generale del Fondo monetario internazionale, o Helle Thorning-Schmidt, socialista, primo ministro della Danimarca”.
L’Italia “non può proporsi per la presidenza della Commissione europea e del Consiglio dei governi, avendo ottenuto già la super-poltrona della Bce con Mario Draghi” ma può puntare a “un portafoglio importante per il nuovo commissario Ue, che va scelto rapidamente per l’uscita anticipata di Antonio Tajani (eletto con Forza Italia a Strasburgo)”. Si parla anche di presidenza dell’europarlamento, cui sarebbero candidati “Gianni Pittella, l’ex capogruppo David Sassoli o l’ex leader della Cgil Sergio Cofferati, che coagulerebbe il consenso delle componenti sindacali dei partiti eurosocialisti schierati per rilanciare la crescita e l’occupazione”.
E poi
La Repubblica intervista il sociologo tedesco Ulrich Bech: “Ora si è spezzato il dogma dell’austerity”, “In Francia il trionfo della Le Pen può portare alla fine dell’Ue”.
Sul Corriere intervista all’ex ministro Joshka Fischer: “Risultato avvelenato, un’Europa instabile e destinata alla crisi”.
La Stampa intervista il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz: “Spero che la Merkel ora dia ascolto a Renzi”, “l’austerity ha fallito, è ora di cambiare passo”. E sullo stesso quotidiano, il politologo Marc Lazar, in un’intervista, dice: “A Parigi ora è Renzi-mania. Valls lo prende a modello”.