Le aperture
La Repubblica: “Crolla la Merkel, bocciata l’austerity. Sconfitta storica per la Cdu”. “Nel NordReno Westfalia trionfa l’Spd, volano Verdi e Pirati. Grecia, è ancora caos sul governo a tre. Oggi a Bruxelles si riunisce l’Eurogruppo”. “Hollande insiste: trattato Ue da rinegoziare”. A centro pagina: “‘Troppe tensioni sociali, servono unità e coraggio'”. Si tratta delle parole di Monti: “Allarme del premier: devo mettere insieme forze contrapposte”.
Il Corriere della Sera: “Merkel ora è più debole. All’Eurogruppo il caso GFrecia, che rischia nuove elezioni. La Cdu del Cancelliere al 26 per cento nel Nord Reno – Westfalia: peggior risultato dal dopoguerra”. A centro pagina: “La preoccupazione di Monti per le ‘forti tensioni sociali’.Incontro con il Papa che invita l’Italia a ‘reagire allo scoraggiamento'”.
La Stampa: “Germania, tracollo Merkel. Punita la linea dura di Berlino, in NordReno Vestfalia un trionfo per l’Spd. Anche il premier oggi all’Eurogruppo cerca la via della ripresa. Grecia caos, niente accordo sul governo di larghe intese”. A centro pagina: “Monti avverte: forti tensiono sociali. Ad Arezzo ha incontrato il Papa che nell’omelia ha invitato ‘l’Italia a uscire dallo scoramento'”. Un richiamo dà anche conto delle parole di Sergio Marchionne, ieri al Salone del libro di Torino: “Marchionne: l’austerità non basta. Bisogna far ripartire l’economia”.
“Figura di Merkel” è il titolo de Il Giornale “I tedeschi alle urne puniscono la Cancelliera, Cdu al minimo storico. Grecia più vicina alla dracma. Anche Marchionne si sveglia: ‘Con la dieta Monti si può morire'”. A centro pagina un richiamo alla marcia che ieri si è tenuta a Roma: “Roma in marcia per difendere il valore della vita”, di Magdi Cristiano Allam.
Germania
Il Corriere della Sera riferisce del voto di ieri nella regione tedesca del Nord Reno Westfalia, e spiega che – come ha detto la vincitrice, la socialdemocratica Hannelore Kraft, il suo successo è un “segnale per Berlino”. I socialdemocratici hanno conquistato il 39,1 per cento dei voti, facendo così meglio dei sondaggi che li davano al 37. La Cdu è crollata al 26,3, i Verdi ottengono un insperato 11,4, il partito dei Pirati supera il 7,8 per cento. Anche i liberali – che temevano di non raggiungere la soglia del 5 per cento, arrivano all’8,5. La sinistra radicale della Linke resta fuori dal parlamento regionale. Il segretario generale della Spd Andrea Nahles – scrive La Stampa – ha ricordato che è l’undicesima elezione in cui la Merkel non riesce a raggiungere una maggioranza con la sua coalizione. Il candidato governatore, il ministro dell’Ambiente a Berlino Rottgen, ha ammesso la sconfitta.
Franco Venturini, sul Corriere della Sera, scrive che sarebbe fuorviante associare il risultato francese con quello della regione tedesca. “In Germania il Nord Reno Westfalia è una tradizionale roccaforte della sinistra . Che la Cdu perdesse nelle elezioni locali veniva dato praticamente per certo anche a causa della pessima campagna condotta dai cristiano democratici sotto la guida del ministro federale dell’ambiente Norbert Rottgen”. Pensare però che dietro questo voto, secondo Venturini, ci sia “un massiccio rigetto popolare della politica europea di Angela Merkel, credere che siano gli eccessi della sua ideologia dell’austerità e del rigore finanziario ad averla condannata”, sarebbe un errore. Tutti i sondaggi dicono che la Merkel continua ad essere molto popolare, e che la sua politica del rigore conserva forti consensi: secondo Stern, il 59 per cento degli interpellati.
La Stampa fa un ritratto della vincitrice delle elezioni in Nord Reno Westfalia, la socialdemocratica Hannelore Kraft: “Rieletta, con un programma di spesa, dopo che il suo governo era caduto per eccesso di debiti”. Nata in una cittadina della Ruhr nel 1961, figlia di un tranviere e di una commessa, ha poi studiato economia, laurenandosi a Duisburg, per fare poi la consulente aziendale per la piccola industria. Poi la politica, capogruppo al Parlamento regionale, e responsabile del partito, infine “ministro presidente”: e in questa carica fa una classica politica socialdemocratica, ovvero più giustizia sociale, più asili, aiuti alle famiglie, perché per lei i debiti sono “denaro ben investito”. Effettivamente, sottolinea il quotidiano, la Kraft spende molto e non aggredisce il debito: abolisce le tasse universitarie, riforma il sistema scolastico, promulga nuove leggi per l’integrazione. Sullo stesso quotidiano, una intervista a Peer Steinbruck, che è stato governatore Spd della stessa regione e poi ministro federale delle finanze nel governo di grande coalizione con la Merkel: sottolinea che il primo segnale per la cancelliera è che “non ha più una propria maggioranza in vista delle elezioni del 2013 per il rinnovo del Bundestag”. La seconda conseguenza del voto potrebbe essere che i liberali dellFDP potrebbero decidere di slegarsi dall’abbraccio con la Cancelliera. Gli elettori hanno votato contro la politica dell’austerity della Merkel? “No, non direi, credo che la maggioranza dei tedeschi voglia che i soldi dei contribuenti siano gestiti in modo responsabile e parsimonioso. Tuttavia sentono che il solo risparmiare non ci porterà fuori dalla crisi”.
Non manca una domanda sul fatto che la sconfitta per la Merkel arrivi alla vigilia del suo incontro con il neopresidente francese Hollande. Steinbruck dice: “Frau Merkel deve pensare a fare delle concessioni”, poiché il fiscal compact, da solo, e gli strumenti di disciplina dei bilanci, da soli, “non risolvono i problemi in Europa”. La Merkel ha inoltre bisogno del sostegno dell’Spd per far approvare il fiscal compact, e Steinbruck ricorda che è lei ad aver bisogno dei socialdemocratici, e non viceversa: “Deve fare delle proposte per poter raggiungere la maggioranza dei due terzi al Bundestag.
Per La Repubblica la Spd “ha vinto rifiutando il rigore a oltranza” e la sconfitta fa il gioco della sinistra transalpina: “Trattato, Hollande vuole rinegoziare”, titola il quotidiano parlando dell’incontro di domani tra il neopresidente francese e la Cancelliera, a Berlino.
Secondo il Corriere della Sera nell’eurogruppo dei 17 ministri finanziari si annuncia un duro scontro sull’attuazione dei piani di austerità in Grecia e in Spagna. La riunione di oggi a Bruxelles dei ministri finanziari è – secondo il quotidiano – un primo test sui nuovi equilibri nell’Ue dopo la vittoria di Hollande alle presidenziali. Si parla di una “svolta” facendo riferimento alle parole del presidente uscente dell’Eurogruppo, il lussemburghese Juncker che – dopo un incontro con Hollande – ha definito “non ragionevole” l’ipotesi di uscita della Grecia dall’euro, ed ha chiesto di “dare un anno di più” ad Atene per il risanamento finanziario.
Intanto, come scrive La Repubblica, le speranze di dare un nuovo governo alla Grecia si sono ridotte al lumicino, ed è in corso un pressing su Dimar, la sinistra democratica. Se entro giovedì sarà ancora fumata nera, la Grecia torrnerà alle urne, e – secondo i sondaggi – la sinistra radicale di Syriza farebbe un altro balzo avanti, diventando il primo partito del Paese, con il 23-25 per cento dei voti. Il centrodestra di Neodemocrazia resterebbe al 18-20, mentre il Pasok farebbe un altro scivolone al 12 per cento (ora è al 13,1).
Sullo stesso quotidiano un titolo allarmante fa sapere che nelle casse di Atene ci sono soltanto 2,5 miliardi e senza accordo salteranno stipendi e pensioni. In mancanza di un governo filo-trojka sono a rischio i 30 miliardi di aiuti internazionali previsti per giugno.
Il quotidiano intervista l’economista americano Michael Spence, secondo cui un eventuale distacco di Atene dall’euro non andrebbe considerato uno scenario apocalittico. Alla Germania rimprovera di aver bloccato il salvataggio che un anno e mezzo fa era ancora possibile e a costi ragionevoli. Spence è decisamente prudente sull’analisi del voto tedesco, poiché esso ha sì una valenza politica, ma è stato influenzato in modo decisivo da vicende interne, “a partire dalle rivendicazioni sindacali in una zona a forte tradizione industriale e a vocazione socialista. E’ sbagliato affrettarsi a concludere che la Germania svolta a sinistra”, anche perché i tedeschi, tutti i tedeschi, sono “conservatori”, ossessionati dalla paura dell’inflazione per i fantasmi del passato e assolutamente indisponibili a concessioni “verso i Paesi europei meno fiscalmente corretti, Italia e Spagna anzitutto, fino a che questi non avranno avviato in modo convincente le riforme richieste e conseguito una affidabile solidità di bilancio”.
Secondo La Repubblica, in vista del vertice Ecofin Palazzo Chigi “ora vede la svolta” e il vento d’Europa fa largo alla crescita. Il primo obiettivo sarebbe ottenere una golden rule sugli investimenti: Roma starebbe puntando tutte le sue carte sullo scorporo degli investimenti in ricerca e infrastrutture dai target di bilancio.
Italia
Ieri a Roma si è tenuta una “marcia per il diritto alla vita”, con la partecipazione del sindaco Alemanno: “Il sindaco insieme con fedeli, Forza Nuova e Militia Christi”, titola Il Giornale raccontando che erano in 15 mila contro la legge 194. All’evento è dedicata la testimonianza di Magdi Cristiano Allam, presente al corteo. Che non manca di legare la battaglia contro la “dittatura abortista” alla crisi demografica italiana, e alla “dittatura del relativismo” che “favorisce l’invasione islamica” (Allam ricorda che incontrando l’8 maggio scorso il primo ministro turco Erdogan Monti ha sostanzialmente prospettato che la nostra crisi demografica verrà risolta spalancando le nostre frontiere agli immigrati turchi, ed ha rassicurato Erdogan del sostegno forte e convinto all’ingresso della Turchia nella Ue).
Molto polemica la cronaca de La Repubblica su questa manifestazione: si dà conto delle critiche al sindaco che – con tanto di fascia tricolore – era presente al corteo accanto a movimenti di destra, e si scrive che questa “armata bianca” che va dai centri di aiuto alla vita ai movimenti per la sepoltura dei feti abortiti, dagli ultrà di militia Christi ai neofascisti di Forza Nuova, sogna di poter contare come negli Usa. Il pulviscolo di associazioni è diviso tra chi propone la via parlamentare all’abolizione della legge sull’aborto, e le milizie, che invocano il boicotttaggio dei centri di interruzione volontaria di gravidanza o l’aggressione ai medici abortisti.
Internazionale
I quotidiani raccontano della uccisione di una figura chiave, in Afghanistan, per i negoziati tra i talebani e il governo di Karzai: era l’ex ministro talebano dell’educazione superiore, Arsala Rahmani, ucciso ieri in una tranquilla strada di Kabul, mentre si recava all’inaugurazione di una nuova “Commissione governativa per la risoluzione dei conflitti”. Il Corriere ricorda che già nel settembre scorso era stato ammazzato da un kamikaze con bomba nel turbante l’ex presidente Rabbani. Il portavoce dei talebani pare però abbia smentito la rivendicazione dell’ultimo omicidio. Rahmani era una figura chiave dell’Alto consiglio per la pace, creato dal governo afghano nel 2010 per tentare una soluzione politica. Dei 70 membri che compongono l’Alto consiglio, almeno 12 sono ex esponenti del regime dei talebani. L’attività dell’Alto consiglio era messa in discussione per lo stallo su due “molto teorici” fronti negoziali: a marzo, dopo una strage di civili a Kandahar i talebani hanno congelato i colloqui con gli american che dovevano tenersi a Doha, in Qatar, che pure non erano ben visti da Karzai.
La Repubblica sottolinea che le trattative non sono mai davvero decollate: perché gli insorti si sono sempre rifiutati di riconoscere la Costituzione afghana, perché le truppe Usa non hanno mai smesso i raid anche in pendenza di un incontro tra le parti, e perché i taleban nutrono troppi dubbi sullo stesso consiglio di pace che considerano troppo vicino al governo e di conseguenza agli Stati Uniti, rifiutando di avere con esso contatti diretti. All’inizio dell’anno Rahmani si era detto invece ottimista sui suoi incontri segreti con gli insorti, che aveva definito gravidi di successi, primo tra tutti l’intenzione dei taleban di abbandonare le posizioni più fondamentaliste in vista di un futuro ruolo all’interno della vita politica del Paese. I suoi contatti erano ad altissimo livello: nel febbraio 2010 rivelò di aver incontrato personalmente il mullah Omar, insieme all’ex ambasciatore talebano in Pakistan e all’ex ministro degli esteri.