La Stampa: “’Ora il mondo è più sicuro’. Nucleare, Obama dopo la storica intesa con l’Iran a Ginevra. Israele: tragico errore. Teheran interromperà l’arricchimento dell’uranio e non attiverà altre centrifughe, le sanzioni saranno ammorbidite”. In alto. “Grazia a Berlusconi, Napolitano: non ci sono le condizioni. Il Cavaliere: mi faranno marcire in galera. Alfano: noi mercoledì non saremo in piazza”.
A centro pagina, con foto: “Svizzera, non passail taglio dei maxi-stipendi. Referendum, bocciata la proposta dei giovani socialisti per il ‘salario equo’ a manager e banchieri”:
Il Corriere della Sera: “Intesa sul nucleare tra i Grandi e l’Iran. Obama contestato dai Republicani,. La protesta di Israele: errore storico”. Ma il titlo più grande è per la politica interna: “’Ora si rispetti la legalità’. Alt di Napolitano. Berlusconi rilancia le accuse, non andrà in Aula. Il capo dello Stato dopo le parole del Cavaliere: giudizi gravi, non ci sono le condizioni per la grazia”.
La Repubblica: “Berlusconi, lo schiaffo del Colle”. “’Niente grazia, rispetti la legalità’”. “Durissimo intervento alla vigilia del sit-in contro la decadenza. Alfano al premier e al sindaco: patto per il governo. Cuperlo: esecutivo senza più alibi”. “Renzi avverte Letta: la pazienza è finita”. A centro pagina, con foto. “Nucleare, storico accordo con l’Iran. Obama: diamo una chance alla pace”.
Il Giornale: “Napolitano ricatta. L’avvertimento del Colle a Berlusconi: niente grazia e occhio a manifestare. Alfano alla fine getta la maschera: non sfiliamo per difendere il Cavaliere”. E poi du commenti: Salvatore Tramontano, in un articolo dal titolo “Ormai sono solo diversamente finiani”, e Renato Brunetta (“Ma ad Angelino dico: vieni in piazza con noi”).
L’Unità: “Berlusconi, stop del Colle. Napolitano avverte: ‘La protesta resti nella legalità, quei giudizi sono gravi e fuori misura’. Sulla grazia ribadisce: ‘Non ci sono le condizioni’. Il Pd: ‘Parole ineccepibili’. Oggi Fi va all’opposizione”.
Iran
Come scrive il Corriere della Sera, sul nucleare iraniano Iran e Usa hanno trattato in segreto per mesi. Nella notte tra sabato e domenica, a Ginevra, è stato raggiunto il compromesso con i rappresentanti di Cina, Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia e con l’inviata dell’Ue Catherine Ashton: “un’intesa storica”, secondo il quotidiano. Anche su La Stampa, il corrispondente da New York si sofferma sui “quattro anni di diplomazia segreta”. L’accordo prevede una temporanea sospensione del programma di arricchimento dell’uranio in cambio dell’alleggerimento delle sanzioni: il valore complessivo di questo ‘alleggerimento’ è calcolato in 6, forse 7 miliardi di dollari. La Stampa, con Francesco Semprini, spiega: l’Iran si impegna a interrompere l’arricchimento dell’uranio sopra il 5% e a non aggiungere altre centrifughe (neutralizzerà pertanto le sue riserve di uranio arricchito a quai il 20 per cento); non costruirà più impianti in grado di estrarre plutonio dalle scorie del combustibile; interromperà la costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak, potenziale generatore di plutonio utilizzabile a fini bellici; permetterà l’accesso quotidiano ai suoi siti degli esperti dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea). La comunità internazionale quindi non imporrà sanzioni a Teheran per i prossimi sei mesi e il Paese otterrà accesso all’equivalente di 4,2 miliardi di dollari derivanti dalla vendita di greggio, ma bloccati in banche asiatiche per via delle ultime sanzioni. Saranno sospese alcune misure nei confronti dell’Iran che colpiscono il commercio di oro e metalli preziosi, il settore dell’auto e le esportazioni iraniane di prodotti petrolchimici, pari ad un alleggerimento complessivo di almeno 1,5 miliardi di dollari.
Il ministro degli Esteri Emma Bonino, intervistata dal Corriere della Sera, commenta così il risultato raggiunto: “Siamo di fronte ad un’intesa preliminare, che dura sei mesi e comprende un monitoraggio costante: quindi mi sembra un accordo prudente. Ma dopo tanto tempo di gelo è sicuramente un primo passo importante, un risultato parziale ma significativo. Se continueremo tutti quanti a lavorare nella stessa direzione, potrà anche facilitare altri dossier della grande partita diplomatica in corso sul Medio Oriente. Con tutte le necessarie cautele del caso, la mia valutazione è assolutamente positiva”. Il premier israeliano Netanyahu, però, ha parlato di uno storico errore. Bonino: “Ho letto le dichiarazioni di Netanyahu e Lieberman, ma ho anche sentito toni più moderati da parte di Tzipi Livni. E soprattutto voglio sottolineare il grande buon senso e realismo dell’ex capo del Mossad, Efraim Halevy, il quale dice che l’accordo non è cattivo, perché, e lo cito, ‘era ingenuo pensare che gli iraniani avrebbero cominciato a smantellare immediatamente le centrifughe, ma dobbiamo ricordare che da questo momento ci saranno ispettori che controlleranno quotidianamente la situazione?”. Che influenza potrà avere sul negoziato siriano? Anche qui la Bonino sottolinea come “dopo anni di freddo e di blocco della cooperazione internazionale, Ginevra è il secondo segnale di una nuova fase dopo la risoluzione dell’Onu sulle armi chimiche”.
Su La Stampa, un’analisi di Francesca Paci: “Da Israele all’Arabia, i grandi perdenti fanno fronte comune”. In Israele “l’umore tende al nero”: “sebbene il presidente Peres si sia detto ‘acutamente ottimista’ e le borse abbiano reagito positivamente, il premier Netanyahu ha definito ‘un errore storico’ la fiducia accordata a Teheran”, scrive la Paci. Poi, passando all’Arabia Saudita, si legge che “Riad non ama l’associazione con Israele, ma lo schiaffo ricevuto da un’America sempre più prossima all’indipendenza energetica brucia”. Il quotidiano intervista la Premio Nobel per la pace iraniana Shirin Ebadi: “E’ un accordo che giudico positivamente -dice- Ma onestamente non saprei se ci si possa o meno fidare, è una valutazione che spetta ai negoziatori”, “credo che l’intesa sia stata raggiunta proprio perché l’Iran era sotto una enorme pressione economica da anni. Il regime iraniano avrebbe dovuto firmare questo accordo 5 anni fa, così avrebbe risparmiato al popolo enormi sofferenze e all’economia i gravissimi danni che hanno messo in ginocchio il Paese”. Poi ricorda, allorché le si chiede se sia merito del nuovo presidente Rohani, che “in Iran non succede nulla senza l’avallo di Khameney (la Guida Suprema, ndr.), tutti i poteri sono nelle sue mani”.
Il Corriere intervista anche l’analista Yossi Klein-HaLevi, stratega americano in forza allo Shalom Hartman Institute di Gerusalemme: “Teheran è il vero vincitore -dice- ma rischia il blitz israeliano”, “a contendersi l’eredità dell’egemonia americana in Medio Oriente saranno le potenze locali: Israele, Arabia Saudita e Turchia. Il rischio di nuove guerre si moltiplica, non diminuisce”. Secondo HaLevi “l’Arabia saudita aumenterà l’impegno militare dei ribelli anti-Iran e anti-Assad in Libano e in Siria, portando ad un inasprimento delle ostilità”. E nel Golfo “le minoranze sciite sostenute da Teheran si sentiranno più forti e ciò spingerà anche altri Paesi sunniti all’intesa con Israele”.
Il Corriere intervista Natan Sharansky, che rievoca i tempi in cui viveva, da dissidente, nell’Urss: “Rouhani è capace di fare il Gorbaciov? Difficile. Anche con il Cremlino cominciarono con cambiamenti superficiali e rivolti all’estero: un’immagine mediatica più accattivante, l’incontro con Reagan..Gorbaciov in realtà voleva riformare il regime mantenendo il comunismo”. Quale errore non bisogna ripetere? “Dimenticare i dissidenti. Lo fecero anche con noi, dopo gli accordi di Helsinki del 1975”.
La Repubblica intervista Vali Nasr, decano della John Hopkins School of Advanced International Studies: “Ginevra resta un primo passo, ma è un passo importante per costruire la fiducia, promuovere la democrazia e ridurre le possibilità di una guerra. Modifica la dinamica strategica nel Medio Oriente, e una volta che un’intesa definitiva sarà raggiunta, molti cambiamenti possono avvenire nella regione. Altri Paesi possono perciò reagire in modi imprevisti”. Secondo Nasr l’accordo può avere effetti sulla situazione in Siria: “può fornire una base perché l’Iran sia di aiuto a Ginevra 2 (la conferenza sulla Siria più volte rimandata, ndr.)”. Nel suo ultimo libro, ‘The dispensable Nation’, Nasr criticava la mancanza di una chiara ed efficace politica estera Usa: “Ginevra -dice ora- è senz’altro una vittoria per l apolitica estera ed è importante che l’Amministrazione Obama abbia fatto questo passo. Agli occhi di molti nella regione l’accordo potrebbe però anche significare che gli Usa siano più pronti a lasciare il Medio Oriente”.Su Il Giornale, Fiamma Nirenstein sottolinea che “dietro ai sorrisi” c’è “il futuro del ricatto atomico”: “lo stop all’arricchimento dell’uranio oltre il 20 per cento può essere rovesciato in qualsiasi momento, dato che sul territorio iraniano ci sono ormai 18mila centrifughe, e otto tonnellate di uranio arricchito al 3.5-5 per cento, abbastanza per 5 bombe come quella di Hiroshima”.
Russia
“Putin ritorna dopo sette anni con 11 ministri e 50 macchine”, titola il Corriere della Sera, che alla visita del presidente russo dedica le intere pagine 2 e 3. Oggi l’udienza dal Papa, “accordi commerciali in agenda”. E prima della visita al Quirinale, l’incontro con due vecchi amici: Romano Prodi e Silvio Berlusconi. A pagina 3: “Non solo il gas. Gli affari in Italia degli oligarchi”, “L’energia conta, naturalmente. Ma gli amici del Cremlino comprano anche spumanti e castelli” (fra gli altri: Igor Sechin, al vertice della Rosnetf, la più grande compagnia petrolifera russa, ha fatto affari con la Saras dei Moratti; Viktor Veksekberg, proprietario della conglomerata Renova, si muove da anni in Italia ed ha buone relazioni con i politici pugliesi; la Wind è passata al gruppo russo Vimpelcom).
Su La Stampa: “Putin e il Papa, più vicini grazie alla Siria”: “oggi l’incontro in Vaticano: il presidente russo si propone come difensore dei cristiani in Medio Oriente”.
L’Unità intervista Vittorio Strada, storico e studioso dei Paesi dell’est: “Quello che arriva in Italia è un Putin trionfatore. Può piacere o meno, ma sta di fatto che oggi la Russia da lui guidata ha una capacità di azione internazionale, politica ed economica, notevolissima”. “Il primo grande successo è che Putin ha portato la Russia tra le potenze mondiali di primo rango, subito dopo gli Stati Uniti e al livello della Cina. Questo è un successo generale della politica che Putin ha portato avanti in 13 anni di potere”. I due successi più importanti: ha “bloccato la politica interventista occidentale” in Siria ed ha “trovato l’accordo a Ginevra sul nucleare iraniano”. “L’Iran è uno dei migliori clienti della inudustria militare russa. C’è poi l’interesse comune dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas sul mar Caspio, e non va dimenticato che la Russia ha fornito le tecnologie necessarie per il reattore atomico di Bushehr”. A Roma Putin vedrà anche il Papa: “Non metterei questo incontro come uno dei tanti che Putin ha avuto con i precedenti Pontefici. L’incontro con Papa Bergoglio assume una valenza particolare a fronte di un primo avvicinamento tra la Chiesa di Roma e quella ortodossa, in vista di un possibile incontro tra il Patriarca Ortodosso Kirill e Papa Francesco, incontro che si dovrebbe tenere in un Paese neutro. Non a caso il metropolita Hilarion, uno degli esponenti di primo piano della Chiesa Ortodossa, è stato ricevuto una decina di giorni fa alla Santa Sede, dove ha incontrato anche Papa Francesco”.
Intanto, come racconta su La Stampa Anna Zafesova, a Kiev, in Ucraina “divampa la protesta” dopo l’annuncio della sospensione dei negoziati per il varo di un Accordo di Associazione con l’Ue: “Dall’Ucraina al Kirghizistan, così lo ‘zar’ ridisegna l’Urss”. Dove si ricorda che già nella sua campagna elettorale di due anni fa Putin aveva annunciato la ricostituzione sulle ceneri dell’Urss di un’associazione politica ed economica che ne riprendesse il ruolo: “L’Unione Euroasiatica dovrebbe diventare ‘uno dei poli del mondo contemporaneo’, in alternativa all’Europa per quanto il presidente russo dichiari di ispirarsi all’Ue”. Dal 2010 il Cremlino è impegnato nell’edificazione dell’Unione Doganale, nucleo di quella “Euroasiatica”: la lisa dei partecipanti al momento non è lunga, poiché comprende Russia, Bielorussia e Kazakhstan, con Kirghizistan e Tagikistan alla porta. Poi si è aggiunta l’Armenia, che sopravvive tra i nemici storici dell’Azerbaigian e della Turchia in buona parte grazie ai russi. Ma, sottolinea la Zafesova, “l’adesione dell’Ucraina avrebbe cambiato tutto. Il Paese più esteso dell’Europa, dove la civiltà russa affonda le sue origini storiche (come i serbi nel Kosovo), è tutt’ora considerata dal 67% dei russi ‘non estero’, la sua svolta europea significherebbe non solo un danno economico o militare, ma il fallimento del sogno neo-imperiale”.
Su La Repubblica: “L’Ucraina in piazza: ‘Vogliamo l’Europa’”, “Centomila a Kiev, ‘Se restiamo nell’orbita di Mosca verremo strangolati’”. Sulla stessa pagina, un’intervista a Evgenja Tymoshenko, figlia di Yulia, la leader dell’opposizione ed ex premier condannata a 7 anni di carcere in Ucraina. Parlando del presidente, dice: “Yanukovich è un traditore della patria, ha sacrificato mia madre per la Russia”, “Pensiamo anche all’impeachment”
Politica italiana
Sul Corriere della Sera un articolo firmato da Marzio Breda: “Grazia, l’alt di Napolitano al Cavaliere”. “’Non ci sono le condizioni, giudizi gravissimi, privi di misura in contenuti e toni’. Dal Quirinale appello perché la protesta non esca dalla legalità. Fi: sbigottiti”. Nella nota scritta ieri, 24 ore dopo le dichiazioni di Berlusconi dal palco di una iniziativa dei giovani di Forza Italia, sabato scorso, Napolitano critica i toni e i contenuti delle parole del Cavaliere, e “gela l’ipotsi di un provvedimento unilaterale di clemenza (pronunciata con la foga oratoria di un diktat) spiegando che ‘non si sono create le condizioni’, per un suo ‘eventuale intervento’ sulla base di quanto prevedono ‘la Costituzione, le leggi e i precedenti’. Vale a dire che, giusto per fare un paio di esempi, Berlusconi non ha deliberatamente accettato il verdetto della Suprema Corte né ha mostrato rispetto per la magistratura”. Sulla manifestazione, il Presidente ha lanciato un “’pacato appello a non dar luogo a comportamenti che fuoriescano dai limiti e dal rispetto delle istituzioni e di una normale, doverosa legalità’. Allarme eccessivo? Timori infondati? Sospetti malposti? Non troppo: dal punto di vista di Napolitano, e non solo dal suo. Infatti, convocare una manifestazione non contro una presunta ingiustizia, contestabile, ma contro un ‘colpo di Stato’, rischia di sfociare in esiti imprevedibili. Se le cose stessero davvero in questo modo, in che democrazia saremmo? Non a caso, se si considerano gli slogan incendiari echeggiati nella convention della neonata Forza Italia (per molti, Pd in testa, sfociati nell’eversione vera e propria) non è marginale il pericolo che in questo momento si produca un effetto moltiplicatore delle tensioni che già da tempo percorrono il Paese”.
L’editoriale del quotidiano, firmato da Alessandro Sallusti, è dedicato alle parole di Napolitano: “Perché, Presidente, e a cosa dovremmo stare attenti? Chi scenderà in piazza mercoledì e magari nei giorni successivi che cosa rischia? La alera, il fermo di polizia, la schedatura come sovversivo? Ecco, allora si accomodi fin da subito, perché le dico già ora che lei è il capo di una cospirazione che sa cercando di sovvertire la volontà popolare. Lei è un vecchio inacidito e in malafede indegno di occupare la più alta carica dello Stato. Lei vuole zittire milioni di italiani come ha zittito la Procura di Palermo che aveva trovato le prove delle sue malefatte. Lei ha il pallino di zittire i cittadini che manifestano per la libertà (le ricordo che ha sulla coscienza migliaia di ungheresi trucidati dai russi con il suo consenso morale e politico). Lei per scalzare Berlusconi ha comperato prima Mario Monti con la carica di senatore a vita, facendolo pagare a noi fin che campa”. E in conclusione: “Noi scenderemo in piazza”, “che le piaccia o non dovrà ascoltare”, “perché noi, a differenza sua e dei suoi tristi cortigiani, siamo uomini liberi”.
Su L’Unità: “Stasera Berlusconi e Forza Italia passeranno ufficialmente all’opposizione. Così prevede, a ieri sera, la roadmap di palazzo Grazioli. Le prove generali sono già state ieri in Commissione Bilancio che sta licenziando la manovra, dove FI si è astenuta (al Senato è voto contrario) e il governo è andato sotto due volte. L’atto ufficiale è stasera, quando il Cavaliere dovrebbe riunire i senatori a Palazzo Madama. Un ulteriore distacco del padre Silvio rispetto al figlio Angelino. Oppure, un’altra mossa di quella strategia raffinata – fin troppo – e di lungo respiro che vorrebbe vedere la destra marciare ora rigorosamente separata per andare a colpire unita se e quando andrà al voto. La destra ‘a la carte’, come la chiama Renzi, un po’ di lotta e un po’ di governo, estremista, moderna, radicale, a seconda di quello che serve al momento”.
Il quotidiano dà conto delle parole pronunciate ieri da Alfano, ospite di Giletti su Rai1: “Con il voto sulla decadenza Forza Italia passerà all’opposizione e allora sarà chiaro a tutti che questa separazione non è una finzione”. In realtà, scrive L’Unità, Alfano spera ancora che la rottura avvenga prima, sulla legge di Stabilità, perché “è convinto il vicepremier che al Cavaliere convenga rompere sulla ‘legge delle tasse’ anziché legare la rottura alla condanna”. Sulla manifestazione che Forza Italia sta organizzando per il 27: “Noi abbiamo fatto una scelta diversa, guardiamo al futuro e all’Italia. Non stiamo partecipando alla organizzazione della manifestazione e non siamo coinvolti”.
Su Il Giornale, in prima pagina, Salvatore Tramontano: “Peccato. Alla fine Angelino non ce l’ha fatta a superare il test. Cosa farai, caro Alfano, il 27 novembre? La risposta è non vengo. Non sarò lì con voi a dare la mia solidarietà a Berlusconi”. E accanto, Renato Brunetta. “Forza amico Alfano, vieni mercoledì, ti coinvolgo come presidente dei deputati di Forza Italia. Il tuo affetto a Berlusconi, al di là delle dichiarazioni senz’altro sincere ma retoriche, diventerà atto politico partecipando alla manifestazione di solidarietà e di protesta contro la ferita alla democrazia e al diritto che si compirà con la decadenza”.
Luigi Ferrarella, sulla prima pagina del Corriere della Sera si occupa di una richiesta di rogatoria della Procura di Milano: “La Ue contro l’Irlanda: non risponde su Agrama, imputato a Milano”. “L’Irlanda è stata messa sotto accusa da Eurojust, l’agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione giudiziaria permanente, perché da sette anni non dà risposta a una richiesta di rogatoria italiana su due società di Frank Agrama, il produttore americano condannato con Silvio Berlusconi nel processo per frode fiscale sui diritti tv Mediaset”.
Nell’articolo si ricostruisce la vicenda, a partire dalle richieste del Pm milanese De Pasquale, fin dal 2006, su due società irlandesi del produttore americano nel frattempo definitivamente condannato con Silvio Berlusconi nel processo per frode fiscale sui diritti tv, coimputato con Fedele Confalonieri e Piersilvio Berlusconi nel processo Mediatrade per successive annate fiscali per le quali Berlusconi è stato prosciolto in udienza preliminare. La richiesta di rogatoria è ricostruibile, scrive Ferrarella, da un “inedito carteggio depositato da poco agli atti del processo Mediatrade, dove si discute anche dei percorsi di 142 milioni di dollari versati in 6 anni da società del gruppo Mediaset a fronte di acquisti di diritti tv”.
E poi
Da La Stampa segnaliamo la notizia che in Slovacchia è stato eletto governatore un neonazista, famoso per i discorsi anti-Rom: “l’estrema destra di Marian Kotleba trionfa nella regione di Banska Bystrica”.
Sulla stessa pagina, un articolo spiega che non è passato il taglio ai maxistipendi dei manager proposto con un referendum in Svizzera (“bocciato dai due terzi” il quesito lanciato dai giovani socialisti).
“Nella terra dei fuochi dove brucia la speranza” è il titolo di un articolo di Roberto Saviano, sulla prima e poi alle pagine R2 de La Repubblica, dedicata alla “storia del suicidio più drammatico avvenuto nei Paesi mediterranei, ovvero l’eliminazione di una grossa parte delle primizie dell’agricoltura a favore dell’economia illegale dei rifiuti”. Dove si analizzano le responsabilità, in particolare di “due personalità” come Antonio Bassolino, recentemente assolto in un processo che avrebbe dovuto ricostruire le eventuali responsabilità connesse al ciclo dei rifiuti a Napoli, e Nicola Cosentino, sotto processo anche con riguardo alle vicende del consorzio Eco4, la rete dei consorzi di gestione del ciclo dei rifiuti che – scrive Saviano – ha costituito “l’ossatura del sovvertimento democratico che ha condotto allo spreco delle risorse pubbliche, che ha prodotto enormi profitti per la criminalità organizzata, che ha compromesso in maniera difficilmente rimediabile una qualsiasi normalità nella gestione dei rifiuti”.