Giù le Borse, l’Europa in ordine sparso

Il Corriere della Sera: “I mercati puniscono l’Europa”. “Economia e politica: affondano le Borse di Milano e Parigi dopo le liti nella Ue e le parole del Governatore Bce”. “Draghi: ripresa lenta, nuove misure”. “Renzi sfida Merkel: non ci tratti da studenti”. L’editoriale, firmato da Lucrezia Reichlin, è titolato: “La cosa giusta che non facciamo”.
A centro pagina: “Tensioni in Forza Italia, Berlusconi attacca Fitto: ‘Ti caccio, ci danneggi'”. Sempre a centro pagina, con una grande foto, le notizie sul Teatro dell’Opera di Roma: “Rivoluzione all’Opera di Roma: licenziati orchestrali e coristi”. Dopo mesi di proteste sindacali e l’uscita del direttore Muti, ieri la decisione del Cda e del Comune.

La Repubblica: “Draghi: ripresa debole. Affondano le Borse. Renzi: io sto con Parigi”, “Più lontani i nuovi aiuti, Milano perde quasi il 4%”, “Scontri a Napoli, il presidente Bce: capisco le proteste”, “Il premier alla Merkel: nessuno ci tratti da scolari”.
In evidenza, una grande foto dell’attivista e ambientalista indiana Vandana Shiva, intervistata da Federico Rampini: “Vandana Shiva: Accuse false, ecco la mia verità sugli Ogm”.
“Il caso” raccontato da Goffredo De Marchis: “La grande fuga degli iscritti al Pd”. Incipit: “Nel Pd è sparita la mitica base”.
Nella colonna a destra, l’analisi di Bernardo Valli: “Perché i raid non fermano il Califfato”, “Solo truppe arabe di terra possono debellare l’usurpatore dell’Islam”.
In taglio basso: “Piano anti-evasione da 3 miliardi. L’Iva sarà pagata da chi compra”, “Stretta fiscale sugli scambi fra imprese”.
E “la polemica”, relativa al Teatro dell’Opera di Roma: “L’orchestra non suona più, 182 licenziati all’Opera”, di Francesco Merlo.

La Stampa: “Manovra più leggera”, “Sarà di 15-16 miliardi. Rivoluzione Iva, la verserà chi compra”, “La Bce delude le Borse, Piazza Affari brucia 19 miliardi”, “Renzi con Parigi e contro la Merkel: non ci tratti da studenti. E a Londra rafforza l’asse con Cameron”.
A centro pagina, con foto di orchestrali dell’Opera di Roma: “Roma, l’Opera licenzia orchestra e coro”, “Decisione choc dopo l’addio di Muti. Nel teatro società esterne: 3,4 milioni di risparmi”.
Nella colonna a destra, il reportage di Paolo Mastrolilli da Dallas: “Dallas, incubo Ebola, allarme nelle scuole”.
La “storia” raccontata da Maurizio Molinari, da Gerusalemme: “’Ghetto di Varsavia, così partì la rivolta’”.

Il Sole 24 Ore: “Mercati, è fuga dal rischio. Crollano le Borse europee. Milano maglia nera (-3,9 per cento), tiene solo Wall Street”. “Il via di Draghi agli acquisti di bond non basta a rassicurare gli investitori. Petrolio sotto i 90 dollari”.
Di spalla: “Renzi replica a Merkel: ‘Non ci tratti da scolari’. ‘L’Italia rispetterà il tre per cento ma Parigi ha ragione'”. “Marchionne: l’austerity ammazzerà il Paese, serve crescita”.
Sotto: “Napolitano deporrà il 28 ottobre sulla trattativa Stato-mafia”. “Riina e Bagarella: vogliamo esserci. Il no dell’Avvocatura”.
In taglio basso anche il richiamo all’intervista del quotidiano al presidente del Senato Pietro Grasso: “Autoriciclaggio, l’accusa di Grasso :’Ormai siamo al boicottaggio'”, “Ancora al palo la norma che punisce i soldi ottenuti dai propri reati. A rischio anche il riciclaggio semplice”.

Il Giornale: “La frustata di Berlusconi. Con Renzi solo su riforme concordate, quella sul lavoro non lo è”. “O l’euro cambia o è meglio uscirne. Ultimatum al ribelle Fitto”. E poi: “Conti pubblici, i mercati fiutano tempesta: crolla la Borsa, spread su”.
A centro pagina, con foto, una notizia di cronaca: “Addosso a Chiara un dna di troppo. E se il mostro non fosse Stasi? Sotto le unghie della vittima tracce di due diverse persone”, di Vittorio Feltri.

Il Fatto (in riferimento tanto alla bocciatura di Ignazio Caramazza nell’ennesima fumata nera del Parlamento per l’elezione dei due giudici costituzionali che alla richiesta del boss Riina di partecipare all’udienza in cui deporrà il presidente Napolitano): “Caramazza e Totò Riina fanno arrabbiare Re Giorgio”, “Altra giornataccia per Napolitano: il suo candidato alla Consulta viene impallinato insieme a Violante, 16esima fumata nera malgrado i moniti del Colle. E il boss chiede di esserci in videoconferenza quando i giudici al Quirinale interrogheranno il Presidente sulla Trattativa”.
A centro pagina, “smottamenti”: “Della Valle ‘entra’ in politica. B. dice: ‘Fitto, vaffanculo’”.
In taglio basso: “Buco dell’Opera, Marino licenzia 200 orchestrali”, “Bilancio in profondo rosso, il Cda ‘risolve’ vendicandosi su orchestra e coro ottenendo un risparmio di 3,4 milioni di euro: lavoratori messi in strada con un tweet. Il sindaco: ‘Decisione drammatica a necessaria’. Un altro colpo alla cultura di una Capitale allo stremo”.

Europa, Bce, riforme

Intervenuto ieri a Napoli, il Presidente della Bce Draghi ha detto che nell’eurozona è prevista una ripresa modesta e che la Banca centrale è pronta a nuove misure per far alzare l’inflazione, ma ha anche invitato i governi a fare le riforme. Le misure di acquisto di Abs e Covered Bond, lanciate dalla Bce, “sosterranno specifici segmenti di mercato che svolgono un ruolo fondamentale nel finanziamento dell’economia. Pertanto, gli interventi decisi miglioreranno ulteriormente il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, favoriranno l’offerta di credito all’economia in generale e avranno ricadute positive su altri mercati”. Ma “per rafforzare l’attività di investimento, la creazione di posti di lavoro e la crescita potenziale, è necessario che gli altri settori di politica economica forniscano un contributo decisivo. In particolare, alcuni paesi devono chiaramente imprimere slancio al processo legislativo e attuativo delle riforme strutturali, per quel che riguarda i mercati dei beni e servizi e del lavoro nonché gli interventi volti a migliorare il contesto in cui operano le imprese”, e, sulle politiche di bilancio, occorre “procedere in linea con le regole del Patto di stabilità e crescita”.
A fine giornata le Borse di tutta Europa sono crollate. Mercato deluso evidentemente dalle parole di Draghi.

Federico Fubini, in prima su La Repubblica, scrive che “è bastato mezzo silenzio di Mario Draghi, due parole omesse, perché l’Italia tornasse per un giorno a tre anni fa. Piazza Affari la peggiore d’Europa, un crollo di quasi il 4%, solo perché il Presidente della Bce ha dato l’impressione di non aver fretta: è ancora probabile che l’Eurotower arrivi agli ‘acquisti su larga scala’ di titoli di Stato, ma ormai è chiaro che non avverrà subito”. Più avanti Fubini sottolinea che “una delle voci ricorrenti, impossibile da verificare con certezza, è per esempio che molti governatori fossero furiosi con Draghi un mese fa. Questo può spiegare la sua cautela di ieri a Napoli sull’azione dell’Eurotower, cioè sulla ‘dimensione’ e sulla ‘composizione’ (le due parole ieri omesse) degli acquisti di titoli sul mercato. In Germania le critiche al banchiere centrale sono sempre più virulente e le stesse mosse della Bundesbank riflettono il clima del Paese. Draghi viene accusato di muoversi di propria iniziativa”.

Su La Stampa: “La Bce delude, mercati ko”, “Milano brucia 19 miliardi, l’Europa 222. Pesa la prudenza di Francoforte sugli stimoli alla ripresa”. E il “retroscena” di Tonia Mastrobuoni: “Draghi: da metà ottobre gli acquisti di bond, ‘Abbiamo mille miliardi’”, “I tedeschi protestano: troppi rischi per l’Eurotower”. Nel corso della conferenza stampa di ieri, scrive la Mastrobuoni, “Draghi ha fatto accenno anche all’euroscetticismo dilagante, osservando che i Paesi che stanno aggiustando i conti e facendo le riforme, l’avrebbero dovuto fare comunque e che ‘fuori dall’euro ad alcuni di essi sarebbe costato molto di più’. E ha ribadito che ‘l’euro è irreversibile’. Tuttavia Draghi ha anche fornito ai mercati due elementi che li ha messi di pessimo umore. Il primo: gli investitori si attendevano un linguaggio più aggressivo e qualche indizio in più sulla disponibilità a partire con l’acquisto di titoli privati ma anche pubblici su vasta scala. Il secondo: ha ammesso che le prospettive di inflazione di medio termine ‘stanno peggiorando’, che i dati di settembre mostrano ‘un indebolimento della crescita’, anche se per il 2015 la Bce continua a credere nella ripresa”.

Sul Corriere Lucrezia Reichlin scrive che “un sistema in cui nessuno riesce a rispettare le regole va ripensato”, e spiega che tutte le parti – Germania, Francia, Italia e Bce – sono in difetto. La Germania per il suo eccessivo surplus commerciale, la Francia per aver sforato il tetto, l’Italia perché è vicina a sforarlo e dichiara “inaspettato” il rallentamento dell’economia in corso, la Bce perché tiene l’inflazione troppo sotto il 2 per cento. “C’è un largo consenso tra gli studiosi sul fatto che quando una economia è in pericolo di deflazione e appesantita dal debito bisogna attuare politico di bilancio espansive”, con spesa pubblica o tagliando le tasse, “finanziate dalla Banca centrale”. La Germania ha le sue ragioni e il nostro Paese “per buone ragioni manca di credibilità”, ma oggi la intepretazione conservatrice dei Trattati impedisce all’Unione europea di dire e fare “la cosa giusta”.

Sul Sole 24 Ore Guido Gentili ricorda che tra pochi giorni a Milano si terrà un vertice europeo sul lavoro. “O l’Europa, Berlino in testa, mette in campo una nuova politica economica che a partire dagli investimenti necessari e da una riconsiderazione delle regole di governance sia capace di ribaltare le prospettive dell’economia reale o collassa definitivamente”. E mercoledì a Milano si dovrà iniziare a “lavorare per una sterzata, chiara nei modi, nei tempi e nelle risorse, a favore della crescita. Il minimo, che è poi la vera enormità, per non condannarsi al crac, nell’interesse dell’Europa e anche del nostro”.
Sullo stesso quotidiano Marco Onado ricorda che il vero “bazooka sono le riforme”, nel senso che “la manovra monetaria da sola è insufficiente se non affiancata da politiche economiche adeguate e da riforme strutturali che diano nuovamente slancio all’economia e che facciano ripartire i meccanismi bloccati dell’investimento privato e pubblico. E anche nel campo della finanza d’impresa ci sono riforme strutturali urgenti”. Per esempio in Italia si dovrebbe anche “favorire la crescita dimensionale di un sistema produttivo come quello italiano caratterizzato da imprese troppo piccole rispetto alla globalizzazione di oggi, a quelle per ampliare i flussi di finanziamento alle imprese intermediati dal mercato finanziario, passando per quelle che consentano la ristrutturazione finanziaria (con immissione di capitali propri) delle imprese sane ma finanziariamente fragili”.

La Repubblica, a pagina 2: “Italia a rischio bocciatura. Barroso tenta l’ultimo blitz, ma Juncker frena i falchi”, “Il 30 ottobre il giudizio della Commissione Ue sulla legge di Stabilità. Se negativo, Renzi andrebbe comunque avanti con il rinvio del pareggio”. Il quotidiano scrive che sono ore infuocate nei negoziati tra Roma e Bruxelles, con l’Italia che cerca di non essere bocciata dall’Europa per il mancato rispetto della regola del debito sancita dal Fiscal Compact: “e oggi il pericolo porta il nome di José Manuel Barroso, presidente uscente della Commissione per dieci anni mansueto verso i governi, che potrebbe lasciare” con “un colpo di coda: bocciare i conti italiani”. Sulla stessa pagina, un’intervista a John R. Phillips, ambasciatore Usa in Italia, che dice: “Riforme obbligatorie. Renzi è bravo, mi ricorda Ronald Reagan”. Più esattamente, dice che “il sistema politico deve fare in modo che vengano realizzate” le riforme, “sena farle sparire nel labirinto dei gruppi di interesse. Renzo si sta impegnando con forza, parla direttamente alla gente e alle sue frustrazioni. In questo mi ricorda Ronald Reagan”.
Alle pagine seguenti de La Repubblica, ancora attenzione per il presidente del Consiglio e le parole pronunciate ieri nel corso del suo incontro a Londra con il premier britannico Cameron: “Renzi al fianco della Francia, ‘Merkel non ci tratti da scolari, i conti dell’Italia sono solidi’”, “Il leader a Londra incontra Cameron e va alla City. ‘Jobs Act entro novembre. Subito la legge elettorale’”.
E il “retroscena” di Francesco Bei: “Il premier scommette sulla svolta Ue, ‘Una grande occasione per cambiare i Trattati’”.
Su La Stampa: “Renzi dalla City gela Merkel: ‘Non ci tratti come studenti’”, “Il premier italiano allarga il fronte della flessibilità: sostegno da Cameron, Usa e Fmi”. Il quotidiano scrive che “il premier inglese, fresco della promessa di tagliare le tasse a trenta milioni di inglesi, lo dice chiaramente durante il vertice con Renzi: ‘L’Ue deve essere più flessibile, c’è la necessità di un cambiamento della politica economica’”.

Fitto-Berlusconi

Il Corriere scrive dello “scontro andato in onda ieri nell’Ufficio di presidenza di FI”, all’ora di pranzo, tra Berlusconi e Fitto, davanti ad ottanta persone: “Berlusconi condanna Fitto: sei come Fini. ‘Sei figlio di un vecchio Dc, se vuoi vattene'”. L’ufficio di presidenza era convocato per discutere un documento di 4 pagine che ribadiva il sostegno alle riforme istituzionali, e chiariva anche che FI non avrebbe votato la riforma sul lavoro del governo. Il documento è stato votato con i no di Capezzone e Fitto. Poi Fitto chiede di intervenire, lamenta che si sia votato senza dibattito, e inizia il battibecco tra i due. Qualche frase di Berlusconi: “Ho commissionato un sondaggio e con questi tuoi distinguo continui perdiamo voti, non fai altro che danneggiarci, invece bisogna lavorare sull’unità del partito. Se vuoi restare bene, ma non puoi sempre criticare su ogni cosa, altrimenti è meglio che vai in un altro partito, basta con tutte queste dichiarazioni contro di me”. Fitto: “Sono io che faccio perdere voti e non il fatto che facciamo le dame di compagnia di Renzi?”. Berlusconi avrebbe fatto riferimento a “un altro che si è comportato in questo modo e sai come è finita. Se non sei d’accordo puoi anche fare un altro partito”. Poi il riferimento al padre “vecchio Dc”, che Fitto ha perso quando aveva 18 anni. “Non sai di cosa parli”, gli avrebbe detto chiudendo la discussione.

Su Il Giornale si sottolinea che il leader di Forza Italia – nel corso della riunione – abbia ribadito di essere “contrario alle primarie. L’unica apertura è nel caso ci sia un’impasse sulla individuazione del candidato. Ma restano intatte le perplessità e le contrarietà del Cavaliere: ‘Le primarie non vanno bene sempre, avrebbe spiegato perché si possono prestare a manipolazioni'”, e cita come esempi i problemi che il centrosinistra ha avuto a Napoli, a Milano, anche a Roma con Marino.

Su Il Foglio (“Dissenso e rotture di coglioni”) Giuliano Ferrara scrive che “gli onorevoli Fitto e Capezzone hanno tutto il diritto di farsi partito e di esprimere le loro idee, di andare alla caccia del consenso. Ma oltre un certo limite, devono riconoscere che il partito di cui fanno parte è creaturalmente un partito berlusconiano”.

Due pagine de La Repubblica sono dedicate al centrodestra e a Forza Italia: “L’ira di Berlusconi contro Fitto: ‘Vattene, figlio di un vecchio Dc’. Lui ‘Tu non cacci nessuno’”. E, di fianco: “Dieci senatori di Alfano pronti a lasciare l’Ncd. Silvio: ‘Così decido io se il governo va avanti’”. Con un’intervista al consigliere politico ed eurodeputato di Fi Giovanni Toti: “Raffaele non farà scissioni, con lui non c’è nessuno”, dice, in riferimento a Raffaele Fitto.

La Stampa: “Forza Italia, lite Berlusconi-Fitto: ‘Sei come Fini, se vuoi vattene’”

Jobs Act, Pd

Sul Sole: “Jobs Act, centristi in trincea”. “Ncd, Sc e Udc: no a modifiche della delega”. I partiti di centro chiedono che il testo resti quello votato in Commissione, mentre il Pd ha il problema di dover far recepire in Parlamento la posizione espressa nel documento dopo la lunga Direzione dell’altro giorno. Inoltre “Renzi vuole il via libera alla legge prima del vertice Ue sul lavoro dell’8 ottobre”. Sul tappeto ci sono oltre 600 emendamenti e qualche decina di ordini del giorno.

Secondo il Corriere il governo starebbe lavorando ad una ipotesi di modifica delle norme sul reintegro in caso di licenziameno discplinare che “si gioca sul filo delle parole, per trovare l’equilibrio tra la minoranza del Pd e i centristi di Ncd”. Oggi – se un licenziamento disciplinare è giudicato illegittimo dal magistrato – scatta automaticamente il reintegro. Il lavoratore può rinunciarvi e accettare un indennizzo. “Con l’ipotesi allo studio del governo, potrebbe essere anche il solo datore di lavoro a decidere di sostituire il reintegro con l’indennizzo. E potrebbe farlo anche se il lavoratore non è d’accordo. L’indennizzo sarebbe maggiorato rispetto a quello standard e aumenterebbe con l’anzianità di servizio del dipendente, applicando quel principio delle tutele crescenti che il governo vuole estendere a tutta la legislazione sul lavoro”. La soluzione dunque lascerebbe il reintegro, “come chiesto dalla minoranza del Pd”, ma lo renderebbe superabile con un indennizzo “”come chiede invece Ncd. E come vorrebbe lo stesso Matteo Renzi che ieri da Londra, non a caso, ha ricordato come ‘in Gran Bretagna sia normale decidere di licenziare dando un indennizzo come stabilito dalla legge e la questione è chiusa’”.

La Stampa: “Jobs Act, in arrivo emendamento ‘soft’ e possibile fiducia”, “La sinistra protesta ma loda l’attacco alla Merkel”. Dove si legge che i tecnici di Palazzo Chigi starebbero scrivendo il testo di un emendamento più ‘soft’ di quello varato nel documento della Direzione Pd (che includeva i licenziamenti disciplinari tra quelli che imponevano il reintegro sul posto di lavoro, offrendo così la copertura dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori). Anche per non esacerbare troppo gli alleati centristi, scrive il quotidiano.
La Repubblica: “Lavoro, lo stop di Alfano, il governo valuta la fiducia”, “Ncd contro l’emendamento Dem: ‘Troppo morbido’”.

La Stampa intervista Piero Fassino: “Paese ingessato, le riforme liberali hanno una valenza di sinistra”, dice. E, sull’ipotesi di scissione nel Pd: “Anacronistica e senza mercato”. Ci sono “conservatori anche tra di noi”, “I liberali hanno sempre avuto un segno progressista e anti-aristocratico”.

Su La Repubblica “i dati choc di settembre” sul Pd, in un articolo di Goffredo De Marchis: “Pd senza base, solo 100 mila tessere, in un anno persi 400 mila iscritti”, “In Sicilia, Basilicata, Molise, Sardegna e Puglia il reclutamento non è praticamente partito. Mentre aumentano gli elettori, nei 7.200 circoli la militanza langue. E’ la mutazione genetica del partito, sempre più simile al modello Usa”, “Anche le casse sono in sofferenza e il partito organizza cene con Renzi per raccogliere i fondi”.

Su Il Fatto: Bologna e Livorno, compagni addio. Il Pd azzerato dai tempi renziani”, “Emilia e Toscana perdono iscritti. Prodi: ‘L’astensione grave segnale’”.

Su La Stampa si legge che i tratti salienti degli iscritti al Pd emiliano-romagnolo sono i seguenti: prevalentemente maschi, più sulla sessantina che sui 50 anni, in leggero calo rispetto agli anni precedenti. Il titolo: “Età avanzata e astensione. L’Emilia già processa la vittoria di Bonaccini”.

Hong Kong

Il Foglio offre un reportage di un ex parlamentare radicale, Marco Perduca, che racconta la piazza di Hong Kong. “Al momento in cui questo dispaccio di #Bananas4Democracy è inviato, i leader del movimento avevano confermato il loro ultimatum a Leung Chun-ying, il capo dell`esecutivo di Hong Kong: dimettiti entro mezzanotte o occupiamo gli edifici governativi della città. Leung non si è dimesso ma la giornata era iniziata con un editoriale sul China People`s Daily, quotidiano del regime, che minacciava conseguenze gravissime e inimmaginabili se le manifestazioni si fossero trasformate in occupazioni “illegali”, definizione del ministro degli Esteri Wang Yi”. Perduca ricorda che “stamattina riapriranno però gli uffici pubblici e sarà allora, o nelle ore immediatamente precedenti, che si capirà a che gioco gioca Pechino. Intorno alle 16 di ieri, durante un cambio della guardia, la polizia ha introdotto pallottole di gomma, bandiere di dissuasione e, pare, anche lacrimogeni all`interno dell`edificio del Consiglio legislativo. Un muro umano e di telecamere ha cercato di rallentare le operazioni ma alla fine la proverbiale educazione dei manifestanti li ha fatti desistere. I rifornimenti avvenivano mentre la leadership degli occupanti si riuniva poco lontano negli uffici dei parlamentari democratici per decidere come agire, anzi reagire, al silenzio delle istituzioni”. “Se da noi chi evoca le banane vuole offendere, o finisce con lo scivolarci sopra, nell`ex colonia britannica il frutto è diventato l`ingrediente principale della dieta dei manifestanti. Le banane in più sono gialle, come i fiocchetti attaccati un po’ dappertutto, simbolo delle richieste riformatrici”.

E poi

Alle pagine “R2Diario” de La Repubblica, un intervento del direttore della rivista Reset Giancarlo Bosetti: Società”, “Se l’economia dei numeri minaccia la convivenza”, “Le parole del ministro Padoan rilanciano una questione che ha attraversato il ‘900: quali sono i contraccolpi di una lunga crisi sulla tenuta dell’ordine democratico?”. “Quando dice che la tenuta della società è a rischio se non si mette subito mano a una manovra per la crescita – scrive Bosetti – il ministro Pier Carlo Padoan sa di sfiorare la leva della estrema emergenza, sa di fare come chi avvicina la mano al bottone che scatena le sirene dell’allarme. Si tratta di una minaccia, non ancora di un fatto compiuto. Ma il senso di quelle parole è chiaro: o si comincia a risalire o si annega. Dietro le schermaglie europee sui parametri del debito e i tempi del rientro si affaccia un incubo sociale, il peggio è dietro l’angolo. Padoan è un economista collaudato nelle valutazioni macro e non proviene da una formazione strettamente keynesiana”.
E sulle stesse pagine anche un’intervista al sociologo francese Alain Touraine, che dice: “Ripartiamo dall’etica individuale”. Di fronte “alla disgregazione sociale prodotta dall’economia non resta che “ripartire dai diritti universali del soggetto”, “con la dissoluzione del sociale, il potere tende a cambiare natura, diventando totale”.

Sul Corriere si dà notizia della decisione del Comitato di esperti nominato dal Ministero della salute per valutare nuovamente la possibilità di avviare uno studio clinico sul cosiddetto metodo Stamina: “Gli esperti del ministero bocciano Stamina: ‘Non va sperimentato’. Il verdetto all’unanimità. Vannoni: ora tocca al Tar”. Il comitato presieduto dall’ematologo Michele Baccarani ha affermato che in tutti questi mesi le cure con le cellule mesenchimali, quelle del midollo osseo, non hanno mai ottenuto alcuna prova sulla loro capacità di trasformarsi dopo l’infusione nei pazienti in cellule nervose e ripristinare i tessuti degenerati. Inoltre “non è mai stato chiaro come un unico trattamento fosse in grado di essere benefico per tante patologie così gravi”, dalla atrofia muscolare spinale alla Sla.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *