Le aperture
Il Corriere della Sera: “Hollande in testa, Sarkozy spera ancora. Il candidato della sinistra festeggia: voglio orientare l’Europa verso la crescita. Ma la partita è ancora aperta. Il socialista al 28,5 per cento. Il presidente al 27. Successo di Marine Le Pen con il 18”. A centro pagina il quotidiano parla di un “piano del Viminale sui dipendenti”, che prevede una riduzione del 10 per cento dei dipendenti civili, attraverso prepensionamenti.
La Repubblica: “Hollande avanti, uragano Le Pen. Svolta storica in Francia: il candidato della sinistra raccoglie il 28,6 per cento dei voti, il Presidente si ferma al 27,1. Battuto l’astensionismo, nella volata finale caccia ai consensi del Front National”. “Schiaffo a Sarkozy nella corsa all’Eliseo: vincerò il ballottaggio. Estrema destra al 18 per cento”. A centro pagina: “Palazzo Chigi,scatta l’austerity. Una task force per i tagli ai ministeri. Esodati, scontro tra sindacati e Fornero”.
La Stampa: “Hollande avanti, Sarkò lo sfida. Dopo il primo turno delle elezioni francesi parte la campagna per il ballottaggio. ‘Tre dibattiti pubblici’. ‘No, solo uno’. Il presidente al 27: voto di crisi. Il socialista al 28,5: si volta pagina. Le Pen-boom: 18.1”.
Il Giornale, sulle elezioni in Francia: “Sberla all’Europa di Monti. Alle presidenziali la sinistra di Hollande davanti a Sarkozy, che paga l’alleanza con la Merkel. I giochi sono aperti. Ma il vero boom lo fa la destra anti-europea della Le Pen (quasi il 20 per cento). Bocciati i diktat e gli amici della Germania”.
Francia
Lo storico Max Gallo, intervistato da La Stampa, commenta il primo turno francese: “Diciamo che per il momento Nicolas Sarkozy ha certamente perso. Il suo obiettivo era di arrivare in testa o almeno pari allo sfidante. Mi sembra assodato che non ci sia riuscito. Vincere al ballottaggio non è impossibile. Ma è molto difficile. E’ vero che questo voto è stato una specie di referendum pro o contro Sarkozy.
Secondo un sondaggi, al secondo turno l’85 per cento degli elettori del candidato di sinistra Mélenchon voteranno per Hollande, mentre per Sarkozy sarà più difficile convincere gli elettori della Le Pen. Gallo sottolinea che “chi vota per madame Le Pen non vuole la Francia nelle mani della gauche”, ma non è detto che riuscirà a trascinarne abbastanza a votare Sarkozy.
Marine Le Pen ha portato il Front National ad un risultato storico, superiore a quello che aveva avuto suo padre nel 2002, allorché si era fermato al 16.8 per cento. Lei è arrivata al 18. Interpellata da La Repubblica su quale candidato sosterrà al ballottaggio, dice: “nessuno dei due, e non dirò ai miei elettori come devono votare”, “né Hollande né Sarkozy potranno risolvere i problemi che la Francia e l’Europa hanno davanti”. Sarkozy può ancora vincere? “Non ha più nessuna chance. In caso di sconfitta, ci sarà una ricomposizione del paesaggio politico francese”.
Il Corriere della Sera riferisce delle parole della segretaria socialista Martine Aubry destinata, secondo molti, ad un ruolo importante, forse quello di premier, in un possibile governo socialista: “Non era mai successo che un presidente in carica prendesse così pochi voti e non arrivasse in testa al primo turno, si tratta della più clamorosa sconfessione di una intera politica, di una intera presidenza”.
Secondo il Corriere Hollande ha un compito non facile davanti a sé, poiché la riserva di voti del candidato della sinistra Mélenchon è inferiore al previsto. Lo sottolinea anche La Stampa, ricordando che Mélenchon si è fermato all’11,7per cento, laddove i sondaggi gli attribuivano un 13.-15 per cento: “Vi invito a ritrovarvi il 6 maggio, senza chiedere niente in cambio, contro Sarkozy”, ha detto subito dopo le prime proiezioni. Ed ha aggiunto: “Bisogna ribaltare il tavolo, rovesciare la tendenza che tiene tutta l’Europa sotto il giogo dell’asse Merkel-Sarkozy.
Il Giornale: “Il trionfo di madame Le Pen affonda l’asse con la Merkel. Il successo del Front National è la prova che molti francesi non hanno digerito la sudditanza a Bruxelles, e Sarko ora dovrà fare i conti con loro”.
La Repubblica intervista Daniel Cohn-Bendit, che dice: “Adesso Hollande deve fare i conti con la realtà, e se governerà deve presentare sagge proposte perché l’Europa faccia un’altra politica. Dipende da come Hollande saprà conciliare le due priorità: stabilità finanziaria ed investimenti. A possibili alleati di fatto, a cominciare da Monti, e persino lo spagnolo Rajoy. E tutti i leader europei che ritengono che senza eurobond e altre misure non si va avanti. Ma guai a sprecare la chance dicendo solo che la stabilità non è importante. Bisogna, insieme, consolidare i conti pubblici e pensare alla crescita.
Sullo stesso quotidiano anche una analisi del voto di Marc Lazar, che ricorda come in Francia, a differenza di altri Paesi come la Gran Bretagna, dove c’è stata la ricerca di una terza via, la “sinistra” resta un valore fondamentale. Anche se Hollande non ne ha mai fatto parola nel suo programma o nelle sue dichiarazioni, aspirando alla massima carica della Repubblica, il suo partito lo ha fatto, pur avvicinandosi alla terza via senza mai aderire ufficialmente a questa tesi.
Secondo La Stampa Sarkozy sa che per restare all’Eliseo deve convincere a votare per lui chi ha scelto al primo turno Le Pen e, nei prossimi quindici giorni, ci sarà ben più che una svolta a destra, si tratterà di una sterzata.
Ancora su La Stampa è Antonio Martino, ex ministro e padre fondatore di Forza Italia, a commentare il risultato francese. Su Sarkozy: “In politica estera si è distinto per quella squallida avventura della guerra libica. In politica economica si è appiattito sui diktat di Angela Merkel, cioé su una devastante politica recessiva che produce disoccupazione”.
La Repubblica intervista il segretario Pd Bersani: “Se Hollande arriva all’Eliseo, la piattaforma concretissima e non ideologica dei progressisti europei che abbiamo sottoscritto a Parigi deve diventare una piattaforma per l’Europa. E per Monti”. E tuttavia il segretario ribadisce “fedeltà al governo Monti fino alla fine della legislatura”, smentendo di essere tentato dal voto anticipato.
Italia
La Stampa intervista Nichi Vendola, leader di Sel, impegnato in un “tour de force elettorale”. “Ho sempre trovato le piazze piene”, dice. “Altro che antipolitica”. “Penso che si tratti di un’onda melmosa e gonfia di passioni tristi, di livorek che sostituisce l’analisi, di grugniti che prendono il posto della strategia. Una sorta di bestemmia liberatoria che dovrebbe farci sentire tutti meglio”. Vendola parla di un “rito collettivo fatto di esorcismi”, e spiega che “la malattia della politica sta nella sua separazione dalla questione sociale”. Vendola ricorda di non aver avversato la nascita del governo Monti, “ma adesso vedo una situazione molto preoccupante, un mix esplosivo fatto di recessione, disoccupazione di massa ecrisi dei partiti che l’Europa ha già vissuto negli anni Venti e Trenta. Lo sbocco furono populismo reazionari che diedero vita al fascismo”. Infine, il centrosinistra: dovrebbe “liberarsi dalle prigioni del tatticismo, non può continuare a vivere nell’attesa che giunga Godot, ossia i moderati, il Centro”.
Ancora su La Stampa segnaliamo una pagina dedicata al Movimento Cinque Stelle: “Grillo conquista i preti di strada. Cresce il consenso nelle Comunità di base”. E si cita il sacerdote campano don Vitaliano della Sala, che dice: “Noi non siamo antipolitici, siamo antipartitici: Beppe Grillo pone problemi reali nei quali è sacrosanto riconoscersi”. Poi un approfondimento dove si spiega come il movimento sia organizzato in “franchising” e il comico sia l’unico titolare dell’uso del simbolo. I contatti tra i “soci” sono assicurati con la posta elettronica.
Il Corriere della Sera torna ad occuparsi del ruolo di Rosy Mauro nella Lega, ripercorrendo la vicenda del segretario regionale Francesco Bruzzone che, nel 2009, fece votare al consiglio nazionale ligure la revoca della nomina di Belsito a Tesoriere. Ma poco dopo intervenne la Mauro, dichiarando non corretta la procedura con cui era stato rimosso Belsito, il quale non solo venne confermato tesoriere ligure ma promosso a livello nazionale.
E poi
Su La Repubblica da segnalare una corrispondenza da Londra sul mistero “Iraq gate”: si è ucciso un altro scienziato, nel 2003 si era suicidato un collega, David Kelly, che aveva rivelato come il dossier su Saddam, relativamente alle armi non convenzionali, fosse probabilmente gonfiato. In questi giorni si è invece tolto la vita Richard Holmes, che aveva dato le dimissioni dal laboratorio britannico sulle armi non convenzionali.
Sullo stesso quotidiano si torna anche sulla decisione della “Presidenta” argentina Kirchner di nazionalizzare la compagnia petrolifera Ypf. “Petrolio, soldi e protezionismo, adesso l’Argentina non piange più, la Kirchner compie una svolta populista e si candida a diventare il simbolo del campo socialista in sudamerica.
Infine, ancora dalle pagine della cultura de La Repubblica, la recesione di un saggio di Francesca Cafferri, in cui si racconta la rivoluzione del mondo musulmano attraverso diverse figure femminili, e si sottolinea come la Caferri abbia citato lo studioso egiziano Abu Zyad, che ha avuto tanti fastidi per aver trovato nel Corano elementi in favore della parità uomo donna.