La Stampa: “Decadenza di Berlusconi, caos in Giunta, il voto slitta”, “La decisione sul voto palese solo stamattina. Il leader del Pdl: il premier intervenga o sarà crisi”, “La Corte d’Appello sui diritti tv: frode aggravata dal ruolo politico. Alfano al Cavaliere: al Senato non hai i numeri per farci cadere”.
In prima anche il rischiamo ad una intervista del quotidiano alla leader dell’opposizione birmana Aun San Suu Kyi: “’Vi prego, non lasciateci soli ora’”.
Sotto la testata: “Intelligence elettronica, anche Roma ha una Nsa. Ma non spia gli italiani”.
In taglio basso: Saccomanni: ‘Più soldi alle famiglie con le risorse del cuneo fiscale’”.
Corriere della Sera: “Berlusconi avverte il premier. Sulla decadenza caos in Giunta”. Ci si riferisce ai tempi e alle modalità del voto: “Il Cavaliere: legge Severino non retroattiva. No di Palazzo Chigi”.
A centro pagina: “Divisi sui limiti ai contanti”, “Saccomanni: ridurre l’uso delle banconote. Pdl contrario”. E, sulla vicenda Datagate: “Usa al contrattacco: gli europei spiano”.
La Repubblica: “Decadenza, il Pdl scatena il caos”, “Rissa sul voto palese. I giudici: Berlusconi ideatore della frode Mediaset”.
Di spalla: “L’America accusa gli alleati europei: ‘Le spie siete voi’”.
A centro pagina: “La battaglia del contante. Alfano contro Saccomanni”.
L’Unità: “La decadenza infinita”, “Caos in giunta: rinviata a oggi la decisione sul voto segreto. Il Cavaliere minaccia Letta: intervenga sulla Severino o è la crisi. Il Pd: basta imbrogli. Corte d’Appello: frode aggravata per il suo ruolo politico”.
A centro pagina: “Legge di Stabilità, attacco a Saccomanni”.
In taglio basso, i primi risultati dai congressi Pd: “Sorpresa, Cuperlo in testa”.
Il Giornale: “Crisi, in Italia i no euro diventano maggioranza”, “Tre su quattro insoddisfatti della moneta unica e dell’Europa targata Merkel”, “E la corte dei Conti demolisce la manovra: tartassa la casa”.
A centro pagina, “botte da orbi nella finanza”: “’Sei avido’, ‘Ricorda i tuoi crac’, Tronchetti Provera sbugiarda De Benedetti”.
In apertura a sinistra: “Berlusconi, assalto finale per farlo decadere (col trucco). Ora il governo rischia davvero”.
Libero: “Tre ministri da buttare”. Con e foto di Saccomanni, Zanonato e Delrio. “Saccomanni. Dice: le tasse calano ma le ha alzate, ne annuncia altre e ora vuol far sparire il contante”; “Zanonato. La sua proposta geniale per rilanciare l’economia? Vendere il made in Italy in Burkina Faso”; “Delrio. HA piazzato la sua ex segretaria nell’azienda partecipata che rifiuta di assumere disabili”.
A centro pagina, sulla pronuncia della Corte d’Appello a Milano: “Assist dei giudici: più difficile cacciare il Cav”.
Il Fatto: “Altro che voto segreto su B. L’obiettivo è non votare mai”.
In taglio basso il quotidiano offre ai lettori indiscrezioni sulla riunione a porte chiuse tenutasi ieri tra Beppe Grillo e i deputati del movimento, sintetizzando così il pensiero del leader: “’L’impeachment a Napolitano è una finzione: siamo populisti’”
Il Sole 24 Ore: “Casa e cuneo, cambia la manovra”, “Sgravi Irpef: tetto più basso e priorità alle famiglie. Detrazione Tasi: servono 800 milioni”.
Di spalla: “Berlusconi a Letta: crisi senza interventi sulla legge Severino”, “Il premier: non ci sono margini. Lite sul voto segreto, oggi la Giunta”.
In taglio basso: “Vola Piazza Affari, spread a 240”.
Berlusconi
Spiega il Corriere della Sera: “Per Silvio Berlusconi la via d’uscita è semplice: basta che il governo scriva una riga che sancisca la non retroattività della legge Severino. Se Enrico Letta accetterà di farlo, per l’esecutivo si ‘aprirebbe un’autostrada: Letta dica sì o no’. Ma da Palazzo Chigi arriva un no. Intanto sulla decadenza si registra un nuovo rallentamento: la Giunta si divide sulla data del voto”. Lo scontro più feroce, secondo La Stampa, è sempre sulle modalità del voto in aula sulla decadenza di Berlusconi da senatore: segreto o palese? “Berlusconi spera di essere salvato grazie a quello strano catafalco sotto cui scorrono i senatori per compilare la scheda (Grillo lo definisce ‘vespasiano’); l’intero fronte delle sinistre invece vuole tutto quanto alla luce del sole. Ieri la Giunta del regolamento non è riuscita a chiarire, perché il centrodestra sta facendo numeri da circo pur di ostacolare la decisione. Per dirne una: appena iniziati i lavori, è piombato l’ex ministro Nitto Palma sventolando le motivazioni della sentenza milanese, quella che ha inflitto al suo capo due anni di interdizione dai pubblici uffici. ‘Fermi tutti, qui si dichiara che la legge Severino sulla decadenza è una sanzione amministrativa. Ma allora non può essere applicata retroattivamente a Berlusconi, lo vieta una legge del’81’”. Poi i lavori della Giunta sono ripresi, ma i Cinque stelle hanno messo sotto accusa il calendario provvisorio dei lavori appena approvato, in base al quale la decadenza del Cavaliere si voterà solo dopo il22 novembre, perché prima ci sono la legge di Stabilità ed altre scadenze. Ancora in questo articolo de La Stampa si legge che “sotto sotto” Berlusconi e Grillo sono d’accordo per esasperare lo scontro, in modo da buttar giù il governo sull’onda della decadenza. E resta “impossibile” verificare se vi siano state telefonate tra Arcore e l’ideologo del movimento 5 Stelle: “corre addirittura voce che, pur di piegare la resistenza di Napolitano alle urne, alcuni ‘falchi’ berlusconiani particolarmente assatanate si preparerebbero a sostenere la campagna grillina per l’impeachment del Presidente”.
Alle 8 di sera, scrive L’Unità, ieri la Giunta è tornata al lavoro. Il dibattito è rinviato ad oggi, quando tornerà a riunirsi alle 9.
Anche Renzi, come evidenzia peraltro La Repubblica, ha chiesto il voto palese in Aula sulla decadenza di Berlusconi: “Temo i giochini dei 5 Stelle per creare rotture”. Sullo stesso quotidiano, il retroscena: “Berlusconi pronto a scatenare l’inferno, ‘mio vero nemico è Napolitano’”. Qui si scrive che non hanno trovato riscontro le voci secondo cui Berlusconi, una volta decaduto al Senato, sosterrebbe la richiesta di impeachment di Grillo nei confronti del Quirinale.
Quanto alla reazione della Presidenza del Consiglio alla proposta di Berlusconi di inserire le “due righe” sulla non retroattività della Legge Severino. Il Corriere titola: “Netta separazione tra governo e caso giudiziario”. Dove si spiega che il Presidente del Consiglio ha risposto con una constatazione molto semplice: il 2 ottobre, il giorno dello strappo di Alfano e del Cavaliere che uscì sconfitto nel suo tentativo di provocare la crisi, la nuova fiducia al governo fu votata anche sul concetto di “netta separazione” tra la vita del governo e le vicende giudiziarie dell’ex premier.
Su Il Giornale: “Decadenza, il Cav stana Letta: ‘Lui ha il potere di decidere’. Berlusconi al premier: ‘Ha una autostrada per risolvere il problema, basta volerlo’. Monito al partito: ‘Sarò sempre io a firmare le candidature per europee e politiche’”.
Ieri la Corte d’Appello di Milano, chiamata a riformulare la durata della interdizione dai pubblici uffici per Berlusconi dalla Corte di Cassazione, ha motivato il suo verdetto: l’interdizione non può attestarsi sul minimo della pena di 1 anno: “il ruolo pubblicamente assunto, non più e non solo come uno dei principali imprenditori incidenti sulla economia italiana, ma anche e soprattutto come uomo politico, aggrava la valutazione della condotta” di Silvio Berlusconi, ha scritto la Corte. Facendo riferimento alla “gravità” del sistema di frode fiscale sui diritti Mediaset di cui tre gradi di giudizio lo hanno ritenuto “ideatore, organizzatore e fruitore dei vantaggi relativi”. I giudici – spiega il Corriere – hanno sgombrato il campo dalla tesi difensiva, che prospettava una irrazionale sovrapposizione tra i sei anni di incandidabilità previsti dalla legge Severino e i 2 anni di interdizione: essi hanno “un ambito di applicazione distinto, ben diverso e certamente non sovrapponibile: da un lato le pene accessorie, che devono essere irrogate dall’autorità giudiziaria e dall’altro la sanzione di incandidabilità, discendente dalle sentenze di condanna, riservata alla autorità amministrativa”, hanno scritto i giudici. Aggiungendo che ai fini della legge Severino la condanna penale è un “presupposto per la incandidabilità del soggetto o per la valutazione della sua decadenza dal mandato elettorale conferitogli”.
Insomma, come sintetizza Il Sole 24 Ore, per i giudici le pene accessorie sono una cosa, la legge Severino è un’altra.
E nella motivazione si spiega che l’Autorità competente a decidere sulla incandidabilità è quella amministrativa, non quella giudiziaria, ovvero l’ufficio elettorale regionale o la Camera di appartenenza, in caso di condanna intervenuta in corso di mandato elettivo.
Su Il Giornale: “Pure i giudici si tradiscono. La Severino non è retroattiva”, “nella fretta di depositare le motivazioni del verdetto bis, la Corte d’Appello fa uno scivolone e scrive che l’incandabilità è sanzione amministrativa, e scrive che non si può applicare al Cav”.
Il quotidiano riproduce il testo della legge 689 del 1981 che, all’articolo 1, statuisce: “nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione”.
L’Unità: “Stabilità, la destra sfiducia Saccomanni”, “la Lega presenta una mozione contro il titolare dell’Economia, Gasparri l’appoggia”.
Grillo
Scrive il Corriere della Sera che Beppe Grillo ha chiuso ieri il suo tour a Roma giurando di non mettere più piede nel Palazzo. Nell’aula del Senato gli è parso fosse in corso una “seduta di psicoterapia”, dove ci sono “persone laureate che giocano con le palline, mettendole in un vespasiano (l’urna)”. Il caso dissidenti però non è chiuso, e secondo il quotidiano c’è insoddisfazione tra i parlamentari del Movimento: “L’idea dell’impeachment per il capo dello Stato, per esempio, non piacerebbe a molti” (Alessio Tacconi: ma quale sarebbe l’attentato alla Costituzione o l’Alto tradimento?”. Francesco Campanella: “E’ vero, il Presidente è andato oltre le sue prerogative. Ma non rischiamo di perdere gli elettori moderati? Finora non abbiamo sfruttato una sola delle loro contraddizioni”).
Una cronista de Il Fatto, Martina Castigliani, racconta l’assemblea a porte chiuse che il leader ha tenuto con i suoi parlamentari alla Camera. Una esclusiva del quotidiano. Si citano alcune dichiarazioni di Grillo: “Non dobbiamo vergognarci di essere populisti. L’impeachment per esempio è una finzione politica per far capire da che parte siamo. Sull’emendamento per abolire il reato di immigrazione clandestina, presentato dai senatori Cioffi e Buccarella e poi scomunicato dal leader: “Con la presentazione dell’emendamento per abolire il reato di immigrazione clandestina abbiamo perso voti a iosa. Il post del Blog, forse un po’ duro, siamo stati costretti a farlo”, “noi parliamo alla pancia della gente. Siamo populisti veri”. “Non dobbiamo mica vergognarci. Quelli che ci giudicano hanno bisogno di situazioni chiare. Ad esempio, prendete l’impeachment di Napolitano. Molti di voi forse non sono d’accordo, lo capisco. Ma è una finzione politica e basta, non possiamo dire che ha tradito la Costituzione. Però diamo una direttiva precisa contro una persona che non rappresenta più la totalità degli italiani. Noi siamo la pancia della gente. Abbiamo raddrizzato la situazione, siamo stati violenti per far capire alla gente. Se andiamo verso una deriva a sinistra siamo rovinati”. E poi: “Questa cosa non deve più accadere, c’è stato un errore di comunicazione. E’ brutto. Perché l’emendamento è stato un mese lì e non ne sapevamo nulla. Io posso darvi un parere, ma non posso decidere io. Però avreste dovuto avvisarmi”, “per questo abbiamo presentato l’applicazione per la partecipazione diretta, così quando c’è qualche proposta che non avevamo nel programma la mettiamo online e vediamo l’andazzo”. Grillo dice poi ai suoi di aver fatto un sondaggio online, secondo cui il 75 per cento ha votato per mantenere il reato di immigrazione clandestina. Ma qualcuno scuote la testa e dice: “Non l’abbiamo mai visto”.
L’Unità intervista proprio il senatore Francesco Campanella che, alla domanda su un suo voto sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina, risponde: “Confermo il mio giudizio. In assenza di una netta presa di posizione in senso diverso, io voterò per l’abolizione”.
Pd
L’Unità scrive che la prima tornata congressuale Pd si è conclusa con l’elezione di 49 segretari a sostegno del candidato Cuperlo, contro 25 a sostegno di Renzi. Il sindaco di Firenze, ieri, in un videoforum, ha ribadito che il segretario del Pd “non lo eleggono i tesserati ma i cittadini che l’8 dicembre, senza alcun obbligo, andranno a votare per le primarie”.
Europa scrive che leggere in chiave nazionale i primi dati provenienti dai congressi locali del Pd è quantomeno azzardato, e non solo perché – come ha ricordato Renzi – il segretario del Pd non lo eleggono i tesserati (più o meno gonfiati, ha detto anche Renzi) ma i cittadini alle primarie dell’8 dicembre. La sfida decisiva, certo, sarà quella delle primarie aperte, la preselezione nei circoli darà una indicazione dalla quale saràdifficile prescindere. Se una doppia maggioranza (Cuperlo tra gli iscritti, Renzi ai gazebo) appare improbabile, anche ieri sera, alla inaugurazione del nuovo comitato del sindaco fiorentino nella capitale ammettevano che nella assise la loro maggioranza non sarà così schiacciante. Queste valutazioni potevano esser fatte anche qualche settimana fa, ma per esser confermate bisognerà attendere le nuove riunioni di circolo, dedicate al voto per i candidati nazionali, che si svolgeranno tra il 7 e il 27 novembre. Lì Cuperlo cercherà la prova di forza.
La difficoltà di interpretare in chiave più generali i congressi locali è dovuta soprattutto alla trasversalità delle candidature presentate ai congressi di circolo e provinciali. L’unico dato chiaro sembra smentire le previsioni lasciate circolare dal comitato Civati, secondo cui lo stesso Civati avrebbe potuto superare Cuperlo tra gli iscritti e alle primarie. I candidati civatiani, quando ci sono, si stanno fermando quasi sempre a percentuali piuttosto basse, e non è un caso che sia proprio lui a denunciare a voce più alta le anomalie sul tesseramento che si stanno verificando in molte realtà.
Datagate
Il Giornale intervista l’esperto americano Edward Luttwack, che dice: “Ma Roma sapeva tutto, leader europei ipocriti”. “Da sessanta anni il vostro Paese condivide con gli Usa il sistema per ascoltare le telefonate”.
Il capo della Nsa, Keith Alexander, come racconta il Corriere, ha definito “totalmente infondate” le accuse a Washington: “Non abbiamo raccolto noi le informazioni sui cittadini europei, ma questi dati erano forniti dai nostri partner Ue”. Alexander ha definito anche “infondata” la notizia sui 70 milioni di telefonate registrate in Francia. Le accuse di Alexander non scendono nei dettagli, ma colpiscono tra le righe a raggiera Berlino, Parigi, Roma, Madrid, cioè i rispettivi Servizi, che avrebbero collaborato con la Nsa o in perfetta autonomia. Il WSJ ha citato fonti ben piazzate e ha fatto nomi e cognomi degli imputati: i servizi segreti francesi e spagnoli avrebbero aiutato la Nsa nelle sue azioni di spionaggio.
La Stampa scrive che il comitato parlamentare sui servizi ha chiesto di ascoltare il Presidente del Consiglio Letta. L’audizione sarà fissata probabilmente la prossima settimana. Ieri è stato invece ascoltato il direttore del Dis Giampiero Massolo. Avrebbe ribadito, secondo il Presidente del Copasir Stucchi (le riunioni sono a porte chiuse ndr) che il nostro Paese non ha avuto alcun ruolo o collaborazione nel programma britannico di intercettazioni “Tempora” e che i nostri servizi non hanno mai partecipato a raccolte di dati sui cittadini italiani”.
Sullo stesso quotidiano, si scrive che anche l’Italia ha la sua Nsa: più piccola e con modalità diverse da quella americana, ma raccoglie notizie. Senza controllare gli italiani. La Sigint (Signal Intelligence) è guidata da un ufficiale di Marina ed ha meno di 100 uomini in organico. I contatti con la Nsa sono frequenti, ma le leggi del nostro Paese vietano espressamente di spiare i cittadini italiani. Pertanto la struttura focalizza la sua attività all’estero.
Internazionale
Il direttore de La Stampa Mario Calabresi intervista la leader della opposizione birmana Aung San Suu Kyi: “L’occidente ci ha aiutato, ma è adesso il momento per cambiare la Birmania”, “la cosa più importante è sostenere il nostro sforzo per emendare la Costituzione. In apparenza il Paese sta già attuando riforme democratiche, ma non è così”.
Restiamo allo stesso quotidiano per segnalare una corrispondenza da Londra. “Londra come Dubai, nuova capitale della Finanza islamica”. Ha detto il premier britannico Cameron: “Non voglio soltanto che Londra diventi la capitale della finanza islamica nel mondo occidentale. Vogliamo che stia al fianco di Dubai, tra i grandi centri internazionali per questo tipo di finanza”.
Sul Corriere. “Un tunnel tra i due continenti. Erdogan corona il sogno ottomano”. Un titolo simile su La Repubblica: “Ecco il tunnel che unisce Europa e Asia, la Turchia corona il suo sogno ottomano”. E’ stato inaugurato il progetto Marmaray, che attraversa lo stretto del Bosforo fino a 62 metri sotto il livello del mare. Ogni giorno permetterà a un milione e mezzo di persone di passare da un continente all’altro e di smaltire il traffico”.