La Repubblica: “Tutti contro Grillo: ‘Barbarie’”, “Dopo gli insulti alla Boldrini attacchi anche a Daria Bignardi e Luca Sofri. Il giallo del tweet rimosso”, “Si ribellano quattro senatori 5 Stelle: basta violenze sul web”. Di spalla: “L’Europa diserta Sochi ma Letta ci andrà, polemica sui diritti gay”.
A centro pagina: “Assalto al furgone del carcere, evade il boss della malavita”.
In apertura a sinistra: “L’accusa della Ue, ‘Colpa dell’Italia metà della corruzione’”.
La Stampa: “Letta, offensiva contro i grillini, ‘Una barbarie’”. A centro pagina: “Far West davanti al tribunale per far evadere l’ergastolano”, “Gallarate, un fratello muore nella sparatoria”.
Il Fatto: “’Opposizione M5S eversiva’. La Boldrini incompatibile”.
A centro pagina: “Ce l’abbiamo fatta: l’Italia vanta il record europeo di corruzione”, “Dossier di Bruxelles: metà delle mazzette del continente sono made in Italy”.
L’Unità apre con il titolo “la battaglia delle alleanze”, nel centrodestra e nel centrosinistra: “Maroni contro il rientro di Casini nel centrodestra, ma Berlusconi insiste. ‘Sarà la Casa dei moderati’. Vendola al Pd: non faremo i portatori d’acqua. Cuperlo: non isoliamoli. Renzi: conquistiamo gli elettori”. A centro pagina le polemiche con i 5 Stelle: “Grillo insiste. Letta: siamo alla barbarie. I nuovi insulti a Laura Boldrini del portavoce Messora. Le offese a Daria Bignardi. L’attacco contro la legge svuota-carceri. Il premier: è ora di dire basta”.
Il Giornale: “’Bentornato Pier’. Berlusconi benedice il rietro di Casini”. “’Non condivido gli attacchi a a Casini, che riaccolgo con piacere nella casa del centrodestra’”. Alle parole del Cav (“il presidente Berlusconi ieri ci ha bacchettato’” è dedicato l’editoriale di Alessandro Sallusti. “Meglio vincere che odiare”, il titolo. A centro pagina: “Insulti a cinque Stelle. Bignardi, se di padre (fascista) ferisci , di suocero (assassino) perisci”.
Il Corriere della Sera: “Corruzione, peso da 60 miliardi. Il rapporto europeo. In Italia penalizzate 4 aziende su 20. Casi in tutta l’Unione. Un passo avanti le norme antitangenti del 2013, ma rischi per l’Expo”. A centro pagina: “Mercati, deboli i dati dell’economia Usa. L’America rallenta. E le Borse cadono”.
Il Sole 24 Ore: “Alitalia-Etihad, accordo a un passo. Del Torchio e gli arabi confermano la stretta. Stop da Lufthansa: aiuti di Stato”. “Sì dalle banche a un prestito da 165 milioni”. A centro pagina da segnalare un richiamo alle dichiarazioni di ieri del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: “La riforma di Bankitalia non è un regalo agli istituti” di credito.
M5S
Su Il Giornale una intera pagina racconta lo “scontro politico” del momento: “Grillini contro la Bignardi. Svelata la barbarie degli intoccabili alla Sofri. La conduttrice finisce nel mirino del Movimento per le domande sul padre fascista di Di Battista, ma il caso del suocero resta tabù”. Ci si riferisce alla intervista della conduttrice tv ad Alessandro Di Battista, al quale è stato chiesto se si sente in imbarazzo per le parole del padre che si dice “orgoglioso di essere fascista” e della contromossa dell’ufficio stampa dei 5 Stelle, e in particolare di Rocco Casalino (ex Grande Fratello) che ha inviato una lettera alla Bignardi (ex conduttrice di quel programma) .
Anche La Repubblica spiega che Rocco Casalino, un passato nella casa del Grande Fratello, “non ha gradito le domande sui trascorsi fascisti del padre fatte venerdì” da Daria Bignardi a Le Invasioni barbariche. E quindi ha rilanciato un contro-quesito alla giornalista, sposata con Luca Sofri, figlio di Adriano Sofri: “Cara Daria Bignardi, ti propongo questa riflessione sulla trasmissione di venerdì sera. Come sarebbe per te se ti invitassi a una trasmissione tv e le domande fossero: come si sente tuo figlio a scuola ad avere il nonno mandante di un assassinio? Com’è l’aver sposato il figlio di un assassino?”. Lo stesso Casalino viene intervistato dal quotidiano e si difende: “Sono stato violento, ma se c’è da lottare io lotto”. Dice che la Bignardi gli aveva assicurato che l’intervista a Di Battista non avrebbe contenuto “trappole”, poi accade che Corrado Augias in studio sostiene che il M5S esprime un ‘fascismo inconsapevole’, “subito dopo aver parlato delle vecchie simpatie fasciste” del padre di Di Battista. La sensazione è che “il marito della Bignardi” le stesse suggerendo cosa chiedere.
Anche su L’Unità si ricorda che dopo Di Battista la Bignardi ha ospitato Corrado Augias, “un nemico – così piangono nei blog, del Movimento, perché si è permesso di lamentare che a lui sembri ‘fascismo inconsapevole’ ciò che i 5 Stelle stanno facendo tra Blog del Grande Megafono e Aule del Parlamento”. “A Casalino l’aver affiancato in successione Di Battista e Augias è sembrato un ‘cappottino’ confezionato ad arte da una perfida ‘matrigna’ che lo aveva pure coccolato anni prima,quando l’entusiasmo della politica non lo aveva ancora contagiato”, scrive il quotidiano del Pd.
Il quotidiano ricorda che ieri è arrivata una nuova invenzione dall’ufficio stampa 5 Stelle, poi cancellata: su Twitter Claudio Messora ha risposto alla presidente della Camera, che a sua volta aveva definito “potenziali stupratori” i tanti che via Facebook avevano commentato il post di Grillo “Cosa faresti in macchina con la Boldrini?”: “Cara Laura, volevo tranquillizzarti. Anche se noi del blog di Grillo fossimo tutti potenziali stupratori, tu non corri nessun rischio”. In serata l’assemblea dei senatori del Movimento ha chiesto a Messora di fare un “passo indietro”. L’Unità intervista l senatrice Laura Bignami, M5S, che dice: “Forse oggi è persino troppo tardi per dire basta, avremmo dovuto farlo prima, avremmo dovuto farlo insieme a tante altre, anche come donne”; “è inaccettabile l’idea di colpire la persona, ancor di più se si toccano l’età, la fisicità. Questa non è comunicazione politica, sono le cose che diceva Berlusconi a Bindi”.
Messora viene intervistato dal Corriere. “Il comunicatore si difende: ‘Solo una battuta di mezzanotte’”. Messora dice che la Boldrini “ha perso l’imparzialità, la terzietà che dovrebbe contraddistinguere il suo ruiuolo: il suo dovere dovrebbe essere quello di tutelare la minoranza. Ma è riuscita a dire che il Movimento è eversivo, che i frequentatori del blog sono potenziali stupratori”. Ha sentito la Boldrini? “Nessuno mi ha chiamato e non ho chiamato nessuno. Non abbiamo molti rapporti privati con le istituzioni, siamo venuti per riformarle”. Sulle critiche che sono arrivate da parlamentari del Movimento: “Ci sono persone che si sono sentite offese dal vilipendio delle opposizioni e altre dalle mie parole. Le rispetto e chiedo scusa anche a loro”.
“Senti chi insulta”, è il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio in prima su Il Fatto: “Gli insulti e le volgarità targati 5Stelle sono noti e arcinoti, anche perché giornali e tv non perdono l’occasione per amplificarli e, talvolta, ingigantirli. O, quando non ci sono, inventarli. Molto meno noti sono gli insulti, le volgarità, le falsità e le calunnie subiti dai 5Stelle, che passano quasi sempre sotto silenzio”. E Travaglio ne offre un’antologia che va dal “Grillo mi ricorda Mussolini” di Giampaolo Pansa al “Grillo ha una logica vicina al nazismo” di Antonio Pennacchi. Due intere pagine di citazioni degli attacchi che avversari politici, giornali e commentatori hanno scagliato contro i grillini.
Alle pagine interne, un’intervista al giurista Gianluigi Pellegrino, che, a proposito del caso Boldrini, dice: “La terza carica dello Stato non può reagire così”, “La protesta su Bankitalia era legittima. I Cinque Stelle non sono eversivi, ma vogliono tenere alta la tensione”. Per Pellegrino i Cinque Stelle avevano ragione nell’osteggiare la decisione di inserire il provvedimento su Banca Italia nel decreto Imu, che si è poi rivelato un regalo alle banche: “ne criticavano, giustamente, il metodo usato, il sotterfugio”. E Boldrini, che ha applicato la tagliola per chiudere la discussione in aula? “Una forzatura, ma dovuta alla necessità di approvare il provvedimento in tempo utile”. Poi spiega che “i grillini più che eversivi sono conservatori, cioè sono fintamente rivoluzionari quanto le bombe ai tempi della strategia della tensione”. E, ancora su Il Fatto, si legge, in una cronaca di Fabrizio D’Esposito, che “la guerra è esplosa, tra il Sistema, che da quattro giorni ha la faccia di Laura Boldrini, postcomunista eletta presidente della Camera, e il Movimento Cinque Stelle, scivolato più volte in feroci infortuni di comunicazione”. E il quotidiano raccoglie anche i dubbi del deputato Pd e renziano Roberto Giachetti: “Gli insulti sono disgustosi ma non puoi relegare tutto questo all’eversione e all’attentato della democrazia. Perché così finisce tutto fuori scala. E in questo senso quando sei presidente della Camera hai un dovere in più. Chi come me ha vissuto il 1978 sa cosa sono l’eversione e i movimenti eversivi. E quello che è successo -ripeto, gravissimo e disgustoso- non può essere relegato a una tendenza eversiva”. Enrico Mentana, intervistato nella pagina di fianco, dice: “il massimo storico la Lega l’ha toccato quando veniva ostracizzata. Quando di un movimento non si parla o se ne parla male, l’effetto è procurargli più proseliti, perché appare come temuto”.
Ancora su L’Unità una intervista al capogruppo socialista al Parlamento Europeo, Swoboda: “Attacchi spregevoli, la verità è che non sanno fare altro”.
Alitalia
Il Sole 24 Ore scrive che il sì delle banche ad un prestito ad Alitalia è arrivato ieri, ma la cifra è inferiore ai 200 milioni attesi. “Questi soldi consentiranno ad Alitalia di non rimanere a secco nella fase finale della trattativa con Etihad Airways, annunciata domenica. Del Torchio e James Hogan si sono dati 30 giorni per arrivare al traguardo. L’obiettivo del negoziato è il “possibile investimento” del vettore nazionale degli Emirati Arabi nell’Alitalia, con un esborso fino a 300-350 milioni di euro e una quota fino al 49,9 per cento del capitale. Di più Eithad non potrebbe comprare, altrimenti Alitalia non potrebbe più volare né in Europa né in Italia”, scrive il quotidiano. Lufthansa, scrive ancora Il Sole, ieri è “andata all’attacco” del progetto di alleanza, ricordando quel che le compagnie europee dicono sulle compagnie dei Paesi del golfo, che avrebbero vantaggi fiscali e nel costo del carburante, essendo basate in Paesi produttori di petrolio, e che dunque la Comnmissione Europea dovrebbe proibire le “tattiche di aggiramento” delle regole della concorrenza. Il ministro Lupi ha replicato che è una “trattativa tra privati”. Etihad appartiene interamente agli Emirati.
La Stampa intervista il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi: “I tedeschi volevano dividersi le spoglie del nostro mercato”, dice, definendo la reazione della Lufthansa “spropositata”. Secondo Lupi “i tedeschi speravano nel fallimento di Alitalia, di dividersi le spoglie del nostro mercato, trasformando i nostri aeroporti in piccoli scali per alimentare il traffico su Francoforte e Monaco”. Ma forse lamentano il fatto che il governo stia svolgendo un ruolo di mediazione per agevolare la vendita. Non è così? Lupi: “E questo sarebbe un vulnus alla concorrenza? Un aiuto di Stato mascherato? Ma non scherziamo. Alitalia ed Etihad sono due imprese private, il governo si limita a svolgere un ruolo di supporto coerente ad una strategia infrastrutturale. Per caso francesi e tedeschi hanno mai fatto qualcosa di diverso?”. Siete favorevoli all’ingresso del fondo sovrano di Abu Dhabi nel capitale di Aeroporti di Roma? “Se questa è la loro intenzione, andrebbe nel senso dell’integrazione nei sistemi citata ne piano nazionale dei trasporti. Dimostrerebbe che la partecipazione alla compagnia non è solo un salvataggio, ma il pilastro di un grande progetto di attrazione degli investimenti”. Le condizioni poste dagli arabi possono limitare la forza delle low cost in Italia, producendo un aumento dei prezzi? “Non accetteremo mai una limitazione della concorrenza. Ci sono aeroporti come Bergamo e Trapani che si sono sviluppati grazie alle low cost. In Parlamento c’è semmai un dibattito su questi piccoli aiuti che in passato sono arrivati dagli enti locali. Se legittimi, devono essere distribuiti in maniera trasparente. E se grazie ad essi i biglietti di qualche compagnia costassero meno, che si sappia perché”.
Ue, Italia
Ieri da Bruxelles è partito l’iter per la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per la violazione della direttiva Ue sui tempi di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione. Adesso – scrive Il Sole 24 Ore – il nostro Paese avrà 5 settimane di tempo per rispondere all contestazione sul mancato rispetto delle norme europee. E se la risposta del governo non sarà soddisfacente si procederà con la messa in mora, il primo step ufficiale della procedura di infrazione, che potrà tradursi, al termine del suo iter, nell’obbligo di pagare una multa. Un costo, questo della sanzione Ue, a cui si deve aggiungere quello più salato previsto dal Decreto legislativo 231 del 2012 che ha recepito la direttiva, che obbliga la Pa ritardataria a sborsare l’8,25 per cento di interessi di mora sulle sue fatture”. Ieri a confermare che l’Italia è ufficialmente “nel mirino” Ue è stato Antonio Tajani vicepresidente della Ue e commissario all’Industria.
Sullo stesso quotidiano si dà conto anche del rapporto della Unione Europea sulla corruzione. E’ un rapporto che non assolve nessuno dei Paesi dell’Europa a 28, che stima in 120 miliardi all’anno il costo della corruzione in Europa. Il rapporto, il primo, cita – per quanto riguarda il nostro Paese – una stima fatta dalla Corte dei conti, che ha quantificato in 60 miliardi di euro il costo della corruzione. Dice il quotidiano di Confindustria che però questa cifra non è rapportabile ai 120 miliardi, perché elaborata secondo parametri diversi. Il rapporto sintetizzato così nel titolo: “Corruzione, la Ue boccia l’Italia”.
Il capitolo dedicato al nostro Paese, sul sito della commissione europea, sottolinea che “ l’adozione, a novembre 2012, della legge anticorruzione segna un importante passo avanti. La nuova normativa rafforza le politiche di prevenzione mirate a responsabilizzare i pubblici ufficiali e la classe politica e a bilanciare l’onere della lotta al fenomeno, che attualmente ricade quasi esclusivamente sulle forze dell’ordine e sulla magistratura. Gli sforzi profusi dall’Italia sono notevoli ma la corruzione rimane un fenomeno preoccupante”. Quanto ai rilievi, tra gli altri, “L’Italia dovrebbe anche consolidare lo strumentario giuridico e istituzionale sul finanziamento ai partiti e risolvere con la massima urgenza le carenze del regime di prescrizione. La Commissione consiglia anche di estendere i poteri e di sviluppare la capacità dell’autorità nazionale anticorruzione in modo che possa reggere saldamente le redini del coordinamento, garantire maggiore trasparenza degli appalti pubblici e adoperarsi ulteriormente per colmare le lacune della lotta anticorruzione nel settore privato. Il conflitto di interesse, la trasparenza della situazione patrimoniale dei pubblici ufficiali e i dispostivi di controllo”. La relazione, oltre ad analizzare la situazione in ogni Stato membro, ha reso noti i risultati di due “ampi sondaggi di opinione” e secondo questo sondaggi “ben il 97% degli italiani” ritiene che “la corruzione è un fenomeno nazionale dilagante”.
Sul Corriere della Sera una intera pagina a firma di Gian Antonio Stella è dedicata alla “authority che ha cambiato tre nomi ma non ha né poteri né presidente”. Stella scrive che ne presentare il rapporto Cecilia Malmstrom ha detto che in Europa “non ci sono aree non affette da corruzione”, ma aggiunge che “su quei 120 miliardi di corruzione stimati dalla Ue la metà sarebbe nostra” (i due dati però, come abbiamo detto, sono non comparabili ndr) . E poi si sofferma sulla mancanza di una effettiva Autorità con
Il Corriere intervista Alessandro Danovi, commercialista, docente all’Università di Bergamo, che si occupa di investitori internazionali che vogliano fare affari in Italia. “Ciò che ci rimproverano sono la scarsa trasparenza, e la poca affidabilità del nostro sistema amministrativo e burocratico, in cui non si capisce chi decide e cosa, e la relatività del sistema giudiziario, in cui non c’è certezza sulle decisioni e sui loro tempi. Quando ci chiedono se una cosa si può fare o no, spesso non sappiamo cosa rispondere”.
Sochi
Due intere pagine de La Repubblica sono dedicate all’annuncio del presidente del Consiglio: “Insieme al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, al ministro dello Sport Graziano Delrio e al presidente del Coni Giovanni Malagò, abbiamo deciso che venerdì parteciperò alla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici invernali di Sochi”. L’annuncio, scrive il quotidiano, “lascia sorpresi visto che le violazioni dei diritti umani di Putin e il suo atteggiamento sui gay hanno spaccato l’occidente”. E il titolo che campeggia sulla pagina è il seguente: “Letta accetta l’invito di Putin, ‘Vado alla cerimonia olimpica’. Rivolta nel Pd per i diritti gay”. Nella pagina di fianco: “Gas, petrolio e una ragnatela di affari, ecco perché l’Italia dice ‘sì’ alla Russia” “E nell’apertura ai Giochi il nostro Paese resta solo”. In prima pagina, un commento di Paolo Garimberti sotto il titolo: “L’occidente diviso”. Incipit: “Enrico Letta può avere le sue ragioni per aver deciso all’ultimo momento di presenziare alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali di Sochi. Ma i torti prevalgono sulle ragioni. Uno su tutti, quello di infrangere un fronte occidentale del no, che va da Obama alla Merkel, passando per tutte le principali potenze della Ue e la stessa Commissione europea. Tanto più in un momento in cui la posizione di Putin, indurita dal lungo braccio di ferro sull’Ucraina, è marcatamene anti-europea”.
Internazionale
Le pagine R2 de La Repubblica sono dedicate alla Germania: alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza il presidente Gauck, ex dissidente della Germania dell’Est, ha prospettato un aumento dell’impegno del Paese sulla scena globale, anche con azioni militari, sostenendo che non si può essere superpotenza lasciando sempre soli gli alleati. Ma secondo Andrea Tarquini, il corrispondente da Berlino, su Gauck sono piovuti attacchi e prese di distanza e “i tedeschi frenano”. (“Ritorno alle armi” è il titolo dell’inserto). Nella pagina di fianco, un intervento di Michael Sturmer: “Ma ora noi tedeschi siamo pronti a liberarci dai vecchi incubi”.
Su La Stampa, la corrispondenza da Gerusalemme di Maurizio Molinari: “Il piano di Abu Mazen: ‘La Nato protegga i confini della Palestina’”, “Netanyahu: prima riconosca lo Stato ebraico”. Il presidente palestinese, dalle pagine del New York Times, ha lanciato la sua proposta: una Palestina “smilitarizzata”, con “solo polizia” e nessun esercito, affidando la difesa dei confini a “truppe Nato per un tempo indeterminato” dopo il ritiro degli israeliani “nel corso di cinque anni”. Molinari sottolinea che “è un modo per far capire al Segretario di Stato Usa John Kerry e al premier israeliano Bejamin Netanyahu di esser pronto alla concessione sulla smilitarizzazione in cambio del ritiro israeliano dalla Valle del Giordano. Il Dipartimento di Stato evita commenti mentre Gerusalemme attacca Abu Mazen, per via del fatto che ha escluso il riconoscimento di Israele come ‘Stato ebraico’. ‘Non se ne parla neanche -sono le parole di Abu Mazen- perché neanche Mubarak o re Hussein lo hanno fatto alla sigla dei trattati di pace”.
Anche sul Corriere: “L’idea di Abu Mazen: la Nato in Palestina e noi smilitarizziamo”. “Il leader Anp rilancia il piano Usa”.
Sullo stesso quotidiano si descrive la “retromarcia” del governo francese: “Diritto di famiglia, Parigi rinvia la legge” dopo il corteo di domenica che ha riunito nella capitale i “Tea Party alla francese”. Il governo ha ribadito che i progetto “resta sul tavolo”: ma non comprenderà più due delle misure più avversate dal fronte della “destra arrabbiata” e dei conservatori “cattolici ma pure musulmani”, ovvero il cosiddetto “utero in affitto” e l’estensione a coppie lesbiche della procreazione assistita (permessa attualmente solo a coppie eterosessuali sposate e senza ricorrere a donatori). Un commneto di Massimo Nava parla di “corsi e ricorsi”: “Re illuministi contro il popolo. L’eterna Rivoluzione francese”. Secondo Nava la sinistra non condivide in blocco l’approccio del governo socialista. E i gollisti non si sono mobilitati al fianco dei “difensori” della famiglia, che si sono mobilitati in questi anni con le “Manif pour tous” contro i matrimoni omosessuali. Scrive ancora Nava: “Non è scesa in piazza soltanto una Francia reazionaria e omofoba, ma anche una Francia che ritiene insopportabile la tentazione molto francese di legiferare su tutto”.