Il Corriere della sera: “Svelati i tagli di Cottarelli”. “Pubblicati i 19 rapporti dell’ex commissario: gli interventi possibili dalla politica agli enti locali”. E poi: “Cala il lavoro per le donne. A febbraio persi 42 mila posti. Sale la disoccupazione”.
In alto: “Intercettazioni, D’Alema al contrattacco: il Csm dovrebbe vigilare di più sui giudici”.
A centro pagina, con foto: “I terroristi, il blitz: morte di un magistrato”.
Da segnalare in prima anche un “retroscena” di Maria Teresa Meli che parla della “carta Delrio” per il ministero delle Infrastrutture. Infine, un “colloquio” con Ayan Hirsi Ali: “Perché l’Islam si può e si deve riformare”.
La Repubblica, con foto del magistrato turco Mehmet Selim Kiraz durante il sequestro, con la pistola alla tempia: “Sequestrato il giudice di Gezy Park. Terroristi uccisi, muore il magistrato”.
Ad illustrare questa vicenda sono Marco Ansaldo, Vittorio Zucconi e Adriano Sofri.
In apertura a sinistra: “Sì al rimpasto, al posto di Lupi arriva Delrio”, “La corsa a quattro per sostituirlo. Una donna Ncd agli Affari regionali. Bersani: Renzi non ha più i numeri”.
Sull’inchiesta che ha portato agli arresti del sindaco di Ischia, con foto di Massimo D’Alema: “Tangenti Pd, una talpa mise in allerta la coop. Fondazioni dei politici nel mirino dei pm”.
In prima anche la strage dell’Airbus tedesco: “Lubitz avvertì Lufthansa: ‘Soffro di depressione’”.
Nella colonna a destra, “il dialogo sul nucleare”: “Iran-Usa, la lunga notte della trattativa non-stop”, “Sforato il termine a Losanna per lo storico accordo. ‘Ancora nodi da risolvere’”. Se ne occupa Bernardo Valli.
La Stampa ha una copertina dedicata alla riapertura del Museo egizio, che avvolge il quotidiano (“Museo egizio, oggi ricomincia il futuro”).
L’apertura è dedicata invece ai dati Istat diffusi ieri: “I giovani esclusi dalla ripresa”, “Disoccupazione al 42,6%. Rimpasto, Renzi ha deciso: Delrio al posto di Lupi”.
Un titolo anche per la spending review: “Tagli, svelati i dossier di Cottarelli”.
A centro pagina, con foto dei cantieri Expo: “A un mese da Expo finito solo il 9% dei lavori”.
Di spalla a destra: “Turchia, raid in Tribunale. Pm in ostaggio ucciso nel blitz”.
Sulla strage Airbus: “Lufthansa aveva saputo che il copilota era depresso”.
Il Fatto: “La bufala dei nuovi posti di lavoro: a gennaio -44 mila”, “L’Istat, implacabile, smonta gli ottimismi del premier, del ministro Poletti e dei giornali amici. Nei primi trenta giorni del 2015 sono state licenziate 23 mila persone. Ridimensionati anche i dati sui contratti: i nuovi sono 34 mila in meno di quelli annunciati e molti sono soltanto stabilizzazioni”.
A centro pagina: “Chi controlla il telefono di Renzi”, “Il cellulare del premier è intestato alla Fondazione Open, creata con Marco Carrai (quello della casa di Firenze), associazione di cui si conoscono solo in parte i finanziatori e che nel 2013 spese 78 mila euro in telefonia”.
E, ancora su temi connessi alla inchiesta della Procura di Napoli: “Beneficenza coop”, “Quei 20 mila euro alla fondazione targata Minniti”.
In prima anche il “giorno di fuoco” in Turchia: “Terrore a Istanbul: morti un giudice e i suoi rapitori”.
Il Sole 24 Ore: “Disoccupati in crescita, a febbraio persi 44 mila posti”. “I dati Istat: l’indice dei senza lavoro torna a salire al 12,7 per cento, tra i giovani al 42,6”. E poi: “Def, vale 7-8 miliardi la flessibiltà Ue sul piano riforme”.
In alto: “Iran, accordo a un passo su nucleari e sanzioni”. Accanto: “Turchia: giudice sequestrato poi ucciso nel blitz per liberarlo”.
Sulla politica: “Renzi accelera sul rimpasto. Delrio verso le Infrastrutture, gli Affari regionali all’Ncd”.
A centro pagina: “Via alle nozze tra Yoox e Net-a-porter”. “Nasce un colosso del lusso online con due milioni di clienti e 1,3 miliardi di ricavi”. “A Richemont il 50 per cento del nuovo gruppo. Il titolo vola in Borsa: + 11 per cento”.
A fondo pagina: “Lufhtansa rischia risarcimenti senza limiti”. “La compagnia ammette: sapevamo della depressione del pilota”.
Il Giornale: “Renzi tra ladri e disoccupati”. “Lo scandalo di Ischia sfiora l’esecutivo. Intercettata la sottosegretaria Ncd Vicari. Si dimette il sindaco dell’isola. È vicino a Guerini, fedelissimo del premier”.
E poi: “I dati Istat smentiscono il governo: calano i posti di lavoro”.
In apertura le vicende di Forza Italia: “Le manovre della politica. Alfano sposa il Pd. E la famiglia Bondi lascia Forza Italia”.
A centro pagina: “‘Arrestato senza prove, ora faccio il volontario'”. “Giuseppe Orsi, ex numero uno di Finmeccanica”.
Da segnalare un articolo di Vittorio Feltri: “Toh, ora i compagni scoprono il fetore delle intercettazioni”.
Turchia
Le prime tre pagine de La Repubblica sono dedicate all’assalto al Tribunale di Istanbul, con il sequestro del magistrato Mehmet Selim Kiraz da parte del gruppo marxista-leninista Dhkp-C, che – ricorda l’inviato Marco Ansaldo – è un’organizzazione attiva in Turchia dagli anni Settanta ed è qualificato come gruppo terroristico – e fuorilegge – tanto sulle rive del Bosforo che in Occidente. Nel 2013 ha formato un attacco suicida contro l’ambasciata americana ad Ankara, con l’uccisione -insieme all’attentatore – di un soldato a guardia dell’edificio. Lo scorso gennaio un militante dell’organizzazione aveva sparato agli agenti della Piazza Taksim di Istanbul, cuore della protesta di Gezy Park.
E il magistrato non era “un obiettivo a caso”, perché era l’uomo incaricato di coordinare le indagini sulla morte del quindicenne Berkin Elvan, ucciso “casualmente” dopo 9 mesi di agonia da un candelotto lacrimogeno sparato dalla polizia durante le proteste di Gezy Park. I due aggressori hanno puntato una pistola alla tempia del magistrato: e la foto con la bandiera delle “brigate rosse” turche con una stella a cinque punte ha fatto il giro del mondo. Ansaldo ricorda che Erdogan, allora premier di Turchia, bollò quei manifestanti come “capulcu” (vandali), migliaia furono gli arresti mentre gli agenti se la cavavano in una generale impunità malgrado i morti (otto) e i feriti vittime della repressione. Erdogan accusò il ragazzino morto di essere un membro di un’organizzazione terrorista: l’identità dell’agente che gli sparò in faccia è stata comunicata dalla polizia al procuratore Kiraz solo poche settimane fa, e non risulta indagato. Insomma, “il gruppo terrorista ieri ha rotto gli argini di una protesta molto sentita nel Paese, ma con un’operazione di puro stampo terroristico”.
Adriano Sofri firma un commento su questa vicenda: “Sangue in nome di Berkin, il ragazzino eroe per caso freddato mentre comprava il pane”. È stato una vittima casuale, infatti, ma “è stato trasformato dalla piazza nel simbolo della giustizia negata”. Scrive Sofri che “nel giustizialismo” dei militanti del Dhkp-C “c’è una buona dose di spettacolarità infantile: l’investitura di un tribunale del popolo, o la richiesta di far andare il poliziotto sparatore in televisione a confessare, come se una confessione imposta tenendo un ostaggio con la pistola alla tempia fosse accettabile. Ma c’è soprattutto, molto più profondamente, voluta o no -l’equivoco sul proprio altruismo è fin troppo possibile- la confisca di una giustizia negata dai colpevoli e rivendicata dalle vittime,che ne finiscono espropriate”.
Il quotidiano intervista Burhan Sonmez, uno dei leader della rivolta, che descrive la Turchia come un Paese “attraversato da un’instabilità sempre più grande”, peraltro alla vigilia di elezioni che si terranno tra due mesi: “quello che sta succedendo in queste ore non è altro che la spia di un malessere più grande”. Sonmez ricorda che Berkin Elvan era diventato uno dei simboli della repressione: uscito di casa per comprare il pane, era stato colpito alla testa da una granata e chi ha causato la sua morte non è mai stato trovato. “Nel quartiere di Kizilay, da Ankara, un uomo si era presentato con una pagnotta di pane a terra e un cartello con su scritto ‘Io sono Berkin’, in poco tempo si sono molti si sono uniti a lui in un sit-in pacifico e silenzioso”.
Su La Stampa è Marta Ottaviani ad occuparsene: “Istanbul, assalto al tribunale. Ucciso giudice in ostaggio”, “Gruppo marxista-leninista sequestra il magistrato che indagava sugli scontri a Gezy Park. Il blitz delle teste di cuoio finisce nel sangue”. “È stato subito chiaro a tutti che si è trattato di un sequestro non contro la magistratura ma contro lo Stato”, scrive Ottaviani. Il padre di Berkin è riuscito ad entrare in contatto con i terroristi prima del blitz e li ha scongiurati, invano, di lasciare andare il magistrato. Ora il Paese aspetta chiarimenti dal governo di Ankara, che ha taciuto per tutto il giorno.
Un altro articolo, da Ankara, di Piero Castellano, si occupa poi del “martedì nero” del Paese, stretto ieri tra il terrorismo e un black out che ieri ha colpito 80 province della Turchia ed è durato quasi 3 ore.
Su Il Fatto: “Erdogan e le ombre dello ‘Stato profondo’”, di Roberta Zunini: non solo ‘Lupi grigi’ e ultrà, il ‘sultano’ vuole cambiare la Costituzione, ma l’apparato trasversale non lo sostiene più e potrebbe dare fastidio il tentativo di Erdogan di trasformare la Turchia in repubblica presidenziale. Lo “Stato profondo (pezzi di servizi, militari e imprenditori riuniti in una sorta di loggia), che è sempre stato in grado di strumentalizzare tutto e tutti, potrebbe trarre beneficio” anche da questo clamoroso gesto terrorista.
Sul Sole: “Terrore a Istanbul, ucciso il giudice di Gezi Park”. Sul quotidiano si ricorda che mancano due mesi alle prossime elezioni politiche, e che l’Akp potrebbe “essere tentato da nuove misure repressive”, mentre gli ultimi dati economici parlano di un Pil che cresce del 2,9 per cento, non abbastanza, “molto lontano” da quella “soglia psicologica” del 5 per cento ritenuta necessaria per offrire lavoro ai giovani che a centinaia di migliaia ogni anno si affacciano sul mercato del lavoro turco. In un commento il quotidiano di Confindustria scrive che la Turchia “sembra schiacciata tra problemi di stabilità sociale – su cui cresce il terrorismo – e problemi di crescita economica che sembravano inconcepibili fino a poco tempo fa”.
Sul Corriere, Antonio Ferrari si sofferma sulle analogie tra il terrorismo rosso turco di oggi e quello italiano degli anni Settanta. Spiega che tuttavia ieri molti manifestanti si sarebbero concentrati davanti al Palazzo di giustizia per “inneggiare al martire Berkin”, e “quindi sostenendo e non condannando l’azione terroristica del Fronte rivoluzionario”.
Iran
Su La Repubblica, le pagine 4 e 5 si occupano della trattativa sul nucleare iraniano: “Iran, trattativa a oltranza, accordo sul nucleare a un passo, ‘Progressi sufficienti per continuare’”. Gli Usa sono “ottimisti” ma avvertono: “Teheran ha poche ore per decidere”. Una lunga analisi di Bernardo Valli sottolinea che “dietro gli ayatollah resta un enigma che allarma tutto il mondo arabo”, perché l’Iran, promosso interlocutore degli Stati Uniti, “suscita il panico nella regione”. E il Medio Oriente, scrive Valli “è in preda al caos”: “I nemici diventano alleati e gli alleati nemici”. Il mondo sunnita è in grande allarme, perché teme che l’Iran possa usufruire di un sempre più forte prestigio: è già presente nelle aree più agitate (in Libano ha come alleato Hezbollah; a Damasco contribuisce a tenere in piedi il despota Bashar el-Assad; a Baghdad le milizie sciite inquadrate spesso da graduati iraniani costituiscono la fanteria, insieme ai curdi, sulla quale contano gli aerei della coalizione). L’Arabia saudita partecipa alla coalizione contro l’Is e quindi usufruisce della “fanteria” sciita, ma al tempo stesso combatte gli sciiti che hanno preso il potere nel vicino Yemen.
Alle pagine seguenti, una pagina di “domande e risposte” sulla trattativa di Losanna compilata da Aliz Van Buren: “Dai reattori dello Scià alle centrifughe segrete, ecco i nodi del negoziato sulle centrali di Teheran”, “Sul tavolo di Losanna la questione cruciale: come impedire che gli ayatollah si avvicinino all’atomica dopo l’accordo. Le difficoltà dei controlli e il pericolo delle scorte di uranio”.
Su La Stampa, Maurizio Molinari: “Nucleare, gli Usa vedono l’intesa. Ma Israele: fermeremo l’Iran”. Inaugurando la nuova legislatura, il premier israeliano Netanyahu ha spiegato: “L’intesa che stanno scrivendo a Losanna lascerà all’Iran gli impianti sotterranei, il reattore di Arak e le centrifughe più avanzate” e ciò significa che “secondo le nostre stime il tempo necessario all’Iran per creare una bomba atomica sarà ridotta a meno di un anno, o forse a molto meno di questo”. Si riferiscono poi le dichiarazioni di un ex collaboratore di Netanyhau, Dore Gold, che, parlando dei rischi del nucleare iraniano, ha sottolineato che questo “obbligherà Israele ad adottare delle contromisure” all’intesa di Losanna, d’intesa con i Paesi sunniti accomunati dal timore di una “egemonia regionale iraniana”. E, ha detto Gold, l’Arabia saudita “ha fatto sapere che in risposta all’Iran nucleare “si doterà delle stesse potenzialità”.
Sul Corriere, Paolo Valentino parla dei “due scienziati del Mit” e della “diplomatica”. I due scienziati sono Ernest Moniz, segretario all’energia Usa e Akbar Salehi, capo dell’agenzia nucleare iraniana, fisici entrambi, entrambi formatisi al Mit. La diplomatica è Helga Schmidt, “la donna più alto in grado della diplomazia tedesca”, numero due di Federica Mogherini, che conosce “ogni dettaglio” della trattativa nucleare.
Sul Giornale Fiamma Nirenstein: “Dietro le trattative i soliti stratagemmi del regime”. “Per Israele l’accordo regalerà a Teheran l’atomica entro un anno. E ora anche Egitto e Arabia vogliono la bomba”.
Ischia
Sul Giornale si legge che “nella rete di intercettazioni non omissate (molto è stato espunto per coprire le indagini ancora in corso) e finite nell’ordinanza del gip Amelia Primavera” sarebbe anche presente – “solo de relato – anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, fedelissimo renziano fin da quando Matteo era sindaco a Firenze e Lotti suo capo di gabinetto. Nell’inchiesta sulla metanizzazione, lo tira in ballo proprio il sindaco finito in manette, Giosi Ferrandino, considerato vicino al renziano Lorenzo Guerini. Il sindaco al telefono con un’amica del fratello spiega di essere a Roma in vista delle europee (sarà primo dei non eletti del Pd) e che ‘deve parlare con Luca Lotti’. L’altro componente dell’esecutivo citato nelle intercettazioni è la senatrice Ncd Simona Vicari, sottosegretario allo Sviluppo economico con Letta e poi con Renzi”, citata in una mail da capo delle relazioni istituzionali di Cpl. Si parla di uno stanziamento di fondi “su nostra indicazione” approvato al Senato su per l’impegno della Vicari. Quanto a Renzi sarebbe stato intercettato in conversazioni con il “generale delle fiamme gialle Michele Adinolfi, intercettato perché la procura di Napoli l’aveva indagato per corruzione proprio per l’inchiesta sulla metanizzazione di Ischia sfociata negli arresti di lunedì scorso”.
Anche sul Corriere la carte della inchiesta di Ischia, in cui si parla dell’ordine da parte della Cpl Concordia alla azienda La Madeleine di Massimo D’Alema si spumante e vino rosso per 22500 euro. “Complessivamente i versamenti ammontano dunque a 87 mila euro in tre anni. Soldi che i vertici della cooperativa sostenevano di aver elargito ‘perché è molto più utile investire negli Italianieuropei’. E di questo si parlerà domani nel corso degli interrogatori di garanzia di Francesco Simone, che curava le pubbliche relazioni dell’azienda, e del presidente Roberto Casari, entrambi arrestati per dall’associazione per delinquere, corruzione, turbata libertà degli incanti, riciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti”. Secondo il quotidiano “chiarimenti sulla natura di questi rapporti potrebbero essere chiesti allo stesso D’Alema”. Nelle conversazioni intercettate si parla anche con una dipendente di Italianieruopei per l’acquisto di 500 copie di un libro che D’Alema doveva presentare ad Ischia. La Cpl Concordia secondo i magistrati sceglie di concentrare i suoi versamenti verso il “mondo politico istituzionale”, “ovvero a quelle fondazioni o associazioni che in qualche modo sono espressione di tale mondo”.
Su La Stampa: “Tangenti a Ischia, il giudice pronto a sentire D’Alema”, “E l’Anticorruzione di Cantone chiede la carte”. Si tratta di un “reportage” a Napoli di Guido Rutolo, in gran parte incentrato sulla “graticola” su cui è finito Massimo D’Alema con la sua Fondazione Italiani-Europei. La Procura potrebbe ascoltarlo come “testimone d’interesse” per verificare la natura dei rapporti delle coop Cpl e la politica. Come testimone, non come indagato, insomma. E non perché la cooperativa ha versato 20 mila euro alla fondazione; e neppure perché la cooperativa, su richiesta di D’Alema, ha acquistato mille bottiglie di spumante prodotto dall’azienda della moglie di D’Alema nel 2013 e regolarmente fatturate per 14.600 euro (l’anno seguente, mille bottiglie di vino rosso per 7.900 euro); o perché la stessa cooperativa ha comprato a prezzo intero cinquecento copie del libro “non solo euro” scritto dall’ex premier, anche in questo caso, con regolare registrazione per 4.800 euro. Il problema è che si tratterebbe di approfondire la frase del responsabile relazioni esterne della cooperativa Francesco Simone (“D’Alema mette le mani nella merda..come ha fatto già con noi”). Cosa avrebbe fatto D’Alema per la cooperativa? E se lo ha fatto, era pubblico ufficiale o semplice cittadino?
Il Corriere intervista Massimo D’Alema, che “non trova ragione e giustificazione” dell’inserimento del suo nome nell’ordine di arresto per le tangenti di Ischia. “Si parla di un’ipotesi di reato, tutta da dimostrare, in cui io non c’entro. Non c’era alcuna necessità di utilizzare intercettazioni fra terze persone, senza valore probatorio, dove si parla di me de relato. Allora mi viene il sospetto che ci sia un motivo, per così dire, extra-processuale”, perché “dubito che la notizia dell’arresto del sindaco di Ischia e qualche suo presunto complice sarebbe finita sulle prime pagine dei giornali, se nell’ordinanza non fossero stati citati D’Alema, Tremonti, Lotti o qualche altro personaggio di richiamo. Ma se questa fosse la logica che ha ispirato i magistrati, ci sarebbe da preoccuparsi”. D’Alema ricorda di esser stato indagato e “sempre prosciolto” in passato, e anzi “un pm ha dovuto risarcirmi per i tempi troppo lunghi di accertamento della verità, a spese dei contribuenti, come credo che per altre ragioni sia capitato pure al pm di Napoli titolare di questa indagine. Credo però che l’organo di autogoverno della magistratura, il Csm, ma anche l’Associazione magistrati, dovrebbero esercitare una maggiore vigilanza affinché certe misure non siano superate e la magistratura non si delegittimi da sola. Non ritengo legittimo un uso delle intercettazioni come quello che è stato fatto nei miei confronti”. Sul vino D’Alema dice che è citato nelle guide enogastronomiche. Alla domanda del Corriere (“L’acquirente dice che fu lei a chiedere di comprare…”) risponde: “Nel particolare non mi ricordo. Ma in generale consiglio a tutti di comprare il nostro vino. Spero non sia un reato grave… “Italianieuropei, la fondazione che presiede, raccoglie finanziamenti privati”, dice, e “non ha mai beneficiato di finanziamenti pubblici, ma ha sempre vissuto con il sostegno di semplici cittadini e imprenditori. Sono favorevole a regole di maggiore trasparenza nel finanziamento delle fondazioni, magari accompagnate con qualche serio incentivo fiscale. Ma episodi come quello di cui stiamo parlando spaventano le persone e le allontanano anche da legittime attività di sostegno”.
Sul Corriere Sergio Rizzo parla della “selva oscura” delle Fondazioni, scrive che ci sono in tutta Europa ma in Italia manca la trasparenza, “alimentando il sospetto che la funzione principale di queste fondazioni, moltiplicatesi in modo esponenziale negli ultimi anni proprio mentre l’opinione pubblica premeva per imporre ai partiti regole più stringenti, sia decisamente più prosaica”. Si cita un emendamento, nel 2012, di Linda Lanzillotta e Salvatore Vassallo che mirava a imporre le stesse regole di trasparenza previste per i partiti anche alle fondazioni, fu impallinato da destra e da sinistra”, che oggi c’è ma è “inapplicabile”, nel senso che prevede che valga solo per le fondazioni i cui ‘organi direttivi’ siano nominati ‘in tutto o in parte’ dai partiti medesimi. Neppure una di quelle esistenti ricade in questa fattispecie. E siccome chi l’ha scritta non ha l’anello al naso, la norma aggiunge che le regole di trasparenza, (per esempio la pubblicazione online di tutti i contributi di entità superiore a 5.000 euro) si applicano anche a quelle fondazioni che destinano più del 10 per cento dei proventi al finanziamento di attività politiche”.
“Il trucchetto delle fondazioni per nascondere mazzette” è il titolo di un articolo de Il Giornale, che ha contato 105 fondazioni, che “lievitano a vista d’occhio” perché “offrono diversi vantaggi, soprattutto in tempi di magra per il finanziamento pubblico ai partiti”, visto che accedono al 5 per mille, ricevono fondi pubblici, hanno sgravi fiscali, “non sono tenute a dichiarare chi le finanzia, neppure a depositare un bilancio, tutto al riparo da sguardi indiscreti. ‘Non siamo neppure obbligati a tenere una contabilità ufficiale delle erogazioni che riceviamo’ racconta il presidente di un’importante fondazione politica, legata ad un ex ministro”. Si ricorda che Italianieuropei esiste da oltre 15 anni. “Il volume celebrativo edito per l’occasione riporta anche un po’ di cifre e di nomi. Circa 350 mila euro di donazioni, arrivati da big come la Glaxo, multinazionali del tabacco come Philip Morris, aziende di elettrodomestici come Merloni, e poi Pirelli, Ericson, e una serie di coop: Coop Estense, Legacoop Imola, Lega Nazionale Coop e Mutue, Lega Ligure delle Coop…”.
Orsi
Il Giornale intervista l’ex presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi, prosiolto dal Gip di Busto Arsizio per l’ipotesi di un illecito finanziamento alla Lega Nord. “Peccato che ci siano voluti quattro anni, le dimissioni da amministratore delegato e presidente di Finmeccanica, in pratica la più grande industria italiana, un danno d’immagine per il sistema Italia incalcolabile, decine di titoli di giornale che ricamavano su tutto il ricamabile”, scrive il quotidiano. “La stessa Procura, dopo anni e anni di indagini, ha chiesto e ottenuto l’archiviazione perché su questa storia dei 10 milioni che avrei girato alla Lega, tirandoli fuori come una costola da un’altrettanto inesistente tangente indiana, non c’era nulla di nulla”, dice. E poi: “Sono stato 83 giorni in cella a Busto Arsizio senza prove. C’erano solo le calunnie di un ex dirigente, Lorenzo Borgogni, che ho querelato. È stato lui a raccogliere le malevolenze di alcune persone interne all’azienda, a soffiare sul fuoco costruendo l’accusa”. Orsi spiega che “l’indagine è partita da Napoli, da Woodcock, poi è stata trasferita a Busto. Bene, dopo mesi e mesi di inchieste, una bella mattina di febbraio del 2013 vengo arrestato. Scusi, ma perché prima non mi hanno almeno interrogato? Tu puoi considerare che il numero uno di Finmeccanica sia un corruttore internazionale, ma dovresti porti il problema del danno al Paese. Invece, mi hanno messo in cella con una sfilza di accuse terrificanti, dalla corruzione internazionale al riciclaggio, che poi sono cadute. E il governo non ha mosso un dito”.
Derivati
Sul Sole 24 Ore la notizia della richiesta di archiviazione da parte della Procura di Roma per l’ipotesi di reato di truffa aggravata, manipolazione del mercato ed abuso d’ufficio per Maria Cannata, direttore generale del Ministero dell’Economia, iscritta da oltre un anno nel registro degli indagati nell’ambio del procedimento riguardante oltre 3 miliardi di euro pagati dal Tesoro a Morgan Stanley, quando la banca d’affari chiuse anticipatamente il contratto di derivati stipulato con l’Italia per il peggioramento del nostro rating. Si chiama clausola di “early termination”, ed è stata “sottoposta anche ai raggi x di una consulenza tecnica” della pubblica accusa, che ha concluso che era “legittimamente inserita nel contratto, legittimamente esercitata dalla banca americana e doverosamente rispettata dal Tesoro, che non aveva alternative ‘praticabili’. Pertanto, ‘non sono oggettivamente ravvisabili’ i reati ipotizzati e la Cannata, per i Pm, ‘è esente da responsabilità'”. Per la stessa ragione, scrive il quotidiano, è stata chiesta l’archiviazione per i responsabili politici Padoan e Monti. I procedimenti erano nati da due esposti presentati il 5 marzo da Elio Lannutti, Rosario Trefiletti, Arturo Diaconale e Walter Biscotti, finiti prima a Trani e poi tornati a Roma.
Spending
Sul Corriere della Sera la notizia che da ieri sera sul sito revisionedellaspesa.gov.it sono stati pubblicati dal governo i 19 rapporti dei 19 gruppi di lavoro coordinati dall’ex commissario alla spending review Cottarelli, che ha lasciato il suo incarico alcuni mesi fa. Intanto il governo – scrive il quotidiano – “si appresta a cambiare il timoniere” per la revisione della spesa. Nella proposta Cottarelli si ipotizzavano risparmi di 7 miliardi minimo nel 2014, che sarebbero diventati 18 nel 2015 e 34 nel 2016, e che sarebbero stati possibili senza tagli all’istruzione e senza “stravolgere il welfare state”. Al posto di Cottarelli il premier Matteo Renzi dovrebbe incaricare della spending review Yoram Gutgeld, deputato Pd e consigliere di Palazzo Chigi, insieme all’economista Roberto Perotti.
Anche Il Messaggero dà rilievo ai documenti elaborati da Cottarelli, e si sofferma su un aspetto: “I tagli di Cottarelli: licenziamenti facili per gli statali, scure sulla politica”. Sui licenziamenti il documento diceva che il “problema vero” è la “ritrosia” del management pubblico a ricorrere allo strumento del licenziamento per scarso rendimento.
Governo
Su La Stampa: “Mini-rimpasto di Renzi. Delrio alle Infrastrutture e Lotti plenipotenziario”, “Al sottosegretario più giovane i dossier di Palazzo Chigi. E il premier alla fine concede un dicastero al Ncd”. Quasi certamente, scrive Fabio Martini, il sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio, giurerà da nuovo ministro delle Infrastrutture. Sulla stessa pagina, occupandosi del “personaggio” Delrio, Carlo Bertini scrive: “Matteo blinda il dopo Lupi con un suo fedelissimo”, “Il ministero è fondamentale in vista dell’Expo”.
Su La Repubblica se ne occupa Giovanna Casadio: “Graziano, l’uomo-macchina fuori dal ‘giglio magico’”. “Cattolico ‘dossettiano’, il sodalizio con Renzi è nato nell’Anci quando entrambi erano sindaci”, “’Siamo venuti senza l’abito della festa’ è la frase-simbolo per dire che la politica servizio”. E alla pagina precedente: “Governo, ecco il rimpasto. Delrio alle Infrastrutture, braccio di ferro Renzi-Alfano, una donna agli Affari regionali”, “L’attuale sottosegretario sostituirà Lupi. Al suo posto corsa tra Lotti e Richetti. Tra oggi e domani le nomine”.
Il Fatto: “Renzi ci pensa: voglia di Boschi a Palazzo Chigi”, “Il premier potrebbe portare la ministra al posto del sottosegretario Delrio (spedito alle Infrastrutture). Per affossare le riforme è pronto Quagliariello”. Scrive Wanda Marra che il trasferimento di Delrio alle Infrastrutture è l’unica certezza: il premier avrebbe così una persona di stretta fiducia a gestire dossier fondamentali come le Grandi Opere. Ma chi va a Palazzo Chigi? I centristi sarebbero pronti a indicare il ministro Boschi, che lascerebbe il dicastero delle Riforme a Gaetano Quagliariello, coordinatore de Ncd che è stato anche tra i “saggi” di Napolitano sulle riforme e che quel ministero “sogna da sempre”, secondo la Marra.
Secondo Il Corriere, “Sarà oggi, domani o al massimo venerdì, ma la scelta ormai dovrebbe essere cosa fatta. Salvo sorprese dell’ultim’ora, sempre possibili, quando si parla di Matteo Renzi, il nuovo ministro delle Infrastrutture sarà Graziano Delrio”. Il suo allontanamento da Palazzo Chigi lascerebbe vuota una casella “di importanza notevole”, e tra le ipotesi ci sono nomi “appartenenti alla stretta cerchia” di Renzi, ovvero Boschi, Lotti e Guerini. Ma tutti e tre per vari motivi sono inamovibili da dove sono. Quanto all’Ncd, a loro “andrà quindi il ministero degli Affari regionali con la delega ai fondi europei”. Potrebbe essere Quagliariello o una donna, tra la senatrice Federica Chiavaroli, la deputata Rosanna Scopelliti, Valentina Castaldini, portavoce del Nuovo centrodestra ed Erminia Mazzoni, ex parlamentare europea.
Legge elettorale, Bersani
Su La Repubblica, pagina 11: “Italicum, l’8 aprile il via alla Camera”, “Minoranza Pd in trincea ma divisa. Speranza e Cuperlo sperano ancora nella mediazione col premier. D’Attorre: ‘Meglio il Consultellum di una cattiva legge’. I Giovani Turchi: ‘Battaglia di retroguardia’”. E sulla stessa pagina, un “colloquio” di Goffredo De Marchis con Pierluigi Bersani che dice: “Ma Renzi non ha più i numeri. Scissione? Assuma lui il problema”. “Se il premier continua così anche io chiederò di essere sostituito in commissione. La fiducia? Una sola volta è stata posta su questi argomenti: nel 1953, sulla legge truffa”, “Le preferenze sono un falso problema. Fanno schifo. Ma se a Renzi non piacciono, perché non abolisce le primarie?”, “Si punta a un sistema che non esiste da nessun’altra parte nel mondo: Europa e Usa non sono governati da baluba”.
Lega-FI
“Quasi fatta con la Lega, ma FI perde i pezzi” si legge sul Sole 24 Ore. “Berlusconi vede Salvini: accordo sul Veneto, Toti in Liguria, nessuna lista di disturbo contro Caldoro in Campania. Bondi e Repetti lasciano il gruppo al Senato”. Nell’articolo si legge che questa ipotesi trova conferme in Forza Italia ma non ancora nella Lega, tanto che in Liguria il candidato Rixi continua a fare campagna elettorale e dice di non aver ricevuto nessuno stop, mentre a Napoli proprio ieri sono apparsi manifesti “con il faccione di Salvini”. Quanto ai problemi interni a FI, ieri da Palazzo Grazioli è stato mandata una “nota indirizzata ai Ricostruttori”, ovvero i seguaci di Fitto, che avevano chiesto almeno 15 posti in lista alle prossime regionali pugliesi. “Non ci sono preclusioni ma la decisione finale sarà di Berlusconi e del commissario regionale”, si dice da Forza Italia.
Su La Repubblica: “L’esplosione di Forza Italia. Anche Bondi e Repetti dicono addio al partito”. Con una intervista alla stessa Manuela Repetti: “Affidarsi al cerchio magico è stato l’errore di Silvio, altri lasceranno, è una faida”.
Sul Corriere del Veneto la notizia che Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, che l’altroieri era a Verona, ha chiesto alla Prefettura di “rivalutare la possibilità di nominare una commissione d’accesso per il Comune di Verona”. Secondo Bindi, Verona “è un punto di fragilità nella Regione dal punto di vista delle infiltrazioni” della criminalità organizzata”. “Qualsiasi altra amministrazione comunale nelle condizioni di quella di Verona avrebbe subito la proposta di scioglimento per infiltrazioni mafiose. A Verona la prefettura ha deciso invece, con grave sottovalutazione, di non procedere nemmeno con la commissione di accesso”, ha detto il vicepresidente della Antimafia Fava. La replica di Tosi è stata che quelle della Bindi, “mi sembrano francamente affermazioni strampalate, che ben si inseriscono nel clima di una campagna elettorale, utili solo a trovare spazio e titoli sui mass media”.
Libero oggi mette la notizia in prima pagina: “Bomba Bindi sulle elezioni in Veneto. La Commissione Antimafia vuol commissariare la Verona di Tosi”.
E poi
Sul Corriere una conversazione con Ayaan Hirsi Ali, per parlare del suo libro “Eretica, cambiare l’Islam si può”. L’intervista è stata realizzata a New York. “Dopo la primavera araba ho capito che moltissimi musulmani preferiscono un governo laico a un governo basato sulla legge islamica. E questo è molto importante”. “I genitori dei ragazzi partiti per lo Stato Islamico riconoscano che sono stati loro stessi a porre le basi ideologiche grazie alle quali l’Isis ha fatto leva sui loro figli”. Al giornalista che chiede se rimpiange le sue “invettive più incendiarie” di alcuni anni fa risponde di no, e che comunque le critiche più feroci non le vennero dai musulmani ma dai “liberali e dagli atei”.
Ancora sul Corriere Maria Laura Rodotà parla di Elisabeth Warren, la liberal che “agita i democrats, fa sognare i Repubblicani, innervosisce i banchieri”. La domanda è se si candiderà contro Clinton nel 2016. Lei ripete di non volersi candidare, ma è stato già creato un comitato che si chiama Run Warren Run.