Economia e riforme: oggi incontro Renzi-Napolitano

Una frase detta da Matteo Renzi al Financial Times, la situazione in Iraq, il virus Ebola, la vittoria di Erdogan alle presidenziali turche, la questione della fecondazione assistita in Italia: sono questi i temi delle prime pagine di oggi.

 

La Repubblica: “Renzi sfida Draghi: ‘Non decide la Bce’. Vertice al Quirinale”. “Il premier: neanche nelle dittature riforme così veloci. Giustizia, cambia il Csm: chi nomina non può giudicare”. In evidenza anche una intervista al leader dell’Ncd Alfano, titolata: “L’articolo 18 totem degli anni 70. Lo aboliamo entro il mese”. A fianco: “Iraq, la strage degli innocenti: ‘Gettati nelle fosse comuni’”. E poi: “Caos eterologa, la rivolta della Toscana: ‘Accetteremo pazienti da tutta Italia”.

 

Il Corriere della Sera intervista il capo della Agenzia delle Entrate, Orlandi: “’Basta con il fisco repressivo’. Orlandi: vogliamo impedire l’evasione, non rincorrerla. Parla il capo della Agenzia delle Entrate: più facile pagare le tasse, colpiamo le grandi frodi”. A centro pagina Renzi: “’Sulle riforme decido io, non la Bce’”. In alto: “Centinaia di donne e bambini gettati nelle fosse comuni”.

 

La Stampa: “’Sepolti vivi dagli islamisti’. Denuncia choc di Baghdad. Iraq, 500 yazidi trovati nelle fosse comuni. Ma 20 mila vengono messi in salvo”. “Raid Usa, i curdi conquistano due città. Il Ministro Mogherini: pronti a dare una mano”.

In alto: “Renzi rassicura Bruxelles: deficit dell’Italia al 2,9 per cento, non sforeremo il Patto”. “Al Ft ribadisce: le decisioni le prendo io, non la Troika o la Bce”.

 

Il Giornale, sugli immigrati: “Paghiamo per farci invadere”. “L’Italia è la Mecca degli sbarchi: accogliamo (a peso d’oro) l’85 per cento dei disperati del Mediterraneo. Cancellare il reato di clandestinità è stato un incentivo per gli scafisti. Ma ora il Paese è al collasso”.

A centro pagina: “Renzi sfida l’Europa (e avvisa il Pd)”.

 

 

Renzi

 

In una intervista al Financial Times il Presidente del Consiglio Renzi ha tra l’altro detto: “Sono d’accordo con Draghi quando dice che l’Italia deve fare le riforme, ma come le faremo è una cosa che deciderò io: non la troika, non la BCE, non la Commissione europea. Le deciderò io perché l’Italia non ha bisogno che qualcun’altro le spieghi cosa deve fare”. E ancora: “l’Italia ha un grande futuro, le nostre finanze sono sotto controllo, continueremo ad abbassare le tasse e faremo cose rivoluzionarie. Nemmeno i dittatori facevano le cose velocemente come le stiamo facendo noi”.

La Repubblica intervista Jean Paul Fitoussi: “Giusto opporsi alla Troika, è una offesa alla democrazia”. “Draghi è un civil servant, non può interferire con le scelte di un Paese”. “Quale regime tecnocratico, che si appropria della sovranità su un popolo che non l’ha eletto ha in mente Draghi?”. E se dovesse arrivare una nuova lettera dalla Bce come tre anni fa? “Santo cielo, spero di no. Quella lettera la considero una vergogna per l’Europa”.

Il Corriere intervista Renato Brunetta, che qualche giorno fa aveva evocato proprio una nuova lettera da parte della Bce. “’L’Italia rischia, pronti alla coesione nazionale’”. Il quotidiano scrive che Brunetta, “tende una mano al governo” nel senso che dichiara la disponibilità del suo partito a “votare misure davvero efficaci” per il rilancio economico dell’Italia, “a partire da liberalizzazioni e privatizzazioni”. “Si chiama Agenda Alfano-Brunetta”.

 

Ancora Articolo 18

 

La Repubblica intervista Angelino Alfano. Titolo dell’intervista: “L’articolo 18 va abolito entro agosto. E’ solo un totem degli anni 70, servono atti straordinari”.

Anche sul Corriere si legge che “il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano sta per lanciare, questa volta con nettezza, la controffensiva sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La posizione del titolare del Viminale sul dossier è chiarissima. Si punta a ridiscutere la norma, forse a congelarla per i neo-assunti per i prossimi tre anni, forse addirittura a superarla. Ma adesso Ncd è pronto a passare all’incasso. (…) Per comprendere la portata della grande trattativa che potrebbe riaprirsi sull’articolo 18 basta dare un’occhiata alle prime reazioni che, di fronte alla linea alfaniana, sono arrivate dal governo e dai sindacati. ‘Abolire l’articolo 18? Non crea lavoro, quindi inutile dividersi’, è la posizione del ministro Marianna Madia. E anche Raffaele Bonanni, numero uno della Cisl, ribatte a muso duro: ‘Sulle modifiche all’articolo 18 si dibatte solo per un puntiglio ideologico, pur di sfuggire ai nodi veri del mercato del lavoro’. Tra l’altro, aggiunte, ‘non lo chiedono neanche le imprese’. Eppure, nonostante le prime frizioni, Alfano e i suoi non intendono fermarsi”.

 

Il Giornale scrive di una “spaccatura” nel governo sul tema, con la Madia che “frena Alfano”.

Il Messaggero scrive che Napolitano oggi dovrebbe tornare dalla montagna e “potrebbe incontrare Renzi proprio per fare il punto sull’agenda di settembre. Spending review e Sblocca Italia i due filoni sui quali si incentrerà l’attenzione del premier in questa settimana di avvio anche dell’operazione ‘coraggio e verità’ che porterà il premier in giro per l’Italia tra piazze, cantieri e fabbriche in difficoltà. Si inizia mercoledì con un blitz sul cantiere dell’Expo per poi andare nel Mezzogiorno dei fondi europei non spesi o spesi male con la visita a Napoli, Scampia, Bagnoli, Gioia Tauro e Reggio Calabria”.

Su La Repubblica: “Poco importa se l’incontro sarà oggi pomeriggio o domani mattina. Ma quando Renzi salirà al Colle, per incontrare il presidente della Repubblica – tornato ieri sera a Roma dopo quindici giorni di montagna – l’intenzione è di aggiornarlo sulla road map messa a punto da palazzo Chigi per uscire dalla crisi”. Il “tema dominante” dell’incontro sarà il rapporto con l’Europa. “‘La trattativa con Bruxelles è in corso — confida il viceministro Luigi Casero — e al ministero stiamo lavorando già sulla legge di Stabilità. Il problema è fissare i numeri del rapporto deficit/pil, è da lì che viene tutto il resto a caduta’. È proprio nella scommessa di restare sotto al 3 per cento sta l’obiettivo condiviso tra il premier e il capo dello Stato. È quella la ‘condizione indispensabile’ per essere credibili in Europa e non finire, per dirla con Tremonti, con la Troika Ue a Vipiteno”.

 

Agenzia entrate

 

Il Corriere intervista Rossella Orlandi, a capo della Agenzia delle Entrate. Dice: “La vera rivoluzione è impedire l’evasione, non rincorrerla. Le stime dicono che ogni anno vengono sottratti al Fisco 120 miliardi di euro, e noi ne recuperiamo 12 o 13. Ma il vero problema è che ci sono quasi 600 miliardi di accertamenti relativi agli anni passati, affidati alla riscossione di Equitalia, che non si riusciranno mai ad incassare. Dovremmo smettere di inseguirli, e concentrarci sull’evasione che si crea ogni anno. Colmare il divario tra quei 120 miliardi e i 13 che incassiamo”. Più avanti: “Io dico che l’azione dell’Agenzia deve essere proporzionale, e che questa proporzionalità deve basarsi sui dati reali, usando molta cautela nell’utilizzo delle presunzioni, che devono trovare riscontro nella reale situazione e capacità contributiva dei soggetti controllati”. E ancora: “Se si vuole sconfiggere l’evasione puntando al recupero del passato servirebbero molti più dipendenti. Piacerebbe anche a me recuperare 50 miliardi l’anno, ma non ho questa possibilità. Per questo dobbiamo concentrarci sulla “compliance”, con un cambio di passo nei rapporti con il cittadino. Per fare questo basta che ci assicurino il turnover del personale, adesso abbiamo il 50%, e vogliono abbassarlo al 20%””. “Noi applichiamo le leggi, non facciamo politica. Forse in passato c’è stato un eccesso di protagonismo, ma io sono un funzionario dello Stato. Mi hanno insegnato che quando un funzionario prende una responsabilità non deve mettersi il pennacchio. Applichiamo le leggi. E segnaliamo le cose che non vanno, questo sì”.

 

Iraq

 

Il Giornale parla di “aria di golpe” in Iraq. Nella cronaca si cita una intervista alla agenzia Reuters del ministro dei diritti umani del governo, Mohamed Shia al Sudani, che ha raccontato di corpi gettati nelle fosse comuni dai miliziani dell’Isis, anche di donne e bambini. “È comunque il timore di un massacro delle minoranze irachene – yazidi, cristiani e i curdi della città di Erbil, alle cui porte si trovano da giorni i miliziani islamisti – che ha spinto nelle scorse ore l’America a tornare con gli aerei da guerra nei cieli dell’Irak, tre anni dopo il ritiro delle sue truppe dal Paese”, scrive il quotidiano. In serata poi la rete tv Al Sumaria ha riferito che “truppe leali al premier, lo sciita Nouri al Maliki, avrebbero circondato i palazzi del potere nella zona verde di Baghdad. Pochi minuti prima lo stesso Maliki aveva annunciato personalmente alla tv che non intendeva rinunciare al suo mandato e aveva accusato il presidente, il curdo Fuad Masum, di aver violato la costituzione chiedendo pertanto al Parlamento di porlo in stato di accusa”.

Sul Corriere viene intervistato Ian Bremmer, che definisce l’Isis una “entità che minaccia tutto il Medio Oriente”, e fa riferimento al concetto di “mondo G-zero” di cui parla nel suo ultimo libro. Un mondo senza né un “direttorio internazionale” come i vecchi G, né una leadership americana. Bremmer dice di aspettarsi un “conflitto limitato”, perché Obama vuole “bloccare l’avanzata dell’Isis ma non distruggerlo”, e “vuole cacciare da Baghdad Al Maliki”, ancora appoggiato da russi e iraniani.

La Repubblica intervista Mahmaa Khali, deputata yazida al parlamento iracheno: dell’intervento americano dice che è “l’inizio di una operazione umanitaria per salvare un popolo intero che i terroristi vogliono portare al genocidio”.

Tutti i quotidiani danno conto della vittoria al primo turno di Erdogan alle elezioni presidenziali turche. La Stampa scrive che Erdogan “vince ma non è un plebiscito” nel senso che non raggiunge i “consensi previsti”. Ha votato il 74 per cento degli aventi diritti, percentuale bassa per il Paese. Non sono andate a votare “fette dell’elettorato laico” e il candidato curdo Demirtas – intervistato dal quotidiano torinese ieri ndr – ha conquistato un “sorprendente 9,6 per cento”.

La Repubblica intervista Sinan Ulgen, oggi direttore di un think tank ed ex diplomatico. Dice che il Paese sarà “più religioso e intollerante” e che l’opposizione a Erdogan non ha saputo cogliere l’occasione delle difficoltà della compagine di governo lo scorso anno, durante le proteste di Gezi Park.

 

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