Il Corriere della sera: “Assalto al covo del terrore. Parigi, trovato il gruppo che preparava altri attentati: 8 arresti. I media Usa: morta ‘la mente’. Una donna si è fatta esplodere. Juncker: ‘Le spese per la sicurezza fuori dal patto di Stabilità'”.
A centro pagina: “San Pietro, il Duomo, la Scala. L’allarme dell’Fbi per 4 città”.
Da segnalare in prima anche un intervento firmato dallo scrittore Michel Houellebecq: “Io accuso Hollande e difendo i francesi”.
L’editoriale è firmato da Paolo Mieli: “Le colpe di Assad (l’alleato)”.
La Repubblica ha in prima una foto di controlli di polizia in Piazza San Pietro: “L’Fbi lancia l’allarme in Italia. ‘Parigi, ucciso il capo dei killer’”, “I servizi Usa: San Pietro, Scala e Duomo nel mirino. ‘Attacchi come in Francia’. Segnalati 5 sospetti. Saint-Denis, blitz di 7 pre delle forze speciali: 3 vittime. ‘Morto Abaooud’. Donna kamikaze si fa esplodere”.
A questo tema sono dedicate le analisi e le cronache di Bernardo Valli, Adriano Sofri, Daniele Mastrogiacomo, Anais Ginori, carlo Bonini, Giuliano Foschini, Fabio Tonacci.
Il quotidiano è oggi in edicola con un inserto: “Parigi anno zero”. Che contiene, tra gli altri, i contributi di Ian Buruma, Tzvetan Todorov, Daniel Pennac, Christian Salmon. Slavoj Zizek, Enzo Bianchi, Ayaan Hirsi Ali, Paul Krugman.
Sulla politica italiana, a fondo pagina: “I Cinque Stelle: ‘Soldi agli statali che denunciano la corruzione’”.
La Stampa: “Fbi: allarme terrorismo in Italia”, “Dopo la generica segnalazione dagli Usa su san Pietro e Scala, sicurezza innalzata a Roma e Milano”, “Parigi, assalto al covo dei terroristi: donna si fa esplodere, forse uccisa la mente degli attentati”, “Putin a Washington: i vostri raid volutamente deboli. Hollande ottiene il sì dall’Ue: spese per difendersi fuori dal patto di stabilità”.
Una foto del presidente siriano più in basso, a corredo dei titoli relativi ad una intervista al Tg1: “A casa di Assad: ‘Isis? Colpa degli Usa’”, “Nessun bunker, il presidente vive nella sua villa di Damasco. Ed è pronto a negoziare”.
Anche su La Stampa gran parte dei commenti e delle cronache in prima sono dedicati alle ripercussioni della strage di Parigi: ne scrivono Gianni Riotta, Cesare Martinetti, Niccolò Zancan, Alberto Mattioli, Marco Bresolin.
Sulla colonna a destra, l’intervista a Gianroberto Casaleggio: “’Gli altri sono senza benzina, noi pronti’”, “Se non si affrancano dai fondatori il movimento muore. Di Maio o Di Battista leader? Il capo del M5S è il movimento stesso”.
Sulla legge di stabilità: 2Manovra, stretta sugli affitti in nero”, “Spunta una mini-sanatoria per i co.co.co della ricerca. Tasi, sconti anche a forze dell’ordine e separati”.
Il Manifesto ha in prima una grande foto dell’assedio di ieri a Saint-Denis, con la gente del quartiere che si allontana dalle case in una folla di poliziotti. Il titolo: “Senza quartiere”, “Ore di paura a Parigi, blitz a Saint-Denis sotto assedio, kamikaze si fa esplodere, otto gli arresti. Hollande ‘repubblicano’ ai sindaci: ‘Restringere la libertà ma per recuperarla in futuro’. Il parlamento vota oggi il prolungamento dello stato d’emergenza. Juncker (Ue): ‘Le spese per la sicurezza fuori dal fiscal compact per tutti’. A Raqqa, la capitale dell’Is sotto i raid alleati, i jihadisti preparano trincee”.
Del tema si occupa Massimo Villone (“Stato d’emergenza”, “I pericoli della stretta”).
In prima anche il richiamo ad una intervista allo storico Pascal Blanchard (“La fenice jihadista è nata dalle rovine repubbblicane”).
Sulla politica italiana: “Landini-Bettazzi, dialogo nella ‘casa’ di Don Gallo” (a Genova). E poi le notizie sulla manifestazione “sabato a Roma contro il terrorismo”.
In prima anche un commento di Marco Revelli: “Una sinistra fuori le mura”.
Poi, sulla sicurezza: “Leggi speciali per gli 007. Fbi: ‘San Pietro e Duomo nel mirino’”.
E ancora sul “dopo Parigi”: “Le atrocità dell’Is sulla pelle dei profughi”.
Il Giornale: “Italia, allarme rosso. Alzato il livello di sicurezza. L’Fbi ci avverte: nel mirino Vaticano, Scala e Duomo di Milano. San Pietro deserta, più posti di blocco. Parigi, blitz nel covo dei jihadisti: 8 arresti e 3 morti, giallo sull’uccisione della ‘mente’ dell’attacco”.
“Via libera di Bruxelles: arrivano i soldi per fare la guerra”.
In prima anche la foto del cane Diesel, morto ieri nel blitz anti Isis a Parigi.
A fondo pagina: “Centrodestra, no a Marchini. Candidati comuni ovunque” dopo il confronto tra Berlusconi, Salvini e Meloni.
Il Sole 24 ore: “Patto Ue, fuori le spese per la difesa”. “Juncker apre alla flessibilità di bilancio per sostenere investimenti straordinari per la sicurezza e l’antiterrorismo”.
“Renzi: giusto, vale anche per noi. Per l’Italia bonus da 500 milioni.
Di spalla: “Parigi, assalto al covo jihadista. ‘Preparavano nuovi attacchi’. Allarme Fbi su Scala e San Pietro”.
A centro pagina: “Casa, niente tassa per i separati. Sì alla stretta sugli affitti in nero”.
“Manovra verso la fiducia. Per i money transfer il tetto di contante torna a mille euro”.
Francia, Siria, Isis
Sul Corriere un intervento dello scrittore Michel Houellebecq che scrive che, a differenza di quanto fece il 7 gennaio, non ha quasi neppure acceso la tv “Ci si abitua, anche agli attentati”. E poi: “Keep calm and carry on. Mantieni la calma e vai avanti. D’accordo, faremo proprio così (anche se – ahimè – non abbiamo un Churchill alla guida del Paese). Contrariamente a quanto si pensi, i francesi sono piuttosto docili e si lasciano governare facilmente, ma questo non vuol dire che siano dei completi imbecilli” e “La situazione incresciosa nella quale ci ritroviamo è da attribuire a precise responsabilità politiche”. Lo scrittore definisce Hollande “l’insignificante opportunista che occupa la poltrona di capo di Stato” e critica anche ” il ritardato congenito che svolge le funzioni di primo ministro”. “Chi è stato a decretare i tagli nelle forze di polizia, fino a ridurle all’esasperazione, quasi incapaci di svolgere le loro mansioni?
Chi ci ha inculcato, per tanti anni, che le frontiere sono un’assurdità antiquata, simbolo di un nazionalismo superato e nauseabondo? Si capisce subito che tali responsabilità sono state largamente condivise”. “Quali leader politici hanno invischiato la Francia in operazioni assurde e costose, il cui principale risultato è stato quello di far sprofondare nel caos prima l’Iraq, poi la Libia? E quali governanti erano pronti, fino a poco tempo fa, a fare la stessa cosa in Siria ?”.
Sullo stesso quotidiano Paolo Mieli si sofferma sulle conseguenze “sgradevoli” della scelta di posticipare la “questione Assad” e scrive intant sono stati abbanfonati “al loro destino” i ribelli anti-Assad, “quei «fantasmi» (la definizione è del ministro degli Esteri russo) sui quali Barack Obama aveva investito cinquecento milioni di dollari, ricevendone una delusione tale che già un mese fa era stata sospesa la generosa politica di aiuti”. E poi “dovremmo dimenticare (temporaneamente) che a novembre di quello stesso anno la Lega araba votò al Cairo una dura reprimenda contro la Siria anche in conseguenza del fatto che proprio in quei giorni, secondo un rapporto della Commissione di inchiesta indipendente dell’Onu, le forze di Assad avevano ucciso una quantità impressionante di oppo-sitori tra i quali ‘almeno 256 bambini'”. Uno dei tanti episodi per i quali “sarà dura dover abbassare lo sguardo ogni volta che qualcuno ci rinfaccerà le due o trecentomila uccisioni volute da Assad. Ma, se vogliamo che la guerra contro l’Isis sia efficace, è giunto il momento di accantonare (temporaneamente) questi ricordi. E di farlo a testa alta, senza infingimenti, ammettendolo apertamente. Tanto più che, probabilmente, questo non sarà neanche il peggiore dei compromessi che ci verranno chiesti. Del resto sarebbe da sciocchi pensare che si possa partecipare ad un’impresa così ambiziosa senza essere costretti a pagare un prezzo. Limitiamoci, per il momento, ad evitare gli eccessi indotti dal realismo politico, a non inoltrarci per sentieri che potrebbero condurci alla beatificazione del despota di Damasco”.
Su Il Giornale Gian Micalessin si occupa degli alleati della guerra al terrorismo per “comprendere chi sono gli amici e i nemici. Con chi possiamo fidarci di dichiarar guerra allo Stato Islamico senza il timore di venir accoltellati alle spalle”. “Difficile” annoverare la Turchia di Recep Tayyip Erdogan. sempre più “allineata ad Arabia Saudita, Qatar e Kuwait formando un sinistro poker di falsi alleati sempre pronti a collaborare con i nostri avversari più perniciosi”.
Sul Corriere viene intervistata la scrittrice Esamhan Aykol, che commenta le notizie sui fischi allo stadio di Istanbul durante il minuto di silenzio (si giocava una partita amichevole tra Grecia e Turchia). Dice che quelli che hanno fischiato e gridato Allahu Akbar allo stadio sono gli stessi che sui social network scrivono che a Parigi sono morti degli ubriaconi che amavano solo ballare e sentire musica. Ma “non ce l’hano solo con i parigini che bevono alcol sulle terrazze di Parigi”, ce l’hanno anche “con noi, laici e musulmani, e con tutti quelli che non accettano le loro regole conservatrici”. E poi dicono: “Se agli europei non importa della nostra lotta contro il terrorismo del Pkk e dei nostri morti perche’ noi dovremmo commuoverci per i loro?”.
Lo stesso quotidiano intervista Tariq Ramadan: “Ci si chiede: perche’ si piangono solo i morti di Parigi?”. “La mia sensazione e’ che dopo venti anni nulla sia cambiato, si fanno gli stessi discorsi di Bush dopo l’11 settembre”, dice. I fischi dello stadio di Istanbul “non hanno molto a che vedere con le questioni religiose”. Alla domanda se sia “arrivato il momento di tenersi Assad” risponde che assad e’ “il primo responsabile del terrorismo” e “se ne deve andare. Non si puo’ stare ne’ con i terroristi ne’ con lui”.
Islam, banlieues
Web
Su La Stampa l’intervista di Francesca Paci all’imam di Bordeaux, Tareq Oubrou, che dice: “Gli integralisti sono figli del caos. Vanno braccati e perseguiti”, “Hanno approfittato della libertà per ammazzarla”. Le indagini diranno se a Saint-Denis i terroristi avevano “legami. Io so che hanno approfittato della libertà. Sono giovani senza progetti né speranza, figli della cultura del caos”. Sappiamo però -fa notare Paci- che le radici del radicalismo non si esauriscono nella marginalità sociale. Oubrou: “Una parte è composta da delinquenti comuni che diventano delinquenti religiosi”. Tuttavia “non bisogna confondere la devozione ultraosservante con la radicalizzazione verso il terrorismo, se uno prende a vestirsi da salafita non significa che abbia abbracciato l’Isis”. Come si fa ad isolare i terroristi? “Conosciamo i loro siti, vanno braccati, appena dicono cose violente vanno perseguiti. La polizia ha i mezzi per farlo”.
Su Il ManifestoGuido Caldiron intervista lo storico del colonialismo Pascal Blanchard: “Lo spirito bastardo della République”, “L’ostilità verso ‘l’altro’ anche se nato e cresciuto in Francia e l’idea di una nazione di razza bianca si sovrappongono e convivono con i valori di libertà, uguaglianza, fraternità. Intervista a uno dei massimi studiosi della storia coloniale e francese”. Dice: “I giovani jihadisti annullano la propria individualità nell’invenzione di una identità. E in questa ricerca, la morte è ritenuta bene supremo”. Dice Blanchard:“non esiste un solo ‘giovane delle banlieue’, ma milioni di ragazzi che nascono e crescono in questi quartieri e che seguono diverse traiettorie”, “non si può racchiudere questa molteplicità nelle scelte di qualche migliaia di giovani che si sono avvicinati al radicalismo islamico e al terrorismo”, “e’ una parte ultraminoritaria del mondo giovanile dei quartieri popolari, come della comunità dei fedeli musulmani -che peraltro segnalo essere composta in Francia al 30% da convertiti che non provengono da famiglia di tradizione islamica”.
Su La Repubblica a pagina 12 Giuliano Foschini parla della mobilitazione prevista per domani: nei 2.500 luoghi di culto francesi, con la preghiera, si leggerà un testo di adesione alla Costituzione. “Il patto delle moschee contro il terrorismo: ‘Ora giuriamo fedeltà ai valori repubblicani’”. A Parigi, domani, alle 14:00, si terrà la grande manifestazione, promossa da Dalil Boubaker, il retore della Grande Moschea di Parigi.
Di fianco, un intervento del filosofo Abdennour Bidar, con copyright Le Soir: “Dissociarsi non basta, chi crede in Allah dimostri di essere un cittadino d’Europa”, “Il Califfato vuole scatenare il caos nelle nostre società e dividerci. Per non cadere nella trappola dobbiamo riscoprire la fraternità”.
L’inserto R2 de La Repubblica: “Parigi anno zero” contiene i commenti e le analisi, tra gli altri, di Ian Buruma (“Spegniamo il fuoco sacro dei terroristi”, “parlare di guerra può solo rallentare un processo che deve necessariamente aver luogo”, in riferimento agli sforzi per l’integrazione), Tzvetan Todorov (“Siamo feriti ma difendiamo la democrazia”, “Anche noi possiamo diventare ‘barbari’ come gli jihadisti”), Daniel Pennac (“Ora evitiamo lo spettacolo del dolore”, la “bulimia di informazione e il sensazionalismo mediatico trasformano immediatamente questa realtà in un nuovo show”), Paul Krugman (“Non possiamo arrenderci alla paura”, “il maggior pericolo per la nostra società non deriva dai danni diretti del terrorismo. Ma dalle reazioni sbagliate che questo è in grado di provocare”), Christian Salmon (va smontata una rappresentazione della realtà offerta dalle strategie comunicative della jihad, “una mitologia a base di personaggi come ‘il cavaliere eroico’, simile a videogame come ‘Call of Duty’”), Ayaan Hirsi Ali (per reagire agli attacchi i leader europei dovrebbero studiare le tecniche antiterrorismo di Israele, da sempre costretto ad affrontare la minaccia di attentati, prepararsi ad una vera battaglia culturale contro la propaganda del Califfo, pensare a una politica dei flussi molto diversa da Schengen perchè qunado si è nell’Ue è troppo facile spostarsi, così come è troppo facile ottenere la cittadinanza senza essere fedeli alle Costituzioni nazionali europee), Slavoj Zizek (“Ma i migranti sono vittime due volte”, sono “in fuga dall’islamofascismo dell’Is e poi bersaglio dell’odio xenofobo”), Silvia Ronchey (“la fiction occidentale del Califfato”, “l’Is descrive e oggettiva la nostra stessa demonizzazione dell’Islam”), Enzo Bianchi (“Non si può mai uccidere in nome di Dio”).
Su La Stampa si dà conto delle cifre del Global Terrorism Index e, allo stesso tempo, delle dichiarazioni di Re Abdullah di Giordania, che ieri ha parlato, al pari di Papa Francesco, di una terza guerra mondiale “a pezzetti”: “Vittime decuplicate dal 2001. Solo il 2,6% è in Occidente”, “Re Abdullah: l’Isis ha ucciso 100 mila musulmani. Ma i peggiori dono i Boko Haram”.
Il blitz di Parigi
La Repubblica racconta alle pagine 4 e 5, con un reportage di Anais Ginori, il blitz della polizia ieri a Saint-Denis, alle porte di Parigi: “Sette ore e 5 mila proiettili per uccidere Abaaoud, ‘Stava per colpire ancora’”, “Battaglia a Saint-Denis, una jihadista si fa esplodere: tre morti e otto arresti. Ma la fine della mente degli attacchi non è ufficiale”. La palazzina che è stata assediata per ore è in parte abbandonata, usata per spaccio e prostituzione, secondo il sindaco di Saint-Denis, che descrive l’immobile come uno “squat”. La kamikaze, Hasna Aitboulahcen, era la cugina di quello che si ritiene il mandante della strage di Parigi, ovvero Abaaoud.
L’inviato da Parigi Niccolò Zancan segnala che Hasna Aitboulahcen è la prima kamikaze in Europa: “Quell’ultimo grido di Hasna: ‘Lui non è il mio compagno’”, “Cugina del leader, ricercata e ‘ossessionata dalla jihad’. Prima di morire ha voluto far sapere che non era fidanzata”.
Su La Repubblica il reportage di Daniele Mastrogiacomo: “Da manager a terrorista suicida, storia di Hasna, la prima kamikaze nel cuore d’Europa”, “Si è fatta slatare in aria dopo un braccio di ferro con la polizia: era la cugina di Abadouud, il regista del commando”. Francese, 26 anni, imprenditrice, aveva frequentato ottime scuole con buoni risultati e lavorava in una società di costruzioni, la “Beko construction”, di cui venne dichiarato il fallimento nel 2014 (“forse una copertura -scrive Mastrogiacomo- forse un tentativo di creare qualcosa poi travolto dalla crisi economica”). La rivista Jeune Afrique, la prima che ha rivelato il suo nome, ha raccolto i ricordi di chi la frequentava e solo ora si scopre che era una fervente jihadista, ossessionata dall’idea di unirsi a Daesh e volare in Siria. Disprezzava la Francia, che considerava uno Stato “miscredente” da combattere.
Mia Bloom, esperta di terrorismo al femminile, dice, intervistata, che “altre potrebbero seguire il suo esempio”. Qualche mese fa l’Is ha pubblicato un documento in cui uno “sceicco” rispondeva alla domanda di una saudita sulla possibilità per le donne di combattere e immolarsi. Ha risposto di no, ma aggiungeva che le donne possono creare brigate e addestrarsi. Soprattutto, “diceva che se una donna si trova sola nel mezzo di un combattimento ed è circondata da uomini nemici, può farsi saltare in aria senza chiedere il permesso ad un uomo”.
Alle pagine 8 e 9: “Volevano far saltare Défense e aeroporto. Salah, il killer in fuga era passato per l’Italia”, “Un testimone chiave, poi la corsa contro il tempo. Così la polizia ha individuato il nascondiglio di Abdelhamid Abaaoud”. Ne scrivono Carlo Bonini, Giuliano Foschini e Fabio Tonacci da Parigi.
Daria Galateria su La Repubblica ricorda, a proposito di Saint-Denis, che gli eserciti di Francia invocavano il suo nome perché nella mitologia nazionale il borgo era la culla cristiana del Paese. La sua abbazia è dedicata al primo vescovo di Parigi, Dionigi, il santo decollato che, con il capo sul braccio, camminò dichiarando che solo il primo passo è difficile. Vi si rifugiò, evirato, Abaleardo. La basilica è il sacrario dei Re di Francia, il luogo di nascita del poeta Paul Eluard e dove ha vissuto Pierre De Geyter, autore de “L’Internazionale” e poi i pittori Paul Signac e Maurice Utrillo. Oggi i suoi 100.000 abitanti sono in gran parte musulmani.
Su Il Manifesto: “Blitz a Saint-Denis, kamikaze si fa esplodere”, “Banlieue con tassi alti di disoccupazione dove sono relegati gli stranieri”. Scrive Guido Caldiron: “se il fronte che i terroristi intendono imporre come scenario del conflitto alle autorità sono i quartieri popolari della grande metropoli, c’è il rischio che questa guerra la si perda in ogni caso già prima di averla combattuta o che la democrazia francese ne esca riportando delle ferite difficilmente rimarginabili”.
Su La Stampa, Cesare Martinetti da Parigi: “L’esperimento fallito di Saint-Denis, dove l’integrazione è solo apparente”, “I primi segnali già nel 2001 allo Stadio durante Francia-Algeria” (canti e boati per l’inno algerino, ottantamila fischi coprirono la Marsigliese mentre sullo schermo scorrevano le immagini dei volti impietriti dei giocatori in maglia blu, quasi tutti immigrati, da Zidane a Thuram). Il Comune di Saint-Denis -si ricorda nell’articolo- dista soltanto un chilometro e mezzo dallo Stade de France.
Sicurezza, indagini
Su La Repubblica, alle pagine 2 e 3: “’Nel mirino San Pietro, Duomo e Scala di Milano. Attacchi come a Parigi’, allarme dell’Fbi sull’Italia”, “I servizi segreti Usa segnalano 5 sospetti. L’ambasciata agli americani: attenti a ristoranti e luoghi di culto. Il Papa: ‘Giubileo, no a potre blindate’. I fedeli però disertano la piazza. Gabrielli: ‘Pronti ad abbattere i droni’”. Il livello d’allerta, scrive Mauro Favale, resta il 2, quello che precede un attacco in corso, anche perché minacce concrete per ora non ce ne sono. L’attenzione si fonda su intercettazioni captate dai servizi di sicurezza americani e riguarda chiese, sinagoghe e luoghi di aggregazione come bar e ristoranti. In Italia -si legge nel bollettino dell’ambasciata Usa in Italia- “i terroristi potrebbero utilizzare metodi simili a quelli degli ultimi attentati di Parigi. Le autorità italiane sono a conoscenza di questa minaccia. I cittadini americani stiano all’erta”.
E “il retroscena” di fianco di Giovanna Casadio: “’Non sottovalutiamo ma nessuna enfasi’. I timori di Palazzo Chigi”, “Renzi: ‘I nostri 007 tra i migliori d’Europa’”.
La Stampa, pagine 2 e 3: “La segnalazione dagli Usa: ‘Rischio attentati in Italia’”, “L’allarme Fbi riguarda in particolare San Pietro, la Scala e il Duomo di Milano, ma cita genericamente anche chiese, bar e teatri. L’ambasciata ai connazionali: state attenti”.
E sulla stessa pagina i contenuti dell’intervista del presidente del Consiglio a SkyTg24: “Il piano di Renzi: contro il terrorismo dobbiamo risanare le nostre periferie”, “Il premier: ‘Proporrò più investimenti perché non siano zone off limits”. E Fabio Martini scrive che il “decreto periferie” per il momento è un’idea e non ancora un progetto scandito nel dettaglio: è possibile che venga inserito nel “pacchetto” anche il piano per le periferie preparato dall’architetto Renzo Piano.
A pagina 3: “Rinforzate le misure di sorveglianza ma per il Viminale l’allarme è ‘generico’”, “Segnalati i nomi di cinque sospetti che però sono difficilmente individuabili”.
Il Manifesto: “Renzi: poteri speciali per gli 007”, “Passa alla Camera la modifica della legge sui servizi di sicurezza. Astensione di SI” (Sinistra Italiana, ndr.), “Nel decreto sulle missioni all’estero, copertura da intelligence per i corpi speciali. Su disposizione del premier”.
Sul Sole 24 ore un articolo sulla recente inchiesta sui presunti jihadisti italiani: “Scarcerati sette dei 17 jihadisti di Merano”. Dove si legge che “oltre tre anni d’indagine dell’antiterrorismo dei carabinieri del Ros (Raggruppamento operativo speciale) rischiano di sfumare per quello che appare un errore della Procura della Repubblica di Trento”. Le indagini della magistratura, coordinate da Giancarlo Capaldo, esperto in materia terroristica, avevano “ricostruito con dovizia di particolari la rete dei diciassette arrestati, ritenuti legati a una cellula fondamentalista radicata in tutta Europa”. Poi i pm romani hanno inviato gli atti alla Procura competente, quella di Trento. “Tuttavia nella seconda richiesta di convalida dell’arresto dei pm di Trento non ci sarebbe alcun riferimento agli altri sette terroristi arrestati. La richiesta, infatti, sarebbe concentrata esclusivamente su dieci soggetti Il giudice per le indagini preliminari, quindi, non ha potuto far altro che emettere un decreto con il quale ha rimesso in libertà i sette «terroristi conclamati», così come risulta dalle indagini dell’antiterrorismo”.