Le aperture
Il Corriere della Sera: “‘Fermiamoli, anche con le armi’. “L’intervista: il responsabile degli Esteri, la persecuzione dei cristiani e l’ipotesi di intervento militare”. “Gentiloni: basta egoismo e ignavia davanti ai massacri dei terroristi”.
A centro pagina, con foto: “Appello del Papa per scuotere il mondo ‘inerte”.
Sulla politica interna: “Le previsioni sul Pil italiano sgonfiate dalla realtà: 14 punti in meno dal 2008”.
Sulle inchieste: “Il testimone: ministri nella rete di Simone”. “L’inchiesta sulle tangenti: il racconto ai magistrati”.
L’editoriale è firmato da Gian Antonio Stella: “I riflettori spenti sull’Aquila”, “sei anni dopo”.
La Repubblica: “Il governo all’Europa: 12 riforme in due anni. Tagli, sindaci in trincea”, “Fassino: ‘Basta sacrifici’. Decreto per le città metropolitane. Forza Italia nel caos, alleanza tra Alfano e Fitto in Puglia”.
In prima una foto del presidente Usa per presentare l’intervista con Thomas L. Friedman (New York Times): “Obama: ‘Gli Usa con Israele ma l’intesa con l’Iran non cambia’”.
Sull’inchiesta che vede coinvolta la cooperativa Cpl Concordia: “I segreti del supermanager coop, altri trenta appalti nel mirino”, “Napoli, Simone voleva fuggire in Tunisia”.
In evidenza anche i dati di una ricerca della Fondazione Moressa che spiega come voterebbero gli immigrati in Italia.
Nella colonna a destra: “La sindrome di Pasolini che colpisce le democrazie”, “Le distorsioni del linguaggio che nascondono il vuoto del potere moderno”, di Christian Salmon.
La Stampa: “Ecco i tagli di Renzi per scongiurare l’aumento delle tasse”, “10 miliardi da enti locali, agevolazioni fiscali e sussidi”, “Oggi e venerdì doppia seduta del Consiglio dei ministri sul Def”.
La foto in prima è per gli edifici distrutti a Yarmuk, nel campo profughi: “Isis, orrore senza fine nel campo profughi”, “Esecuzioni in massa di palestinesi a Yarmuk”.
In prima anche il richiamo ad una intervista del quotidiano ad Alberto Sabella, ex pm ora assessore alla Legalità a Roma: “I burocrati? Più corrotti dei politici”, “Sistema fuori controllo. Da 3 mesi invio denunce in Procura”.
Il quotidiano racconta anche la “retromarcia” della società Ratp a Parigi: “Parigi, il metrò accetta lo spot per i cristiani”, “Era stato vietato in nome della ‘laicità’. L’intervento di Valls dopo le polemiche sui media francesi”.
Anche La Stampa dà conto dell’intervista del presidente Usa al New York Times: “Obama: dialogo con l’Iran, ma non ci sfidi”, “Il presidente Usa spiega la strategia dell’intesa sul nucleare: armi pronte se la diplomazia fallisce”.
Avvenire: “‘Il mondo non sia inerte’. Il Papa: basta crimini contro i cristiani. Più martiri che nei primi secoli”. “Nuovo vibrante monito di Francesco. In Kenya è polemica sul ritardo dell’esecito nel blitz contro i terroristi. In Siria miliziani dell’Is radono al suolo la Chiesa della Vergine”.
Da segnalare l’editoriale del quotidiano dei vescovi: è firmato da Totò Cuffaro ed è deciato alal visita del Papa al cercere di Rebibbia: “Quella voce inconfondibile”.
A centro pagina: “Turchia, bavaglio ai social”. E poi, sulla politica italiana: “Oggi il Def. Non scende il deficit,. nuovi tagli”.
Il Fatto: “L’Aquila, Renzi promette miliardi ma nel 2015 non è arrivato un euro”, “Nel 6 anniversario del terremoto, il governo diserta la città in macerie. Però il premier twitta l’ennesimo annuncio: ‘Finalmente i soldi ci sono, ora spendiamoli bene’. Ma del 652 milioni stanziati nel 2014, se ne sono persi per strada 165. E dei 478 deliberati nel 2015, quelli arrivati in Abruzzo finora sono zero”.
In prima anche “La Liguria che resiste a ‘ndrine e cemento”, “Il Grand Tour del Fatto in giro per l’Italia. Le prime tappe da Ventimiglia a Genova, tra i lidi bruciati e basilico perso nell’alluvione”.
Sulla politica italiana: “Sondaggi, M5S riprende a crescere: ‘Grazie a scandali e ritorno in tv’”, “Nelle ultime rilevazioni sono ancora secondo partito al 21,3%”, “Non è vero che le inchieste sugli appalti non abbiano pesato sulla popolarità del primo ministro e del suo partito. Roberto Fico al Fatto Quotidiano racconta la manifestazione per il reddito di cittadinanza: ‘Aperta a tutti, basta che poi votino per noi’”. A questo è dedicato anche l’editoriale del direttore Travaglio: “Toh, i 5Stelle”.
E sul Pd: “Italicum, scontro titanico”, “I terribili dissidenti del Pd si sono già squagliati davanti al ‘baluba Matteo’”, “Per D’Attorre ‘una battaglia in commissione non avrebbe senso’. Eppure Bersani l’aveva promessa”.
Il quotidiano offre poi ai lettori una lunga intervista a Diego Novelli, già sindaco di Torino: “No, non mi pento. Ma che tormento essere comunista”.
E, su Israele, una intervista alla figlia di Moshe Dayan, Yael, che del premier Netanyahu dice: “Bibi porterà solo guerra”
Il Giornale: “È ufficiale: Expo non sarà completato”. “Il sindaco di Milano, Pisapia, ammette: i lavori non finiranno in tempo per l’inaugurazione. E’ una resa. La Spagna vola, noi siamo fermi. Renzi annuncia altre misure economiche, con lo spettro di nuove tasse”.
Il “controcorrente” del quotidiano di Sallusti è titolato “il fallimento dei rottamatori”: “Pizzarotti, Serracchiani e Rossi: le ‘giunte modello’ affondano tra debiti e inchieste”.
A fondo pagina un articolo di Vittorio Feltri: “Moriremo di influenza per colpa degli antibiotici”.
Il Sole 24 Ore: “Appalti, codice ‘leggero’. Un rating per imprese e Pa. Stop alla direzione lavori affidata ai general contractor”. “Oggi al Senato il testo del Ddl delega: con la semplificazione articoli ridotti da 650 a 250”.
In alto: “Turchia, alt ai social network. Terrorista arrestato a Mestre”, in relazione alla uccisione del giudice a Istanbul.
Accanto: “La strage in Kenya. Papa: cristiani perseguitati, il mondo non resti inerte. Raid in Somalia sulle basi degli estremisti”.
E poi: “Il colloqui: Parla l’ambasciatore Fried: sulle sanzioni alla Russia tensioni (superate) Italia-Usa, ora Paesi di nuovo allineati”.
Sulla politica interna: “Governo verso il mini rimpasto, per Palazzo Chigi in pole De Vincenti”.
Sotto: “Le stime sui bilanci 2014” delle società quotate in Borsa: “Dalla Borsa 15 miliardi di dividendi”.
Papa, cristiani, internazionale
“Anche nel Regina Coeli di ieri, dopo il messaggio pasquale di domenica scorsa e la benedizione Urbi et Orbi, Francesco ha fatto risuonare la sua voce a sostegno dei cristiani perseguitati”, scrive Avvenire in prima pagina. “Nuovo vibrante appello del Pontefice alla comunità internazionale perché non assista muta e inerte ma al contrario faccia di tutto per porre fine all’inaccettabile crimine della persecuzione contro la presenza cristiana ‘preoccupante deriva dei diritti umani più elementari'”. “Dal Kenya alla Nigeria, dalla Siria alla Terra Santa, la denuncia delle violenze, degli assurdi spargimenti di sangue in corso, e insieme, l’invocazione del dono della pace”. Il quotidiano pubblica il messaggio pasquale e la benedizione del Papa.
Sul Corriere della Sera il ministro Gentiloni, a proposito della condanna del Papa, dice che “c’è una gravissima minaccia nei confronti di tanti cristiani in diverse parti del mondo. E bisogna fare di più. Ma da anni c’è un male europeo, quella miscela tra egoismo e ignavia che spinge a voltare lo sguardo dall’altra parte rispetto a ciò che accade oltre il nostro piccolo mondo antico. Per cui se proponi di intervenire contro il terrorismo fai un errore, se investi in attività di cooperazione e sostegno a favore dei profughi cristiani stai sprecando soldi, se adotti politiche di accoglienza agli immigrati compi una follia”. Gentiloni cita la seduta del Consiglio di sicurezza Onu di fine marzo in cui Ban Ki Moon “ha proposto di inserire l’intolleranza religiosa tra i parametri che determinano le accuse di genocidio verso i singoli Paesi”, e cita la “decisione del Vicariato di Roma di destinare tutte le collette pasquali raccolte nelle chiese durante Pasqua ai cristiani dell’Iraq”. Ma dice anche che “per contrastare il terrorismo è inevitabile il risvolto militare. Qualcuno potrà scandalizzarsi, ma questi gruppi vanno affrontati anche sul piano militare. Non userò la parola combattere, altrimenti mi ritrovo nei panni del crociato…”. Gentiloni parla anche dell’accordo sul nucleare iraniano e delle preoccupazioni di Israele: “Condivido l’opinione degli Stati Uniti: i fondamenti sono stati raggiunti. Capisco le preoccupazioni israeliane, ma escludo che Netanyahu possa avere nostalgia di Ahmadinejad. Se l’accordo verrà definitivamente concluso a giugno, sono certo che stabilizzerà l’Iran e favorirà una sua evoluzione in una direzione meno pericolosa per Israele”.
Sul Messaggero: “Obama rassicura Israele. ‘L’America è pronta a difendervi dall’Iran’. Il governo Netanyahu diffonde un documento contro l’accordo sul nucleare. ‘Sbagliato togliere subito le sanzioni a Teheran”.
Due intere pagine de La Repubblica per l’intervista che Thomas L. Friedman (New York Times) ha realizzato con il presidente Usa, all’indomani dell’accordo sul nucleare iraniano e in risposta all’allarme lanciato dal premier israeliano Netanyahu: “Accordo nucleare con l’Iran anche se non riconosce Israele. Ma l’America è al vostro fianco”, “In caso di attacco saremo pronti a difendervi”, “capisco i timori del popolo ebraico, però solo così potremo garantire la sicurezza dell’area del mondo più efficace”, “L’elezione di Rouhani dice che c’è un desiderio di ricongiungersi con la comunità internazionale”, “L’intesa con l’Iran invia un messaggio all’intera regione: chi lancerà nuove minacce se la vedrà con gli Usa”.
Su tutti i quotidiani si parla dei raid del Kenya contro le postazioni degli Shabab in Somalia. “Distrutte due basi jihadiste”, si legge su Avvenire. “I caccia sono entrati in azione a Gedo, in Somalia. ‘Uccisi anche diversi miliziani’. Ma i terroristi negano. Identificato uno dei 4 assalitori del campus: è un giovane kenyano, figlio di un funzionario locale”.
Sul Sole: “Kenya, dopo la strage raid in Somalia”. “Bombardati due campi di Al Shabab. Polemiche per i ritardi nell’intervento delle forze speciali”.
Su tutti i giornali anche le notizie dal campo profughi di Yarmuk, alle porte di Damasco, dove l’Isis e Al Nusra si sono alleati per prendere il controllo del campo. Prima della guerra civile in Siria, si legge sul Messaggero, in questo campo vivevano 160 mila palestinesi rifgugiati. Ora sono 18 mila.
Sul Sole: “Esecuzione dell’Isis a Yarmouk”. L’Onu ha descritto le condizioni del campo come “al di là del disumano”: non c’è cibo, non c’è acqua, non ci sono farmaci. L’Isis ha decapitato ieri due palestinesi e ne ha uccisi altri sette.
Anche su La Stampa Maurizio Molinari racconta “la lunga agonia di Yarmuk”, fatta di “decapitazioni, fame, sete”. Sono “i nuovi orrori dell’Isis nel campo profughi palestinese a Damasco. Uccisi i leader di Hamas. L’Onu: situazione al di là del disumano”. I miliziani dell’Is sono entrati mercoledì scorso nel campo profughi creato per ospitare quelli palestinesi del 1948, a ridosso di Damasco , dove vivono ancora 18mila dei 160 mila residenti originali e ne controllano ormai il 90 per cento. Vogliono farne una base da cui attaccare il regime del presidente siriano Bashar el-Assad. E per attestare l’insediamento del Califfato, i jihadisti hanno decapitato due leader di Aknaf Beit al Maqqdis, cellula locale di Hamas, uccidendo altri 10 palestinesi e sequestrandone 90 con l’accusa di “opposizione allo stato islamico”.
Si occupa delle stragi Isis anche Giampaolo Cadalanu su La Repubblica: “Is, ultimo shock: scoperte fosse comuni a Tikrit”, “Trovati i corpi di 1700 militari iracheni, uccisi a freddo dai miliziani dello Stato islamico dopo essersi arresi. Siria, terrore a Yarmuk: decapitati due palestinesi. Gli islamisti fanno saltare l’antica chiesa di Maria Vergine a Tel Nasri”.
Sullo Yemen, il quotidiano offre un’intervista a Marina Ottaway, del Woodrow Wilson Center, secondo cui qui si rischia “un altro Afghanistan”: “L’Isis può creare in questo Paese una nuova base, come ha già fatto intorno a Damasco e a Baghdad”.
Alla pagina seguente, un’intervista ad Ayan Hirsi Ali, scrittrice somala naturalizzata americana, entrata nel mirino del fanatismo dieci anni fa, quando partecipò al documentario ‘Submission’. Dopo la strage dell’università in Kenya, invita i musulmani a riformare il proprio credo: “Devono trovare il loro Illuminismo, in nome della libertà”, “I morti nelle scuole sono un orrore, il mondo ha bisogno di un nuovo Islam”. Ha scritto peraltro un nuovo libro, edito da Rizzoli, dal titolo: “Eretica. Cambiare l’Islam si può”.
Da segnalare su Avvenire un reportage da Makhmur, nel nord Iraq: “Il premier iracheno ai curdi: insieme per l’attacco a Mosul. ‘Libereremo dall’Is la piana dei cristiani di Ninive”.
“Al Abadi, per la prima volta in Kurdistan, incontra Barzani: il Paese si stabilizzerà”. E poi: “I peshmerga di Makhmur, a 10 chilometri dalle linee johadiste, hanno resistito al Califfato. E ora si preparano ma pensano già ai nuovi confini: ‘quelli attuali non hanno più valore'”.
Ischia
La Repubblica, pagina 4: “Tangenti, il manager pentito mette nei guai la coop rossa, altri trenta appalti nel mirino”, “Simone voleva fuggire in Tunisia. I pm allargano le indagini. Nelle carte il ‘canale preferenziale’ con Renzi, Lotti e Nardella”. E’ Conchita Sannino a dar conto degli ultimi sviluppi dell’indagine e delle dichiarazioni nel corso degli interrogatori di Francesco Simone, responsabile delle pubbliche relazioni della cooperativa Cpl Concordia: avrebbe svelato agli inquirenti un vero e proprio “protocollo ben consolidato” per truccare le gare degli appalti. Nel gennaio del 2014, scrivono i carabinieri, “egli riesce ad avere un canale preferenziale sia con il segretario Pd Matteo Renzi, sia con Luca Lotti e Dario Nardella”. Ed era presente sul business del fotovoltaico a Cuba, sul mercato del pomodoro in Albania e nella costruzione di un centro commerciale in Mauritania. In una intercettazione del 16 febbraio 2015 parla delle possibilità di investimenti in Africa con Andrea Acerbi e ipotizza il trasferimento in Tunisia. Sono almeno trenta -spiega Sannino- gli appalti nel mirino: e si tratterebbe non si mazzette avvolte nei giornali, ma di consulenze mirate a parenti di amministratori o quote societarie poi arricchite da plusvalenze.
E sullo stesso quotidiano Sebastiano Messina descrive proprio il meccanismo della “stock option come tangente”: “nella Tangentopoli 2.0 le mazzette hanno cambiato forma, nome e vincolo. E oggi passano dalle tasche dei costruttori a quelle dei politici con il raffinato sistema delle società miste in cui gli interessi dei corruttori si mescolano a quelli dei corrotti e nessuno, all’apparenza, dà nulla all’altro”.
Su La Stampa: “Tangenti Cpl, il manager pentito detta la svolta nell’indagine di Napoli”, “Dopo il filone di Procida, l’attesa per le nuove dichiarazioni di Simone”.
Sul Corriere si parla di un “altro testimone” nella inchiesta dei pm napoletani sulle presunte mazzette pagate da Cpl Concordia. Si tratterebbe di un “manager della cooperativa modenese che in un verbale allegato agli atti ha fornito elementi importanti ai pubblici ministeri rivelando come nella rete di Francesco Simone (…) ci fossero «ministri, politici e amministratori pubblici”. Si chiama Diego Solari, dice che è stato lui ha presentare Simone al presidente della società.
E su La Stampa anche un’intervista ad Alberto Sabella, ex pm, ora assessore alla Legalità del Comune di Roma, per volere del sindaco Ignazio Marino: “A Roma la burocrazia è più corrotta dei politici”, dice Sabella spiegando che “da tre mesi” (ha assunto l’incarico il 23 dicembre scorso) annulla gare e invia segnalazioni in Procura. Cosa ha trovato al Campidoglio? “Una macchina amministrativa totalmente fuori controllo. Paradossalmente ai miei tempi a Palermo le carte erano tutte a posto, voglio dire veniva garantita una loro regolarità formale. A Roma no”. E spiega che quando si è insediato ha trovato “un paio di decine” di gare con evidenza pubblica, con bando pubblico e pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale: un paio di decine “a fronte di almeno diecimila procedure negoziate, cottimi fiduciari, affidamenti diretti, somme urgenze”. Significa che c’è una patologia e che “di fronte a un ceto politico locale scarsamente preparato c’è una burocrazia comunale in grado di amministrare, decidere, scegliere, senza che nessuno possa ostacolarla”.
Def
Le prime 3 pagine de La Repubblica sono dedicate alla manovra: oggi ci sarà il primo Consiglio dei ministri e il quotidiano descrive la “corsa contro il tempo “ a Palazzo Chigi e al tesoro per varare il Documento di Economia e Finanza e il Programma nazionale di riforme. Il prossimo si terrà venerdì: accanto ai documenti di finanza pubblica avanza anche un pacchetto di decreti urgenti, mentre “sembra tutto in salita il percorso stabilito dal cronoprogramma che prevede 12 aree di intervento nel biennio 2015-2016. Tutte misure indispensabili per contrattare una nuova flessibilità sui conti pubblici con Bruxelles. Flessibilità possibile che vale tra i 7 e gli 8 miliardi. Nel menu si affacciano tagli e riorganizzazioni di sanità e assistenza. Il Def nelle bozze circolate negli ultimi giorni parla esplicitamente di un intervento sulle pensioni di invalidità per eliminare abusi che si riscontrano in alcune Regioni e di una revisione del sistema dell’assistenza oggi diviso tra Inps, Comuni e Asl”. Di fianco, un’intervista a Piero Fassino, presidente dell’Anci e sindaco di Torino, che dice: “Renzi ci riceva subito, siamo stufi di tagli da dirigenti che non hanno amministrato neanche un condominio”. Chiede un incontro prima del Def e sottolinea che “negli ultimi 6 anni si è chiesto troppo ai Comuni e poco ad altre amministrazioni pubbliche”. “Noi -dice Fassino- abbiamo contribuito al risanamento con oltre 17 miliardi di euro. E i ministeri? “; “facendo cento il debito, solo il 2,5% è imputabile agli Enti locali”.
Su La Stampa, a pagina 2: “Def, via alle nuove stime. Almeno 10 miliardi di taglia”, “Enti locali, ministeri e municipalizzate: tutti dovranno risparmiare. Da risolvere il nodo tasse sul lavoro, gli sconti per il 2016 sono scoperti”. E, in basso: “Il sindaco-premier non basta. I Comuni perdono ancora risorse”, “Gli ex colleghi protestano: il governo chiede troppo”.
Su Il Fatto, pagina 4: “Il Def: cercansi 12 miliardi per fermare la corsa dell’Iva”, “Oggi il documento economico arriva in Consiglio dei ministri: la priorità è bloccare le clausole di salvaguardia. Slitta al 2018 il pareggio di bilancio”, “La crescita è prevista a +0,7% nel 2014 e +1,5% nel 2016. In Ue non concordano, ma così i conti quadrano. Sindaci infuriati per i nuovi tagli”
Secondo il Corriere il governo potrebbe chiedere all’Europa un ulteriore rinvio per la data del pareggio di bilancio, al 2018. Tra le ipotesi ci sarebbe infatti “anche quella di limitare la correzione dei conti pubblici del 2016 e del 2017, lasciando più respiro all’economia. Invece di scendere all’1,8%, il deficit nel 2016 resterebbe ancora sopra il 2%. Nel 2017 non più lo 0,8%, ma qualcosa sopra l’1%, con il pareggio strutturale di bilancio rinviato di un altro anno al 2018”.
Il Sole 24 Ore: “Ultimi ritocchi al Def, il varo slitta a venerdì”. “I Comuni in trincea, Fassino chiede un incontro”. “Oggi in consiglio dei ministri prima discussione, l’ok formale tra tre giorni con il piano riforme”.
Su Il Giornale Francesco Forte, che firma l’editoriale, scrive che il recupero dello 0,7 di crescita del Pil nel 2015 “non è una vera ripartenza” ma un “modesto effetto seconario della manovra di Draghi”,e basta confrontarlo con la crescita del Pil spagnolo, che sale di oltre due punti. Forte critica anche la spending review per il fatto che sarà “morbida”, “basata su regole facoltative” per la privatizzazione negli enti locali, che è possibile solo con “norme ob bligatorie”, visto che “molti Comuni non hanno interesse a disboscare la selva dei loro enti, che sono centri di potere elettorale e politico”.
Anche sul Sole si cita “l’esempio spagnolo” nell’editoriale, firmato da Guido Gentili, che cita le parole del presidente Anci Fassino, che ha detto “che i Comuni i sacrifici li hanno già fatti e che ‘ora tocca alle altre amministrazioni pubbliche'” e l’idea del governo di una tassa unica per unificare Imu e Tasi. Quanto alla stima di crescita del Pil, “è un fatto che quel numero rispecchia esattamente lo storico ritardo dell’Italia in termini di crescita da vent’anni a questa parte”. Per questo è “impietoso” il confronto con la Spagna e la sua stima di crescita del 2,8 per cento.
Grecia
Sul Sole Vittorio Da Rold si sofferma sulle indiscrezioni secondo le quali Bruxelles starebbe “facendo pressioni su Atene perché Alexis Tsipras diventi un ‘premier e non il leader del partito radicale di Syriza’”. In pratica che “scarichi le frange più estreme di Syriza e apra a una coalizione centrista che possa accettare un compromesso sulle riforme che prevedano altri tagli sociali e sacrifici in cambio dei 7,2 miliardi di euro in sospeso da agosto”. Secondo queste notizie, riportate dal Financial Times, un accordo tra Grecia e Ue sarebbe possibile solo a questa condizione, e che quindi Tsipras formi “una nuova coalizione con il tradizionale partito di centro sinistra Pasok, e con il nuovo partito di centro sinistra To Potami, contro cui si è battuto nelle elezioni di gennaio”. Ovviamente le voci di una ingerenza europa “stanno rinfocolando le polemiche sul rapporto tra il rispetto della volontà nazionale, espressa nel voto, e gli obblighi con i creditori e gli organismi europei”.
Intanto il ministro Varoufakis ha incontrato i vertici FMI per discutere la “possibilità di rinviare a tempi migliori due temi più spinosi da far digerire alla sinistra di Syriza: un nuovo taglio alle pensioni sul tema dei prepensionamenti e il passaggio accelerato dal sistema retributivo, che ancora sopravvive in alcuni fondi speciali, a quello contributivo; un rinvio alla ‘calende greche’ dell’annunciato aumento del salario minimo. Abbassare i toni e prendere tempo con i creditori sarebbe la strategia vincente per Syriza”, conclude Il Sole.
Dal Corriere: “‘La Grecia rimborserà i debiti’. Ma Tsipras vola a Mosca da Putin”. Dove si legge di un “valzer diplomatico da Guerra Fredda” di Atene, che dice di non voler chiedere aiuto a Putin ma “il suo flirt con il grande fratello nella fede ortodossa potrebbe coinvolgere l’offerta di una base militare nel Mediterraneo o l’ipotesi, meno destabilizzante, del passaggio di un oleodotto russo-turco-greco”.
Riforma elettorale, Pd, M5S
Sul Corriere: “Italicum, i tormenti della sinistra Pd: sarà battaglia in Aula. L’ipotesi di abbandonare prima la Commissione”. Si legge che da domani in commissione Affari costituzinali, dove la legge elettorale è “incardinata”, ricomincerà il “muro contro muro”, e “salvo miracoli”, la riunione del gruppo Pd prevista la prossima settimana “non servirà che a formalizzare la spaccatura”.
Sul Sole 24 Ore una intervista al vicesegretario Pd Lorenzo Guerini: “‘L’Italicum resta così com’è. Il Pd: tornerà nei circoli”. “Presto la riforma dei partiti come da articolo 49: trasparenza e democrazia interna”. Domanda: “E’ vero che alla minoranza del Pd è stato offerto il 30 per cento dei posti di capilista in cambio del sì all’Italicum?”. Risposta: “Assolutamente no. Smentisco questa ipotetica offerta, che è irrispettosa innanzitutto per gli ipotetici riceventi”.
Secondo un retroscena del Messaggero “Renzi completa il rimpasto ma cresce l’ipotesi elezioni”. “Se non va in porto la riforma elettorale per il premier ‘inevitabili’ le urne anticipate”.
Su La Repubblica, nella sua rubrica “Il Punto” Stefano Folli descrive “Il fantasma del secondo turno” che “si aggira nella casa dell’Italicum”: qualcosa sta cambiando nella vita del governo e il renzismo rischia un appannamento, con la nuova legge i sondaggi indicano un possibile ballottaggio e Grillo appare in ripresa, mentre Salvini sfiora il 14%.
Su Il Fatto: “5Stelle, la risalita nei sondaggi: ‘Effetto del ritorno in tv’”, “Gli esperti: ‘Tengono bene perché sono coerenti e hanno proposte riconoscibili. Il Web non bastava’”. Il quotidiano intervista il presidente della Commissione di Vigilanza sulla Rai ed esponente del M5S Roberto Fico, che presenta la “marcia nazionale contro la povertà” per rilanciare la proposta del reddito di inserimento. Si svolgerà “entro poche settimane”, annuncia e sarà “un’iniziativa aperta a tutti i cittadini e a tutte le associazioni: trasversale”. Potrebbero esserci altri partiti? “Dovrebbero innanzitutto lavorare in Parlamento, appoggiando la nostra proposta”.
Forza Italia
Due pagine de La Repubblica si occupano di Forza Italia: “Forza Italia da sola in Puglia, Alfano si schiera con Fitto. Berlusconi: temo il disastro”, “Anche il simbolo finisce nella lite tra i ribelli. Il 23 l’ex Cavaliere al vertice Ppe per ‘riaccreditarsi’”. Il quotidiano illustra poi estesamente il punto di vista di Raffaele Fitto con queste sue parole: “Silvio porta i suoi al suicidio, lo sfidiamo anche in Campania”. E spiega: “In Campania quattro senatori e un deputato sono schierati con noi, decideremo nelle prossime ore che fare”. Il che significa che il sostegno all’unico uscente forzista, Stefano Caldoro, è tutt’altro che scontato.
Su La Stampa: “Tribunale e timori di un flop di Fi. Berlusconi in silenzio elettorale”, “Manca ancora il verdetto della Sorveglianza: per le Regionali non si spenderà”.
Tanto La Repubblica che La Stampa intervistano l’emergente Fi Silvia Sardone (“Dico in tv quello che non va ma i vecchi del partito fanno come le mogli tradite”, dice a La Repubblica; “Silvio non è eterno”, “non moriremo renziani” a La Stampa).
Anche su Il Giornale si parla di “qualche scintilla generazionale”, e si dà conto delle reazioni via social network di Paolo Romani (“Qualcuno ha visto 8 e mezzo ? Quello che è andato in onda rappresenta il futuro di Fi? Io sono nato vecchio!”) e di Maurizio Gasparri, “con un laconico: ‘Ho visto. No comment'”.
Ancora sul Giornale si legge che in Puglia “le voci su una candidatura alternativa a quella di Francesco Schittulli (il nome che circola è quello di Adriana Poli Bortone) appaiono destituite di fondamento”. Nella contesa con Fitto ci si aspetta un “passo indietro” di Fitto nel senso che “non si mette in discussione il leader e colui che da sempre prende i voti”, come dice Mariastelal Gelmini. “Il compromesso potrebbe essere quello di piazzare 5-6 candidati politici ‘fittiani’ nelle liste di Fi e 1 o 2 nella lista civica che l’europarlamentare pugliese metterà in campo”
E poi
Su tutti i giornali il punto sull’Expo. Ieri il sindaco di Milano Pisapia e il Commissario all’Expo Sala hanno tenuto una conferenza stampa.
Il titolo di apertura del Giornale: “È ufficiale: Expo non sarà completato”. “Pisapia sventola bandiera bianca: ‘Il lavoro di Expo: non tutto sarà finito’. Una resa della sinistra che, a meno di un mese dall’inizio dell’esposizione di Milano, ammette: non siamo riusciti a mantenere le promesse”.
Su Avvenire si legge del “duello” tra Renzi e Pisapia. “Il sindaco: non tutto sarà pronto. Scontro col premier sui tempi”. Renzi aveva parlato di “miracolo” del governo.
Dal Messaggero: “Expo a rischio flop, svincoli fantasma e cantieri per aria. A meno di un mese dal via, l’area ancora inaccessibile e costi lievitati da 52 a 130 milioni. Un milione di euro extra è stato appena stanziato solo per camuffare le tante opere incompiute”. Si legge che una decina di giorni fa il sito web appositamente creato per monitorare lo stato di avanzamento dei lavori (Openexpo) aveva “creato scompiglio decretando che solo il 9 per cento dei progetti era già stato realizzato”. “Poi qualcuno ha spiegato che in realtà le statistiche non venivano aggionate da tempo”, e che il realtà si era al 60 per cento.
Ancora su Il Messaggero una intervista a Jean Paul Fitoussi: “Una grande scommessa per l’italia, ora deve dimostrare che sa cambiare”.
Sul Sole, Mario Platero offre una conversazione con l’ambasciatore Daniel Dired, coordinatore della politica Usa sulle sanzioni e “forse il principale esperto in materia di relazioni con la Russia e l’Europa dell’Est al Dipartimento di Sgato”. Il titolo: “Quella tensione (rientrata) tra Usa e Italia. I due Paesi di nuovi allineati per riconfermare alla scadenza le sanzioni a Mosca”.
Sul Corriere, un intervento di Caterina Malavenda, avvocato ed esperto in diritto dell’informazione, che commenta la proposta di Nicola Gratteri di istituire il reato di pubblicazione arbitraria di intercettazioni: “L’idea sbagliata di restringere il diritto di cronaca. Le proposte sul tavolo per le intercettazioni rischiano di danneggiare giornalisti e giudici”.