Il Corriere della sera: “In un mese 159mila posti di lavoro”. E poi: “Debito greco, si accelera per l’intesa”. Sulla prima notizia: “I nuovi dati Istat. Sale il numero dei dipendenti anche tra gli over 55”. L’editoriale, firmato da Maurizio Ferrera: “Due buone notizie e un’ombra”.
A centro pagina il titolo più grande è dedicato ad una intervista a Filippo Patroni Griffi, “il coautore della Severino”: “‘Renzi ha tempo su De Luca’”. “Il coautore della Severino: ma effetti retroattivi”. In evidenza anche la notizia della uscita dei Popolari dalla maggioranza: “I Popolari passano all’opposizione”. “La maggioranza ha ora al Senato un margine di nove voti”. “Il Pd: molto rumore per nulla”.
La fotonotizia è per l’incidente al bus di turisti italiani (contro un Tir) in viaggio verso le cascate del Niagara. “Vittime e feriti nella gita alle cascate del Niagara”.
In evidenza anche la questione immigrazione: “I governatori del Nord divisi sulle quote dei migranti”.
Nello spazio delle “idee” e delle “inchieste” si parla di Giancarlo Galan,”inamobile” presidente della commissione Cultura a Montecitorio, e di Roberto Maroni, sotto indagine per presunte pressioni per far assumere dei collaboratori.
La Repubblica: “Cresce l’occupazione anche per i giovani. Grecia, accordo vicino”, “L’Istat: ad aprile 159mila posti in più. Renzi: effetto Jobs Act”, “Draghi: se serve via all’aumento dell’acquisto d titoli”, “Problema Senato, due popolari lasciano la maggioranza”.
A centro pagina, un’intervista al leader della Lega Nord: “Salvini: pronto a fare il premier e ho già in testa il mio governo”.
In grande evidenza anche una foto dalla Turchia, dove alcune donne hanno deciso di manifestare la loro opposizione al presidente turco Erdogan voltando le spalle al suo passaggio: “Turchia, Erdogan al voto dichiarando guerra ai giornali”.
Sullo scandalo Fifa: “Blatter, ora nel mirino dell’Fbi i mondiali in Russia e in Qatar”.
La Stampa: “Il lavoro cresce, Renzi apre al dialogo”, “L’Istat: la disoccupazione scende al 12,4%, ad aprile 159mila occupati in più. E l’Ocse promuove il Jobs Act”, “Dalla scuola al bicameralismo, possibili modifiche ai testi per evitare rotture”.
Ancora sulla politica italiana: “Popolari via dalla maggioranza”, “Per il premier un margine di soli 9 voti in Senato. A Palazzo Madama nasce il gruppo di Fitto”.
E “Milano e l’ipotesi Salvini”, “Il centrodestra diviso: così addio ai voti moderati. ‘No, lui cambierà’. Cresce l’idea delle primarie”.
A centro pagina, foto dell’incidente ieri in Pennsylvania: “Morti sulla strada per le cascate del Niagara”, “Un Tir travolge il pullman dei turisti italiani in vacanza in America: tre vittime, due feriti gravi”.
Domenica si vota in Turchia e a ricordarlo in prima è un’analisi di Roberto Toscano: “Un bivio storico per la Turchia”.
Sullo scandalo Fifa: “Ora nel mirino pure i Mondiali in Russia e in Qatar”, “Un ex manager parla di tangenti già a partire da Francia 98. Altri arresti in vista”.
Il Fatto: “L’inchiesta su B. e le escort. Il pm: ‘Alfano mi ha telefonato’”, “Un ministro, pochi voti, molti scandali”, “Gli audio tra l’ex procuratore di Bari Laudati e l’inviato di Panorama: ‘Mi disse ‘mi raccomando’”.
A centro pagina, sulle elezioni regionali, “Dietro il 5-2”: “Dopo il voto, liberi tutti. Renzi non ha i numeri per le riforme al Senato”, “Mauro (Ppi): ‘Vado nel centrodestra, lì si vince’”, “Due fuoriuscite dai Popolari, pranzo complottardo della minoranza con Bersani e Speranza per studiare le mosse su scuola e modifiche costituzionali. Il premier sparisce e si limita a comunicare via Twitter”.
Il Giornale: “Renzi e Alfano, vendetta contro il Nord”. “Dopo la batosta elettorale il governo scarica su Lombardia e Veneto altri 7500 migranti”. “Scola ‘scomunica’ la Lega. Salvini: siamo buoni cristiani,non fessi”.
In apertura: “Persi due senatori, la maggioranza è sempre più debole”.
A centro pagina un articolo sul processo per la presunta compravendita di senatori: “In Aula la verità che sbugiarda De Gregorio”. “La fantomatica compravendita dei senatori”. “I due milioni di euro che ottenne da Lavitola gli servivano per pagare gli usurai”.
Il Sole 24 ore: “Atene, intesa più vicina. Berlino vuole l’accordo”. “Draghi: ripresa incerta, più forza al Qe se necessario”. Sulla Grecia: “Tsipras tratta sul piano-ponte dei creditori”. “Merkel a fianco di Hollande per chiudere rapidamente”. “Salvata la Grecia l’urgenza è l’Europa”, il titolo dell’editoriale firmato da Carlo Bastasin.
Di spalla la politica interna: “Renzi: fuori dal Pd chi non vota la fiducia. Ma due senatori centristi escono dalla maggioranza, margine di nove voti”.
A centro pagina: “In aprile 159 mila posti in più”. “Squinzi: segnali positivi ma senza industria non c’è ripresa”. “Istat:disoccupati calano al 12,4 per cento. Ocse: l’Italia riparte con le riforme ma rischi da terremoti per l’Eurozona”.
Occupazione
La Stampa, pagina 2: “I senza lavoro sono meno. L’Ocse: la ripresa è iniziata”, “La disoccupazione cala al 12,4 per cento in aprile, tra i giovani scende al 40,9%. Poletti: pronte le modifiche al Jobs Act per le crisi industriali di rilevanza nazionale”. E l’analisi di Alessandro Barbera: “L’industria al Sud torna ad assumere e trovano impiego gli over cinquanta”, “Nel primo trimestre bene anche i più giovani. Meno disoccupati in Liguria e Veneto”. Gli occupati per settore in un riquadro del quotidiano (che registra le variazioni tra il 1° trimestre del 2015 e il 1° trimestre del 2015): agricoltura +4,9 come dipendenti, +7,4% come autonomi, quindi complessivamente +6,2; industria -0,8 come dipendenti, -1,6 come autonomi, complessivamente -1,0; nelle costruzioni -3,1 come dipendenti, ma +1,5 come autonomi, complessivamente -1,2; infine, sei servizi +1,1 come dipendenti, +0,4 come autonomi e complessivamente +1,0. Il quotidiano, con l’analisi di Barbera, dettaglia anche per zone e regioni: al Sud, ad esempio, aumenta il numero degli occupati con un +0,8 per cento: ma i settori interessati sono l’industria (+2,8) trainata dalla Fiat di Melfi, le costruzioni (+3,8) e l’agricoltura (+4,4), mentre invariati restano i numeri degli occupati nei servizi, e dunque nel turismo. La Calabria resta “maglia nera”, con il 25,1 per cento di disoccupati.
La Repubblica, pagina 2: “Riparte l’occupazione, 159 mila posti in un mese, meno giovani senza lavoro”, “I dati Istat di aprile. Disoccupati in calo al 12,4%. Renzi: ‘Altri urlano, noi cambiamo l’Italia’. Ocse ottimista”. L’analisi è firmata da Paolo Griseri: “Per adesso crescono le assunzioni nei servizi, poi toccherà anche alle fabbriche”. E in un’intervista il responsabile economico del Pd Filippo Taddei dice: “Ora chiudiamo la partita del Jobs Act e i fondi non mancano”, “In proporzione i contratti di stabilizzazione sono più di quelli a tempo determinato”, “Siamo alla vera svolta. Per la prima volta sono in crescita tutti gli indicatori sull’occupazione”.
Sul Sole ci si sofferma sulle stime Ocse sull’economia italiana, sotto il titolo “‘La ripresa è partita, avanti con le riforme'”. SI legge che “l’Ocse promuove il governo e alza le stime di crescita dell’Italia”. Si legge anche che “al di là dei fattori esterni”, ovvero prezzo del petrolio ed euro debole, l’Ocse sottolinea “l’impatto fondamentale del processo di riforme avviato dal governo”, “a partire dal JObs act” che, dice l’Ocse, “ha il potenziale di migliorare drasticamente il mercato del lavoro”, e dalla legge elettorale, che dovrebbe garantire “stabilità”.
Maggioranza al Senato
La Repubblica, pagina 6: “Maggioranza più debole, due senatori se ne vanno. Orfini apre alla sinistra Pd”. Lasciano Renzi, come scrive il quotidiano, i due senatori dei Popolari per l’Italia Mario Mauro (già ministro della Difesa) e Tito Di Maggio, oltre al deputato Mario Caruso. Altri due esponenti dei Popolari, ovvero Domenico Rossi e Angela D’Onghia, entrambi sottosegretari, lasciano il partito ma restano al governo. Scrive Silvio Buzzanca: “Subito si fanno i calcoli e si dice che adesso il governo può contare a Palazzo Madama su uno scarto di 14 voti. Visto l’arrivo in aula di riforme costituzionali e ‘buona scuola’, considerato lo stato di tensione fra Renzi e la minoranza Pd, la notizia sembra preoccupante per gli equilibri parlamentari. Perché se è vero, come sostengono i renziani, che i due senatori popolari da tempo votano con l’opposizione, è altrettanto vero che la minoranza dem, che al Senato conta 20-25 voti, non demorde. ‘Renzi ci deve dire se il suo progetto prevede l’allontanamento definitivo dal popolo democratico’, ha chiesto ieri Stefano Fassina, mentre Enrico Letta attaccava sulla questione De Luca: ‘Il rispetto della legalità è una delle caratteristiche fondamentali del Pd’. Tanto che Matteo Orfini (presidente del Pd, ndr.) offre un ramoscello d’ulivo alla minoranza assicurando che alla prossima direzione del Pd non ci saranno espulsioni o misure disciplinari”. Sulla stessa pagina il “retroscena” di Francesco Bei e Goffredo De Marchis: “La mossa di Renzi: ‘Su scuole e riforme avanti ma senza urgenza’”.
Su La Stampa, pagina 3: “Renzi: avanti con le riforme ma senza prove di forza”. Qui il “retroscena” è firmato da Carlo Bertini; “in vista del confronto con la minoranza dem, il premier accelera sull’occupazione”. Ma a pagina 6 Francesca Schianchi scrive di un “patto al ristorante” della minoranza dem: “si prepara l’agguato sulla scuola”, “Bersani, Speranza e Gotor riuniti. Palazzo Madama sarà cruciale”. Nell’incipit le parole di Roberto Speranza: “’Lunedì prossimo hanno fissato la direzione alle 21: 00 parleremo al popolo della notte’”.
Il Fatto: “Renzi non va neanche all’Expo. Sta zitto e perde altri pezzi”, “I Popolari per l’Italia lasciano la maggioranza. La minoranza del suo partito prepara la battaglia della scuola. Senato: le riforme sono già senza numeri”, “Lunedì in notturna la direzione post voto. Il codice di regole sarà quello fatto firmare ai candidati nel 2013 dall’ex segretario”.
Sul Corriere da segnalare una intervista a Goffredo Bettini. Critica la minoranza (“Non si è mai vista una minoranza interna agire come un partito”), elogia Renzi che “ha dato una enorme spinta alla politica italiana” e “sta cambiando davvero l’Italia”. Dice che un altro capo del Pd-Pci avrebbe “asfaltato” i “dissidenti” se “avessero agito in questo modo”. Critica anche – “intervento inopportuno”, “a gamba tesa”, “prettamente politico” la inclusione di De Luca nella lista degli “Impresentabili” da parte di Rosy Bindi.
Legge Severino
Il Corriere intervista Filippo Patroni Griffi, che era ministro della Funzione pubblica quando fu varata la cosiddetta Legge Severino. Patroni Griffi dice che il decreto del Presidente del consiglio che sospende dalla sua carica il Presidente di Regione De Luca non ha un “termine”, e che a prescindere da questo il tema è da quando decorre la sospensione prevista dalla legge. Le ipotesi sono tre: che la sospensione scatta dal momento della proclamazione (su questo c’è un precedente, Michele Iorio alla regione Molise Iorio); oppure la sospensione scatta dalla convalida dell’eletto, ovvero dalla prima seduta del consiglio regionale; oppure scatta con il suo insediamento, ovvero quando ha assunto la carica e nominato un vice. Nel caso di De Luca, che a differenza di Iorio ha vinto le elezioni, la prima strada avrebbe impatto sull’intero consiglio regionale. Dice Patroni Griffi che “non si può trascurare l’eterogenesi dei fini”, ovvero una norma varata per tutelare l’onorabilità dell’organo che poi rischia la paralisi. La domanda è se “la differenza tra i casi di Iorio e di De Luca sia sufficiente a sorreggere una diversa interpretazione e una diversa applicazione della norma quanto alla decorrenza della sospensione”. Patroni Griffi spiega anche che la sospensione per gli amministratori locali condannati in primo grado esisteva già prima della legge Severino, era prevista nel testo unico del 2000, e che la condivide: Altrimenti “un sindaco condannato in appello, poniamo per peculato, resterebbe al suo posto”.
Post elezioni a destra e a sinistra
Su La Repubblica, pagina 9, un’intervista al sindaco di Milano Giuliano Pisapia: “Il premier ora cerchi il dialogo a sinistra, ma chi è minoranza deve rispettare le regole”, “Proseguire con le divisioni sarebbe suicida. Governare vuol dire anche cercare soluzioni comuni, se però non arrivano è giusto che decida la maggioranza”. E sulle elezioni regionali: “Hanno perso tutti, dal Pd al M5S. Solo la Lega ha vinto, ma cannibalizzando Fi. Il centrodestra non è cresciuto”. Sulle primarie: “Non sono indispensabili, sono utili. L’importante è però che, dopo, l’impegno sia totale e da parte di tutti”. Su Salvini: “Il populismo è vivo. Trova facile consenso ma non può governare né avere l’appoggio dei moderati”.
E sulla stessa pagina le parole del leader di Sel Vendola, che invoca la creazione di un “soggetto del cambiamento che si oppone al liberismo, all’agenda di governo di Renzi, mettendo in campo un’agenda alternativa”. L’esempio è quello di Syriza in Grecia e di Podemos in Spagna. Vendola si dice pronto a “fare un passo indietro”: “serve una classe dirigente nuova, giovane”. Interlocutori possibili, spiega il quotidiano, sono Pippo Civati con “Possibile” e Maurizio Landini con la sua “Coalizione sociale”.
Il Fatto intervista il segretario Fiom Maurizio Landini: “Jobs Act a scuola, Renzi ha perso. Ora noi ci siamo”, “Renzi non rappresenta la maggioranza ed è inemendabile. Bisogna partire da qui per costruire un’alternativa”. Che giudizio dà delle elezioni regionali? Landini fa osservare che “metà degli italiani non è andato a votare” e sottolinea di non leggere nell’astensione “il rifiuto della politica”, bensì “la richiesta di una nuova politica”. E, parlando della “Coalizione sociale” spiega: “la nostra proposta di coalizione non nasce dai partiti ma vuole ricostruire sul piano sociale una coesione e un’unità diversi. Il problema della scuola, il Jobs Act, la corruzione, riguardano tutti, non ci sono ‘singoli’ problemi”. Si porrà il tema della rappresentanza politica? “Certo, perché partiamo dal fatto che non c’è solo la crisi dei partiti ma anche la crisi dei corpi intermedi e del sindacato.
Su La Stampa, intervista al neo-rieletto governatore della Regione Toscana Enrico Rossi, che dice: “La sinistra si rassegni e accetti la leadership di Renzi”, “Abbiamo perso voti anche per le polemiche nel partito, ma non paga il conflitto permanente col sindacato”. Come si risolve il problema interno al partito? “Senza mettere nessuno alla porta, ma c’è una sinistra dentro il Pd malata di politicismo”. E alle pagine seguenti, focus sulla “resa dei conti a sinistra dopo il voto”: “a un anno dagli exploit con gli industriali veneti, Renzi e i suoi candidati vanno male in Liguria e in Veneto. Il Nord in alcuni casi abbandona in massa il premier. Al Sud tiene, e arrivano segnali di speranza. Cosa prevarrà?”. Con attenzione al comune di Lamon, nel bellunese: “Il record-Lemon, che ha ‘cambiato verso’ tornando dal Pd alla Lega”. E nel napoletano: “A Ercolano il boom Pd. Il sindaco rottama i candidati impresentabili”.
Sul Corriere una intervista al sindaco di Genova Marco Doria. L’avanza della Lega nella regione e a Genova, spiega il quotidiano,”è stata messa in conto al suo presunto lassismo” su abusivismo e immigrazione. Il titolo: “Gli abusivi a Genova? E’ anche un problema sociale. Disonesto accusarmi del Ko”.
Su Il Giornale un articolo è dedicato ai “moderati” che potrebbero godere di un “rilancio” grazie all’Italicum. Dopo le regionali “se Forza Italia, Lega e Fdi corrono uniti possono andare al ballottaggio con la sinistra. E partire in vantaggio”.
Su La Stampa: “Milano e l’ipotesi Salvini sindaco. ‘Un regalo al Pd’. ‘No, lui cambierà’”, “Centrodestra diviso: addio ai voti moderati. E cresce l’idea primarie”.
Su La Repubblica, un’intervista allo stesso Salvini, che dice: “Pronto per Palazzo Chigi e per sfidare Berlusconi, ci sarà un nuovo centrodestra. Conquisteremo anche il sud”, “Se me lo chiedono i cittadini, a Palazzo Chigi ci vado. A differenza di Renzi, non sarei un uomo solo al comando”. Sulle primarie: “Anche ai cittadini si centrodestra chiederemo chi vogliono come leader. Le primarie senza se e senza ma”.
Sulle stesse pagine, il “retroscena” di Carmelo Lopapa: “Caos Forza Italia, Verdini ora pensa di sostenere Renzi”.
La Stampa: “Il centrodestra verso l’implosione”, “In Senato nasce il gruppo di Fitto e anche Verdini prepara la scissione. Alfaniani spaccati”.
Grecia
Il Corriere: “La spinta dell’Europa per salvare la Grecia”. La cronaca della giornata di ieri, della stretta di mano serale tra Tsipras e Juncker, delle dichiarazioni dei leader europei: “Hollande: intesa più vicina. Merkel: stiamo lavorando febbrilmente ma siamo ancora lontani”. Si citano le parole di Draghi: “C’è una forte determinazione perché alla fine l’accordo si raggiunga”, ma deve essere un accordo “forte”, che “favorisca la crescita”, che sia attento alla “equità sociale” e che sia anche “sostenibile”.
Secondo Il Giornale “Draghi tende la mano alla Grecia”. “Il Presidente Bce: giusto alleggerire il surplus di bilancio”. La Grecia punta ad un abbassamento degli obiettivi di avanzo primario rispetto a quelli chiesti dai creditori internazionali. La Grecia considera irrealistico centrare quest’anno l’obiettivo del3 per cento, e anche Draghi ritiene che in condizioni di scarsa crescita quel valore sia poco realistico. Grecia e creditori potrebbero accordarsisull’1 per cento quest’anno, 2 per cento l’anno prossimo e 3,5 per cento nel 2018.
Sul Sole Carlo Bastasin scrive che ieri era considerato “prossimo” l’accordo tra Atene e i creditorisolo perché “più si avvicina il burrone e più cresce la debolezza politica di entrambe le parti”. E nonostante i costi di un accordo che non prevede un rinvio del problema greco, quello che “unisce i negoziatori è infatti che il caos ad Atene sarebbe rischioso per tutti. Se lo stallo durasse oltre i prossimi giorni, per Alexis Tsipras il problema non sarebbe più la mancanza di fondi con cui ripagare i creditori- la rata del Fondo monetario scade venerdì – ma l’impossibilità di pagare le pensioni, gli stipendi dei dipendenti dell’amministrazione e i fornitori dei servizi pubblici”. E poi gli ospedali, i trasporti, i servizi fondamentali, i militari.
Turchia
Sulle elezioni legislative che si terranno domenica prossima in Turchia, segnaliamo il reportage di Marta Ottaviani da Istanbul su La Stampa: “Nel giornale assediato da Erdogan, ‘Ha perso la testa, non cederemo’”, “A 4 giorni dal voto per il Parlamento in Turchia nuovo giro di vite contro la stampa. Chiesto l’ergastolo per il direttore di ‘Cumhuriyet’ dopo lo scoop sulle armi all’Isis”. A spiegare la vicenda che vede coinvolto il quotidiano di sinistra turco è Maurizio Molinari, che ricorda come nel giugno del 2014 fosse stato fermato un camion che portava ufficialmente aiuti ai turcofoni di Siria: Cumhuryet ha pubblicato il video in cui quel che si vede è in realtà un carico di armi.
La Repubblica, pagina 16: “’Ergastolo per il direttore’, l’ira del presidente-sultano sul giornale d’opposizione”, “Colpito ‘Cumhuriyet’ dopo lo scoop delle armi ai jihadisti. Il Nobel Pamuk: ‘La democrazia non può essere sacrificata’”. E anche qui un reportage di Marco Ansaldo: “Tra i cronisti che non si arrendono. ‘Le idee fanno paura’”. Sulla pagina di fianco, un intervento della scrittrice Esmahan Akyol: “Qui fare vera informazione è diventato un atto kamikaze”.
Un’analisi approfondita della situazione in Turchia alla vigilia delle elezioni è quella che i lettori troveranno su La Stampa, a firma di Roberto Toscano, che sottolinea come il Paese si trovi ad un bivio storico: se il partito di Erdogan, l’Akp, ottenesse 300 seggi (sul totale di 550), potrebbe indire un referendum per una revisione della Costituzione che introduca il passaggio dall’attuale sistema parlamentare ad un sistema presidenziale, “un ulteriore passo in avanti verso un regime sempre più dittatoriale nella sostanza, pur nell’apparente rispetto dei meccanismi elettorali di una democrazia”.