Il Corriere della Sera: “Renzi vuole tagli per miliardi. Oggi il Consiglio dei ministri per varare le misure economiche. ‘Sarà una terapia d’urto’”. E poi: “Riforme, il premier risponde a Forza Italia: niente ricatti”.
A centro pagina: “Ucraina, riparte l’offensiva. Assalti dei filorussi nelle maggiori città dell’est”. E le elezioni in India: “Sonia, l’italiana che rifiuta l’italiano”.
La Repubblica: “Berlusconi chiama Renzi: ‘Sì alle riforme’”. “Smentito Brunetta, il premier: servono i fatti”. “Oggi il Def: coperture ok, 10 per cento di sconto Irap”. A centro pagina: “Ucraina, secessione senza fine. Putin va alla conquista dell’est”.
La Stampa: “Riforme, Berlusconi chiama Renzi”. “Il Cavaliere anuncia: presto un incontro, non ci rimangiamo la parola. Il governo oggi varfa il Def: 6 miliardi dai risparmi di spesa per i tagli Irpef”.
L’Unità: “Renzi disarma Forza Italia”. “Brunetta minaccia: ‘O Italicum entro Pasqua o l’accordo salta’. Il premier replica: ‘Non accetto ultimatum, tanto meno da lui. Disponibilità a un incontro con Berlusconi. ‘Ma sul Senato patti chiari’”.
Il Giornale: “Parte l’operazione bavaglio. Due giorni all’arresto. La magistratura ‘scheda’ Berlusconi. Tutto pronto per il vertice tra il leader di FI e Renzi. Offensiva dei club Forza Silvio: in palio 25 milioni di voti”.
Il Fatto quotidiano: “Domiciliari, l’ultima di B. Si farà operare al menisco. A pochi giorni dalla decisione del Tribunale, Berlusconi cerca il modo di rinviare l’esecuzion della pena: ora si parla di intervento al ginocchio. I legali trattano perché possa tenere comizi e andare in video. E lui avverte Renzi: ‘Ricevimi, o salta tutto’”.
Il Sole 24 Ore: “Cuneo, taglio di 6,6 miliardi. Oggi il via al Def: deficit al 2,6, Pil allo 0,8. Nel Pnr (piano nazionale per le riforme, ndr) semplificazioni fiscali e dichiarazione precompilata”. “Renzi ribadisce l’obiettivo: dalla spending copertura di 5 miliardi”. Di spalla: “La Bce accelera sulla cartolarizzazione dei crediti delle Pmi”.
Def
Il Corriere della Sera spiega i provvedimenti che il governo annuncerà questa sera, presentando il Def, ma ricorda che l’esecutivo “lavorerà anche questa mattina sulle bozze” del Documento di economia e finanza. Per quanto riguarda i tagli, si pensa a forti decurtazioni della “spesa per l’acquisto di beni e servizi, le retribuzioni dei dirigenti, le spese dei ministeri, compresa la Sanità (ma evitando tagli lineari, assicurano) e la Difesa, i trasferimenti alle imprese, la soppressione degli enti inutili”.
Ci saranno gli 80 euro in busta paga come risultato dell’aumento delle detrazioni Irpef per chi ha un reddito fino a 25 mila euro lordi l’anno. Ma visto ‘l’aumento della povertà’ il governo continua a lavorare per un intervento a favore di chi è ha un reddito ancora più basso, i cosiddetti incapienti che restando sotto gli 8 mila euro lordi sarebbero esclusi dagli sgravi, ma servirebbero altri soldi. Per le imprese ci sarà il taglio dell’Irap, del 5% quest’anno e del 10% dal 2015. A finanziarlo l’aumento dal 20 al 26% del prelievo sulle rendite finanziarie (Bot esclusi), da metà 2014”
Quanto alle stime, “per il 2014 si prevede una crescita del Pil, il prodotto interno lordo, dello 0,8%, leggermente più bassa di quella stimata dal governo Letta, leggermente più alta di quella fissata dalle principali organizzazioni internazionali. Per il rapporto ta il deficit e il Pil, si indica il 2,6%”.
L’Unità intervista il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, che dice: “Questo stile di Renzi mi preoccupa molto”. Bonanni parla della “mancanza di discussione” del governo, che “non riguarda solo i sindacati ma tutte le parti sociali. Il governo decide senza discutere con nessuno: è un modo di fare che non mi piace, che mi preoccupa, ma che ormai è innegabile”. Bonanni dice di aspettarsi che il governo “mantenga tutte le promesse sul taglio del cuneo fiscale e che questi ottanta euro in busta paga diventino strutturali”, ma ribadisce che lo “preoccupa molto”, la mancanza di confronto con le parti sociali” quando l’esecutivo dovrà entrare nel merito della spending review.
La Stampa, in un retroscena, spiega che i tagli di Renzi inizierebbero “da Palazzo Chigi”, con una “sforbiciata agli stipendi e alle collaborazioni”. A Palazzo Chigi “ci sono 86 dirigenti, 23 dei quali capi dipartimento, con stipendi fra i 180 e i 210 mila euro. Oggi scadono i 45 giorni che la legge sullo spoil system concede per decidere che fare dei dirigenti nominati dal governo precedente. A differenza di quanto avvenuto negli ultimi anni, gran parte di loro dovrà cambiare casacca. Ma “la vera novità è sugli stipendi”, nel senso che il premio di risultato, finora sempre accordato, sarà da oggi “agganciata al risultato personale, ma anche a quello del governo nel suo complesso”.
Nomine
Un articolo de La Repubblica parla di un “braccio di ferro tra Padoan e Renzi sui vertici aziendali”, cioè sulle nomine ai vertici delle aziende di Stato, e spiega che “ritorna sottotraccia il duello Renzi Letta”. “I candidati targati Letta-D’Alema sostenuti dal Tesoro. Ecco i documenti Eni e Enel che stoppano Scaroni e Conti”. Il quotidiano ricorda che “è stato Padoan a portare al ministero” dell’Economia “un pezzo della squadra di Enrico Letta: dal capo di Gabinetto Roberto Garofoli, già segretario generale a Palazzo Chigi, a Fabrizio Pagani, ora capo della segreteria tecnica ma prima consigliere economico dell’ex presidente del Consiglio”.
Su L’Unità: “Le nomine pubbliche si giocano attorno a Scaroni. La casella del vertice dell’Eni muove tutta la partita delle nomine: quale grado di cambiamento sarà attuato dal governo? Interessi e resistenze”. Secondo il quotidiano, rispetto alla domanda “cambiamento o continuità”, la “risposta possibile sta nel mezzo. Se gli innesti da fuori sono difficili, è possibile comunque immaginare un cambio della guardia soprattutto perchè Renzi valuta migliorabili i risultati delle attuali gestioni. Gli utili di Eni sono diminuiti, e non solo per la crisi. L’indebitamento di Enel è visto come il risultato di scelte strategiche discutibili. Così all’Eni si fanno più insistenti le voci che indicano come successore di Scaroni Claudio Descalzi, l’attuale direttore generale del settore esplorazioni e produzioni”.
Riforme, Berlusconi
Il Corriere della Sera parla dello “scontro aperto sulle riforme”, con le battute di Brunetta (“O si vota l’Italicum entro Pasqua o salta tutto”) e le contro-battute di Renzi (“Non accetto ultimatum, tanto meno da Brunetta”).
La Repubblica. “Berlusconi chiama Renzi: ‘Non romperò il patto. Il premier: ‘Ma ora i fatti’. Telefonata tra Cavaliere e presidente del Consiglio. Palazzo Chigi: se salta l’intesa, salta pure l’Italicum”. Il quotidiano riferisce del comunicato diffuso in serata dall’ex Cavaliere, che conferma: “Sono sicuro che in un prossimo incontro con il premier Renzi sarà possibile mettere a punto le procedure e i dettagli per la modifica del Senato e per i tempi dei percorsi parlamentari”. Secondo un retroscena del quotidiano Berlusconi, al telefono con il premier, avrebbe detto ‘Non ti preoccupare Matteo, il patto tiene”.
Secondo Il Giornale: “Scintille tra Renzi e Brunetta. Ok al vertice con Berlusconi”. Il quotidiano spiega che la nota è arrivata al termine di un “lungo lavorio diplomatico tra le parti che avrebbero già fissatol’incontro tra il leader di Fi e il premier per oggi, o al massimo per domani”.
Su Il Fatto si scrive di una possibile operazione al menisco per Berlusconi. “Il ricovero, già previsto al San Raffaele – un deputato dice che sarà in sala operatoria proprio giovedì e giù con i sospetti più maliziosi – incrocia l’agenda con il Tribunale di sorveglianza di Milano, che andrà ad interrompere una campagna elettorale appena cominciata. Perché il presidente non ha apprezzato le sfuriate di Renato Brunetta e soprattutto la deriva di un rapporto con il governo che sembrava solido e dunque necessario per ottenere l’attestato di padre costituente. Renzi non vuole concedere a Berlusconi le telecamere per l’ennesimo sussulto mediatico prima di rientrare a espiare la condanna per i diritti Mediaset”.
Il quotidiano intervista anche un avvocato, Caterina Malavenda: tra servizi sociali e arresti domiciliari, considerando che “si tratta di un soggetto di quasi 78 anni che deve espiare una condanna, la prima, di una entità piuttosto modesta, posto che, con i benefici previsti, dovrebbe ridursi a nove mesi di reclusione”, e “avendone fatto richiesta”, è “estremamente probabile che gli venga concesso di scontarla in affidamento in prova ai servizi sociali”. Ci sono alcuni limiti, come il divieto di espatrio e quello di frequentare pregiudicati, ma “con queste eccezioni potrà incontrare chiunque, quando vuole”.
Il Giornale: “Ultima umiliazione per il Cav: la sua vita passata al setaccio. Gli assistenti sociali hanno fatto una relazione che finirà agli atti della udienza di giovedì. Nel mirino abitazione, abitudini e familiari”. “È stato compilato un questionario sulla vita del Cavaliere”, scrive il quotidiano.
Per tornare alle riforme, su La Stampa viene intervistato Gustavo Zagrebelsky, che parte dalle critiche ai “professori”, sul quotidiano torinese, del professor Gian Enrico Rusconi. Critiche che hanno “fatto molto riflettere” Zagrebelsky, in particolare la riflessione sulla contrapposizione tra i giovani che vogliono cambiare “ noi vecchi. Rusconi su questo ha ragione”. Poi spiega: “la svolta autoritaria non è la riforma del Senato, un obiettivo marginale. È un insieme di elementi che formano un quadro inquietante: la riduzione del Senato a un ibrido non politico, una legge elettorale che comprime il pluralismo con soglie assurde, deputati nominati dalle segreterie che faticano a mostrare la loro libertà di rappresentanti, il crollo dei partiti da cui emerge solo la leadership personale, una riforma strisciante, ma non dichiarata, della forma di governo, il rifiuto altezzoso delle mediazioni sociali, sostituiti dalla presunta immedesimazione popolare”. Sull’appello: “Forse è stato tranchan, ma quali altri strumenti vede oltre l’appello? Il problema – dico a Rusconi – è che l’unico modo di mettersi in gioco, per Renzi, sembra essere quello di dire sì a Renzi”.
Sul Corriere l’editoriale di Michele Ainis replica alle preoccupazioni espresse dagli avversari della riforma del Senato: “Dopotutto, non c’è alcun intervento sui poteri del premier, che resta un primus inter pares rispetto ai ministri. E se con una mano l’esecutivo incassa il voto a data fissa sui propri disegni di legge, con l’altra rinunzia al dominio illimitato sui decreti legge. È vero, però, che il bicameralismo paritario offre una garanzia, nel bene e nel male. Anche se l’eccesso di garanzie uccide il garantito. Ma quante leggi scellerate avremmo avuto in circolo senza il disco rosso del Senato? A una garanzia in meno, pertanto, ne va affiancata una di più. Da Pericle in poi, la democrazia funziona in questo modo. La via d’uscita? Rafforzare il ruolo del Senato come organo di garanzia. Innanzitutto attribuendogli il voto sulle leggi elettorali, che d’altronde sono leggi materialmente costituzionali, nel senso che innervano la Costituzione materiale di un Paese: se decidi sulle seconde, puoi ben decidere pure sulle prime. E inoltre conferendo al Senato un monopolio su tutte le materie che trovano i deputati in conflitto d’interesse, al pari della legge elettorale”.
Ucraina
La Repubblica racconta l’assalto di militanti pro-Cremlino a Donetsk, città di “minatori e impiegati in maggioranza russi di lingua e di origini”, per chiedere “autonomia da Kiev”. Alcune migliaia di persone che hanno proclamato la nascita della “repubblica autonoma popolare di Donetsk”, il governo di Kiev accusa Putin di voler “disarticolare il nostro Paese”, Mosca che risponde prendendo le distanze da quanto accaduto ma “cercando di approfittare delle conseguenze politiche”, consigliando a Kiev di “rispettare le minoranze russe”.
Sul Corriere: “Ucraina, i filorussi in azione. Occupati gli edifici pubblici nelle maggiori città dell’est”. “Il governo di Kiev denuncia la destabilizzazione a opera di Mosca”.
Un altro articolo del quotidiano milanese si sofferma sul “fronte bipartisan” dei supporter occidentali del Cremlino, con foto di Kelmut Schmidt, di Jean-Marie Le Pen, di Silvio Berlusconi e di Nigel Farage. Ma nell’articolo si parla anche di Gerard Schroeder.
Su La Stampa un intervento di Yuliya Tymoshenko, “due volte primo ministro dell’Ucraina ed ex prigioniera politica, candidata alle elezioni presidenziali di maggio”. “Noi ucraini viviamo una pace fittizia”, il titolo del suo intervento, che evoca il periodo intercorso tra la dichiarazione di guerra del settembre 1939 e il blitz tedesco in Belgio e Francia del maggio 1940 (“Guerra fittizia”). La “pace fittizia” è da quando la Russia ha “invaso la Crimea e se l’è annessa”.
Da segnalare in prima pagina su La Repubblica un intervento di Ian Buruma, pure dedicato alla crisi Ucraina: “La seconda guerra fredda”.
E poi
La Repubblica scrive che Papa Francesco ha “approvato una proposta sul futuro dell’Istituto Opere di Religione (Ior) riaffermando l’importanza della missione dello Ior per il bene della Chiesa cattolica, della Santa Sede e dello Stato città del Vaticano”. È il testo del comunicato in lingua inglese diramato nella mattinata di ieri dove si rende noto che il Papa ha deciso: lo Ior non sarà chiuso, e anzi continuerà a svolgere la sua attività finanziaria”. La proposta di riforma è stata presentata dal cardinale George Pell, prefetto della neonata Segreteria per l’economia, i cui dettagli saranno presentati al C-8 cardinalizio che si riunirà entro due settimane”. Il titolo dell’articolo: “Pulizia e chiusura dei conti sospetti’. E il Papa salva lo Ior”.
Sul Corriere: “E il Papa salva lo Ior, ma lo cambia. ‘Fornirà servizi finanziari’”.