Bersani: niente larghe intese

 

Il Corriere della Sera: “Sfida di Grillo: a noi il premier. Il leader ringrazia Napolitano. I bersaniani trattano con i neosenatori del Movimento. Renzi: se mi chiamano, pronto a guidare il governo”. In alto, con foto: “Finito il papato di Benedetto. Il tweet: grazie per l’amore”.

In taglio basso: “De Gregorio: Berlusconi mi comprò. Il Pdl contro i Pm: andiamo in piazza”

A fondo pagina la sentenza in corte d’assise d’appello: “Tyssen, pene ridotte, l’ira dei parenti”.

 

La Repubblica apre con una intervista al segretario Pd: “’Il mio piano per governare’. Parla Bersani. Grillo: a noi Palazzo Chigi. Elogi a Napolitano”. Di spalla: “L’addio di Ratzinger: sono solo un pellegrino. La Chiesa senza Papa”.

A centro pagina: “Corruzione, indagato Berlusconi , ‘comprò il mio voto con 3 milioni’”. Sulla Thyssen: “Condanne ridotte, rabbia Thyssen”.

 

La Stampa: “Grillo, disgelo con il Colle. ‘In Germania Napolitano ha fatto bene’. Poi lancia il governo a 5 Stelle. Bersani irritato: basta battute. Il Capo dello Stato incontra la Merkel: l’Italia ha un governo, non è allo sbando”. In alto: “La Chiesa è senza Papa. ‘Da oggi sono solo un pellegrino’”. A centro pagina: “’Tre milioni a De Gregorio’. Berlusconi indagato a Napoli”.

 

L’Unità, con foto dell’elicottero papale: “Il volo del pellegrino”. Sulla situazione politica: “Bersani, aut aut sul governo”. Su Berlusconi: “Il Cav minaccia la piazza”.

 

Il Fatto quotidiano: “B. comprava senatori. Grandi intese con uno così?”.

 

Il Giornale: “La vendetta dei pm trombati. Subito dopo il voto Berlusconi indagato di nuovo da Woodcock. Lui: ‘Uccidono le larghe intese sulla mia pelle’”. “’Mussari uomo del Pd’. Ma le carte su Mps spuntano a elezioni finite”.

 

Libero: “Monti, l’anti italiano. Malgrado la sconfitta, il premier continua a tramare: invoca l’intervento della Ue contro Pdl e M5S. Intanto aspetta che i giudici tolgano di mezzo Berlusconi, in modo da portargli via i parlamentari”.

 

Il Sole 24 Ore apre sulla situazione economica: “I 13 numeri dell’emergenza Italia. La manifattura è nel cuore della crisi, ma anche nella finanza segnali di incertezza. L’analisi del rischio Paese: sui mercati meglio del 2011, ma il Pil non dà segni di ripresa”.

 

Il Foglio: “Borse piatte, Lady spread alla finestra. Il panico è rimasto nell’urna. Gli investitori cercano una direzione dopo lo choc. Le raffiche di report catastrofici non spaventano troppo”. Di spalla il Papa: “Con il volo in elicottero inizia l’ultima tappa di B-XVI”.

 

Pd

 

Il segretario del Pd Bersani, intervistato dal vicedirettore de La Repubblica Massimo Giannini, illustra il suo “piano per governare”. “Vogliamo dirlo? Queste elezioni le avete perse”, dice l’intervistatore. Risponde Bersani: “Anche se per la prima volta un partito di centrosinistra ha avuto la maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato questo non ci ha consegnato di per sé la soluzione, come avverrebbe in altre democrazie del mondo…”.
“Certamente questa ondata di protesta ed esigenza di cambiamento ci è arrivata in casa. Ma non è vero che le ‘condizioni di sistema’ erano così favorevoli. Sul terreno sociale non lo erano affatto. E questo io l’avevo percepito. Si vada a rileggere tutto quello che ho detto in campagna elettorale, e vedrà se non è vero”. Bersani annuncia che mercoledì prossimo alla direzione del Pd “mi assumerò la responsabilità di formalizzare la proposta di un governo di cambiamento”, con tre punti dirimenti: l’Europa (“l’austerità da sola ci porta al disastro”), il tema sociale (“il disagio è troppo forte, i comuni devono poter aprire sportelli di sostegno, bisogna sbloccare subito i pagamenti della PA alle imprese e introdurre criteri universalistici negli ammortizzatori sociali”), e la democrazia (“Il nuovo governo, immediatamente, deve dimezzare il numero dei parlamentari, abbattere gli stipendi al livello di quelli dei sindaci, varare leggi che regolino la vita dei partiti e non solo per i finanziamenti, che inaspriscano drasticamente le norme anticorruzione e regolino finalmente i conflitti di interesse”). Con questa piattaforma programmatica Bersani si presenterà al Capo dello Stato per le consultazioni, e poi al Parlamento, “con questa piattaforma io mi rivolgo a tutte le forze politiche, per vedere chi è pronto ad assumersi le proprie responsabilità”, “un governo di cambiamento che come tutti i governi chiederà la fiducia. La mia partita la gioco a viso aperto, e questo vuol dire che non ci sono tavoli segreti, inciuci o caminetti”. A Grillo che dice di voler scegliere legge per legge cosa votare Bersani ricorda: “Leggendo la nostra Costituzione votare legge per legge non è sufficiente, perché un governo nasce con un voto di fiducia o non nasce per niente”. E poi ribadisce: “L’ipotesi delle larghe intese non esiste e non esisterà mai”. Spiega anche che negli organismi collegiali del partito proposte di governissimo non sono state avanzate.

Gli vien chiesto anche di commentare la proposta di D’Alema di cedere a 5 Stelle e Pdl le presidenze delle Camere, e risponde: “Chi arriva primo non ha l’esclusiva sulle cariche istituzionali”.

Nella pagina seguente un articolo sullo stesso tema che riferisce del “ritornello” che gira nel Pd: “Se apriamo a Berlusconi finisce il Partito Democratico”. Si torna sulla proposta di D’Alema e la si descrive come una linea opposta a quella di Bersani.

Anche sul Corriere della Sera, un lungo articolo: “D’Alema divide il Pd, ma il Pdl apre”. E le paroel dello stesso D’Alema: “Ho solo fatto un appello alle forze politiche, perché sono una persona preoccupata per l’avvenire del Paese. Ma sarebbe un suicidio fare un governissimo con il Pdl”. Quanto a Grillo: “Non si illuda di spingerci verso un governissimo, noi non lo faremo mai”. Lo stesso quotidiano evidenzia come al Senato ci sia il primo rischio di stallo, perché qui manca la maggioranza necessaria per garantire l’elezione del Presidente dell’Assemblea: i voti del Pd non basterebbero, anche se si unissero a quelli dei centristi, e questo non consente di far partire le consultazioni al Quirinale per la formazione del governo”.

 

Secondo il quotidiano, peraltro, Bersani ritiene che in Senato vi sia un gruppo di grillini pronti a sostenere un governo da lui presieduto.

E contestualmente si riferisce delle intenzioni del sindaco di Firenze Matteo Renzi, che nega di voler essere il prossimo candidato premier ma – ai suoi – avrebbe spiegato che altra cosa è se il Pd va alle consultazioni da Napolitano con una rosa di nomi: se per riuscire a superare lo stallo il Pd si presentasse con più nomi di possibili candidati premier, Renzi non si tirerebbe indietro. Ma, secondo il Corriere, premier di una coalizione che comprenda anche Grillo e Berlusconi.

 

Anche per Il Fatto è in corso una “svolta” nel Pd poiché i big a favore del governissimo sarebbero in minoranza: all’interno del Pd, secondo il quotidiano, sarebbe in corso una “mutazione genetica epocale” dopo anni trascorsi a dividersi sulla opportunità o meno di dialogare con Berlusconi e sul tormentone delle alleanze con sinistra radicale e giustizialisti.

 

Su La Stampa: “Bersani non teme la conta nel Pd”, “tutti i big contro un esecutivo di larghe intese. Ma già si profila uno scontro generazionale in vista del Congresso”.

 

De Benedetti

 

Da segnalare sulla prima pagina del Sole 24 Ore un intervento di Carlo De Benedetti, che così inizia: “Perché si è trovato il tempo per riformare in 21 giorni le pensioni e in un anno non si è fatto quasi nulla per ridurre gli abnormi abusi che si annidano negli eccessivi costi della politica? Credo che la bufera politica che si sta consumando in questi giorni abbia molto a che fare con questa domanda”. De Benedetti sottolinea che non è stata colta la richiesta di discontinuità, poi parla della situazione economica del Paese, poiché “la stretta creditizia sta aumentando”. L’ingegnere ritiene necessario un governo a tempo in grado di portare in Parlamento un programma in grado di riconciliare il Paese, su due assi imperniati intorno ai concetti di “moralità pubblica” ed “economia reale”. Etica pubblica significa taglio del costo della politica, dimezzamento del numero dei parlamentari, superamento del bicameralismo perfetto, norme più severe sulla corruzione. Sul versante economico: pagamento dei debiti della PA, spinta agli investimenti pubblico-privato per creare un po’ di lavoro, tagli mirati alla pressione fiscale su lavoro e imprese.

 

Grillo

 

Lunedì a Roma i 163 parlamentari 5 Stelle incontreranno lo staff del Movimento, a partire da Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio. Lunedì, come scrive La Repubblica, intanto, si guarderanno in faccia. Anche per approfondire le tecniche parlamentari che hanno già cominciato a studiare con seminari tenuti a livello locale. Per lo più non si conoscono, non si sono mai visti. Hanno cominciato a comunicare in questi giorni soprattutto via mail, perché i social network sono diventati pericolosi, e gli occhi dei giornalisti potrebbero essere ovunque. Come sul blog, dove si cerca di capire cosa voglia la base. Anche ieri è rimasta profondamente divisa sull’atteggiamento da tenere in Parlamento. Grillo ha ritwittato un post in cui il blogger Messora invitava gli eletti a non farsi inquinare. Viola Tesi, la ragazza che ha lanciato un appello a Grillo perché stringa un accordo con il centrosinistra, sarebbe una infiltrata, la accusano di aver fatto parte del partito dei pirati. La sua petizione è arrivata a 112 mila firme, ma Messora non le attribuisce alcuna credibilità.

La Stampa: “Tutta la comunicazione sarà in mano a Grillo. Divieto di tv agli onorevoli. E da lunedì 163 eletti andranno a scuola di diritto”. Qui si parla di una “full immersion” di lezioni di diritto costituzionale, 60 ore di corso impostato da alcuni docenti della università Luiss di Roma.

Restiamo a La Stampa per segnalare una intervista a Franco Berardi detto Bifo, ex leader del movimento bolognese del 77, che ha deciso di votare per Grillo: “La cosa più importante, l’unica, è dire no al debito che le banche vogliono far pagare alla società europea”. Insomma, un voto per “impedire alla dittatura finanziaria di continuare a dominare la società europea”.

 

De Gregorio

 

Spiega La Repubblica che Berlusconi è indagato dalla Procura di Napoli per corruzione e finanziamento illecito ai partiti, la stessa accusa che pesa sul senatore De Gregorio. Secondo il quotidiano De Gregorio è in procinto di finire agli arresti domiciliari per una precedente indagine sui finanziamenti a L’Avanti, con il faccendiere Lavitola, in carcere da dieci mesi, che in una lettera rinfacciava a Berlusconi il suo ruolo nella compravendita dei senatori. I Pm Curcio, Milita, Piscitelli, Vanorio e Woodcock hanno trasmesso ieri al Parlamento la richiesta di perquisizione di una cassetta di sicurezza ritenuta riconducibile all’ex premier. Berlusconi avrebbe quindi, come spiega Il Fatto, usato metodi come la corruzione e il finanziamento illecito per convincere i senatori del centrosinistra a passare con lui. Si chiamava Operazione libertà nel 2007, e si trattava di provocare la caduta del governo Prodi. In questa vicenda De Gregorio, eletto con Di Pietro, poi passato al Pdl, aveva un ruolo da protagonista. De Gregorio, scrive Il Fatto, “ha ritrovato la memoria”. Indebitato con le sue società, poco dopo l’elezione nel 2006 si presentò al Cavaliere che in quel periodo era a caccia di voti al Senato. Ai pm ha raccontato: “Ho chiesto a Berlusconi un sostegno, e lui mi dice: cosa ti può essere utile? Io dico: almeno 3 milioni per sostenere il Movimento (“Italiani nel Mondo”, ndr) e anche per uscire da alcune mie vicende molto pesanti dal punto di vista della gestione personale. E lui mi dice: ‘va bene’”. “Da quel momento Lavitola mi inibisce l’accesso a Palazzo Grazioli, e mi dice: guarda che di questa cosa ho la delega io”. De Gregorio si è presentato ai magistrati il 28 dicembre 2012, e poi il 7 gennaio 2013. Secondo quanto ricostruisce La Repubblica, tra il luglio 2006 e il marzo 2008 Berlusconi avrebbe versato questi tre milioni: il primo ‘in chiaro’, in ragione di un accordo federativo tra Forza Italia e il Movimento Italiani nel Mondo. Gli altri due in nero, depositandoli sui conti del senatore De Gregorio. De Gregorio dice di aver ricevuto due milioni da Lavitola, in tranches da 200 o 300 mila euro. De Gregorio racconta anche di aver chiesto perché quei soldi non andassero al partito, “che senso ha questa roba in nero?”. Ma lo stesso Lavitola gli avrebbe spiegato che gli altri partiti minori avevano ricevuto somme più o meno uguali, “ricordo addirittura che fu indicata la cifra di 700 mila euro e non di un milione (nell’accordo con Forza Italia, ndr) per non far irritare Gianfranco Rotondi, Alessandra Mussolini ed altri.

Il Corriere della Sera ipotizza che De Gregorio abbia parlato per vendetta, dovuta alla mancata candidatura.

La Stampa spiega come De Gregorio abbia raccontato ai pm il sabotaggio del governo Prodi in cui sarebbe stato impegnato: “Attraverso una serie di azioni”, “in un primo momento, da presidente della Commissione Difesa, respingevo ogni provvedimento inoltrato dal governo Prodi”. Racconta anche che gli era stato chiesto di contattare qualcuno all’interno di Italia dei Valori e che, pensando al senatore Caforio, considerato un indeciso, gli venne proposto “fino a 5 milioni di euro di finanziamento”. Poi, ricorda La Stampa, le cose andarono diversamente, e il senatore Caforio denunciò De Gregorio alla Procura.

 

Vogliono ammazzare le larghe intese sul nascere. E per questo i pm sono pronti a passare sulla mia pelle”, avrebbe detto Berlusconi secondo un “retroscena” de Il Giornale, che annuncia anche la decisione di Angelino Alfano di lanciare una manifestazione di piazza per “difendere la democrazia”. Libero ricorda che Berlusconi è stato prosciolto dalla Procura di Roma per le stesse accuse per le quali è da ieri sotto inchiesta a Napoli, nel 2007. E riferisce anche del chiarimento dato dal difensore di Berlusconi Ghedini in relazione alla cassetta di sicurezza di cui ha parlato De Gregorio: non è mai “stata in uso al Presidente Berlusconi”, ma “utilizzata da Forza Italia prima e dal Pdl poi” per cui “massima disponibilità a qualsiasi verifica del contenuto della cassetta”, che peraltro si trova presso il Monte dei Paschi di Siena.

 

Thyssen

 

La Stampa spiega che per opposte ragioni accusa e difesa faranno ricorso contro la sentenza d’appello sul rogo della Thyssen verificatosi nel dicembre 2007 nello stabilimento torinese della ThyssenKrupp, che costò la vita a sette operai della fabbrica. Sparisce la condanna per omicidio volontario con dolo eventuale a carico dell’allora Ad di Thyssen Italia, e la pena scende da 16 anni e mezzo a dieci, per il reato di omicidio colposo plurimo, con l’aggravante della “colpa cosciente”. Dolo eventuale significava che l’Ad aveva messo in conto la morte dei suoi dipendenti pur di non investire in sicurezza e risparmiare 800 mila euro in vista del trasferimento della linea 5 nello stabilimento di Terni. La condanna per colpa cosciente è “a mezza strada”: gli otto giudici di appello hanno stabilito che l’Ad era consapevole dello stato di abbandono della acciaieria torinese di cui si protraeva la chiusura da tempo, vi aveva previsto incidenti, ma riteneva che fossero evitabili. Sulla riduzione della sua pena, e di quelle degli altri cinque imputati, incidono altri meccanismi giuridici: in primo luogo l’assorbimento del reato di incendio doloso, a carico dell’Ad, in omissioni dolose delle norme infortunistiche (la parte dell’impianto della sentenza di primo grado che ha retto). Poi, il replicarsi del medesimo meccanismo di assorbimento di un reato in un altro, e il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle attenuanti ha consentito la diminuzione delle pene per altri coimputati, condannati, in primo grado, a tredici anni a mezzo di carcere. Il quotidiano intervista il pm Raffaele Guariniello: “Dobbiamo ragionare con freddezza: non abbiamo avuto la risposta che ci attendevamo in termini giuridici, ma rispetto alla pena comminata ad Espenhahn (amministratore delegato) osservo che dieci anni di carcere non sono affatto pochi. La corte d’assise d’appello ha risposto alla mia ultima domanda in sede di repliche: quanto vale la vita di un lavoratore? La sanzione fotografa il giudizio che si dà. Se i giudici scelgono questa pena significa che hanno compreso la gravità del fatto”. Poi ricorda un procuratore generale degli anni 70 che, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, “ebbe a definire gli incidenti sul lavoro “una fatalità”. Da allora al 2013 si è arrivati a dieci anni di condanna del vertice di una grande azienda”, “voglio vedere se vi saranno ancora imprenditori e manager distratti rispetto alla sicurezza sul lavoro”. Il quotidiano intervista anche l’avvocato dell’Amministratore delegato: “L’ingegner Espehahn ha considerato sempre infamante l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, oltre che ingiusta. Il reportage dal tribunale dopo la sentenza dà conto della rabbia dei parenti delle vittime: “Vogliamo giustizia, i loro maledetti soldi non ci interessano”.

 

Internazionale

 

Ieri è stata la giornata del vertice degli amici della Siria, a Roma. Ed è stato il giorno del neosegretario Usa Kerry. Secondo quanto riferisce La Stampa, Kerry ha espresso fiducia nella capacità dell’Italia di trovare un assetto stabile dopo le elezioni ed avrebbe invitato la politica italiana a fare presto, evitando di demonizzare il Movimento di Beppe Grillo. Ancora su La Stampa si dà conto del risultato del vertice, cui ha preso parte anche il leader della Coalizione nazionale siriana Moaz Al Khatib. Obama, spiega La Stampa, non manderà armi ai ribelli ma, attraverso il segretario di Stato Kerry, ha annunciato proprio a Roma un finanziamento di 60 milioni di dollari in aiuti “non letali” e diretti a tutti gli oppositori, compresi quelli armati del Libero esercito siriano, fino a ieri ignorato.

 

Il Sole 24 Ore ricorda che oggi è il D-Day dei tagli alla spesa negli Usa: i piani per evitare il sequester, ovvero i tagli automatizzati e generalizzati alla spesa pubblica che minacciano di danneggiare l’economia Usa, si sono susseguiti ieri a ritmi frenetici. Al Senato sono state presentate due proposte alternative: una Dem, da 110 miliardi, che limita i tagli alla spesa sociale mentre riduce i sussidi all’agricoltura e crea una imposta minima per i milionari; una Repubblicana, che attribuisce a Obama la responsabilità di redistribuire i tagli nella Amministrazione federale, mettendo però al bando nuove tasse e risparmi al Pentagono superiori alla metà del totale. Le proposte sono condannate a fallire, e con un nulla di fatto potrebbe concludersi anche il vertice convocato questa mattina da Obama con i leader del Congresso. I tagli per 85 miliardi dal budget per l’anno fiscale 2013 potrebbero iniziare dalla mezzanotte di oggi.

Tanto La Repubblica che La Stampa si occupano di Bob Woodward, il cronista del Watergate, che accusa gli uomini del Presidente Obama di averlo minacciato proprio in relazione ad un suo articolo dedicato ai sequester. Domenica scorsa aveva accusato Obama di non dire la verità sui tagli: “Non èp stato il Congresso” a volerli “ma lui, si tratta di una creazione dei suoi consiglieri Jack Lew e Rob Nabors che concordarono il sequester alle 14.30 del 27 luglio 2011, prima di sottoporlo all’avallo dei leader Repubblicani”. La tesi di Woodward, spiega La Stampa, è che il sequester sia un corto circuito frutto della Casa Bianca: il team Obama lo inventò per spingere i Rep all’accordo sull’aumento del tetto del debito, ed ora si trova a pagarne le conseguenze.

 

La Repubblica si occupa anche del caso Wikileaks, poiché il soldato Bradley Manning, in aula, dopo 21 mesi di detenzione in cella di isolamento, con l’accusa di aver passato a Wikileaks il contenuto di centinaia di migliaia di documenti segreti dagli archivi diplomatici e militari Usa si è dichiarato colpevole, ma ha spiegato di averlo fatto “per trasformare il mondo in un posto migliore”. Il materiale diffuso era, secondo Manning, “non lesivo della sicurezza nazionale”. Sostiene di aver scartato i files relativi alla sicurezza militare. E insiste: rendere noto il resto assumeva il valore di una missione, perché avrebbe palesato le gravi lacune nelle tattiche impiegate contro gli insorgenti, il “terribile prezzo” pagato dai civili, vittime della “ossessione” militare nel “catturare e uccidere” individui compresi in un elenco. “Mi sono convinto che se il pubblico, in particolare quello americano, avesse avuto accesso alle informazioni, questo avrebbe innescato un dibattito sulla politica estera.

 

La Repubblica racconta che nelle Maldive, paradiso del turista, la sharia è intesa nel modo più rigido, e così può capitare nell’Atollo di Feydhoo una ragazzina ripetutamente violentata dal patrigno sia condannata dal tribunale dei minori a 100 frustate perché durante il processo è saltato fuori che aveva avuto rapporti sessuali con un altro uomo. La legge delle Maldive, un misto tra precetti musulmani e common law, proibisce il sesso prematrimoniale. Il patrigno rischia 25 anni di prigione con l’accusa di stupro su minore ma anche di omicidio, perché avrebbe ucciso il bambino generato dalle violenze.

 

 

 

  1. Vorrei precisare che i finanziamenti al mio partito cui si riferisce il senatore De Gregorio non sono erogazioni liberali ma la suddivisione del finanziamento pubblico del Pdl. Essa avvenne tra i soggetti costituenti, ossia Forza Italia, An, Dca ed altri in misura proporzionale ai voti precedenti dei partiti costituenti. Tali cifre sono state formalmente bonificate e comunicate secondo le procedure di legge alla Camera dei Deputati. Tanto chiarisco per distinguere la vicenda dalle inchieste in corso a Napoli verso cui naturalmente portiamo il massimo rispetto.
    Cordiali saluti, Gianfranco Rotondi

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