Corriere della Sera: “Voto choc: non c’è maggioranza”, “Clamorosa rimonta di Berlusconi, testa a testa al Senato. Il trionfo di 5 Stelle. Bersani vince di un soffio a Montecitorio. Alfano: dati ufficiosi, non proclamateli”.
A centro pagina: “Grillo primo partito alla Camera”.
In taglio basso la vicenda del cardinale scozzese O’ Brien e il motu proprio di Benedetto XVI: “Conclave anticipato, un cardinale lascia”. O’ Brien “si dimette per le accuse di abusi”.
La Repubblica: “Boom di Grillo, Italia ingovernabile”, “Bersani vince di misura a Camera e Senato. Grande rimonta di Berlusconi. Flop di Monti”.
A centro pagina: “La paura dei mercati: ‘Ora euro a rischio’”.
In taglio basso: “Di Pietro e Fini escono di scena”.
La Stampa: “Grillo boom, Parlamento bloccato”, “5 Stelle primo partito alla Camera. Al Senato Pd in testa, ma non c’è maggioranza”.
Il Sole 24 Ore: “Senato senza maggioranza, tensione sui mercati”, “Exploit di Grillo: primo partito con il 25%. Bersani si aggiudica la Camera al fotofinish. Forte rimonta di Berlusconi: scarto minimo, Viminale non ufficializzi. Monti fermo al 10%”.
In taglio basso: “Borsa in trincea, lo spread risale a 293”.
L’Unità: “La Camera al centrosinistra. Senato paralisi. Grillo trionfa”.
Il Giornale: “Miracolo Berlusconi”, “Grillo vola e smacchia Bersani. Al Senato è pareggio, alla Camera quasi. Gli italiani arrestano Ingroia e Di Pietro: giustizialisti fuori dal Parlamento. Monti, tranvata tecnica. Casini crolla, Fini sfrattato: non entra a Montecitorio”.
Libero: “Il leone Silvio sbrana il giaguaro”, “Colpaccio di Pdl e Lega: sfilano a Ps-Sel la vittoria annunciata. Grillo sfonda il 25%, Bersani smacchiato, Monti asfaltato. Non c’è maggiorana, bisognerà inventarsi qualcosa”.
Il Fatto: “Grillo boom batte tutti. E li spinge all’ammucchiata”.
Il Foglio: “Sorpresa Cav. Nel cilindro”.
Le prime analisi del voto.
Iniziamo con i dati definitivi relativi a Senato e Camera. I risultati sembrano esser questi: al Senato il centrosinistra prevale di poco sul centrodestra con il 31,6% contro il 30,7. Mancano ancora i senatori eletti all’estero. Tradotto in seggi: il centrosinistra conquista 119 seggi contro i 116 del centrodestra. Al movimento 5 Stelle va il 23,7% con 54 seggi. Il
Centro di Mario Monti raggiunge il 9,1% con 18 seggi. Nessun seggio
per Rivoluzione civile, che si ferma all’1,7%, ne’ per Fare per
fermare il declino, che arriva solo allo 0,9%.Il Pd sarebbe quindi il primo partito con il 27,4%, seguito dal M5s al 23,7 e dal Pdl al 22,3.
Camera dei deputati: la coalizione Pd-Sel raggiunge il 29,5%,
centrodestra al 29,1%. Ma il primo partito e’ il Movimento % Stelle, al 25,5. Il Centro di Mario Monti si ferma al 10,5, mentre Rivoluzione civile raggiunge il 2,2 e
Fare per Fermare il declino l’1,1. Con il premio di maggioranza, il centrosinistra ottiene 340
seggi, il centrodestra ne ha 124, 108 il M5s, 45 la lista Monti, 13
vanno agli altri partiti.
Fausto Carioti su Libero scrive che “azzurri e sinistra” sono “condannati a trattare” perché “numeri all amano, l’unica soluzione possibile è una grande coalizione con Pdl, Pd e centristi. Obiettivo minimo: cambiare legge elettorale e poi tornare alle urne” Ma “può essere un regalo al M5S”, poiché lo metterebbe “nella posizione privilegiata di grande oppositore”.
Il Fatto: “Berlusconi-rieccolo. Adesso l’obiettivo è il governissimo”. In prima pagina il direttore Padellaro esamina una serie di ipotesi: Bersani forte del successo alla Camera si fa dare l’incarico da Napolitano per formare un nuovo governo con l’appoggio di Monti. Visto che il Movimento 5 Stelle si riserva di votare solo le leggi di suo gradimento sarà Berlusconi, eventualmente, a sfiduciarlo. Se non lo farà, sarà “in cambio di cosa?”. Altra ipotesi: con il placet del Quirinale, Berlusconi potrebbe farsi promotore di una sorta di “governissimo Pdl-Pd-Monti guidato da una personalità gradita alla sinistra (si parla di Giuliano Amato). Una formula a tempo per eleggere a metà aprile il nuovo Capo dello Stato, per approvare una nuova legge elettorale e per tranquillizzare i nervosissimi mercati. Dopodiché si torna alle urne. O forse meglio di no. La grande ammucchiata serve per tenere a bada il grande spauracchio Grillo. Non per ritrovarselo al governo dopo un altro voto”.
Il Foglio ricorda che la prima seduta del Parlamento è prevista per il 15 marzo: dopo l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, inizieranno le consultazioni al Quirinale ai primi di aprile. Matteo Orfini, della segreteria Pd ed esponente dei giovani turchi ha detto ieri che “se non c’è maggioranza, si torna a votare”. Ma non è detto, secondo Il Foglio, che sia questa la posizione del segretario Pd Bersani. Per Il Foglio “è forse nelle cose” un accordo di larghe intese tra i maggiori partiti di centrodestra e centrosinistra,c on il risultato “minimo” di un “governo di scopo che, sorretto da una maggioranza in grado di eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, possa rapidamente riformare la legge elettorale e riconsegnare poi il Paese alle urne. Ma chissà, esiste anche l’ipotesi di una più duratura grande coalizione, ma a chi dovrà andare la presidenza del Consiglio?”. Per il quotidiano p improbabile che sia Mario Monti, “inchiodato a percentuali meschinelli”.
Su La Stampa si riassume così la posizione del segretario Pd: “Bersani frena i suoi: ‘Tornare alle urne non è la soluzione’”.
Anche sul Corriere: “Elezioni anticipate o larghe intese. Le due strade dopo lo ‘tsunami’”.
La Stampa intervista Massimo Cacciari, che dice: “Con Renzi un’altra storia. Avrebbe intercettato parte di voti di Grillo”.
Sul risultato dei montiani La Stampa parla di “flop del Professore” e intervista il ministro Andrea Riccardi: “un Paese atomizzato, noi puniti dalla legge elettorale”.
Sul Sole 24 Ore il professor Roberto D’Alimonte parla di “débâcle” per Bersani al Sud, visto che in Campani, Puglia e Sicilia la destra avrebbe vinto con percentuali tra il 33% della Sicilia e il 37% della Campania. Qui aveva perso anche Veltroni, ma la sua coalizione aveva ottenuto percentuali più alte di quelle di Bersani. Per non dire di Prodi che nel 2006 in Campania era riuscito a spuntarla anche se solo per il rotto della cuffia. Secondo D’Alimonte Grillo ha ottenuto una vittoria “inedita” in Europa, dove non è mai accaduto che un partito, presentandosi per la prima volta alle elezioni politiche, entrasse in Parlamento con più del 23% dei seggi (Berlusconi nel 1994 con Forza Italia ottenne il 21).
Anche sul Corriere: “Cinque Stelle, debutto a valanga. Meglio di Forza Italia nel 1994”, “Superata quota 25% alla Camera, in Veneto doppiata la Lega”.
“Tranquilli, tra sei mesi si rivota: quelle di oggi erano prove generali”: così il Corriere riassume le parole di Beppe Grillo.
La Stampa scrive anche che “tasse e crisi riconsegnano il Nord al centrodestra”: “Il Pd non coglie il disagio reale degli imprenditori e i voti persi dal Carroccio vanno a Grillo”. Ricorda il quotidiano che l’abolizione di Equitalia (insieme alla non pignorabilità della prima casa) è stato Grillo a proporla per primo; Berlusconi è venuto a ruota. Ma solo nove mesi fa, alle amministrative, Pdl e Lega erano crollati in gran parte del Nord: in roccaforti storiche del centrodestra come Como, Monza e Cantù, erano stati eletti sindaci di centrosinistra. Ma perché buona parte dell’elettorato del centrodestra non era andata a votare. E allora la sinistra si è illusa di poter conquistare quella parte del Paese senza la quale non si vincono le elezioni -o non si può governare- . Come ha fatto Berlusconi a recuperare? Ha capito che doveva puntare su argomenti che al Nord “da mesi monopolizzano ogni discussione”: tasse, soldi che non girano, consumi.
Il Corriere riferisce i dati di un’indagine Censis sul pubblico del comizio di Grillo a Piazza San Giovanni: il 27,5% è composto da ex astenuti. Da sinistra proviene quasi la metà dei simpatizzanti nel senso che oltre un quarto dei partecipanti alla manifestazione, ovvero il 25,3% alle ultime politiche del 2008 aveva votato Pd; il 14,5% Italia dei Valori e il 5% Sinistra arcobaleno. Solo uno su dieci aveva votato Pdl, tra gli interpellarti a San Giovanni.
Per quel che riguarda la Lega, “crollo in Veneto e in Piemonte”, scrive il Corriere. La base si considera vittima dell’asse con Berlusconi, malgrado il segretario Maroni parli di “risalita”. I grillini, infatti, “sfondano in Veneto e in Piemonte”, secondo il quotidiano.