La Repubblica: “Gentile si arrende: mi dimetto”, “Salta il sottosegretario Ncd. A rischio l’accordo sulla legge elettorale”. La foto a centro pagina è per gli Oscar: “L’Oscar di Sorrentino: e adesso un piccolo film”. Di spalla a destra, la crisi ucraina: “Obama accusa: ‘Putin ha scelto il lato sbagliato della storia’”.
Il Giornale: “Renzi sotto ricatto. Premier assediato per annullare l’accordo con Forza Italia. Si dimette Gentile: scambio di prigionieri?”. L’editoriale di Alessandro Sallusti è per l’Oscar a ‘La grande bellezza’: “Sarebbe riconoscere l’Oscar di Berlusconi. Italia ingrata”.
La Stampa: “Risolto il caso Gentile. Si complicano le riforme”. Sotto la testata, gli Oscar: “La Bellezza di Sorrentino”. A centro pagina, foto del presidente russo: “Merkel attacca Putin, ‘E’ fuori della realtà’”.
Il Fatto: “Il cinghiale si dimette, ma la Barracciu e gli altri?”. In taglio basso: “Viva la Grande Bellezza: tutti sul carro dell’Oscar”.
Il Corriere della Sera: “Europa e Usa avvertono Putin”. “Obama: Mosca dal lato sbagliato della storia. Giù le Borse”. “Giovedì vertice dei leader Ue. Ultimatum russo contro la Crimea, poi la frenata”. A centro pagina: “Gentile costretto a lasciare. Caos sulla legge elettorale”.
Il Sole 24 Ore: “L’Ucraina affossa le Borse”. “Merkel a Obama: Putin fuori dalla realtà. Usa e Ue valutano le sanzioni”. A centro pagina: “Debito record al 132,6 per cento. Deficit al 3 per cento”.
Gentile
“La gioia dell’ ‘Ora’: abbiamo oscurato gli Oscar” è il titolo di un articolo del Corriere della Sera che racconta la reazione del quotidiano che lamentava pressioni subite dall’ex sottosegretario Gentile, dimessosi ieri, e che ieri ha salutato la notizia con una ovazione. “Il direttore: la reazione della gente mi ha ricordato la primavera araba”. L’editoriale del quotidiano, firmato dal direttore Luciano Regolo oggi è titolato “L’Ora della speranza”. Si legge che la notizia ha mostrato “un’altra Calabria”, che “al di là delle responsabilità penali” che la magistratura dovrà accertare, la telefonata ampiamente diffusa in questi giorni ha mostrato un volto delle pressioni.
“Renzi fa dimettere Gentile per salvare governo e Pd”, titola Il Fatto. Si scrive che in un incontro con il premier, il capogruppo Pd Roberto Speranza avrebbe lanciato un avvertimento, riferendosi alle mozioni di sfiducia presentate dal M5S nei confronti di Gentile: “Matteo, sulle mozioni non so fino a che punto teniamo, c’è il rischio serio di spaccarci”. Lo scandalo Gentile, scrive il quotidiano, aveva ravvivato la minoranza interna, i civatiani erano pronti a dire sì, Corradino Mineo in testa, mentre la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi non ha fatto altro che tuonare contro il sottosegretario. Il quotidiano scrive poi di come al quotidiano L’Ora della Calabria si brindi: “È come se fosse scoppiata la primavera araba anche qui da noi”, dicono al giornale. Il Fatto dedica poi un articolo di Enrico Fierro all’informazione in questa Regione: “L’informazione in Calabria, un sistema infetto”, “Mercato asfittico, giornalisti sfruttati, editori a cui importa solo dei rapporti con la politica”.
La Repubblica: “Gentile si arrende e si dimette. Renzi: ‘Apprezzo la scelta’. Alfano: ‘Per noi prima l’Italia’”. Si intervista il direttore dell’Ora della Calabria Luciano regolo, che dice: “’Grazie a chi si indigna, questo è il Paese pulito’”, “E ora sarebbe bello se partisse da questo scossone, una cosa apparentemente minore, una primavera calabra”. Il retroscena nella pagina di fianco mette in evidenza il ruolo avuto dal premier in persona, dopo due colloqui con il leader del Nuovo centrodestra Alfano: “’Non intervengo, ma il governo rischia’, e alla fine vince il pressing soft di Matteo”. Poi una pagina dedicata al “personaggio” Antonio Gentile: “Quell’articolo troppo pericoloso per gli affari della famiglia nella sanità”, “Nel dossier della Finanza consulenze d’oro e un giro milionario”. La Stampa spiega che secondo l’informativa della Guardia di Finanza, il figlio di Gentile, Andrea, sarebbe stato il destinatario di circa 80mila euro per prestazioni professionali ai svolte: questo sarebbe emerso nel corso delle indagini relative alle “consulenze d’oro” dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza.
Sul Corriere della Sera, Maria Teresa Meli racconta “quel faccia a faccia per indurre Alfano a prendere la decisione” in cui si legge che Alfano “non ha capito che persona ha di fronte. E pensa che a Renzi basti la tranquillità di governo per diventare più mite. Così non è. Il presidente del Consiglio lo ha dimostrato anche ieri sera, quando, con il sorriso in volto, e l’aria da mr. Bean, ha imposto, senza dar mostra di farlo, al ministro dell’Interno, che lo aveva difeso fino a un minuto prima, di disfarsi di Antonio Gentile”. Renzi non ha voluto “intestarsi la vittoria”, scrive il quotidiano, soprattutto perché “il presidente del Consiglio vorrebbe raggiungere in pochi mesi alcuni risultati che lui ritiene ‘imprescindibili’ (riforma elettorale, riforma del senato, riforma del fisco e Jobs act), perciò Renzi ha preferito non cantare vittoria una volta eliminato Gentile”.
Il Giornale scrive del “finto sacrificio di Alfano già pronto ad incassare”, nel senso che il Ncd “chiederà contropartite sulla legge elettorale”, ed eventualmente ad “aprire il caso dei ‘diversamente indagati’ nel Pd”.
Legge elettorale
“La doppia maggioranza adesso vacilla”, scrive su La Stampa Fabio Martini, secondo cui in queste ore il primo ministro si starebbe riavvicinando al leader del Nuovo Centrodestra Alfano. In un colloquio informale con il capo dello Stato, Renzi avrebbe accertato che in linea di principio non ci sarebbero obiezioni da parte del Quirinale “sull’escamotage (studiato in casa Pd) di un Italicum valido soltanto per la Camera e con un Senato eletto col proporzionale, in attesa della sua cancellazione. Una legislatura senza scadenze prevedibili, un film al rallenty che fa rabbrividire Silvio Berlusconi, che con questo vede sfumare la sua chance preferita: quella di andare ad elezioni anticipate fra un anno”. Secondo Martini sarebbe andato molto male l’incontro tra gli emissari del Cavaliere (Denis Verdini, Gianni Letta) e il premier: l’emendamento del bersaniano D’Attorre, che prevede la riforma elettorale soltanto alla Camera, è stato considerato “un atto di guerra” dai due ambasciatori di Berlusconi. Sulla stessa pagina: “legge elettorale, rischio crac”, “Colloquio premier-Verdini-Letta. A un passo dalla rottura il patto tra Renzi e Berlusconi”.
Anche Il Sole 24 Ore si occupa del colloquio telefonico (di un’ora) tra Renzi e Napolitano, dove si legge che “non è una novità che la politica spesso non rispetti le tabelle di marcia degli impegni assunti con gli italiani”, e il timore, oltre che sui tempi, è che si approdi a un “testo che non sia coerente e che ripresenti le contraddizioni del passato tra Camera e Senato”.
Su La Repubblica: “Italicum, Renzi stretto tra Fi e Alfano, ‘Ancora ostacoli, ma l’intesa è vicina’”, “Asse Ncd-minoranza Pd: sì a una legge valida solo per la Camera”. Si legge che Renzi ha tempo fino alle 16 di oggi, quando la riforma elettorale sarà in aula a Montecitorio. Nella pagina di fianco, in un “retroscena” di Goffredo De Marchis si spiega che il premier, nel corso di un “match” con Verdini e Letta, avrebbe detto loro che “l’accordo così com’è non piace a nessuno. Né alla minoranza del Pd né agli alleati della coalizione”. E quindi saltata la riunione dei deputati del Pd e solo questa mattina, a poche ore dalle votazioni in aula – a scrutinio segreto – il premier annuncerà una soluzione che tenga insieme la sue due maggioranze. Il quotidiano intervista Giovanni Toti, consigliere politico di Berlusconi: “Ci siamo fidati, il premier non sgarri, se salta l’accordo per Silvio si cambia tutto”.
Il Giornale: “L’equilibrismo di Renzi: trattare per non decidere”.
Anche il Corriere ricorda che sulla legge elettorale “sono schierate due maggioranze diverse e con interessi divergenti. Da una parte c’è l’alleanza di governo tra Pd e Ncd. Con quest’ultimo che vorrebbe arrivare fino alla fine della legislatura e che quindi preme per legare la riforma elettorale con quella costituzionale del Senato (che prevede tempi molto più lunghi). Dall’altra, l’intesa Pd e Forza Italia, siglata al Nazareno. Che prevede un patto sull’Italicum sganciato dalla riforma del Senato. Il partito di Berlusconi chiede che la legge venga riformata senza aspettare il Senato, e sia applicabile subito: in sostanza, che sia possibile votare in qualunque momento.
Ipotesi alternativa è l’emendamento presentato dal deputato Pd Giuseppe Lauricella, che subordina l’entrata in vigore dell’Italicum alla riforma del Senato. Ma c’è anche (‘di probabilità equivalente al differimento della legge’, dice un renziano di peso) l’emendamento D’Attorre, minoranza Pd, che prevede l’applicazione della riforma alla sola Camera (rendendo quindi difficile, ma non impossibile, il voto subito). Si lavora, dunque, per legare la riforma elettorale a quella del Senato, ma con una ‘data di scadenza’: con un minimo di un anno”
Pd, partiti
Un’intera pagina de La Repubblica è dedicata alla situazione del Pd: “L’adesione al Pse spacca la minoranza del Pd”, “Fioroni a Cuperlo: hai oscurato i cattolici. La replica: non rappresenti gli ex popolari”. E sulla stessa pagina si offre ai lettori un’intervista a Franco Marini, ex leader del Ppi che – sottolinea il quotidiano – “sconfessa i suoi ex compagni di partito” e dice: “Giusto quel sì, non si vive nel passato, morire socialdemocratici è una fine nobile”. E si tratta di “una scelta inevitabile dibattuta per molto tempo”. Marini sottolinea anche che “Renzi ha colto al volo un’opportunità in vista del semestre europeo per rivedere i vincoli sul debito e sugli investimenti”.
Anche sul Corriere: “Pd, tra Popolari e Cuperlo è rottura”.
Da segnalare, sul Sole 24 Ore, la notizia di una “scomunica” di Beppe Grillo per un incontro tra sindaci del M5S promosso dal primo cittadino di Parma Pizzarotti: “L’incontro non è stato in alcun modo concordato né con lo staff né con me”, ha scritto Grillo. Pizzarotti ha replicato che un incontro identico è stato organizzato lo scorso anno. “Se fare rete non va bene, fate voi”, avrebbe replicato.
Ucraina
Per La Stampa sono “più vicine le sanzioni alla Russia”. I ministri degli Esteri dell’Ue hanno condannato “la chiara violazione della sovranità ucraina” e hanno confermato la sospensione dei lavori preparatori del G8 in programma a Sochi in giugno. Hanno avvertito che senza “de-escalation” saranno studiate “misure mirate”, a partire dal blocco dei negoziati per liberalizzare i visti. In un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell’Ue, giovedì, i leader europei decideranno se e come procedere. La Cancelliera tedesca che, secondo il quotidiano, ha tentato di ritagliare per il proprio Paese un ruolo di mediatore chiave, avrebbe detto domenica scorsa al presidente Obama che il presidente russo Putin “vive in un altro mondo”. A riferirlo è il New York Times. E l’America, scrive ancora La Stampa, “fa la voce più grossa, come le si conviene”. Ieri Obama ha detto che “la Russia è dal lato sbagliato della Storia”. Negli Usa si pensa a piegare la Russia con l’arma economica: per esempio con limitazioni dei movimenti di capitali, ma l’impressione registrata dal quotidiano è che comunque Usa e Ue “parlino con toni diversi”. E comunque, a microfoni spenti, la maggior parte delle fonti europee ammette che la Crimea è persa.
Su La Repubblica, l’inviato Nicola Lombardozzi riferisce della situazione da Kerch, base della guardia costiera sullo stretto tra Crimea e Russia: “I sodati di Putin in tutta la Crimea, i filorussi si sollevano nell’Est, ‘Comandiamo a Odessa e Donetsk’”.
Bernardo Valli firma un’analisi dal titolo: “La tattica dell’elettroshock. Mosca minaccia e rassicura per domare l’Ucraina ribelle”, “L’opzione ‘finlandese’: farne una terra neutrale”.
Il reportage de La Stampa è firmato da Domenico Quirico, dalla Crimea: per ore è circolato ieri l’annuncio di un ultimatum che l’ammiraglio Aleksander Vikto, comandante della flotta del Mar Nero, aveva lanciato agli ultimi soldati ucraini che in Crimea non sono stati ancora sopraffatti. Poi la smentita: “mosse, contromosse pericolose, della guerra psicologica”, “i soldati ucraini, “qui, non hanno hanno speranza”, “nessuno combatterà una nuova guerra di Crimea”, “Nessuno sbarcherà per aiutare l’Ucraina a riprendersi la penisola perduta”, la loro Ucraina non somiglia a Danzica, ma a Praga. Alle pagine seguenti, il dossier di Marco Zatterin sulle conseguenze economiche della crisi: “Mosca fornisce un terzo del gas. L’Ue teme la ‘guerra del freddo’”, “troppi ritardi nella costruzione di una rete unica: europei esposti al ricatto”.
Sul Corriere un nuovo intervento del filosofo Bernard-Henry Levy (“L’Europa venga a Kiev e impari a non aver paura”. È quello pronunciato al “popolo di Maidan”, in cui si chiede cosa accadrebbe “se i dirigenti europei avessero una minima parte del coraggio dimostrato dal popolo di Maidan”.
Sullo stesso quotidiano una intervista all’esperto militare Vincent Cannistraro, ex Cia, che dice che “è assolutamente da escludere un nostro intervento militare in Crimea, ma dobbiamo essere pronti a una quasi guerra fredda con Mosca”. Cannistraro spiega che le sanzioni economiche sono necessariamente limitate, perché “l’Europa ha bisogno del petrolio e del gas russo”, mentre più efficaci potrebbero essere le “sanzioni politiche”, come disertare il G8 di Sochi e isolare Mosca nel contesto internazionale. In un secondo momento si potrebbe fornire assistenza militare all’Ucraina.
Anche sul Sole 24 Ore: “Usa pronti a sanzioni, Ue per misure mirate”.
L’inviato de Il Giornale Fausto Biloslavo racconta da Bakchisaray, in Crimea, dei “filorussi all’assalto in altre città dell’est” ucraino, e dei “tatari terrorizzati da Mosca”, perchè “temono il ritorno alle persecuzioni subite sotto Stalin”. La minoranza tartara assomma al 15 per cento della popolazione di Crimea, ed è stata decimata durante la guerra per via della deportazione verso l’Asia centrale, voluta da Stalin, che li accusava di collaborazionismo con il nazismo.
E poi
L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato alla Turchia ed a firmarlo è l’inviato ad Istanbul Marco Ansaldo: “Il pugno del Sultano”, “Leggi liberticide, censura, poteri speciali ai servizi segreti. Erdogan sta trasformando la Turchia in un regime. Sempre più lontano dall’Europa”, “Turchia, Grande Fratello Erdogan”, “appena un anno fa il Paese era sinonimo di crescita e stabilità”. Con un’intervista alla scrittrice turca Elif Shafak (autrice de “La bastarda di Istanbul”): “Siamo una democrazia immatura, ma questa società è migliore dei politici”.
Il Corriere parla della “proposta choc” del sindaco di Londra Boris Johnson. Dalle colonne del Sunday Telegraph, dove firma ogni domenica un commento, ha sostenuto che i figli “bambini o adolescenti di famiglie islamiche a rischio di radicalizzazione devono essere obbligatoriamente a programmi di assistenza e rieducazione” . In Gran Bretagna risiedono 2 milioni e 700 mila fedeli musulmani, 700 mila solo a Londra. Il titolo del Corriere: “Togliamo i figli agli estremisti islamici. Diamoli in affido”.