Il Corriere della Sera: “Dall’India un segnale sui due marò: Latorre resterà in Italia fino al 30 aprile”.
E su questo tema“lo scenario” di Danilo Taino: “Gli scambi con l’Europa, i missili: le due carte che ha in mano l’Italia”, Così Roma preme su Modi perché collabori e accetti la soluzione internazionale”.
A centro pagina il titolo in maggiore evidenza: “Unioni civili, il caso si riapre”, “Offensiva dei cattolici pd, ma il partito non accetta lo stralcio delle adozioni”, “Divisioni anche in Forza Italia. Tensioni sui tempi per il nuovo Senato”.
Alla riforma costituzionale è dedicato il commento di Michele Ainis: “Una riforma incompiuta senza le leggi su ruoli e poteri”.
Ancora sulla politica italiana il “retroscena” di Francesco Verderami: “Blitz di Renzi: pronti sei nomi per il governo”. “Per saldare l’asse con Ncd (e i suoi)”, come si spiega alle pagine interne, facendo i nomi del sottosegretario alla Giustizia Costa e dell’ex sindaco di Milano Albertini.
In prima un “documentario esclusivo”, con le foto delle moschee “rase al suolo dall’Isis”, in Iraq, dove sono stati distrutti i luoghi sacri sciiti.
L’editoriale in apertura a sinistra è firmato da Aldo Cazzullo: “Ora Merkel è più debole in Europa”, dopo che Polonia e Spagna “le hanno voltato le spalle”.
La Repubblica: “Rivolta nel Pd sulle unioni civili: no alle adozioni”, “Strappo di trenta cattolici dem, legge in pericolo. Intervista con Bersani: dobbiamo rimanere uniti”.
La foto ritrae una manifestazione a Colonia dopo le denunce di molestie di Capodanno: “il pugno duro di Berlino: ‘Fuori i profughi violenti’”. Il quotidiano intervista ministro della Giustizia tedesco Heiko Maas.
E di questo si occupa Bernardo Valli: “La Germania tradita”.
In prima anche il reportage di Marco Ansaldo da Istanbul: “La grande paura di Istanbul: ‘Vogliono colpirci ancora’”.
Il “caso” raccontato in apertura a sinistra da Alberto D’Argenio e corredato da una foto del presidente della Commissione europea Juncker: “Flessibilità Ue. Il Pse sfida Juncker: ‘Apertura in 6 mesi o rischio sfiducia’”.
L’analisi di Andrea Bonanni da Bruxelles racconta che in Europa intanto è scoppiato “il caso Polonia”: “Se Bruxelles processa la Polonia”.
Di spalla a destra lo speciale del quotidiano per i suoi quarant’anni, con un dialogo tra il fondatore Eugenio Scalfari e colui che ha diretto Repubblica in questi anni e sta per lasciare la guida a Mario Calabresi, ovvero Ezio Mauro. “Scalfari e Mauro, ‘La storia di 40 anni a Repubblica’”.
Segnaliamo peraltro che oggi in edicola i lettori de La Repubblica troveranno la riproduzione integrale del primo numero, quello del 14 gennaio 1976. Questi i titoli in prima pagina: “L’incarico a Moro ma la sfida è sull’economia”; “La nuova Spagna scende in piazza contro il regime”; “Intervista con De Martino: ‘Carte in tavola compagno Berlinguer”, di Eugenio Scalfari; “Innocenti: come si uccide una fabbrica”, di Giorgio Bocca; “Antimafia: un documento segreto”, di Bruno Corbi e Roberto Chiodi; “Lama. Regoliamo da noi i nostri scioperi”; poi la riproduzione di un articolo del governatore di Bankitalia, “Baffi. Ho fatto i conti ed ecco le somme”.
La Stampa: “Bruxelles a Reni, ‘Basta critiche, siete stati favoriti’”, “Il commissario europeo Moscovici, ‘Conti pubblici, avete avuto molto’”, “A Palazzo Chigi controllo delle società pubbliche”.
Sui rapporti Italia-Germania l’analisi di Fabio Martini: “Il premier sceglie la strategia del contrasto”.
Sull’ultimo discorso sullo stato dell’unione di Obama: “Obama chiude sperando nel ‘triplete’”, di Gianni Riotta.
A centro pagina: “Eutanasia, per la prima volta la legge arriva in Parlamento”, “Dibattito a marzo. Mina Welby: salto culturale, i tempi sono maturi”.
Sulla colonna a destra: “Strage di turisti a Istanbul: presi tre islamisti russi. Forze Usa in Iraq”.
Poi un’intervista al poeta siriano Adonis di Francesca Paci: “’Il velo sulle donne è un velo sulla ragione’”, dice.
Il Fatto: “Voti, favori e camorra: indagato in Campania eurodeputato Pd”, “A 25 km da Quarto. Niacola Caputo, il re delle preferenze a Villa di Briano”, “Inchiesta della dda di Napoli (scambio elettorale politico-mafioso) per l’esponente dem che sarà sentito in procura entro fine mese. L’accusa: via libera a uno svincolo in cambio di sostegno per la campagna elettorale da parte di ambienti vicini al clan Iovine”.
Sul caso di Quarto e i Cinque Stelle: “Cos’è davvero successo nel comune a 5Stelle”. La ricostruzione di quanto sarebbe accaduto occupa le pagine 2 e 3 del quotidiano.
E a questo tema è dedicato anche l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “A che servono questi grillini”.
Poi, ancora sulla vicenda degli orologi sauditi, con foto di Renzi insieme al premier estone Roivas: “Renzi scoccò un orologio persino al premier estone”.
Sotto la testata: “2016, fuga dalle banche: crollano i depositi sui conti”, Effetto decreto. Dopo il crac e l’allarme sul credito, segni di contagio”.
Istanbul
Il Corriere, pagina 5, corrispondenza da Istanbul di Lorenzo Cremonesi: “Fiori e arresti, Istanbul blindata, ‘Il killer era arrivato come profugo’”. Ad aggiungere nuovi particolari sull’attentatore è stato il premier Davutoglu: si tratterebbe -spiega Cremonesi- di Nabil Fadli, nato in Arabia saudita nel 1988, di recente vissuto in Siria, molto probabilmente militando tra i ranghi di Isis e quindi arrivato in Turchia come profugo. Un centro di accoglienza per i migranti a Istanbul, lungo il Bosforo, ha registrato la sua richiesta di asilo il 5 gennaio. Come per tutti, sono state rilevate le sue impronte digitali. Da qui il riconoscimento. Con lui c’erano altre quattro persone. Più avanti Cremonesi racconta che ad Antalya, cittadina costiera nota per le spiagge e gli stabilimenti balneari molto nota per le agenzie di viaggio di Mosca, sono stati arrestati anche tre cittadini russi. Potrebbero essere ceceni, o comunque provenienti dalle province a maggioranza islamica (sono circa 3mila i russi militanti con Isis tra Siria e Iraq)
Su La Stampa: “Strage di Istanbul, c’è la pista caucasica. Arrestati tre russi”, “Sarebbero del Daghestan e avrebbero fatto da base. Il kamikaze entrato dalla Siria, aveva chiesto asilo”. Scrive Girdano Stabile: “C’è una pista russa dietro l’attacco dell’Isis di martedì a Istanbul. Non arriva a Putin, come hanno alluso i media popolari turchi. Ma porta alla rete di caucasici islamisti di nazionalità russa, soprattutto daghestani e ceceni, che formano una delle più micidiali colonne dello Stato islamico e si sono infiltrati in Turchia”.
Su La Repubblica il reportage di Marco Ansaldo da Istanbul: “A Istanbul svuotata dalla paura. Il kamikaze aveva chiesto asilo, ‘Ma il nostro nemico è Putin’”, “Nelle strade un clima spettrale. Arrestate 69 persone, tra cui 3 russi. L’attentatore era un siriano: aveva varcato il confine il 5 gennaio”. Le autorità -sottolinea Ansaldo- non parlano ovviamente dei lunghi anni in cui hanno dato corda ai militanti della jihad, con lo scopo di usarli per abbattere il regime di Assad in Siria. Evocano “mandanti” e “attori segreti”, rispetto a cui il Califfato potrebbe essere solo “una pedina”: il premier Davutoglu ha parlato di “attori segreti” dietro l’attacco di Istanbul. Più esplicito è stato il quotidiano filogovernativo Star, che titolava: “Il sospettato è Putin” (accusato di tramare con organizzazioni terroristiche attive nella regione insieme al presidente siriano Assad e all’Iran, ma che avrebbe legami anche con il Pkk).
Da segnalare sulle stesse pagine una lettera del direttore del quotidiano “Cumhuriyet”, Can Dundar, in carcere dal 26 novembre scorso. La lettera è indirizzata al presidente del Consiglio Matteo Renzi: “Non svendete la libertà in nome della lotta all’Isis”. Dundar ricorda le ragioni per cui si trova in carcere: “perché abbiamo provato che tir dell’intelligence turca portavano armi ai gruppi jihadisti in Siria”. Scrive Dundar: “se i cittadini turchi sostengono il processo di avvicinamento alla Ue è perché considerano i valori europei un’àncora per la Repubblica laica, democratica e moderna le cui fondamenta vennero gettate da Mustafa Kemal Ataturk”.
Isis
Sul Corriere le foto dal satellite dei templi distrutti dall’Isis in Iraq: “la moschea di Nabi Jiris è ora un parcheggio. Così i luoghi santi sciiti dell’antica Ninive sono stati rasi al suolo e coperti di cemento”, racconta Paolo Conti.
Su La Stampa, pagina 9: “Forze speciali Usa in Iraq per colpire l’isis”, “Petagono: i nostri uomini sul terreno, cattureremo il leader. Telefonata Obama-Putin sulla Siria”. E’ Paolo Mastrolilli, da New York, a raccontare che le forze speciali Usa che dovevano andare in Iraq per colpire l’Isis sono arrivate e hanno già preso contatti con i loro colleghi locali. A confermarlo è stato lo stesso capo del Pentagono Ashton Carter durante una visita ieri alla base di Fort Cambell: è quella della 101 Airborn Division, gloriosa unità di paracadutisti nota come “Screaming Eagles”, che aveva partecipato allo sbarco in Normandia ai tempi della Seconda Guerra Mondiale e aveva riconquistato Mosul dalle mani degli insorti durante l’invasione dell’Iraq. Circa 500 soldati di questo reparto andranno il prossimo mese in Iraq e Kuwait, altri 1.300 verranno schierati per addestrare le truppe locali che dovranno riprendere Mosul all’Is. Le parole di Carter: “so che voi avevate già riconquistato questa città e non avreste problemi a rifarlo. Però a quel punto la lotta contro l’Isis in Iraq diventerebbe la nostra guerra. Per avere un successo di lungo termine, invece, serve che stavolta a fare il lavoro siano forze locali. Noi le aiuteremo, ma saranno loro a dover combattere sul terreno”.
Sul Corriere un’intervista al filosofo Philippe-Joseph Salazar, emerito di retorica all’università di Città del Capo e allievo di Jacques Derrida e Roland Barthes: “Mostrate i video del Califfato -dice- Sconfiggeremo la loro retorica solo se la sapremo smontare”, “Sul web stanno creando una biblioteca in varie lingue che non scomparirà mai, anche se il Califfato finirà. Loro lavorano sulla tradizione islamica retorica, con discorsi paragonabili a quelli pontifici per dignità e gravitas -e quello che non capiamo è che è la bellezza, non il male, ad attirare la gente. Ciò che dicono è sofisticato, possiamo non essere d’accordo e gli studiosi possono contestarlo, ma è basato sul Corano e la sunna ed entrerà in una lunga serie di interpretazioni. E la nostra risposta? Li deridiamo, diciamo che sono pazzi. O blocchiamo i loro siti web”.
Libia
Su La Repubblica, due pagine dedicate alla Libia -che dovrebbe varare nei prossimi giorni un governo di unità nazionale- e all’avanzata dell’Isis in quel Paese). “Libia, entro il 17 il governo, poi l’appello all’Onu per un intervento armato”, “I Servizi occidentali, Italia compresa, monitorano lo Stato islamico. ‘In due settimane 500 nuovi combattenti dal fronte Iraq-Siria’” ( a dirlo è stata una fonte della Presidenza del Consiglio citando servizi segreti alleati). A pagina 15 intervista di Vincenzo Bigro a Martin Kobler, inviato Onu in Libia. Dice: “’L’Isis si allarga sempre di più, va battuto militarmente ma prima serve un esecutivo”, “sono i libici a doversi opporre a Daesh, occorrono ministri che decidano la strategia e poi chiedano aiuto alla comunità internazionale”, “ora la priorità è dare possibilità all’accordo politico libico di formare il governo”, “quando ci sarà il governo ci sarà un ministro della Difesa capace di definire una strategia per combattere il terrorismo e quindi formulare le richieste di assistenza alla comunità internazionale”.
Il terrorismo in Europa, il dopo-Colonia
Scrive Stefano Montefiori sul Corriere che il premier francese Valls, per la terza volta in sei mesi, se l’è presa con quanti cercano di individuare i motivi che spingono al terrorismo perché, come ha detto celebrando l’anniversario della strage al supermercato ebraico, “spiegare, è già volere un po’ scusare”. In passato Valls aveva dichiarato di averne abbastanza “di quanti cercano spiegazioni sociologiche o culturali”.
Su La Repubblica ancora “l’emergenza” dopo i fatti di Colonia: “Berlino, tolleranza zero, ‘Espulsioni più veloci e limiti al diritto d’asilo’”, “Le vittime denunciano la polizia: ‘Omissione di soccorso’. Incriminati 4 neonazi: ‘Preparavano raid’”. E il quotidiano intervista il ministro della Giustizia tedesco Heiko Maas: “Via subito chi sbaglia, chi vive qui rispetti i diritti delle donne”, “Le culture diverse non possono essere giustificazioni. Qui viviamo la parità di diritti tra i sessi e va accettata da tutti”.
E sulle stesse pagine “lo scenario” tracciato da Bernardo Valli: “La ferita di Colonia, l’accoglienza tradita nel luogo simbolo della Germania”, “Ora la Merkel ha dovuto rassicurare gli elettori. Ma i sondaggi non sono sfavorevoli a lei”.
La Stampa, tramite Francesca Paci, intervista il poeta siriano Adonis, che risponde alle domande di alcuni lettori sui fatti di Colonia, il terrorismo islamista: “Il velo sulle donne è un velo sulla ragione”, “la donna è una chiave di volta per capire il rapporto tra religioni e Stato: il monoteismo non ha cambiato le sue leggi, anche la Chiesa cattolica le mantiene e se una donna vuole seguirle rigidamente non è libera di disporre del suo corpo e della sua volontà”; “la maggior parte dei gruppi dell’opposizione siriana non ha mai presentato una petizione per la libertà della donna dalla sharia, non ha mai parlato di laicità”.
Obama, primarie Usa
Sul Corriere Giuseppe Sarcina scrive dell’ultimo discorso del presidente Usa sullo stato dell’Unione: “’Odiare gli islamici non ci rende sicuri’”, “L’ultimo discorso sull’Unione: Obama cita papa Francesco (e apre la campagna elettorale)”, “Risposta a Donald (senza citarlo): ‘L’America ha affrontato grandi svolte in passato. C’è sempre stato chi diceva che avremmo dovuto temere il futuro. E ogni volta abbiamo superato quelle paure”, “’Dobbiamo respingere ogni politica che prenda di mira le persone per la loro razza o religione. Quando i politici insultano i musulmani, quando una moschea è attaccata, questo non ci rende più sicuri’”, “Chiunque sostenga che l’economia americana sia in declino sta vendendo falsità. Gli Stati Uniti d’America sono la nazione più forte al mondo. Punto’”.
Alla pagina successiva, intervista dello stesso Sarcina al politologo Ian Bremmer, presidente del centro studi Eurasia Group: “’Barack è stato poco efficace. Non sa parlare a chi segue Trump’”. Sarcina fa notare che Obama è stato applaudito anche dai parlamentari repubblicani quando ha detto che attaccare le persone su basi razziali o religiose significa tradire l’identità dell’America, ovvero una risposta a Trump. Bremmer: “Direi una risposta anche a Ted Cruz, che sta conducendo una campagna molto dura su questi temi”, le parole di Obama sarebbero state inimmaginabili qualche mese fa, “ciò significa che l’establishment di Washington e il presidente degli Stati Uniti iniziano a capire che Trump rappresenta un problema serio”. Ma le sue parole “non convincono” coloro che “stanno guardando verso Trump. Non basta richiamarsi ai ‘valori’ americani”. Sta dicendo che una parte della società americana si sta radicalizzando? Brememr: “Direi piuttosto polarizzando. Ci sono cittadini stufi di tutto questo parlare di Islam, di religione. Non vogliono che qualcuno metta in discussione il loro stile di vita secolarizzato. Poi ci sono quelli che vedono un eccesso di tolleranza, per esempio nei matrimoni omosessuali e così via”.
Su La Repubblica ne scrive Federico Rampini: “La sfida di Obama all’America: ‘Accogliamo i cambiamenti, siamo la nazione più forte’”, “Nell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione, il presidente rivendica la ripresa e cita il Papa contro l’islamofobia”.
Su La Stampa Paolo Mastrolilli si occupa delle primarie in casa democratica: “L’incredibile cavalcata di Sanders, il socialista che fa tremare Hillary”, “Sorpresa nelle primarie democratiche. Testa a testa in Iowa, il senatore avanti nel New Hampshire”. E Mastrolilli racconta il personaggio, “Chi è Bernie l’outsider”, La sua storia era perfetta per non contare mai nulla, almeno nella corsa presidenziale, perché troppo lontano dal “centro vitale” che secondo lo storico Arthur Schlesinger bisogna sempre occupare per conquistare la casa Bianca.. Nato a Brooklin 75 anni fa da una famiglia di ebrei, il padre era sfuggito all’Olocausto in Polonia. Iscritto già ai tempi dell’università alla Young People’s Socialist League, “e in pratica non ha mai più rinnegato quella scelta”. Un percorso “alternativo”: si trasferisce nelle campagne del Vermont, come indipendente diventa sindaco di Burlington, poi deputato e infine senatore: “sempre alzando la voce per le cause liberal, dal socialismo all’opposizione contro la guerra in Iraq. Preparato, ma troppo estremista. Tranne sulle armi, dove in onore alle tradizioni rurali del Vermont è prudente sulla limitazione delle vendite.
Anche su La Repubblica: “Il ‘socialista’ Sanders e la lotteria caucus. Gli incubi di Hillary”, “Il candidato ‘liberal’ vola nei sondaggi. A due settimane dalla prima consultazione in Iowa, la Clinton non è più favorita e cambia strategia: Bill e Chelsea in campo, lotta a Wall Street”, “L’ex first lady teme un replay del 2008, quando la sconfitta nel primo Stato creò un effetto domino”, scrive Arturo Zampaglione.
Polonia
Sul Corriere l’analisi di Maria Serena Natale: “Stato di diritto, Varsavia osservata speciale. La Ue avvia il monitoraggio”. “Non sono trascorsi tre mesi dal trionfo elettorale dei nazional-conservatori di Jaroslaw Kaczynski e il nuovo governo di Varsvia guidato da Beata Szydlo è già osservato speciale”, scrive Natalespiegando che ieri la Commissione europea ha avviato il primo passaggio previsto dal nuovo meccanismo di monitoraggio dei Paesi che rischiano di traidre i principi fondamentali della Ue: si tratta della Cornice per lo stato di diritto elaborata nel 2014 per prevenire altri casi Ungheria. Se si arriva alla procedura di violazione dell’articolo 7 dell’Unione europea, che sanziona le violazioni ai valori dell’Ue, si può arrivare alla sospensione del diritto di voto. Le critiche riguardano la procedura con cui è stata riformata la Corte costituzionale e il controllo diretto delle tv e radio pubbliche.
“Se Bruxelles processa la Polonia” è il titolo dell’analisi in prima de La Repubblica di Andrea Bonanni: “In Europa scoppia il caso Polonia. Ed è la prova generale della resa dei conti con l’ondata populista che minaccia di travolgere le capitali dell’Unione”.
Italia, Ue
Su La Stampa a pagina 3 un’intervista al commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici: “L’Italia non critichi, è il Paese che ha avuto di più”, “Apprezziamo le riforme ma serve un atteggiamento di compromesso, non di conflitto”.
E sulle stesse pagine il “retroscena” di Fabio Martini: “Renzi a Berlino il 29 gennaio. La ‘strategia del contrasto’ alla prova dell’esame Merkel”, “Dopo gli attacchi alla Germania, la cancelliera vuole sondare e capire le strategie del premier”. Scrive Martini che Renzi ha una doppia “mission”: corroborare il consenso interno e “diventare il leader dell’altra Europa’, quella che combatte il rigorismo teutonico e nordico”.
Su La Repubblica, pagina 13: “Fronda anti Juncker, il gruppo socialista vuole la verifica”, “L’Italia spinge gli europarlamentari della coalizione a chiedere alla Commissione interventi più incisivi”. Scrive Alberto D’Argenio che ieri è arrivato “un deciso cambio di passo” alla riunione del gruppo dei Socialisti e Democratici: il Pse, insieme al Ppe e all’Alde, forma la “grande coalizione” cge ha accordato la fiducia a Juncker. A guidare il gruppo Pse è Gianni Pittella, che eri ha concluso il suo intervento chiedendo a Juncker una “accelerazione”: “sulla base di quanto farà, noi faremo la nostra valutazione di metà mandato”.
“Ora Merkel è più debole in Europa”, scrive in un editoriale sul Corriere Aldo Cazzullo, ricordando che a Madrid il Congresso dei Deputati ha eletto alla propria testa il socialista Patxi Lopez, ex governatore del Paese basco: “per la prima volta nella storia della democrazia spagnola, il presidente della Camera non appartiene al partito più votato, il Pp del premier uscente Mariano Rajoy, che negli ultimo quattro anni ha fatto quel che la Merkel gli ha detto di fare, in cambio del salvataggio delle banche”.
Eutanasia e unioni civili
La Stampa, pagina 7: “L’eutanasia in Parlamento a marzo”, “E’ la prima volta, si preannuncia lo scontro in una maggioranza divisa. Contrari i cattolici del Pd e il Ncd. Scalfarotto: mio padre si suicidò, io sono favorevole alla legge”.
E sulla stessa pagina un’intervista a Mina Welby: “C’è stato un salto culturale, i tempi sono maturi”, “’Non dobbiamo aver paura del morire’”.
Su La Repubblica, a pagina 2: “Stop sulle unioni civili da trenta cattolici dem. ‘Adozioni via dal testo’”, “Documento di deputati, anche laici tra i sostenitori. I renziani: giù i toni, Al Senato voti sempre più risicati”, scrive Goffredo de Marchis.
E il quotidiano intervista l’ex segretario Pd Pierluigi Bersani: “Stretta sull’utero in affitto senza cambiare la legge, così teniamo unito il Pd”, “L’ex segretario Pd dice no allo stralcio della stepchild adoption e dà una stoccata a Renzi che, nel 2007, era con la piazza del Family day”.
Sul Corriere: “Unioni civili, non c’è intesa nel Pd. I cattolici resistono all’adozione”, “Riunioni frenetiche, la discussione slitta di due giorni. Le cautele di Berlusconi”.
A pagina 4 de La Repubblica: “Dietrofront Berlusconi: votiamo no”, “Sulle unioni civili, il Cavaliere prova a mantenere la compattezza dei gruppi parlamentari: ‘Nella legge troppi punti critici’. Poi taglia corto: ‘Come vorrei essere alle Bermude, e comunque facciamo presto che c’è il Milan’”.
Su Il Fatto: “Unioni civili: urla senza accordo”, “Sulla stepchild adoption i dem sempre più divisi, il premier in ansia invita a ‘moderare i toni’. I dubbi di Mattarella sulla costituzionalità della norma sulle adozioni”.
E sulla stessa pagina: “Metti un Renzi al Family day, ‘Coppie di fatto? No grazie’”, “Correva l’anno 2007. Il giovane Matteo sfilò al corteo contro i diritti per i gay: ‘Una battaglia mediatica sulla presunta laicità della politica’”. “Così disse all’epoca: ‘ “’Non è una questione prioritaria su cui stare a discutere per mesi’”.