La Repubblica: “Putin si riprende la Crimea”, “Il sì alla Russia trionfa nel referendum, Paese in festa. Obama e Ue: è illegale”.
In prima il richiamo ad un’intervista al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Delrio: “’Tagli obbligatori, via i ministri che falliscono’”. Oggi Renzi all’esame Merkel”.
Corriere della Sera: “Tagli sugli F35, il governo apre”, “Renzi: sui caccia piano da rifare. Pinotti: chiudono 385 caserme”.
A centro pagina: “Un plebiscito in Crimea per l’annessione alla Russia. L’Europa: il voto è illegale”.
In taglio basso ci si occupa della Procura di Milano: “Il capo della Procura denunciato dal vice”, “Robledo al Csm contro Bruti Liberati: irregolarità nell’assegnazione dei casi”
La Stampa: “La Crimea torna alla Russia”, “Plebiscito nel referendum: verso l’annessione. Usa e Ue: è illegale”.
Sotto la testata: “Renzi: meno F35 e via 385 caserme”.
A centro pagina: “Aereo scomparso, l’ombra di Al Qaeda”.
Il Giornale: “I non traditori”, “Già migliaia di firme per candidare Berlusconi”, “Disobbedienza civile”.
Ucraina
Su La Stampa Lucia Sgueglia, inviata in Crimea, spiega che ha trionfato il “sì” al “ritorno alla casa Russia”, con il 95% dei voti nel referendum per l’annessione a Mosca. Affulenza pari all’81% secondo le cifre ufficiali. Il premier de facto Sergej Aksionov twitta la foto della folla che lo acclama in piazza e spinge sull’acceleratore: “Lunedì chiederemo l’integrazione nella Federazione russa”. Ma ora -sottolinea Sgueglia- la parola passa a Putin: quanto ci vorrà per unirsi alla “madrepatria”, e quanto è certo il sì del Cremlino? La Russia, sotto minaccia di sanzioni internazionali, si prende cinque giorni per rispondere: fino al 21 marzo, quando la Duma esaminerà in prima lettura (ne sono previste tre) un progetto di legge che rende più facile e rapida l’annessione di territori stranieri alla Russia. Basterà cioè un semplice referendum, abolendo l’attuale previsione di un trattato internazionale. Si tratta di un iter che potrebbe richiedere fino ad un anno di tempo e la cui ultima tappa è la firma del presidente Putin.
E dalla Crimea si racconta come salga tra i tatari la paura. Nella pagina di fianco, l’ex comandante della Nato in Bosnia, George Joulwan, nega che il caso sia assimilabile al Kosovo e contesta la legittimità della consultazione. In Kosovo la situazione “era molto diversa. Come prima cosa, noi siamo intervenuti perché c’era un’evidente emergenza umanitaria. I serbi pretendevano di annettere tutto lo Stato e stavano massacrando i civili, portando avanti la ‘pulizia etnica’. Noi agimmo per fermare queste violenze, dopo la strage di Srebrenica. In Crimea non è successo nulla del genere, che giustifichi l’invasione russa”. Però poi appoggiaste l’autodeterminazione del Kosovo. Joulwan: “La Jugoslavia non esisteva più da tempo, e noi favorimmo l’organizzazione di elezioni a cui parteciparono tutti i gruppi etnici della Bosnia”. Perché gli abitanti della Crimea non hanno il diritto di scegliere di unirsi alla Russia? “Le leggi dell’Ucraina -dice il generale- prevedono che questioni del genere vengano risolte a livello nazionale, con il coinvolgimento del governo centrale. Sono regole che furono approvate da tutti all’atto dell’indipendenza, compresa la Russia”. Sullo stesso quotidiano, segnaliamo una lungfa analisi di Anna Zafesova: “Cancellare il 1989. Il sogno segreto dello Zar Vladimir”, “Vuole ridiscutere l’assetto post-Urss e allargare lo spazio russo. Ma dietro l’azzardo c’è un’economia in crisi e non riformabile”.
Su La Repubblica Bernardo Valli, inviato a Kiev, fa notare che lo scrutinio potrebbe esser stato truccato, anche perché Putin “non è uomo di sfumature”: appare eccessiva la percentuale “sovietica”, a far da freno non c’erano osservatori internazionali, ma certo era tanta la gente in Crimea che voleva tornare tra le braccia della grande madre russa (“se dunque c’è stato un imbroglio non ce n’era bisogno”). Ma l’illegalità della consultazione resta, perché, ricorda Valli, un referendum poteva esser organizzato soltanto in seguito alla richiesta di almeno tre milioni di cittadini, e doveva svolgersi su tutto il territorio nazionale per decisione del Parlamento nazionale: “e invece Vladimir Putin ha montato una sua messa in scena. Ha traumatizzato gli abitanti della penisola presentando con la sua propaganda la rivoluzione della Maidan, a Kiev, come una minaccia persecutoria e fascista ai cittadini russi di Crimea; ha spinto il Parlamento locale a dichiarare l’indipendenza senza che ne avesse il potere; e soprattutto ha invaso militarmente la penisola”. Ma lo scenario tracciato da Valli evidenzia che “il futuro della Crimea non è deciso” e che le sanzioni peseranno sul negoziato. Ma intanto su “Zar Putin” torna l’ombra dei vecchi “stalinisti”: quelli che si erano allontanati dopo l’apertura liberista dell’economia, “con tutte le conseguenze nei rapporti con l’Europa e l’America, e che adesso vedono con piacere riemergere quella che, riluttanti, chiamiamo nuova guerra fredda”.
Sul Corriere della Sera: “Partono le sanzioni Ue. Ma i 28 restano divisi. Roma cerca il dialogo”, “Putin a Obama: il referendum è legale”.
Alle pagine seguenti segnaliamo un commento di Bernard-Henri Lévy: “Il paragone ingannevole con il Kosovo e la Bosnia”. E un’analisi di Giuseppe Sarcina sulla Crimea: “Turismo, basi militari e vie dell’energia. Quei ‘tesori’ che fanno gola allo Zar”, “Le potenzialità della penisola e i progetti per la Russia di domani”.
Governo
La Repubblica intervista il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio. Parlando della visita di Renzi oggi in Germania dice che non ci sarà nessun “bacio della pantofola”, “non siamo figli di un dio minore e non andiamo per ricevere direttive”. Quale è l’obiettivo del vertice? “Convincere i nostri amici che le regole che ci siamo dati devono rafforzare un destino comune europeo, non andare contro la vita delle persone. Bisogna riflettere insieme sul significato del rapporto Deficit/Pil, sapendo che l’Italia resterà comunque al di sotto del 3 per cento e che a gennaio ha avuto il più importante avanzo primario dell’Ue, al netto degli interessi sul debito”. Cosa dirà alla Merkel il presidente del Consiglio? “Le dirà che abbiamo i conti in ordine, che stiamo risolvendo la questione dei debiti della pubblica amministrazione, che stiamo facendo le riforme. Siamo nella condizione della Germania di qualche anno fa, alla vigilai del piano di importanti riforme immaginato da Gerard Schroeder. Grazie a quel piano la Germania chiese e ottenne dalle istituzioni un atteggiamento più flessibile”. Sui ministri: “Verranno giudicati sulla base della loro ‘performance’ e chi non l’avrà raggiunta andrà a casa”. Sugli F35 il ministro della Difesa Roberta Pinotti ipotizza un taglio, lei sarebbe favorevole? Delrio ricorda che da ministro si era attirato critiche per aver sostenuto che una riduzione di quel programma era “opportuna”. Berlusconi ha deciso di candidarsi alle elezioni europee sfidando la legge. Dice Delrio: “La legge è uguale per tutti, non credo ci possano essere decisioni unilaterali di quel tipo”. Sull’Italicum che arriva a Palazzo Madama: “La mia opinione è che la riforma del Senato ora sia la priorità. Se dovessi scegliere io direi: acceleriamo sulla riforma costituzionale”.
Su La Stampa in evidenza le parole pronunciate da Renzi alla vigilia dell’incontro con la cancelliera Merkel: “Non siamo gli alunni da mettere dietro la lavagna, siamo l’Italia” e “se facciamo il nostro dovere, noi saremo alla guida dell’Europa e non l’ultimo vagone tra quelli ritardatari”, “se abbiamo fatto errori siamo pronti a rimediare, ma siamo l’Italia e dobbiamo riprenderci l’orgoglio di essere italiani”. Sui provvedimenti in gestazione come il Jobs Act: “Semplificare le norme sul lavoro non significa dare più precarietà, ma consentire ai ragazzi di lavorare. A me interessano loro, non gli addetti ai lavori, che siano sindacalisti o le associazioni di categoria”.
Sulla stessa pagina: “Forza Italia tende la mano al premier: ‘Insieme contro la politica dell’austerità’. Brunetta: ‘E’ necessaria una maggioranza più ampia di questa’”. Nella pagina di fianco, intervista a Daniel Gros, economista e direttore del think tank di Bruxelles Ceps: “Non vi fate illusioni sulla benevolenza tedesca. L’Italia manca di credibilità”, ammonisce. Sulla scarsa credibilità spiega che l’Italia viene da anni di “annunci di riforme” e Matteo Renzi “è stato, fino a poco fa, sindaco di una città importante, ma piccola. Non ha molta esperienza”, e poi “perché Renzi dovrebbe fare meglio cose che prima di lui persone serie come Mario Monti ed Enrico Letta non sono riuscite a fare?”.
La Repubblica intervista Michael Stuermer, intellettuale della Cdu, che afferma: “Angela spera di trovare un Blair italiano”, “Né Francia né Italia hanno iniziato davvero le riforme. In gioco ci sono l’euro-ortodossia e la pace sociale”.
Sul Corriere: “Renzi a Berlino, vertice con Merkel. Un patto anti populisti (e sul deficit). La proposta del premier: ‘Non siamo asini da mettere dietro la lavagna”.
Su Il Giornale il capogruppo di Fi alla Camera Renato Brunetta: “così una manovra choc per rilanciare l’Italia può sforare i vincoli Ue”, “Una legge consente flessibilità sui conti in cambio di riforme: se Renzi approfitta dei timidi segnali di ripresa avrà il sì in Aula di Forza Italia”.
Ancora su La Repubblica segnaliamo un’intervista a Stefano Fassina, critico sulle proposte in materia di riforme del lavoro: “I contratti a termine di Poletti aumenteranno la flessibilità”, “Il Parlamento può riscrivere il decreto partendo dal numero delle proroghe dei contratti a termine”.
Il Corriere è il quotidiano che più diffusamente si occupa dei possibili tagli alla Difesa e al programma degli F35. Con due intere pagine. “’Il programma degli F35 sarà rivisto’”, titola, riferendo le parole del ministro Roberta Pinotti. E il Corriere parla di “tre miliardi di tagli per la Difesa”. “Il ministro Pinotti annuncia anche la dismissione di 385 caserme. Renzi conferma: il progetto cambierà, pronto il piano risparmi”. In basso sulla stessa pagina del Corriere: “I timori dei militari: perdiamo peso internazionale”.E nella pagina di fianco: “Alle forze dell’ordine 40 mila uomini in meno nei prossimi due anni”.
Su La Stampa: “La linea di Renzi: ‘Avanti con gli F35 ma li rivedremo’”.
Centrodestra
Il direttore de Il Giornale Alessando Sallusti scrive in prima pagina che “in poche ore sono già migliaia i lettori che hanno aderito con la loro firma alla campagna di disobbedienza civile contro l’esclusione di Silvio Berlusconi dalle elezioni europee”
E il quotidiano intervista il costituzionalista Giovanni Guzzetta, di cui riassume così il pensiero: “Il Cavaliere è candidabile. Lo dice il diritto europeo”, “Le norme Ue prevalgono sulla legge Severino e gli uffici elettorali devono applicarle con effetto immediato”.
Su La Repubblica: “Gazebo per Berlusconi candidato, ‘Non possono tenermi in panchina’. Club Forza Silvio mobilitati. La Cassazione decide sull’interdizione”.
Il Corriere della Sera si occupa dell’idea lanciata dalla deputata di Fi Daniela Santanché di raccogliere firme per chiedere la grazia per il Cavaliere: “Firme per la grazia, Berlusconi irritato: iniziativa sbagliata”.
La Repubblica intervista l’ex presidente del Senato e ora esponente del Nuovo Centrodestra Renato Schifani. Parla della riforma elettorale, ma anche del destino di Berlusconi: “L’Italicum è incostituzionale, prima va riformato il Senato”, “Schifani: non firmerò per la clemenza del Cavaliere”.