Il Corriere della Sera: “Il suicidio nello scandalo Mps. Storico collaboratore di Mussari. Nel cestino un biglietto: ‘Ho fatto una cavolata’. Si uccide il capo della comunicazione, era stato perquisito”. In alto, la direzione del Pd: “Bersani apre solo a Grillo. ‘Non c’è il piano B, no al Pdl. Telefonata a Napolitano: Monti: meglio il voto che un governo anti-Ue”.
La Repubblica: “Mps, suicidio schock. Il capo comunicazione si lancia dalla sede della banca. Siena, David Rossi era stato perquisito ma non indagato. Un biglietto alla moglie: ho fatto una cavolata”. Il titolo di apertura è per il Pd: “Bersani non si arrende. ‘Mai con Berlusconi’. Renzi tace e se ne va”.
In taglio medio: “’In Curia 20 corvi, presto altre verità’. Parla una delle gole profonde dei dossier di Vatileaks”.
In prima, con foto, anche i funerali di Chavez: “Lacrime e carri armati, addio a Chavez. Il Venezuela a rischio caos”.
Il Sole 24 Ore: “Dramma Mps, si uccide il capo della comunicazione. David Rossi si è gettato ieri sera dalla finestra del suo ufficio nella sede della banca a Siena: era stato perquisito, ma non indagato. Nel cestino un biglietto accartocciato: ‘Ho fatto una cavolata’”. A centro pagina: “Eco-burocrazia, l’Italia bloccata. Squinzi: procedure complesse e confuse pesano sulla competitività delle imprese. Denuncia di Confindustria: tempi lunghi (fino a 5 anni per la chimica) per l’autorizzazione ambientale e costi oltre la media Ue”.
Libero: “Morte e misteri nella banca del Pd”.
La Stampa: “Bersani, il programma a Napolitano. Il segretario incassa la fiducia del Pd. ‘Mai accordi con Berlusconi’. Poi la chiamata al Colle. Monti: meglio il voto che un governo anti-Ue”. In evidenza anche una intervista a Romano Prodi: “Ecco dove sbaglia la Merkel. Poco impulso alla crescita e scarsa visione europea”. A centro pagina: “Il potere conteso del Venezuela il lutto per Chavez. La salma del Presidente sfila tra migliaia di persone, domani i funerali. Il tweet della figlia: hasta siempre, papito mio”. In alto il suicidio del dirigente Mps, accanto ad un altra vicenda di cronaca: “Perugia, fondi negati, imprenditore uccide due impiegare in Regione”. Poi si è tolto la vita.
L’Unità: “Il Pd: no alleanze con il Pdl”, “Sì a Bersani: otto punti per un ‘governo del cambiamento’. La sfida ai grillini”.
A centro pagina, la vicenda di Perugia: “Fondi negati, uccide due impiegate”.
E in taglio basso: “Mps, suicidio a Siena”.
Il Fatto: “Mancano i soldi, qualcuno spara: 3 morti a Perugia”.
A centro pagina: “Mps, il portavoce di Mussari si uccide”.
In taglio basso, la direzione Pd: “Bersani, 8 punti per rivotare. D’Alema: ‘Inciucio? Magari”.
Il Giornale: “Caccia a Silvio, Pdl sveglia. Berlusconi prosciolto per Mediatrade ma l’accanimento dei Pm continua e lui sprona i suoi: il partito è inerte”. “Tritacarne giustizia, suicida un manager del Montepaschi”. A centro pagina, con foto: “Vendola come Fini: incastrato dal cognato”
Pd
Ieri alla direzione nazionale del Pd, dopo otto ore di dibattito, è stata approvata la relazione presentata dal segretario Bersani che contiene otto punti in cui l’Unità legge la “sfida a Grillo”. Al primo posto c’è la necessità di uscire dalla “gabbia della austerità”, seguono le misure urgenti sul fronte sociale e del lavoro (pagamenti della pubblica amministrazione, superamento degli automatismi della legge Fornero e salario minimo), le proposte per la riforma della politica e della vita pubblica, la legge sulla corruzione, il conflitto di interessi, economia verde e sviluppo sostenibile, diritti (cittadinanza e unioni civili) e istruzione e ricerca. Le proposte vengono estesamente illustrate da L’Unità. Per Il Foglio la direzione Pd è finita con un voto “unanime e distratto”, con un mandato al segretario a chiedere l’incarico almeno esplorativo, “molto diverso dall’aut-aut pronunciato fino all’altro ieri”, riassunto in un “o me al governo o si vota” e sgradito al Quirinale. Bersani ha smussato, ha detto di confidare nella saggezza di Napolitano. Il Foglio scrive anche che le diffidenze interne al partito per un possibile governo con Grillo ci sono, a Renzi non piace l’inseguimento del Movimento 5 Stelle, né gli piace l’idea di presentarsi in Europa con un interlocutore anti-europeo. Le differenze, sul podio del Nazareno, sono pronte ad esplodere se dovesse fallire, come è probabile, l’esperimento bersaniano”.
Il Fatto, sull’intervento di Bersani, riassume le sue parole: “Tocca a noi, gli altri non offrono di meglio”, oppure “non è praticabile un accordo con la destra”. Insomma, per il Fatto, “nessun piano B all’orizzonte. Ma neanche un ultimatum, sulla linea ‘o me o voto’. Se il piano A dovesse fallire, si vedrà”. “Bersani chiede un mandato per il ‘Primo giro’ per Palazzo Chigi”. Renzi ha preso parte alla direzione, ma senza intervenire, al pari di Veltroni. Del resto, secondo Il Fatto, “neanche Renzi sa bene che fare. L’accordo con i grillini non lo entusiasma, il voto subito neanche”.
Il Corriere della Sera scrive che “l’era del dopo Bersani sembra approssimarsi”, anche sei ieri in direzione i discorsi non oltrepassavano quella soglia. Solo Pippo Civati, alla fine dei lavori, ha ammesso apertamente che la fase è cambiata. “Non credo proprio che andremo alle elezioni con Bersani”, avrebbe detto. E per il Corriere sono Matteo Renzi e Fabrizio Barca i possibili sfidanti delle primarie che verranno. Il ministro Barca non ha partecipato alla direzione né l’ha ascoltata in streaming, impegnato nella definizione di un accordo riguardante le città di Sassari e Olbia per la sicurezza stradale. Per Bersani il ministro rappresenta, lo ha detto, una risorsa tanto per il partito che per il governo, e secondo il Corriere, per quella fetta del Pd a cui non piace Renzi potrebbe essere l’uomo da contrapporre al sindaco di Firenze. Poi il quotidiano scrive che l’ipotesi di tornare al voto in tempi rapidi trova la contrarietà di molti nel partito, primo tra tutti Veltroni.
La Repubblica, nel suo retroscena dedicato alla direzione del Pd: “Se il leader fallisce avanti una donna, il Pd vuole evitare un altro tecnico. Idea Finocchiaro, il Colle preoccupato per il veto sul Pdl”. A dispetto delle apparenze, secondo il quotidiano, il Pd scivola verso un piano B che si chiama ritorno al voto in poche settimane. La vera riunione della direzione, per i sostenitori delle elezioni immediate, sarà la prossima: quella in cui il Pd dovrà certificare il fallimento del tentativo di Bersani e fare i conti (e la conta interna) con l’ipotesi di un governo del Presidente che tenga nella maggioranza anche il Pdl. Si ipotizza un rapporto con il centrodestra de-berlusconizzato, come lo ha dipinto ieri D’Alema, che non prevede un tecnico alla guida di Palazzo Chigi, ma un altro esponente del Pd che segni una netta discontinuità con il passato. Ed una donna premier corrisponderebbe a questo identikit.
Ieri anche Mario Monti ha riunito gli eletti del suo partito ed ha tenuto una conferenza stampa: “No a un governo anti-europeo”, riassume il Corriere della Sera dando conto delle dichiarazioni del professore. Che ha fatto notare come nessuna forza politica affermatasi in queste elezioni, riferendosi ai grillini, “appare neanche lontanamente in grado di risolvere i problemi” del Paese. Quindi neanche il Pd. E per il professore il progetto che Bersani persegue non è detto riesca, e forse sarebbe dannoso, se abbracciasse alcuni programmi grillini: “Se l’alternativa – ha detto Monti – fosse un governo orientato a interrompere il tragitto europeo dell’Italia e quello delle riforme credo sarebbero meglio nuove elezioni”.
Prodi
La Stampa intervista Romano Prodi, che parla di economia, dell’euro e dell’Europa: “Ora ci troviamo in un momento in cui i segnali sono ancora imperfetti, ma la fase anarchica in cui ognuno sembrava andare per conto suo io non la vedo più”. Difficile che gli italiani votino sì ad un referendum per uscire dall’euro, “la tentazione può venire più alla Germania”. “Oggi i tedeschi sono troppo concentrati sul voto di settembre, ci vuole più visione europea di lungo raggio”, “la scelta
di non dare sufficiente impulso alla crescita, il mettere davanti a tutto la stabilita’ monetaria o la paura che i propri interessi siano al servizio di pigri e cialtroni come gli italiani, ha una grande valenza elettorale”.
Grillo
La Repubblica intervista Dario Fo. Come si esce da questa situazione in Parlamento? Secondo Fo è necessario “trovare una persona, e ce ne sono tante, che è magari di sinistra, per carità, ma che non è dentro il gioco dei partiti, che si è schifata a sua volta. Per esempio chi? “Ma ce n’è tanti. Si parla di Rodotà, poi c’è Settis, una scienziata come Margherita Hack o Carlin Petrini”.
Il Fatto quotidiano intervista don Andrea Gallo: “Beppe, non fare lo stronzo.: parla di governo con il Pd”, è il titolo dato all’intervista. “Chi ha veramente a cuore il bene comune non può che sedersi a un tavolo, anche se sarà un confronto lacerante”, dice Don Gallo. Sta invitando Grillo a trattare con il Pd? “Sì, a un tavolo che abbia come obiettivo un governo che io chiamo ‘di tregua’. Magari durerà un anno, ma ci sono cose urgenti da fare. E cita la legge elettorale, il conflitto di interessi, l’eliminazione delle pensioni d’oro, il dimezzamento dei parlamentari”. Al Pd cosa dice? “Via la boria. Avete fatto tanti errori.
L’inserto R2 Diario di Repubblica è dedicato al grillismo, con le analisi di Giancarlo Bosetti (“Quella sfida finale ai partiti e l’illusione della democrazia diretta”) e di Marco Revelli (“arriva in Parlamento la generazione perduta”, l’età media è di 32 anni, a Montecitorio le donne sono il 35%, al Senato sfiorano il 50. I laureati o laureandi arrivano all’80 per cento. Molti sono ricercatori , spesso precari. Su 109 deputati, 18 sono ingegneri, i più numerosi.
Bosetti si chiede: “Fino a che punto può spingersi la sfida di Grillo alla democrazia rappresentativa? Il movimento ripudia espressamente la delega, propugna la disintermediazione, vuole aumentare le dosi di quello che i politologi chiamano “direttismo’”. E direttismo, per il M5S consiste nell’uso della rete per costruire il movimento e il consenso. Ma come si passa dal consenso alla deliberazione e alla legislazione? Bosetti analizza quindi il video animato di Casaleggio “Gaia, the future of politics” sull’avvento del governo universale, all’indomani di una sconvolgente guerra mondiale. Una volta che tutti saranno connessi, senza password, nel 2054, il fatto stesso di stare in rete porterà a risolvere i problemi attraverso una forma di pensiero collettivo, un mondo senza partiti politici, ideologie, religioni.
De Gregorio e la Cia
Sui quotidiani si riferisce ampiamente delle rivelazioni contenute nei verbali dell’inchiesta che vede coinvolto il senatore De Gregorio in relazione ad una supposta compravendita di eletti per far cadere il governo Prodi: è l’operazione libertà che vede indagato per corruzione anche l’ex premier Berlusconi, che avrebbe versato tre milioni di euro al senatore De Gregorio per il suo passaggio nelle fila del centrodestra. In questi verbali De Gregorio avrebbe parlato di un incontro, nell’estate del 2008, in un prestigioso albergo romano, cui avrebbero partecipato, insieme a De Gregorio, l’italo-americano Enzo De Chiara, l’allora ministro della giustizia Mastella e un esponente dell’ambasciata Usa indicato come agente di primo piano della Cia. La Repubblica racconta che in quella occasione gli americani avrebbero manifestato preoccupazione rispetto ad alcune scelte del governo Prodi, e in particolare dell’ala più radicale della compagine. Si parla della base Nato di Vicenza e della installazione radar di Niscemi, che provocavano forti resistenze. Mastella, interepellato da La Repubblica, conferma l’incontro ma spiega: “rimasi meno di cinque minuti, ero andato a quell’appuntamento solo per tentare ancora una volta di convincere De Gregorio a tornare con il nostro schieramento. Non sapevo che ci fosse quel personaggio dell’ambasciata, che non conoscevo. Sapevo invece chi era De Chiara dai tempi della Dc. Se si parlò del governo Prodi? Ho rapporti intensi con gli americani, mia moglie è italo-americana, se avessero voluto parlarmi di una cosa delicata non lo avrebbero certo fatto in quella sede”.
Il Fatto scrive che nel luglio scorso De Gregorio incontrò a Roma Marcello Dell’Utri per mostrargli un elenco delle cose fatte per Berlusconi: tra queste citò anche “il mio intervento con gli americani per mandare a casa Prodi”. Il Fatto scrive anche che il personaggio citato da De Gregorio sarebbe Robert Gorevic, che per lo stesso De Gregorio era “il capo della Cia a Roma”, ex capo della Cia in Perù, nel 2004 fu convocato dai magistrati peruviani su un traffico d’armi con la Colombia. Quanto a De Chiara, nativo di Aversa, il quotidiano lo descrive come un “amico della famiglia Bush, consigliere della Nato, coinvolto nella inchiesta Phoney Money, in ottimi rapporti con Luigi Bisignani. Anche Il Fatto interpella Clemente Mastella: Sapevo già che l’amministrazione Bush non era favorevole a Prodi, ma non è vero che mi promisero riconoscenza se avessi lasciato il governo. E poi: cosa mi potevano promettere gli americani? Facevo il ministro della giustizia, mica l’usciere. Ero all’apice della carriera politica. Certo, rimasi stupito dalla confidenza nei rapporti tra i rappresentanti Usa e De Gregorio, e mi chiesi: ma come fanno gli americani a dare tanta fiducia a De Gregorio?”.
Mps
“Tritacarne giustizia: suicida manager Mps”, titola Il Giornale spiegando che David Rossi, capo dell’area comunicazione di Mps si è ucciso ieri sera buttandosi dalla finestra del suo ufficio, nella storica sede della banca. La polizia nel cestino ha trovato un foglio accartocciato con queste parole: “Ho fatto una cavolata”. Computer ancora acceso, porta aperta, tavolo pieno di carte. Rossi era considerato il braccio destro dell’ex presidente Mussari, che lo volle con sé dopo averlo avuto a fianco nellla Fondazione Mps. L’uomo di fiducia del vecchio vertice era rimasto nell’istituto di credito dopo l’addio di Mussari ed aveva continuato a recarsi in ufficio anche dopo la perquisizione subita lo scorso 19 febbraio. Quel giorno la Gdf aveva fatto visita alle abitazioni dello stesso Mussari e dell’ex dg Vigni, ma aveva anche setacciato casa e ufficio di Rossi. La Procura aveva fatto sapere che Rossi non era indagato, ma solo persona informata sui fatti. L’ex sindaco di Siena Piccini, di cui era stato portavoce, parla di un dramma annunciato: “Era un ragazzo perbene, un intellettuale, non un uomo di banca”. Laureato in storia dell’arte, era stato nominato vicepresidente del centro d’arte e cultura di Palazzo Te a Mantova.
Anche su Il Sole si sottolinea come Rossi non abbia retto alla pressione degli ultimi mesi e come non fosse un uomo di potere.
E poi
Su La Repubblica una analisi di Moises Naim è dedicata alla figura di Chavez e più esattamente agli aspetti positivi e a quelli negativi che compongono il suo lascito. L’aspetto positivo è l’aver dichiarato guerra alla “coesistenza pacifica del Venezuela con la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale”, oltre all’aver “messo fine a decenni di indifferenza e apatia verso un sistema dominato da partiti politici ormai corrotti”. Il lascito negativo è che dopo 14 anni al potere, Chavez non si lascia dietro una economia più forte o una economia più prospera. E’ il rappresentate di quelli che i politologi definiscono “regimi autoritari competitivi”, dove i leader conqusitano il potere attraverso elezioni democratiche e poi modificano la Costituzione e le altre leggi per limitare controlli e contrappesi al potere esecutivo. L’altra cattiva e paradossale eredità di Chavez è una “economia a soqquadro”. Il Venezuela ha un disavanzo di bilancio e un tasso di inflazione tra i più alti al mondo, una delle crescite più rapide del debito pubblico, uno dei tracolli più drammatici della capacità produttiva, inclusa quella del fondamentale settore produttivo.
Una corrispondenza de La Stampa da New York racconta i timori di Obama per il petrolio: a preoccupare Washington sono le ricadute che la morte di Chavez potrebbe avere sul mercato petrolifero. Gli Usa sono il quarto importatore di greggio da Caracas.