Il Corriere della Sera: “L’Europa: l’Italia dia garanzie. Spread su. Borse in caduta. Il premier: non drammatizzare. Preoccupazione per la crisi politica. Berlusconi: offensive le reazioni al mio ritorno”. A centro pagina: “Monti agita i partiti. Bersani: non ci candidi. Alfano lo vede al Colle. Il Professore: per ora non ci penso”.
La Repubblica. “L’addio di Monti gela le Borse. Il premier: basta populismo. L’ira di Berlusconi: offeso da Europa e giornali”. A centro pagina il processo Ruby: “Lite in aula tra Boccassini e Ghedini. La ragazza doveva comparire al processo ma è irreperibile. Il pm accusa l’avvocato-parlamentare: ‘Il Cavaliere perde tempo’”. “La tattica del rinvio” è il titotlo di un “retroscena” del quotidiano.
Il Giornale: “Il giorno degli sciacalli. I mercati in crisi. La stampa europea attacca: l’Italia in malora col ritorno di Berlusconi. E da noi giornali, sinistra e poteri forti tifano per lo spread”. A centro pagina, con foto: “Littizzetto, stavolta hai rotto tu”. Si parla della “tirata contro i politici in generale e contro Berlusconi in particolare”.
Il Fatto quotidiano: “Lo spread vuole Monti. Dopo l’annuncio delle dimissioni del governo tecnico, i mercati puniscono l’Italia. Sale a 350 punti il differenziale tra Btp e Bund tedeschi e in Borsa crollano le banche. Un’incertezza che rafforza l’ipotesi di un bis del Professore a Palazzo Chigi. Ma Bersanbi dice: ‘Non si candidi’”.
Libero dedica il titolo di apertura ad un articolo del Financial Times: “Monti è una bolla”. “Il quotidiano della city straccia il velo dell’ipocrisia: Mario Monti ha fallito, la Germania lo appoggia perché ne trae vantaggio ma l’Italia si salva solo se smonta tutto ciò che lui ha fatto quest’anno”.
Il Sole 24 Ore offre delle analisi della situazione dei mercati: “Lo scudo di Draghi ha evitato un attacco ancora più violento”.
Il Foglio: “La Borsa e Lady Spread sono orfane di Monti ma piangono soltanto un po’. Invito tecnico a ‘non drammatizzare’”.
Anche La Stampa apre con la stessa notizia, e dedica il centro della pagina ad una foto di Merkel, Hollande e Mont ieri alla cerimonia per il Nobel all’Europa, ad Oslo: “Sorrisi e domande dai leader europei al premier”.
Monti
I quotidiani dedicano ampio spazio alle dichiarazioni di Mario Monti, ieri, ad Oslo, in occasione dell’assegnazione del premio Nobel per la Pace all’Unione Europea. La Repubblica dedica le pagine 2 e 3 a questo tema e alle reazioni in Europa alla notizia delle sue annunciate dimissioni, e sintetizza così le sue dichiarazioni: “’Basta con il populismo in Italia, e nessuno mistifichi il mio governo. Candidarmi? Non è in questione ora’”. Di fianco, un retroscena: “E i leader europei vanno in processione da Mario: ‘Non puoi uscire di scena, resti una garanzia’, dalla Merkel a Hollande tutti hanno paura di un ritorno del Cavaliere”. Le parole di Monti: “Candidarmi? Non credo che questa questione possa essere presa in considerazione in questo momento”, perché oggi “tutti i miei sforzi sono profusi nel completamento del mio mandato, anche se rimane poco tempo”. Sul crollo della Borsa italiana e sullo spread in rialzo: “Capisco le reazioni dei mercati, ma non devono essere drammatizzate”. In Italia “e nel resto d’Europa, come è successo in Grecia con l’arrivo di un partito nazifascista” esiste “il rischio di derive populistiche”, “dobbiamo stare molto attenti e affrontare a viso aperto questi rigurgiti di populismo”. Poi risponde alle critiche al suo governo: “Non occorreva essere professori di economia, bastava avere un minimo di competenza e di buona fede per sapere che i nostri provvedimenti, presi per evitare la crisi, non avrebbero portato nel breve periodo a una crescita e a un aumento della occupazione”. Le sfide per avere crescita e occupazione saranno “particolarmente intense” per chi, come in Italia, “in passato ha purtroppo ritardato l’assalto agli squilibri delle finanze pubbliche” e “ha rinviato e trascurato le riforme strutturali”. Sulla campagna elettorale imminente: “Chiunque si proponga di governare, si impegni a non assecondare gli istinti degli elettori, ma a cercare si spiegare loro la visione un po’ più a lungo termine, anche perché i cittadini italiani non sono sciocchi, sono adulti, sono maturi”, “gli italiani sono maturi, hanno capito chi vende promesse irrealizzabili”.
Le dimissioni da Palazzo Chigi di Monti sono state commentate al vertice dal presidente francese Hollande, in una intervista alla Reuters: “Nell’immediato sono un peccato, ma tra un mese o due apparirà chiaro che Monti è in grado di entrare in una coalizione o di proseguire per rendere stabile l’Italia”. E La Repubblica si chiede se Hollande stia riferendo una notizia ascoltata durante la colazione di lavoro, o se stia semplicemente dando voce alle speranze dei partner europei.
E Il Giornale titola: “Bersani tradito dai compagni: pure Hollande punta sul Prof”, l’Eliseo tifa per Monti: ‘Si unirà a una coalizione, stabilizzerà l’Italia’. E il Corriere si unisce al coro. Il leader Pd ha paura e dice al premier di ‘restare fuori dalla contesa’”.
Anche La Stampa dedica due intere pagine alla reazione in Europa alla crisi del governo Monti, con tre interviste. La prima è con il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy che, parlando dell’Italia, dice: “Comunque vada si sarebbe votato a marzo. Che lo si faccia a febbraio non cambia molto. Dobbiamo mettere le cose nella giusta prospettiva”, ovvero: “Mario Monti è stato un grande premier, e spero che le politiche che ha realizzato continueranno dopo le elezioni. Non c’è alternativa ad avere conti pubblici solidi e una economia competitiva. Sono la sola ricetta per battere la recessione e creare posti di lavoro. Il prossimo governo non può fare diversamente da quello che ha fatto Monti”. Sulla ricetta, “il consolidamento fiscale è una scelta inevitabile per i paesi con un deficit o un debito elevato. In Italia, durante la crisi finanziaria, la gestione dei conti pubblici è stata attenta. Il problema per il Paese è stato l’alto debito. Tenere imbrigliate le finanze pubbliche è una necessità importante quando si ha una moneta comune, perché devi mantenere bilanciata la situazione del bilancio e quella della competitività” .
Poi una intervista ad Alastair Campbell, che fu consigliere e stratega di Tony Blair. “Crede che Monti si candiderà?”. “Dipenderà da lui. Ma c’è differenza tra diventare premier perché qualcuno ti dice ‘abbiamo bisogno di te per evitare il disastro’ e presentarsi alle elezioni”. Gli italiani secondo lei hanno apprezzato il suo lavoro? “Credo di sì, soprattutto per come lo ha fatto in piena emergenza. Ma c’è bisogno di politiche, in un Paese come l’Italia, che non può stare a lungo senza un governo eletto”. Berlusconi ha ancora chances si successo? Campbell: “In Inghilterra il ritorno in pista di Major o Blair lascerebbe la gente stupefatta, in Italia evidentemente no. Nel 1994, durante un viaggio qui, ricordo di aver letto sui giornali che entrava in politica ‘per salvare il Paese’. A distanza di vent’anni leggo le stesse cose”. Un consiglio a Bersani: “Deve essere onesto, lineare, realistico. E cerchi voti al centro. Si guardi dal dire: ‘votatemi e risolverò i problemi del mondo’, come ha fatto Obama dicendo agli elettori che si era in tempi difficili e che si sarebbe cercato di fare il possibile per migliorare le cose”. Perché Renzi ha perso le primarie: “Il cambiamento è eccitante ma talvolta fa paura. E’ probabile che la gente, alle prese con la crisi, abbia preferito il volto rassicurante di Bersani. E’ quel che è accaduto a Romney: di fronte all’incertezza sul dopo, anche chi non era convinto ha votato Obama”. Per Bersani il ritorno di Berlusconi è una opportunità o un problema? “Una opportunità. Berlusconi cercherà di schiacciarlo a sinistra, lui dovrà evitare la tenaglia”. Berlusconi può sottrarre voti a Grillo? “Probabilmente recupererà un po’ di voti Pdl. Ma un ex premier di 75 anni può al massimo scegliere un messaggio populista non può certo giocare la carta dell’antipolitica”. Infine, Charles Kupchan, del Council on foreign relations: “Visti i sondaggi che danno avanti il Pd, Bersani potrebbe avere l’occasione centrista, capace di tenere l’Italia sul cammino già intrapreso da Monti. Questo sarebbe molto più desiderabile della frammentazione politica e della debolezza del passato”. Come vive la Casa Bianca la nuova crisi italiana? “L’incubo del presidente era che la crisi economica tornasse ad esplodere proprio alla vigilia del voto, compromettendo le sue possibilità di essere confermato. Ora Washington torna ad essere nervosa. Monti ha avuto un ruolo molto importante, non solo nel ricostruire la fiducia intorno al governo italiano, ma anche la stabilità nell’intera eurozona”.
Spread
Secondo una analisi del Sole 24 Ore, che cita analisti europei, se Berlusconi avesse tolto la fiducia al governo sei mesi fa sarebbe successo “un pandemonio sullo spread” . Ieri il differenziale tra Btp e Bund si è “allargato violentemente per poi tornare a stringersi” grazie al meccanismo degli acquisti della Bce e del meccanismo di stabilità Esm. L’aumento del gap tra Germania e Italia dunque ci sarà, ma probabilmente sarà “modesto”, come è stato dopo l’annuncio dell’astensione da parte del Pdl nei confronti del governo tecnico. Gli acquisti Bce e Esm non scattano automaticamente, e richiedono invece la sottoscrizione da parte dello Stato interessato di “impegni puntuali”, ma in molti ritengono che quanto già fatto dal governo Monti potrà essere considerato sufficiente per “ottenere uno scudo anti-spread gratis”, e la Commissione UE non dovrebbe imporre condizioni aggiuntive. E poi non è detto che serva: secondo Alberto Gallo, responsabile dell’European Macro Credit Research a RBS; la coalizione di centrosinistra gode del 55 per cento di possibilità di vincere le prossime elezioni. “Con il Pd al Governo è improbabile che l’Italia ricorra al supporto delle OMT” (Outight market transactions, cioé il piano di acquisto di titoli sul mercato secondario, ndr). Una “voce fuori dal coro” è invece quella di Momura, che prevede l’acuirsi della crisi dell’euro nel primo trimestre del 2013 e pronostica un Pil reale in calo nel 2013 e nel 2014. Gli analisti di Nomura sono i più scettici sulla capacità deterrente dell’OTM, per alcuni limiti del programma di Draghi.
Libero dà conto delle opinioni di Wolfang Munchau, editorialista del Financial Times, che “rivela di aver sempre rispettato” Monti da commissario, “ma di essere stato scettico sulle sue potenzialità come capo del governo, denunciando l’adulazione acritica di cui il nostro primo ministro ha goduto”. Secondo il Ft “l’anno di Monti è stata una bolla che ha fatto piacere agli investitori fino a che è durata ma ora è scoppiata”. Per il nostro Paese poco è cambiato “tranne per il fatto che l’economia è caduta in profonda recessione”.
Internazionale
“Egitto, Morsi dà più poteri ai militari”: così La Repubblica, spiegando che ad ogni costo il Presidente vuol far passare la nuova Costituzione. Con un decreto Morsi ha conferito ai militari poteri da Stato di emergenza, come quello di arrestare i civili e deferirli ai tribunali (non si sa se civili o militari) per “preservare la sicurezza e proteggere le istituzioni”, come ha spiegato, e assicurare lo svolgimento del referendum fissato per il 15 dicembre. L’Egitto si prepara oggi ad una nuova giornata di tensione, perché due cortei antagonisti invaderanno le strade del Cairo. Come mossa elettorale ieri Morsi ha revocato gli aumenti delle tasse varati il giorno prima e concordati con il Fondo Monetario Internazionale per avere accesso a un prestito di cinque miliardi di dollari.
Sul Sole 24 Ore: “Egitto, Morsi si affida all’esercito”, “dietrofront sugli aumenti delle tasse: a rischio gli aiuti dell’FMI”. Il 19 dicembre il Fondo monetario internazionale dovrà approvare definitivamente un credito da 4,8 miliardi di dollari, sborsando la prima quota. Il prestito deve servire per sostenere i piani del governo per ridurre un deficit che ormai è l’11% del Pil e ridare fiato al costante crollo delle riserve valutarie. Il decreto che annunciava le tasse era stato emesso pensando alla scadenza con il Fmi che chiedeva di non modificare il programma economico presentato più di un mese fa.
La Stampa ha una inviata in Egitto, ed esattamente a Mahalla, dove c’è la terza maggiore fabbrica tessile del mondo, fondata nel 1907 dal padre dell’economia egiziana Talat Harb, 25 mila operai di cui seimila donne. Qui promettono lotta dura, e che Morsi non passerà, perché nella roccaforte dei tessili gli islamisti vengono considerati commercianti nemici dei lavoratori. Un sindacalista storico, Said Hossein, dice: “Molti di noi hanno votato Morsi in modo superficiale, tanto per non tornare indietro, dimenticando che non c’è feeling tra le rivendicazioni dei lavoratori e i Fratelli Musulmani, assai più sensibili al commercio anche in virtù della professione di Maometto”.
“Non ci sono luddisti nemici del futuro qui, come vorrebbero far credere i Fratelli Musulmani”, scrive l’inviata Francesca Paci, che spiega che gli uomini e le donne inchiodati ai telai, almeno un terzo dei cinquecentomila abitanti di Mahalla, assomigliano piuttosto a quelli “rivoluzionari studiati a Manchester dall’Engels mentore di Marx”. Dal tessile dipende il 30 per cento del lavoro egiziano, il 3 del Pil, e il 26 dell’industria.
Sul Corriere un reportage: “Egitto, la doppia agenda degli islamici, ‘democrazia ma a impronta coranica’”. Dove si spiega che nell’Egitto dei paradossi, i partiti religiosi si fanno paladini della legalità, mentre l’opposizione laica è costretta a rifiutare una carta piena di ambiguità. Si riferiscono le parole di un consigliere speciale dei Fratelli Musulmani, Gehad El-Haddad: “Siamo preoccupati per la tenuta del sistema. La democrazia è l’unica strada, ma abbiamo bisogno di istituzioni per sorreggerla. C’è una certa differenza tra una rivoluzione e uno Stato che funzioni. In questo momento in Egitto siamo ancora dei dilettanti. Ci sono soltanto tre organismi eletti, il Presidente, la Camera alta, l’Assemblea costituzionale. Le strutture del vecchio regime sono ancora operanti e cercano di ostacolare la transizione. Abbiamo bisogno della Costituzione come dell’aria per respirare”. Poi aggiunge: “Guardi, la Costituzione non è il problema, anche noi abbiamo delle riserve, per esempio sul ruolo dei militari, fuori da ogni controllo parlamentare. Ma l’Egitto è quello che è, questo è il miglior documento possibile”, “la verità è una sola: l’opposizione non accetta un affiliato dei Fratelli Musulmani come presidente in carica. Ma questo significa non accettare la democrazia”. Sulle rivolte di piazza invoca la teoria del complotto che da sempre ossessiona la Fratellanza: “Ci siamo difesi. E’ stato un tentativo di golpe, provocato da pezzi del vecchio apparato statale di Mubarak”.
Sulla prima del Foglio ci si occupa di Al Jazeera, tv qatariota che, da voce della rivolta, è diventata ora il nemico di piazza Tahrir. Viene descritta come la tv dei Fratelli Musulmani, e si riferiscono le parole di una donna che diventò un simbolo nel 2011, quando fu ripresa in un video mentre veniva sbattuta a terra dagli agenti della sicurezza. Si chiama Hayat Alyamani, ed è new media producer del canale tv di Al Jazeera Mubashir Misr: “Una volta eravamo ammirati e rispettati, quando trasmettevamo in diretta da piazza Tahrir” la gente stava con noi, eravamo riconosciuti da tutti, “adesso non è più così”, “ci seguono, ci minacciano, ci aggrediscono”. Spiega l’inviato che Al Jazeera Egitto non è più considerato uncanale di lotta, ma di governo, da voce amplificata non più della piazza che protesta, ma dei Fratelli Musulmani e del presidente Morsi. Si scrive poi che la rete è controllata e finanziata dal Qatar, che spinge sulle ribellioni arabe perché vede la caduta dei dittatori nella regione come l’occasione giusta per favorire l’ascesa dei governi islamici, ma la sua copertura è “selettiva” poiché dedica tempo e risorse a Libia, Egitto e Siria, ma non segue quello che succede nel vicino Bahrein, dove la casa regnante soffoca le proteste in piazza. Perché siete presi di mira dai manifestanti? “Perché durante la campagna elettorale, prima di questa estate, abbiamo appoggiato il candidato Morsi”. E ora siamo accusati di stare dalla loro parte: dicono che inquadriamo piazza Tahrir con lo zoom per mostrare che c’è poca gente, e non mostriamo gli scontri al palazzo – quando non ci siamo è perché la gente ci ha cacciato! – e che diamo notizie sbagliate”.
Su La Repubblica segnaliamo anche un reportage dalla Siria ed esattamente a Ghessanie, villaggio liberato dai ribelli: “Nel villaggio dei cristiani decimati dalla guerra”. Era abitato da tremila cattolici , ma adesso sono rimaste solo una decina di famiglie. E intendono restare in Siria fino al martirio, sono sotto il tiro delle bombe dell’esercito di Assad.
Sul Sole 24 Ore: “Il Pil della Siria crolla del 20 per cento”. Per la fine del 2013 Damasco potrebbe esaurire completamente le riserve in valuta estera, bruciate dal regime per finanziare l’esercito, pagare stipendi e sussidi per sostenere la moneta. Sono queste le previsioni dell’Institute of international Finance.
Ancora da La Repubblica, l’inserto R2 è dedicato al Congo: con il suo “vescovo guerrigliero”, Jean Marie Runiga Rugerero, oggi presidente e guida spirituale del movimento 23 marzo, che ha conqusitato la regione più ricca di materie prrime del Paese e ora siede al tavolo delle trattative con Kinshasa. Chiedono diritti e distribuzione delle ricchezze. Lo stesso Rugerero viene intervistatato dall’inviato Mastrogiacomo: “In Congo non ci sono scuole, strade, ospedali”, “il governo non costruisce scuole e non paga gli insegnanti”.
Immagine: AFP PHOTO / JOHN THYS (Photo by JOHN THYS / AFP)