Il patto e la fronda

Il Corriere della Sera: “Il nuovo patto spacca i partiti”. “Asse Renzi-Berlusconi sull’Italicum, minoranze di Pd e Forza Italia in rivolta”. “Legge elettorale: il voto rinviato a domani. Il premier: avanti, questi frenatori non mi bloccheranno”.
L’editoriale è firmato da Ernesto Galli della Loggia: “La nebbia sull’irto Colle”.
Di spalla: “La Bce e il test tedesco”. “I governatori alla conta finale. Le carte di Draghi (e di Weidmann)”.
A centro pagina: “Le banche popolari spa. Finita l’epoca dei piccoli soci”. “Il decreto: no di Ncd. Più facile spostare i conti correnti”. Salvatore Bragantini spiega in prima pagina “le ragioni di una svolta necessaria”.
A fondo pagina: “Per i dipendenti pubblici resta il reintegro”. “La riforma: i dirigenti non responsabili dei danni se eseguono una indicazione politica”.

La Repubblica: “Italicum: i ribelli Pd sfidano Renzi, si spacca Forza Italia, da oggi si vota”, “Il presidente del Consiglio blinda la riforma con Berlusconi. La Consulta boccia il referendum sulla Fornero”. E la foto ritrae i senatori della Lega ieri, con cartelli di protesta contro la bocciatura (“Legge Fornero, lo Stato contro il popolo”).
Di spalla a destra, il progetto di riforma varato ieri dal Consiglio dei ministri: “Banche popolari trasformate in Spa, ‘Una spinta per il credito'”, “Lite nel governo, Lupi vota no. Riforma storica per dieci istituti. Nuove governance, fusioni più facili”. L’analisi su questa riforma è firmata da Luigi Guiso: “La trincea delle lobby”.
A centro pagina: “Jihad, espulso un turco, studiava alla Normale”.
In taglio basso: “Milano, ritratta il teste chiave che accusava Penati per le tangenti”.

La Stampa: “Il Pd si divide. Renzi: ma io vado avanti”, “Fronda di 29 senatori sull’Italicum. E il premier blinda il patto con Berlusconi”, “Le tensioni interne sulla legge elettorale rischiano di rendere determinante il soccorso di Forza Italia al Senato”.
Su questo tema, il richiamo ad un’intervista a Guglielmo Epifani, ora parlamentare Pd, che definisce “inaudita” l’intesa con Fi.
A centro pagina: “Le banche Popolari spa entro 18 mesi”, “Via libera del Cdm. Padoan: sistema più forte”, “Coinvolte in 10, capitale 8 miliardi”. Sul tema un’analisi di Francesco Manacorda: “Blitz contro un mondo pietrificato”.
Di spalla a destra, un inedito di Primo Levi: “Capirete il contagio del male”, “I funzionari di Auschwitz, anche i più alti erano prigionieri: molti erano ebrei. Venivano scelti i più vili, i peggiori, ed era loro concesso ogni potere, cibo, vestiti. Collaboravano. E£ i nazisti potevano dire: non siamo più sporchi di voi”.
Di spalla anche le notizie da Torino: “Notte di rivolta dei tassisti contro Uber”, “Arrivano in massa e accerchiano le auto dei concorrenti: ‘Ci rubano il pane'”.
La foto a centro pagina è per il fiume Bormida, inquinato dai veleni dell’Acna di Cengio: “Bormida, nuova vita per il fiume dei veleni”, “Finita la bonifica, 100 anni fa le prime denunce”.

Il Fatto, con le foto di Renzi e Berlusconi: “Voto di scambio”, “Legge elettorale: Renzi non controlla il Pd e chiede aiuto a Berlusconi. Che gli concede tutto (Forza Italia compresa) in cambio di un amico al Quirinale e della SalvaSilvio che lo riporterà in Parlamento. Caos e risse in Senato: la decisione sugli emendamenti slitta a questa mattina”.
Tre le interviste richiamate in prima. Alla costituzionalista Lorenza Carlassare (“Preparano il Porcellum-bis e tradiscono la Consulta”. All’ex presidente Telecom Franco Bernabé (“Ai poteri forti interessa più il Colle che il governo”). E a Gad Lerner (“Ora il premier sta creando il partito unico dei trasformisti”).
In taglio basso: “Congo, il pasticciaccio dei bimbi presi di notte”, “In 22 prelevati da un centro. Tensione Roma-Kinshasha”, “Prelevati da tre funzionari italiani il 29 dicembre, Palazzo Chigi: ‘Stanno bene’. La Ong che gestisce l’orfanotrofio manda una relazione all’ambasciatore italiano, il ministero della Famiglia del Paese africano apre un’inchiesta”.
Sulle interviste del Papa in volo: “Papa Francesco e quell’uso rivoluzionario dell’aeroplano”, “Inventate da Wojtyla e poi mantenute da Ratzinger, ora le interviste ‘in volo’ esaltano Bergoglio”. Di Marco Politi.

Il Sole 24 Ore: “Popolari, via alla riforma: 10 banche diventano Spa”. “Gli istituti cooperativi con attivi oltre 8 miliardi diventano società per azioni: abolito il voto capitario”. “Adeguamenti entro 18 mesi. Bcc escluse dalla svolta”.
“Le popolari pagano l’incapacità di riformarsi” è il titolo dell’editoriale del quotidiano di Confindustria, firmato da Marco Onado.
Di spalla: “Battaglia finale sull’Italicum. Si spaccano Pd e Forza Italia”. “Maggioranza trasversale in Senato sulla legge elettorale”. “Renzi-Berlusconi: avanti con il patto del Nazareno”. Un altro articolo: “A favore della riforma 195 voti”.
A centro pagina un’altra decisione presa ieri dal Consiglio dei Ministri: “Una newco salva aziende con garanzia dello Stato”. “Aiuti alle Pmi innovative”.
In prima anche la notizia della bocciatura da parte della Corte Costituzionale del referendum sulla legge Fornero promosso dalla Lega.

Il Giornale: “La maggioranza non c’è più”. “Renzi chiede la conta sull’Italicum, ma 29 senatori Pd gli voltano le spalle”. “Una vera scissione”. “La tenuta del governo è a rischio e adesso le larghe intese sono qualcosa di più di una ipotesi”. “Berlusconi: il patto tiene e il premio alla lista unirà il centrodestra”.
A centro pagina: “I bimbi islamici uccisi per il calcio”. “Ennesimo orrore in Iraq: l’Isis giustizia 13 ragazzini per aver visto la Nazionale in tv”.
In prima pagina il quotidiano diretto da Sallusti torna a parlare anche della famosa casa di Montecarlo: “Montecarlo-Fini, un affare milionario”. “La casa, comprata a 300 mila euro, ora è sul mercato a 1,6 milioni”. Starebbe trattando per venderla il proprietario Tulliani, cognato dell’ex presidente della Camera.

Riforme, il patto del Nazareno

Sul Corriere: “Berlusconi e Renzi rilanciano il patto. Sfida alle minoranza sull’Italicum”. “Il premier: ‘In Italia dobbiamo vincere qualche potere di veto’. Il leader di Fi: ‘Basta frammentazione'”. Si parte dall’incontro mattutino tra Renzi e Berlusconi, poi con l’assemblea con i senatori Pd in cui Renzi “fronteggia i suoi ribelli”, che si attestano a quota 29, e poi si va in Aula, “dove la maggioranza ha apparecchiato un emendamento, il cosiddetto ‘super canguro’, che dovrebbe far cadere molti altri emendamenti pericolosi e spianare la strada verso il via libera” sulla legge elettorale. Il voto sul maxiemendamento però slitta “a domani”.

Sul Giornale: “Alta tensione sull’Italicum: asse ex M5S e anti-renziani”. “Tra un’obiezione e l’altra la discussione va avanti fino a sera, poi il voto slitta a oggi. Il patto del Nazareno si cementa sull’emendamento Esposito, ma Pd e Fi perdono pezzi”. “La forzatura di Renzi per il sì alla riforma si ripercuoterà sul Colle”.

L’emendamento è stato preparato dal deputato Esposito, e ancora sul Corriere, il retroscena di Maria Teresa Meli dà conto delle parole di Renzi: “‘Chi l’avrebbe detto solo qualche mese fa che alla fine è stato l’emendamento di un ‘duro’, di un combattente come Esposito, uno che non ha votato per me ma per Gianni Cuperlo, a fare la differenza?'”. Sullo stesso articolo: “L’avvertimento del segretario: o si fa così o andiamo tutti a casa. L’approvazione dell’Italicum come test di tenuta in vista del voto per il Quirinale”. Secondo Meli anche per questo Renzi non lascia capire chi è il suo candidato al Colle. “Non è Giuliano Amato, sicuramente, come ha potuto appurare Berlusconi”. No anche su Prodi, ieri circolava il nome di Anna Finocchiaro.

La Repubblica intervista il senatore Stefano Esposito, autore dell’emendamento che il quotidiano definisce l’emendamento “più odiato dalla minoranza Dem”. Sui 29 senatori dissidenti: “Non saranno 29. Quelli che votano contro la legge sono 18-20. Con gli altri ci abbiamo parlato”, dice. La maggioranza rischia di cambiare? Esposito: “Auspico che i coraggiosi che non voteranno l’Italicum ne traggano le conseguenze. Avranno tutto il mio rispetto”, “nel Pd siamo all’impazzimento. Ci sono esponenti di questo partito che dicono cose su Renzi che non si sono neanche mai immaginati di dire contro Berlusconi. Non si capisce allora perché uno deve stare insieme”.

Riforme, fronda Pd

Su La Repubblica, le prime 9 pagine sono dedicate alle tensioni sulla riforma della legge elettorale nel Pd e in Forza Italia e alle connessioni sul versante della corsa per la successione a Napolitano. Pagine 2 e 3: “Renzi blinda l’Italicum e il patto con Berlusconi: ‘I frenatori si rassegnino’. È rivolta dentro Pd e Fi”, “Ma la fronda dem scende a 26. Romani: noi decisivi. Slitta l’ok. L’ex premier (Berlusconi, ndr.): elezione diretta per il Colle”.
Il “retroscena” è firmato da Francesco Bei e Goffredo De Marchis: “L’aut aut del premier: ‘Silvio, votate tutto o il Nazareno salta’”.

La Stampa se ne occupa nelle prime tre pagine. Pagina 2: “La minoranza dem resta sulle barricate. Ma c’è il soccorso di Fi”, “Arriva un maxi-emendamento per approvare l’Italicum”. Scrive Francesca Schianchi che oggi riprendono i lavori al Senato sulla legge elettorale e l’emendamento firmato dal senatore Pd Stefano Esposito, “che ingloba tutte le modifiche concordate in maggioranza (capolista bloccati, premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione, soglie al 3% ed entrata in vigore il 1 luglio 2016), determinando la sostanziale caduta di gran parte dei 48 mila emendamenti presentati, è il grimaldello per arrivare in tempi brevi all’Italicum 2.0. Ed è lo stesso Renzi, in una riunione che tiene all’ora di pranzo coi senatori del suo gruppo, a chiedere a tutti di votare quella proposta di modifica: ‘Così arriviamo a una nuova legge elettorale in 48-72 ore’, spiega loro, mentre difende l’Italicum ricordando che se fosse stato in vigore, ‘Bersani sarebbe andato al ballottaggio e sarebbe diventato premier”. Il voto dell’assemblea dei senatori ha registrato 71 sì sui 90 presenti, con la minoranza che ha presentato un documento evitando di votare contro. Ma non recede sul voto che ci sarà nell’aula del Senato e sui propri emendamenti, che saranno appoggiati anche dal M5S. Uno dei protagonisti della battaglia, il senatore Pd bersaniano Miguel Gotor, dice: “Se non verrà approvato l’emendamento che elimina i capolista bloccati, non voterò sì all’Italicum”, “il fatto è che più di quello che dice la minoranza Pd credo conti per Renzi quello che dice Verdini”.
In taglio basso: “Gotor attacca: ‘È uno strappo come le legge truffa del ’53′”, “L’emendamento firmato da 29 senatori dissidenti”.

Sul Corriere si racconta “l’assemblea dei ribelli con il sogno di arrivare a 150”. “Tutte le anime della sinistra interna riunite stasera a Montecitorio per arginare il pressing renziano”. Ci saranno “bersaniani, dalemiani, cuperliani, civatiani e bindiani”. “Persa l’ultima battaglia contro i nominati il Quirinale si profila come l’ultima spiaggia, l’ultima speranza per poter condizionare le scelte del segretario”. In prima fila nell’assemblea ci sarà il capogruppo alla Camera Speranza, “per togliere all’assemblea il sapore di fronda e tentare una ricucitura”.

Sul Sole Lina Palmerina ricorda le “tre virate in due anni” del Pd, in cui si ricorda che “la stessa minoranza che oggi fa la guerra a Renzi sull’Italicum e sul Colle, votava in una direzione del Pd un documento per sfiduciare Enrico Letta e portare a Palazzo Chigi l’attuale premier. In meno di un anno l’ennesima virata”. Votarono contro solo i civatiani, mentre si astennero Fassina e Miotto. E certo “non si può parlare di cambiamento di personalità” di Renzi, che aveva lanciato “le bordate alla Cgil” già durante le primarie, aveva spiegato la rottamazione, e aveva già varato il ‘patto del Nazareno'”. Il rischio è che il Pd diventi “una mina non solo vagante ma incomprensibile”.

La Stampa intervista Guglielmo Epifani, oggi deputato Pd: “Un fatto inaudito l’intesa solo con Forza Italia”, “Il segretario trova l’intesa con tutti, ma non con una parte significativa del proprio partito”.

Riforme, fronda FI

Su Il Giornale si racconta del “braccio di ferro” in Forza Italia, tra “frondisti” e sostenitori del patto del Nazareno, e si scrive che “ieri, in serata, Berlusconi ha voluto vedere Fitto, anima e guida degli ‘antinazareni’ azzurri. L’ex governatore pugliese non arretra di un millimetro e, dopo il faccia a faccia a palazzo Grazioli, attacca l’accordo: ‘Votare questa legge elettorale significa andare contro i nostri elettori e svendere la storia di questi 20 anni. Renzi è in difficoltà, non ha i numeri e noi diventiamo gli “arrivano i nostri. Una scelta politica da parte del gruppo dirigente che rappresenta una svendita totale, per noi inaccettabile'”. Secondo il quotidiano la frattura è destinata “a riproporsi anche per la partita sul Quirinale”.

Su La Stampa: “E alla fine Berlusconi porta in dote a Renzi 45 senatori su 60”, “Fitto: ‘Ci svendi’. Ma Forza Italia sogna le larghe intese”. Scrive Ugo Magri che “dietro insistenza del premier, Berlusconi ha messo la firma sotto il premio di lista, per cui alle prossime elezioni vincerà il partito che arriva primo, anziché una coalizione come è stato finora. Ma il centrodestra diviso in tre può sperare di farcela solo coalizzato, se ciascun partito invece gioca per sé verrà sicuramente travolto dal Pd. Ciò significa che Silvio, ieri, di fatto ha rinunciato a vincere: questo perlomeno è l’urlo disperato che sale dai dissidenti del suo partito. ‘Un errore madornale'”, come dice Raffaele Fitto.

Su La Repubblica, con foto di Raffaele Fitto: “‘Tu ci porti al suicidio’, Fitto attacca Berlusconi per il sì al premio di lista”, “Il leader resiste: ora contiamo davvero e la partita non è finita. I 40 voti della corrente dell’ex ministro un’incognita sul Colle”.

Riforme, Colle

Sul Corriere una intervista a Riccardo Nencini, che annuncia che i 31 voti dei Grandi Elettori socialisti andranno ad Amato, “ma non è l’unico”, “anche altri candidati rispondono ai requisiti” (politico, europeista, garante dell’unità nazionale).

Sul Messaggero viene intervistato il segretario del Ncd Alfano: “Se salta la riforma elettorale vedo rischi per la legislatura”. Quanto all’elezione del Presidente, “non poniamo diktat, non accettiamo veti”.

Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera scrive che “il carattere oggettivamente e spiccatamente politico del ruolo del presidente della Repubblica più che essere frutto di circostanze ‘particolari'”, come si dice, “è in realtà iscritto a chiare lettere nel testo stesso della Costituzione. I cui autori pensavano di scrivere la Costituzione di una democrazia parlamentare, ma in corso d’opera hanno disegnato nei fatti un capo dello Stato che per molti aspetti assomiglia più che altro al Sovrano dello Statuto Albertino”. Per questo è “incongruo” il modo in cui viene eletto: “cioè il voto segreto” che, come la regola del paramentarismo, non fa scegliere “‘il migliore’ ma favorivesce il lato “opaco, ‘contrattato’ e talora volutamente ‘inquinante’, del meccanismo di formazione della maggioranza”. E la persona da scegliere viene sceta “nell’ombra”, “al di fuori di qualunque orientamento” dei cittadini elettori e dell’opinione pubblica.

Banche popolari

Il Giornale: “Ultimatum alle 10 grandi Popolari: Renzi dà 18 mesi per diventare Spa”. “Una volta trasformati, gli istituti potranno partecipare al risiko. Gelmini: ‘Da liberale non sono contraria’”. La norma vale per gli istituti con attivi superiori agli 8 miliardi. Si legge anche della perplessità dell’Ncd sull’utilizzo dello strumento del decreto. I giornalisti hanno chiesto conto a Padoan di una dichiarazione del governatore di Bankitalia Visco, che aveva detto di non conoscere il testo del decreto. Padoan ha detto che il governo “ha ascoltato i consigli venuti” da via Nazionale. Si parla di Banco Popolare, del Credito Valtellinese, di Ubi Banca, di Credem, di Veneto Banca, della Popolare di Sondrio, della Popolare di Vicenza, di quella dell’Etruria e del Lazio e di quella di Bari.

Secondo Marco Onado, sul Sole 24 Ore, “è un fatto che le banche popolari abbiano seri problemi di governance grazie all’uso disinvolto che molti istituti (ma non tutti) fanno del voto capitario”, come “è un fatto” che per ora non siano state capaci di autoriformarsi, e dunque va dato atto al Governo di aver scelto. “Ma da qui a mettere al bando l’assetto cooperativo imponendo per decreto alle popolari oltre una certa soglia dimensionale la forma di società per azioni, corre un abisso. Non solo, in linea di principio, per la soluzione scelta, ma anche perché le motivazioni indicate prestano il fianco a qualche perplessità”. Onado ricorda che “in quasi tutti i paesi le cooperative di credito sono una componente importante dei sistema bancario e in particolare di quello più vicino alle esigenze del territorio”, e per tutte il problema non è “il voto capitario in sé” ma “l’uso disinvolto del voto capitario”. Le dichiarazioni del governo sul fatto che la scelta è stata fatta così velocemente perché “in questo modo si favorirebbero aggregazioni che appaiono indispensabili” non convincono Onado, che dice anche che non è neppure detto che le dimensioni delle aziende di credito siano “la soluzione al nodo del credit crunch”.

Anche Salvatore Bragantini sul Corriere ricorda la riottosità a qualsiasi cambiamento da parte del mondo delle banche popolari, nonostante i richiami ripetuti della Banca d’Italia. “Una saggia autoriforma avrebbe forse evitato la scelta del governo”, definita una “atomica” dal commentatore. Il governo insomma è intervenuto “tagliando il nodo gordiano” anche per la “necessità di ristrutturare le banche italiane” dopo gli stress test della Bce. “Il credito popolare ha avuto meriti storici ma era ormai, per le grandi, in tutto simili alle omologhe Spa, una finzione giuridica”.

Il turco espulso

La Repubblica, a pagina 16, si occupa della espulsione di un venticinquenne turco, Furkan Semih Dundar, dottorando in Fisica alla Normale di Pisa: “Le minacce di Furkan, lo studente turco espulso dall’Italia, ‘Pronto a fare attentati'”. È stato espulso a fine dicembre con l’accusa di procurato allarme: lo accusano di aver scritto su un blog di estremisti islamici e di aver mandato mail di minacce ai siti di governi, questure e ambasciate. Il professor Augusto Sagnotti, che lo ha selezionato a luglio per il corso di perfezionamento in Fisica, lo ricorda come uno studente “brillante e colto” e uno degli studenti che condivideva con lui l’appartamento racconta: “Mai parlato di religione né di politica, vestiva all’occidentale, come un hipster, portava anche un orecchino”. Primo all’esame orale, terzo assoluto su 110 candidati.
Il quotidiano lo ha intervistato: “Tutto un equivoco, lettere provocatorie”. Spiega Furkan: “Hanno usato Google per tradurre i miei messaggi e tutti sanno che non funziona bene con la lingua turca. Così hanno capito che volevo farmi saltare in aria in luoghi pubblici”. La polizia, però, ha trovato nel suo cellulare le mail con cui minacciava siti governativi italiani e americani, come lo spiega? “Dal primo giorno in cui sono arrivato in Italia mi sono accorto che ero seguito, in strada e ovunque andassi, come se fossi un loro nemico. In uno dei messaggi che ho scritto alla Cia dicevo una cosa del genere: ‘Forse credete che mi voglia far esplodere davanti all’Ambasciata Usa?…Ritenete davvero che non abbia di meglio da fare che pensare a voi giorno e notte?'”. Non ha scritto solo questo, però. Furkan: “All’inizio, in realtà, volevo che la Cia mi aiutasse a risolvere questo equivoco. Poi però ho cominciato a scrivere lettere più provocatorie indirizzate anche ad altri siti istituzionali”. E perché lo ha fatto? “Volevo farmi arrestare per chiudere con questa situazione. E sono contento che sia finita. Tutto quello che volevo era stare tranquillo con la mente libera per studiare senza essere trattato come un nemico, così, senza ragione. Tra l’altro, ho saputo delle accuse a mio carico leggendo ieri la notizia sui siti Internet italiani”. Come si difende, quindi? Furkan risponde: “Ci sono molti errori in quello che è stato scritto su di me. Ma, mi chiedo, voglio davvero difendermi? Se volessi farlo, dovrei difendere la mia reputazione davanti a un giudice. Ma sono tornato alle mie ricerche scientifiche, non ho tempo per queste cose”. Ma quelle lettere, in un periodo come questo, di allarme per il terrorismo, le sono valse accuse di procurato allarme. Spiega Furkan: “Mi lasci fare alcune umili considerazioni. Le tre religioni monoteiste sono religioni di amore. Ma nel 21esimo secolo il concetto di amore è collassato, il sistema di valori sia in Occidente che in Oriente è in crisi. L’amore è stato superato dalla lussuria. L’unica soluzione per cui la gente possa trovare pace è il paganesimo, che si adatta all’esistenza delle moltitudini che hanno stili di vita diversi. Nietzsche aveva ragione, dopotutto. Come vede il mio pensiero è molto diverso da come viene interpretato sui giornali”.

Usa

Sul Sole 24 Ore Mario Platero racconta il discorso di Obama ieri notte dal podio del Parlamento, riunito in solenne seduta plenaria. “Obama sfida i repubblicani”, in un discorso “dedicato alla classe media, contro la sperequazione e con una promessa: nei due anni che gli restano chiuderà quel gap, quella insoddisfazione di fondo che riguarda una maggioranza di americani che legge di una ripresa economica a tutto gas ma ha l’impressione di non viverla”. La preannunciata proposta di riforma fiscale “dovrebbe aumentare le tasse per i più ricchi”, accompagnata ad una “azione per ridurre ulteriormente il costo dei mutui per la prima casa per coloro che si trovano ancora in difficoltà economiche”, e da misure “per consentire ai più poveri di andare gratis all’università senza necessariamente essere i più bravi”. Nel discorso Obama ha anche parlato di Cuba (da sabato scorso gli americani viaggiano più facilmente per l’isola), di politica estera, di ebola. Per la prima volta da mesi i sondaggi vedono una risalita della fiducia nel Presidente: “il 41% nel sondaggio della NBC/ Wall Street Journal ritiene che l’economia stia andando meglio e il 50% ha espresso un’opinione favorevole del presidente”.

Il Corriere, con Massimo Gaggi: “Obama in soccorso della classe media”. “Istruzione, cure per l’infanzia e salari al centro del discorso annuale sullo stato dell’Unione”. “Il Presidente rilancia l’offensiva spinto dai dati positivi sull’economia e sul suo gradimento”.

E poi

Sul Corriere, e su altri quotidiani, si torna sulla morte del magistrato argentino Nisman: “Niente polvere da sparo sulle mani. Ombre sul ‘suicidio’ del giudice. Argentina, dopo la morte dell’accusatore di Kirchner la piazza si mobilita”. “Aveva fatto la lista della spesa, la pistola non era la sua”. “Kirchner su Facebook: ‘Perché era tornato in anticipo dalle ferie?'”.

Su tutti i quotidiani approfondimenti sullo Yemen: “Se lo Yemen cade in mano sciita. Le mosse di Iran e Al Qaeda”, sul Corriere.
“Yemen, gli sciiti conquistano il palazzo presidenziale”, sul Sole 24 Ore, che offre anche un commento di Alberto Negri: “In gioco la stabilità della penisola arabica”.
Da segnalare sul Giornale una intervista a Mustafa Saqar, “emissario del governo di Tripoli”, con in tasca una delega firmata dal vice primo ministro libico Gwel, che ha una delega alla Difesa. Saqar è in Italia, e dice: “Sui clandestini l’Italia ci lascia soli”. “Vogliamo collaborare contro il terrorismo, ma non ci aiutano”.

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