Il ‘decreto del fare’ soddisfa Letta, in viaggio per il G8

Il Corriere della Sera: “Berlusconi spinge il governo. ‘Avanti con le larghe intese’. Chiarimento Letta Bersani. Dopo l’approvazione del decreto”. E poi, sulla Lega: “Maroni congela il congresso: diventerò più cattivo’”. In alto: “Pugno duro di Erdogan sulla folla di Istanbul”.

 

La Repubblica apre con una intervista al Ministro dello Sviluppo Economico: “’Iva, difficile evitare l’aumento’. Zanonato: ‘Non ci sono risorse’. Il ministro dello Sviluppo: spero in un miracolo. Letta: il decreto non è una vittoria della destra. Con la prima rata Imu, previsti 10 miliardi”. Di spalla: “G8, oggi il vertice. Nel 2009 Usa e inglesi spiarono i leader”. A centro pagina, con foto, le manifestazioni in Turchia. “Istanbul, ancora scontri a Gezi Park. Getti urticanti contro i manifestanti”.

 

La Stampa: “Letta, governo più solido. Berlusconi: continuare con le larghe intese. Ma resta lo scoglio Imu-Iva. Oggi in Irlanda inizia il G8: bilaterale tra premier e Obama, che dovrà gestire il braccio di ferro con Putin sulla Siria”.

 

L’Unità: “Letta: ‘Giudicatemi dai fatti’. Consensi al decreto. Epifani: ‘E’ la strada giusta’. Ma Berlusconi prova a fare il primo della classe”. A centro pagina la “guerra delle piazze” in Turchia, dove ieri sono scesi in piazza anche i sostenitori di Erdogan. Accanto:”L’Iran in festa per Rohani. Israele chiude”.

 

Il Giornale: “L’arma segreta di Napolitano. Il Colle non accetterà il ribaltone di Bersani coi grillini. Piuttosto si dimetterà beffando i congiurati”. E poi: “Berlusconi blinda l’intesa Pd-Pdl: Imu e Iva? Le risorse vanno trovate”. A centro pagina: “Bossi e Maroni, lo scontro finale”, dove si parla della assemblea di ieri della Lega Nord.

 

Governo

 

La Stampa dedica diverse pagine alle “misure per il rilancio” varate sabato dal governo. Quasi 3 miliardi di euro sono stati destinati alle infrastrutture e all’edilizia. I due miliardi (fino al 2017) del nuovo fondo presso il ministero delle infrastrutture almeno in parte serviranno per sbloccare cantieri già avviati: 300 milioni per la sicurezza della rete ferroviaria, per il collegamento Piemonte-Val D’Aosta, per la tangenziale est di Milano, per il collegamento tra la statale 640 e l’autostrada A19 in Sicilia. Altri fondi dovranno invece passare per le delibere Cipe, e cioè sono progetti del tutto sulla carta o quasi: il quadrilatero Umbria-Marche, la M4 di Milano, il lotto Rho-Monza del collegamento Milano Venezia, la linea 1 della Metro di Napoli, il tratto Colosseo-Piazza Venezia della metro C di Roma. Per tre anni 100 milioni dell’Inail finanzieranno un piano straordinario di edilizia scolastica, ed altri 100 milioni andranno al programma “seimila campanili”, che prevede 200 interventi nei comuni con meno di 5000 abitanti per dar fiato alle piccole imprese locali.

Passa poi da 50 a 200 milioni il credito di imposta per chi partecipa a joint venture pubblico privato per le infrastrutture. Per la sicurezza stradale si spenderanno 300 milioni, per la sicurezza di ponti viadotti e gallerie. Si facilitano poi le norme per la gestione dei porti ed è abolita la tassa sui piccoli natanti. Nel settore dell’edilizia, si incentiva il recupero e la ristrutturazione degli edifici delle città e si agevolano le procedure burocratiche.

Su L’Unità: “’Sblocca-cantieri’ nelle città per far ripartire l’economia”. Spiega il quotidiano che il governo ha deciso di spostare risorse già stanziate (e quindi senza necessità di copertura) da opere costose e di poco impatto immediato come la Tav Torino Lione, i cui cantieri non partiranno comunque prima del 2015 e il terzo valico ferroviario per la Milano Genova (considerato non prioritario dall’Ad Moretti rispetto al Brennero e alla Napoli Bari) verso opere meno maestose ma molto più incisive dal punto di vista occupazionale.

Tornando a La Stampa, si sottolinea che un altro capitolo delle misure annunciate dal Consiglio dei ministri riguarda il consumo di suolo: un disegno di legge che mira ad impedire che il territorio italiano venga ulteriormente eroso dall’urbanizzazione, insistendo sul riuso e la “rigenerazione” di aree già edificate.

In sintesi, il principio è che non si può costruire il nuovo senza prima aver verificato di non poter riutilizzare quel che esiste. In secondo luogo il suolo non edificato va destinato in primis all’agricoltura. Una volta approvato il ddl indicherà il limite massimo di superficie agricola consumabile sul territorio. I comuni dovranno indicare le aree inutilizzate, e si eviterà di usare a fini non agricoli per cinque anni i terreni che hanno goduto di aiuti nazionali o europei. Spiega La Repubblica che i comuni entro un anno dalla entrata in vigore della legge dovranno censire le aree recuperabili e, se dopo dodici mesi non avranno prodotto questo elenco, non potranno edificare né costruzioni pubbliche né private su alcun territorio non edificato. Se la superficie definita ‘agricola’ ha beneficiato di aiuti di stato o europei non potrà essere utilizzata per altri scopi per cinque anni. E’ ammesso l’agriturismo. Se il vincolo non sarà rispettato il proprietario pagherà una multa fino a 50 mila euro, con eventuale demolizione delle costruzioni. Ai comuni virtuosi in termini di recupero sarà data la priorità sulla concessione di finanziamenti in materia di edilizia. Stessa priorità a privati che intendano recuperare edifici ed infrastrutture rurali.

Anche sul Corriere della Sera si approfondiscono le misure del governo, a partire da quelle sul fisco: il decreto “Fare” allunga il periodo utile per saldare le rate, portandolo a 120 mesi. In pratica, traduce il Corriere, il contribuente ha tempo dieci anni per mettersi a posto con Equitalia. E per agevolare ulteriormente la posizione del contribuente in periodo di crisi, il decreto dispone che si decada dal beneficio della rateizzazione più difficilmente: oggi infatti Equitalia può richiedere l’immediato pagamento del debito se il cittadino non paga per due volte consecutive le rate. Il decreto concede che possa non pagarne fino a sette.

Su La Stampa si spiega anche il capitolo della non pignorabilità della prima casa: se l’unico immobile di proprietà del debitore costituisce l’abitazione principale, esso non può essere pignorato. Fanno eccezione le case di lusso, o classificate nelle categorie A8 o A9 (ville o costelli). Rientra invece nella categoria la A1 (Abitazioni signorili). La ratio è che si vuole escludere questi immobili perché la valutazione catastale varia da zona a zona. Il valore minimo del debito che autorizza l’esproprio è stato innalzato da 20 mila a 120 mila euro. E l’esecuzione dell’esproprio può diventare effettiva non prima di sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca (in passato bastavano 4 mesi).

E ancora su La Stampa, “Università, ci saranno 3000 assunti”. E’ stato ampliato il turn over di università ed enti di ricerca. Risorse anche per finanziare borse di studio: potranno accedervi i più meritevoli per un totale di 5 milioni per il 2013-2014 e di 7 milioni per il 2015. Si tratta di “borse per la mobilità”, destinate a studenti con risultati eccellenti che intendano iscriversi a corsi di laurea in regioni diverse da quelle di residenza.

 

Ieri Silvio Berlusconi ha concesso una intervista a Studio Aperto ed ha “blindato” l’Esecutivo, secondo quanto scrive il Corriere della Sera: “La collaborazione tra destra e sinistra dopo decenni di contrasti spero possa durare, deve durare e spero che il governo perseveri su questa strada per uscire dalla crisi. Il decreto del fare, approvato sabato dal Consiglio dei Ministri, è un grande risultato. Sono molto soddisfatto”, ha detto Berlusconi. Poi ha incalzato il governo ricordando che “gli interventi su Equitalia sono un buon inizio, ma si dovrà continuare su questa strada”, “gli 8 miliardi, 4 per l’Imu e 4 per l’Iva, si devono trovare”, “è impossibile che non si trovino”.

 

Pd, Grillo, Napolitano

 

Scrive La Repubblica che stasera in diretta streaming dalle 18 andrà in onda il processo dei grillini alla senatrice dissidente Adele Gambaro. Ieri ha spiegato Beppe Grillo ai fedelissimi: “Non deve essere una conta sulla senatrice ma sul Movimento. E su di me”. Secondo il quotidiano, la questione ha varcato i confini del Senato allargandosi anche al gruppo della Camera: i deputati tireranno fuori, a mò di asso nella manica, un faldone ricco di interviste e sospetti elaborato per inchiodare “chi lavora nell’ombra per ribaltare gli equilibri interni al gruppo”. Il quotidiano intervista il capogruppo alla Camera Nuti, che preannuncia: “Discuteremo e infine voteremo se chiedere o meno agli attivisti in rete cosa fare”. E’ concreta la possibilità di una scissione? “Penso che alcune persone lasceranno il movimento. Questo non deve preoccupare né gli elettori né gli attivisti; la nostra priorità è lavorare per il programma e far conoscere le nostre proposte, che da mesi sono coperte da questo tipo di dichiarazioni. Non credo che il Pd voglia cambiare maggioranza con qualche acquisto”. Lo stesso quotidiano intervista la senatrice M5S Serenella Fucksia, che dice, a proposito della Gambaro: “Se venisse buttata fuori sarebbe molto grave”.

Su Il Giornale Vittorio Feltri scrive: “Pier Luigi Bersani ricomincia a sperare in ciò che ha perseguito sin dall’inizio: la possibilità di formare una maggioranza tra Pd e frange più o meno ampie dell’M5S, oggi in crisi per le note vicende interne e in procinto – si dice – di spaccarsi in tre tronconi. Ma anche stavolta, come accadde nel marzo scorso, forse l’ex leader fa i conti senza l’oste: Giorgio Napolitano, dal quale dipendono i giochi”. Vittorio Feltri ricorda che nel momento in cui Napolitano accettò di essere rieletto, pose condizioni precise e il suo messaggio fu che se a lavori in corso ci si fosse allontanati dalla rotta indicata, si sarebbe dimesso. Insomma, “salvo imprevisti il Quirinale non vorrà neanche sentir parlare di un rimescolamento della maggioranza. Qualsiasi sommovimento si verificasse all’interno del M5S il Quirinale terrebbe la barra dritta per dare continuità al governo Letta. Non sarà certo Re Giorgio a benedire un ribaltone”.

Sullo stesso quotidiano: “Contribaltone, Pier Luigi finisce isolato”. E per capire come abbia preso l’uscita di Bersani il premier Letta, Il Giornale richiama l’opinione di un suo stretto collaboratore come Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera: “Governo di cambiamento? Bellissimo, ma è possibile quando si vincono le elezioni: un governo di cambiamento di sinistra ha bisogno di prendere il 51 per cento dei voti. Su questo la penso come Renzi”. Il quotidiano ricorda anche che resta centrale la questione del congresso del Pd, su cui al momento vige la confusione più totale. L’unica cosa chiara è che, per ragioni diverse, tutti, tranne Renzi, il potenziale vincitore, vogliono rimandare il Congresso più in là possibile, nel 2014, nonostante lo statuto dica che va celebrato entro l’anno. Enrico Letta vuole il rinvio per scavallare le elezioni europee e il semestre di presidenza Ue, mettendo il governo al riparo dai contraccolpi politici che il nuovo assetto di potere nel Pd scatenerebbe. Bersani, per organizzare il fronte antirenziano. Epifani perché spera di riproporsi come candidato di mediazione. A fine anno poi Renzi deve decidere se ricandidarsi a Firenze, e il rinvio serve anche a metterlo in difficoltà su questo. Oggi si riunisce per la prima volta la Commissione del Pd che deve decidere le regole.

 

La Repubblica: “Asse D’Alema-Renzi contro Bersani per scrivere le regole del congresso Pd”. Secondo il quotidiano la prima prova dell’asse tra dalemiani e renziani potrebbe essere l’opposizione a Davide Zoggia, l’uomo di Bersani, alla guida della commissione per il congresso che inizia questa mattina i suoi lavori. Il nome alternativo sarebbe quello dell’eurodeputato e “giovane turco” Roberto Gualtieri, molto legato a D’Alema. I renziani sarebbero pronti a votarlo come garanzia per le regole e per la data del congresso. E il quotidiano intervista l’unico renziano (su 19) presente nella commissione congresso, Lorenzo Guerini: “Il segretario va eletto a novembre, facciamo le primarie aperte a tutti”, dice, respingendo l’ipotesi di “restringere la platea” agli iscritti. In questo caso, promette, “faremo muro: noi vogliamo garantire la partecipazione a iscritti e simpatizzanti”.

 

G8

 

Si apre oggi in Irlanda il vertice del G8 e Federico Rampini, su La Repubblica, spiega che è il summit delle tre “t”: Tax, Trasparency e Trade. Lotta all’elusione fiscale, trasparenza per le multinazionali e le piazze off-shore, nuovo patto transatlantico per liberalizzare gli scambi tra Europa e Usa. Sullo sfondo, c’è, naturalmente, il nodo dell’austerity: secondo il quotidiano, piuttosto che scegliere lo scontro con il rigore della Merkel, Obama ricorderà agli interlocutori europei che gli Usa sono usciti dalla recessione già quattro anni fa proprio evitando la trappola dell’austerity. Il terreno di convergenza con la Merkel trovato è invece sul capitolo “trasparenza”: significa imporre doveri di informazione “automatici” ai paradisi bancari e fiscali che attraggono gli investimenti. Ma proprio nelle ore in cui si apre il G8, rivelazioni del britannico The Guardian creano ulteriori imbarazzi: durante il summit del G20 tenutosi a Londra nel 2009, all’epoca in cui era primo ministro Gordon Brown, sarebbe stata organizzata una massiccia operazione di sorveglianza. L’operazione sarebbe stata ideata dai padroni di casa insieme al servizio segreto americano ed avrebbe comportato il monitoraggio di computer, telefonate, e-mail, grazie all’utilizzo di finti Internet-café.

 

Turchia

 

Ieri, secondo La Stampa, si sono viste in piazza due Turchie: quella di piazza Taksim, che ha paura per la tenuta della democrazia del Paese, e che è composta da decine di anime diverse tra loro, e quella dei militanti dell’AKP di Erdogan, accorsi in migliaia (un milione secondo gli organizzatori) vicino all’aeroporto di Istanbul per ascoltare il premier. Secondo i quotidiani più maligni gli erano stati pagati pasto e trasporto. Il premier ha lanciato messaggi tesi ù a dividere che ad unire durante il comizio. Ha parlato di tutto, dalle opere di canalizzazione del corno d’oro ai risultati raggiunti dal suo governo. Si è rivolto alle solite quattro categorie con cui se la prende da settimane: i manifestanti, i giornalisti stranieri, gli uomini d’affari o gli intellettuali e poi le organizzazioni straniere che sobillerebbero il popolo turco: “Impossibile dire quanto il primo ministro creda realmente a se stesso. Di certo, però, Erdogan è da tempo vittima di un culto della personalità pressoché incontrollato”. Si parla poi dei gas urticanti che sarebbero stati lanciati sulla folla di piazza Taksim. Si riferisce delle voci secondo cui sarebbero bombe d’acqua al peperoncino. Quel tipo di gas, spiega la direttrice dell’istituto zooprofilattico del Piemonte, Maria Caramelli, è considerato a tutti gli effetti un’arma chimica, anche se il suo uso è consentito in molti Paesi europei, compresa la Germania. Il problema è come è stato usato a Istanbul: gli spray sono concepiti per ottenere un getto diffuso. Se sparato direttamente sui manifestanti con idranti può provocare danni permanenti, soprattutto alla cornea, e ustioni anche gravi, specie alla mucosa, agli occhi, alla bocca. Si chiama gas Oc (da oleoresincapsicum, il principio attivo) e causerebbe cecità per una mezz’ora, oltre che dolori intesi. In questo è abbastanza simile ad altri lacrimogeni comunemente usati dalla polizia come il CS (orto-cloro-benzen-manonitrile) o il CN (cloroacetofenone). Hanno fatto il giro del mondo in poche ore le foto delle taniche blu di questo prodotto della ditta Genix usate dalla polizia: l’azienda produce dispositivi per la sicurezza personale come le bottigliette spray spesso portate dalle donne in borsetta.

 

Sul Corriere della Sera Antonio Ferrari descrive “le due Turchie che non si parlano”: c’è quella del premier Erdogan che arringa il suo popolo, “forse un milione di sudditi fideisti, convocati nel più grande raduno di questi anni”. E poi c’è la Turchia che “si oppone allo strapotere e all’arroganza del premier”, che non è “allineata dietro una sola bandiera” ed è “pronta a pagare il prezzo della rivolta”, nata per non far morire un parco, ma diventata un serio e preoccupante conflitto sociale”. Il premier aveva promesso di rispettare le decisioni della magistratura, ma poi è scivolato sul terreno che gli è più congeniale: quello dell’ultimatum. ‘Liberate la piazza. Ora. Subito’. Deciso ad affrontare qualsiasi rischio. Rispettando quindi quel che gli impone il suo spigoloso e intransigente carattere”.

 

E poi

 

Alle pagine della cultura de La Repubblica segnaliamo una sintesi dell’intervento che l’arcivescovo Angelo Scola pronuncerà oggi all’Università di Milano, in occasione della riunione del Comitato scientifico della Fondazione Oasis, da lui presieduta. “Il tema della secolarizzazione prende forme e contenuti nuovi -scrive Scola- se lo guardiamo alla luce della transizione araba, iniziata con le rivolte del 0211. Raffigurarsi il cambiamento in atto nel mondo islamico come una lotta tra un ‘antico’ religioso e un ‘nuovo’ secolare è semplicistico, sia che si pronostichi una vittoria del ‘nuovo’, magari dopo qualche battuta d’arresto, sia che ci si attenda la prevalenza dell’antico, con minime concessioni formali alla modernità. In realtà l”antico’ ha assunto, parodiandoli, molti tratti dal nuovo e il nuovo rimane molto radicato nella tradizione”.

 

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