Consulta e Csm, l’ira di Napolitano

Il Corriere della Sera: “I veti bloccano le Camere. Le nomine. Richiamo di Napolitano: pretese settarie. Ma Violante e Bruno non passano”. “Nuovo patto Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale”.
Di spalla: “Governo della Chiesa. Primi dissensi (e silenzi) sulle scelte di Francesco”.
A centro pagina il voto per l’indipendenza scozzese, tra “tensioni e minacce ai politici”. “Un testa a testa sul destiono della Scozia”.
E poi le norme sul lavoro: “Tutele crescenti per i nuovi assunti: niente articolo 18”. “Lavoro, giallo sul vertice europeo”, che era previsto per il 6 o 7 ottobre.

La Repubblica: “Caos Consulta, l’ira di Napolitano”, “I sindacati: sciopero sul decreto lavoro”, “Vertice Renzi-Berlusconi: avanti su Violante e legge elettorale. Scontro per l’emendamento sull’articolo 18”.
A centro pagina: “Video-show dell’Is: attaccate New York. Obama: li fermeremo”.
Di spalla a destra, “la storia”: “I gemelli dell’eterologa spartiti tra due coppie”, “All’ospedale di Cattolica prima fecondazione incrociata: i bimbi andranno in due famiglie”.

La Stampa: “Lavoro, ecco il nuovo contratto”, “Emendamento del governo: ai neoassunti tutele crescenti senza art. 18”, “Consulta, altra fumata nera. L’ira di Napolitano: basta pretese settarie”.
A centro pagina: “Scozia, testa a testa per dire addio a Londra”.
Nella colonna a destra, un intervento del cardinale Angelo Scola, vescovo di Milano: “Comunione ai risposati: perché no”. E il richiamo ad un’intervista del quotidiano al cardinale Kasper: “Invece serve l’apertura”.

Il Fatto: “Il Parlamento ignora Re Giorgio. E Renzi fa il patto di governo con B.”, “Napolitano ordina di votare Violante e Bruno e attacca M5S e i dissidenti Pd e Fi. Risposta: bocciatura n. 12 per gli amici del Quirinale e di Previti. Grillo: ‘Luciano, che ti ha promesso Silvio?’. I due leader se ne infischiano e allargano il loro Patto”.
A centro pagina: “Il premier agli ordini di Squinzi. Si smentisce e cancella l’art. 18”.
In taglio basso: “Expo, ne han preso in altro: indagato il commissario Acerbo per tangenti”.

Il Sole 24 Ore: “Jobs Act, per i neoassunti contratto a tutele crescenti. Accordo nella maggioranza. Sindacati contro Renzi sullo stop alla reintegra. Scambio articolo 18-ammortizzatori: caccia a 1,5 miliardi”.
Di spalla: “intesa Renzi-Berlusconi: si accelera sull’Italicum, rispuntano le preferenze”.
E poi: “Stallo Consulta, l’ira del Colle”.
A centro pagina: “Fed, stop aiuti alle banche. La banca centrale Usa termina a ottobre il Quantitative Easing: rialzo dei tassi nel 2015. Bce in campo: oggi la Tltro da 100 miliardi. In Cina allarme credito”.

Il Messaggero: “Caos Consulta, l’ira del Colle. Ennesima fumata nera per l’elezione dei giudici della Corte. Napolitano: basta pretese settarie. Incontro Renzi-Berlusconi: avanti sul ticket Violante Bruno. Intesa su legge elettorale e lavoro”.
A centro pagina: “Polizia: stipendi sbloccati, via libera alle promozioni. Il governo reperisce un miliardo, adeguamenti dal 2015”.

Il Giornale: “Patto Salva Italia. Vertice Berlusconi-Renzi. Economia, lavoro, giustizia: Forza Italia pronta a dare una mano valutando caso per caso”. L’editoriale di Francesco Forte interviene su un tema evocato nei giorni scorsi, l’aumento delle tasse di successione: “Ma nessuno tocchi le tasse sull’eredità”.
A centro pagina: “Il Piemonte elargisce 9 milioni di vitalizi. Ogni mese la regione dà 730 mila euro agli ex consiglieri. Pensioni più alte degli stipendi attuali. Alla faccia della spending review”.

Consulta

La Repubblica: “Napolitano frusta le Camere ma è di nuovo fumata nera. Pd-Fi: fermi su Violante-Bruno”. Malgrado la “frustata” del Capo dello Stato sullo stallo per l’elezione dei membri della Consulta e del Csm mancanti, ieri si è registrata l’ennesima fumata nera: Luciano Violante si è fermato a 518 voti, Donato Bruno a 511. Napolitano – ricorda il quotidiano – aveva stigmatizzato le “immotivate preclusioni” e le “pretese settarie” che impediscono di raggiungere il risultato: “Nel suo mirino finiscono i grillini”, scrive ancora il quotidiano, per via della “settaria pretesa di considerare idonei solo i candidati della propria parte”. Ma “i fulmini del Colle” si sono abbattuti anche su quelle che ha definito “le manovre di qualunque forza politica, o di singoli suoi rappresentanti”: ovvero, sottolinea La Repubblica, sulle imboscate nel segreto dell’urna che sparigliano Pd e Forza Italia. A preoccupare Napolitano, alla luce del caso Consulta, è la tenuta del patto tra Renzi e Berlusconi sull’architettura complessiva delle riforme costituzionali: cui ha fatto peraltro esplicito riferimento ricordando che si vuole innalzare i quorum “previsti dalla Costituzione per l’elezione dei parlamentari a determinati incarichi di rilevanza costituzionale”. Ma quorum più elevati – ha ricordato il capo dello Stato – “implicano tassativamente convergenze sulle candidature”. Il quotidiano riassume in un titolo il punto di vista del candidato Violante, che considererebbe “irragionevole ritirarsi”: “La vicenda riguarda Renzi, è a lui che ho dato la mia disponibilità”, avrebbe detto. E il quotidiano sottolinea come lo stesso Violante abbia ricevuto il sostegno del Colle, anche con una telefonata. Il “retroscena” di Liana Milella ricostruisce la giornata di ieri, lo stallo, il monito di Napolitano, e poi la decisione di Renzi e Berlusconi di incontrarsi: “Il Quirinale spera, con la duplice mossa, di sbloccare in giornata le nomine. S’illude. Perché il suo messaggio viene vissuto invece come un’imposizione troppo perentoria”. E si citano, a mo’ di esempio, le parole del senatore dissidente Pd Corradino Mineo: “Napolitano fa davvero sul serio? Vuole blindare la coppia Violante-Bruno? Così l’affossa definitivamente”.

Il Fatto: “Consulta e Csm, fumata nera nonostante l’ira di Re Giorgio”, “Il capo dello Stato aveva avvertito i partiti: ‘niente settarismi’. Ma nessuno dei candidati arriva al quorum, anzi perdono consensi”. In prima pagina, l’editoriale di Marco Travaglio si intitola “Il discorso del Re”: “stavolta S.A.R. Giorgio Napolitano ha proprio ragione: nella politica italiana accadono cose che ‘sollevano gravi interrogativi’. Purtroppo non sono quelle che dice lui. Anzi il fatto che lui le dica per imporre al Parlamento di mandare alla Consulta chi garba a lui solleva ‘gravi interrogativi’ sulla sua irrefrenabile vocazione autoritaria. Se il suo amico Luciano Violante e l’amico di Previti, Donato Bruno, non ottengono i voti previsti dalla Costituzione per diventare giudici costituzionali, il capo dello Stato non può e non deve farci nulla: se non rassegnarsi alla loro definitiva trombatura dopo 12 fumate nere e alla loro sostituzione con due giuristi veri, sganciati dai partiti”. E Travaglio fa i nomi di Rodotà, Pace, Ainis, Villone, Carlassrae, Pellegrino, “votabili anche dai 5Stelle”.
Marzio Breda sul Corriere scrive del “doppio fronte che preoccupa il Colle”, e spiega che quello di ieri del Capo dello Stato non è stato “un avvertimento tra i tanti ma una messa in mora dei partiti”. Ma la risposta che il Parlamento ha dato al suo avvertimento “rischia di logorare persino la massima istituzione di garanzia mentre è in pericolo anche la tenuta economica del Paese”. Anche ieri insomma, nonostante il suo invito a “riflettere sulle conseguenze di una paralisi” dovuta allo “spirito partigiano e alle ‘settarie preclusioni'” dimostrate, si è vista l’ennesima fumata nera, “la dodicesima”. Hanno prevalso i franchi tiratori e gli attendisti”. Qualcuno “a Montecitorio e dintorni” ha voluto vedere in quel richiamo alle “conseguenze” un accenno alle elezioni anticipate, “il che è ovviamente ben lontano dai proponimenti di Napolitano”, per quanto “l’attuale scenario possa averlo irritato o snervato”, scrive il quotidiano, che ricorda come le urne sono state semmai evocate da Renzi l’altro giorno. Una evocazione che “non è stata percepita dal Quirinale come una invasione indebita” sulle prerogative del Capo dello Stato, scrive ancora Breda.

Secondo Il Messaggero – che spiega come Bruno e Violante non hanno nessuna intenzione di ritirarsi, visto che hanno oltre 500 voti – nella notte sarebbe partita la “trattativa per avere i voti di Sel e Lega”. Sel ha 40 voti, e visto che “è ancora libero l’ottavo posto del Csm”, la proposta cadrebbe su Paola Balducci, professoressa e avvocato, già vicina ai verdi. Se l’accordo andrà in porto potrebbe avere molto più dei voti di Sel, e Violante e Bruno potrebbero avvicinarsi alla “sospirata quota 570”.

Berlusconi-Renzi

Di cosa hanno discusso nel corso del loro incontro Silvio Berlusconi e Matteo Renzi? La Repubblica: “Berlusconi dal premier per i cambi all’Italicum. ‘Ti aiuto pure sul lavoro’. Ma Matteo dice no”. “Noi sulla riforma del lavoro una mano te la diamo, il superamento dell’art. 18 è stata sempre una nostra battaglia”, avrebbe detto Berlusconi: “È a quel punto – commenta il quotidiano – quando Silvio Berlusconi prova a stringere il suo abbraccio ‘mortale’ che Matteo Renzi si irrigidisce. Lascia cadere la cosa. ‘Non servirà’”. I due avrebbero raggiunto un’intesa di massima sulle riforme elettorali: innalzamento della soglia per accedere al premio di maggioranza dall’attuale 37,5 al 40 per cento. E il premier avrebbe “strappato” ad un “riluttante” Berlusconi l’abbassamento della soglia di sbarramento per le forze non coalizzate dall’8 al 5 per cento, “pallino dell’alleato Alfano, del Ncd e degli altri satelliti centristi pronti a correre uniti”. Stessa logica muoverebbe l’altro ritocco dal 4,5 al 4 per lo sbarramento destinato ai partiti coalizzato.

Su La Stampa: “Italicum, regge il patto Renzi-Berlusconi. Ora tempi più rapidi”, “Contrasti solo sul premio alla lista o alla coalizione”. Qui si sottolinea che sono tanti ghli ostacoli che il governo incontrerà e che il premier avrà bisogno dei voti di Forza Italia per neutralizzare i contrari alle riforme, che vanno dalla legge elettorale al Jobs Act, dalla Pubblica amministrazione alla giustizia: i due avrebbero deciso di incontrarsi periodicamente, “di fatto una sorta di larghe intese”. Sul fronte elettorale, Berlusconi vorrebbe però liste bloccate, anche se è disponibile alla soluzione prospettata dal premier (deputati scelte con le preferenze, tranne il capolista che è bloccato). E sarebbe contrario alla soglia unica di sbarramento: vorrebbe mantenere quella dell’8 per cento per i partiti non coalizzati, per costringere ad intese con Forza Italia tanto Ncd che Udc e Lega. La distanza tra i due resta forte sul voto a una lista: il premier vorrebbe che il premio di coalizione non andasse ad una coalizione, ma ad una lista.

Sul Giornale si dà conto del “nuovo faccia a faccia” tra Renzi e Berlusconi, e si spiega che nelle due ore i due hano fatto “un giro d’orizzonte a 360 gradi”, dalla politica estera (Ucraina: ‘Costringere all’angolo Putin con le sanzioni è stato un errore’, dice Berlusconi) alla Libia all’Isis, fino all’Italia. Berlusconi ha offerto la sua disponibilità di suversi prevvimenti, dal Jobs Act alla giustizia (elogiato Renzi per il passaggio sugli avvisi di garanzia ‘citofonati’ sui giornali) fino alla riforma elettorale, su cui i due “sono d’accordo nel tirare dritto senza esitazioni”. Tra le modifiche concordate: le soglie (dal 375 al 40 per accedere al premio), lo sbarramento che passerebbe dall’8 per cento al 5 per i partiti con non si coalizzano.

Secondo Il Messaggero, Berlusconi avrebbe anche quasi dato il via libera al ritorno delle preferenze, con capolista bloccato.

Lavoro

Su tutti i quotidiani oggi si spiega che il governo ha presentato un emendamento al disegno di legge delega sul lavoro che mira ad introdurre il contratto a tutele crescenti per i neoassunti, superando l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
“Art. 18, prima mossa per l’addio. Pd verso lo scontro”, titola Il Fatto.

La Stampa: “Nuovi contratti, Renzi supera l’art. 18”, “Emendamento del governo alla legge: ci saranno tutele crescenti e il compenso orario minimo”. Le nuove assunzioni a tempo indeterminato – spiega il quotidiano – non avranno subito diritto alle stesse tutele garantite dagli attuali contratti, ma le otterranno gradualmente. E in caso di interruzione del rapporto, il neo-assunto avrà diritto ad un indennizzo tanto più alto quanto più lunga sarà stata la durata del suo contratto. Si ipotizza anche l’introduzione, in forma sperimentale, del compenso orario minimo per subordinati e collaboratori dei settori non regolati dai contratti collettivi.

L’emendamento, spiega Il Fatto, delega il governo a predisporre, per le nuove assunzioni, “un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio”: “E già questo significa – commenta il senatore e giuslavorista Pietro Ichino – in modo inequivoco che la sanzione della reintegrazione deve essere riservata ai soli casi estremi” (ovvero discriminazioni e rappresaglia sindacale, sottolinea il quotidiano).

La Repubblica: “Sussidio di disoccupazione e centri per l’impiego rafforzati, così sarà superato l’art. 18”, “A partire dal 2015 indennizzo monetario al posto del reintegro. Il sostegno dello Stato solo se si accetta un nuovo impiego”. E “tutele crescenti per i neo-assunti”, “salario minimo esteso anche ai co.co.co. Si potrà imporre una diversa mansione”: la revisione della disciplina delle mansioni prevista – spiega il quotidiano – mira a rendere più flessibili i processi di riorganizzazione aziendale, attraverso un’ampia possibilità di riscrittura dei compiti del lavoratore, poiché sarà possibile il demansionamento, all’interno di esigenze che vengono condivise e concordate all’interno dell’azienda).

Il Sole 24 Ore intervista i parlamentari Pietro Ichino e Cesare Damiano. Per il primo “i costi dell’uscita” dal lavoro saranno “allineati agli standard Ue”, nel senso che il “costo di separazione” per l’imprenditore sarà costituito da una parte dall’indennità di licenziamento, direttamente proporzionale alla anzianità di servizio, e in parte potrà contenere anche un trattamento complementare di disoccupazione, che porti la copertura Aspi dal 75 per cento al 90 per cento per un numero di mesi crescente in relazione alla stessa anzianità.
Per Damiano: “No all’abolizione, serve chiarimento”. Damiano dice che le sue idee non coincidono con quelle di Renzi, e dice che alla direzione Pd prevista per la fine del mese dovrà “essere chiarita qual è la posizione del partito”.
Lo stesso quotidiano offre anche un “confronto internazionale” sulle garanzie contro il licenziamento, e spiega che “nel resto d’Europa le tutele sono di natura monetaria”. In Germania il reintegro è possibile ma non obbligatorio, in Gran Bretagna è prevista ma applicata molto raramente, in Francia è prevista ma il datore di lavoro non è obbligato a reintegrare se opta per il risarcimento, ed è possibile solo quando il licenziamento stesso è discriminatorio (per motivi attinenti alla sfera privata del lavoratore), in Spagna è facoltativa dopo la riforma Rajot. Si ricorda anche che nel 2012 l’Italia ha modificato l’articolo 18.
Il quotidiano di Confindustria ricorda anche che l’emendamento presentato ieri in Parlamento dal governo d’intesa con il relatore del “jobs Act”, Sacconi, è un emendamento che prevede il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, ma anche l’introduzione dei “mini jobs” tedeschi per le prestazioni discontinue ed occasionali, e la revisione delle norme dello Statuto dei lavoratori sulle tecnologie di controllo a distanza dei lavoratori. Sul primo punto, l’emendamento prevede tutele gradualmente crescenti in relazione alla anzianità. Sui controlli a distanza, tenendo conto della evoluzione tecnologica, si dà mandato al governo di rivedere la disciplina in materia, visto che oggi è molto limitato l’uso di telecamere di sorveglianza o altri strumenti.

Il Corriere (che sintetizza in una pagina “Niente articolo 18 per i neoassunti”) intervista Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato, che dice che “la delega è ora molto chiara”, e “io mi fido di Renzi”, sui tre punti chiave contenuti nell’emendamento: il controllo a distanza, le mansioni e il licenziamento. “Un terno secco”, dice Sacconi.

Sul Giornale: “La minoranza Pd si arma per giustizia e articolo 18”. “Gli avversari di Renzi sulle barricate a difesa delle toghe rosse e del totem di Cgil e Fiom, pronte allo sciopero. Ma già oggi si vota l’emendamento sul nuovo contratto di lavoro”.

La Repubblica intervista Sergio Cofferati, che fu segretario della Cgil ai tempi in cui si tenne un referendum abrogativo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, nel 2002 (portando in piazza circa 2 milioni persone, come si ricorda con una foto dell’epoca che compare in grande evidenza): “Addio al reintegro – dice – non è previsto neppure in caso di discriminazione”, “la norma del governo lede la dignità della persona”, “la stessa sinistra pensa di poter monetizzare ogni diritto”.

Bce, Fed

Sul Sole 24 Ore: “La Fed archivia gli aiuti alle banche. Termina a ottobre il Quantitative Easing. Rialzo dei tassi Usa preevisto nel 2015”. Il quotidiano spiega che nella conferenza stampa di ieri la presidente della Fed Janet Yellen ha detto che “i tempi della stretta” sui tassi dipenderanno dall’andamento dell’economia: dati migliori del previsto porteranno a un rialzo anticipato, dati peggiori delle stime faranno slittare l’aumento dei tassi. Janet Yellen insomma si tiene le mani libere, ma non sembra aver fretta di alzare il costo del denaro”, scrive il quotidiano.
Sulla stessa pagina si parla della Bce, visto che inizia l’operazione detta Tltro, il “salvagente al credito”, con “attese richieste delle banche per 114 miliardi”, e le banche italiane e spagnole sono “in prima fila”.

M5S

Il Corriere intervista Federico Pizzarotti, sindaco di Parma. Dice che nel Movimento 5 Stelle “c’è bisogno di parlarsi, di chiarirsi di persona”, “il virtuale non basta”. Pizzarotti spiega che lui non si candiderà in una lista per la Provincia di Parma con il Movimento alleato con il Pd, proposta cui si sono opposti i fondatori del Movimento 5 Stelle, Grillo e Casaleggio, ma critica anche la decisione di non consentire al consigliere grillino Defranceschi: “La regola che taglia fuori Defranceschi – condivisibile o meno – non era presente in nessuna altra selezione per i parlamentari, gli eurodeputati, le ultime elezioni regionali, piemontesi e non solo. Invece è presente adesso. Magari un confronto avrebbe portato allo stesso risultato, ma in modo più consapevole”.

Scozia

Sul Sole 24 Ore l’inviato Leonardo Maisano scrive che per tutti i sondaggi “vince l’Unione, ma nessun istituto di statistica esce dal margine d’errore, lasciando spalancato l’uscio a qualsiasi esito”. Si ricorda che la consultazione era stata “data per vinta” da Londra, ed ha preso invece “una piega del tutto differente. C’è chi vede anche l’aiutino di Rupert Murdoch e del suo Sun. Il giornale, popolarissimo anche quassù, ha spostato l’immancabile topless di terza pagina molto avanti nello sfoglio, appaltando lo spazio più ‘letto’ del tabloid scandalistico alla pubblicità del “Sì”. Il gruppo fa sapere che non è affatto un endorsement, ma i maliziosi sono perplessi”.
Sullo stesso quotidiano, alla pagina dei commenti, una riflessione di Jeffrey D. Sachs: “Il prezzo del referendum in Scozia. La politica del XXI secolo legata alla efficienza di istituzioni globali”. Sachs dice di provare “simpatia” per l’indipendenza della Scozia “come modo per dare slancio alla identità culturale”, ma dice che è favorevole solo se Scozia e quel che resta del Regno Unito continueranno a far parte della Nato e della Ue. Nato e Ue che non dovrebbero “castigare” la Scozia, nel caso in cui scelga l’indipendenza, perché dalla esclusione nascerebbero problemi non solo per la Scozia, ma per “le democrazie e la sicurezza europee”.

ISIS

Ieri il Presidente degli Stati Uniti Obama è andato a Tampa, in Florida, al comando centrale CentCom, per ribadire che le truppe Usa partono per andare ad addestrare i soldati iracheni, e che “non hanno e non avranno istruzioni per partecipare al conflitto”. Dopo le affermazioni del generale Dempsey, che il giorno prima aveva risposto a una domanda in Senato sul coinvolgimento diretto di militari Usa sul terreno, il Presidente ha detto “agli uomini in divisa che non li impantanertà in un’altra guerra dall’esito incerto”, scrive Il Messagero. “Tocca alle popolazioni locali dell’Iraq e della Siria lottare per liberarsi della minaccia di uno stato islamico”.

Sul Corriere: “Il Presidente afferma che sono già 40 i Paesi della coalizione. ‘La battaglia contro l’Isis non è soltanto dell’America’. Ma Obama resta freddo sull’invio di truppe di terra. ‘Se i popoli non si battono per il loro destino, appena noi ci ritiriamo tutto torna come prima’”.

La Repubblica: “Obama smentisce i suoi generali: ‘Non invieremo truppe in Iraq’”. Lo ha spiegato di fronte a generali a quattro stelle e 1200 soldati del CentCom, il comando centrale di Tampa, in Florida.

La Stampa: “Nessun soldato in Iraq”, “Vertice con i militari al Cencom in Florida. Video dell’Isis: ‘Colpite New York e l’Europa’”. E si riferisce del video di propaganda diffuso dall’Isis: “la jihad imita Holliwood”. Montaggio mozzafiato, effetti speciali e immagini di esecuzioni di massa: il tutto realizzato come un trailer del cinema. “Isis in stile hollywoodiano”, titola La Stampa.
Il “caso” raccontato dalla corrispondente de La Stampa a Berlino, Tonia Mastrobuoni: “Dalla Germania a Baghdad, così Ahmet è diventato kamikaze per il Califfo”, “a luglio si è fatto saltare a un check point: 54 morti”.

E poi

Sul Corriere una pagina dedicata al “fronte del dissenso” rispetto alle “scelte di Francesco”. “Dopo il libro sui divorziati dei cinque cardinali. Silenzi e increspature alla vigilia del Sinodo”. Viene intervistato anche Elio Cirimbelli, “direttore del centro Asdi – assistenza separati e divorziati di Bolzano – che ha parlato con il Papa a margine dell’udienza generale un anno fa insieme alla moglie. “Gli ho detto: Santo Padre, noi per la Chiesa cattolica siamo una famiglia irregolare”. Il Papa gli ha detto: “Non preoccupatevi, la Chiesa non vi abbandona”.

Su Il Giornale: “La comunione ai divorziati. Cardinali divisi, parroci no. Il Papa apre sul sacramento ai separati e cinque porporati scrivono un libro contro. Ma già tanti sacerdoti lo concedono”.

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