Da Reset-Dialogues on Civilizations –
Quando Alberto e Dag Tessore hanno registrato le loro conversazioni per lunghi giorni durante l’inverno tra il 2011 e il 2012, prima di pubblicare Dialogo sull’Islam tra un padre e un figlio, non potevano immaginare quanto la fame di conoscenza del mondo islamico in Italia sarebbe cresciuta pochi anni dopo e quanto certi temi avrebbero acquisito nuova attualità, dal jihad all’integrazione dei musulmani in Occidente.
L’imponente volume pubblicato da Fazi (pp. 400, euro 18), strutturato in forma di dialogo intergenerazionale tra un padre, Alberto, agnostico, antropologo e viaggiatore (nell’85 addetto all’Istituto di cultura italiana in Etiopia), e il figlio, Dag, religioso, esperto di testi sacri, linguista e autore di saggi, nasce proprio dalla voglia di confronto e da un comune desiderio di ricerca. Il libro, pubblicato nella collana “Campo de’ fiori” diretta da Vito Mancuso, infatti, “non sostiene una tesi, né due. È un cercare insieme, un cercare socratico”. “È parlare e ascoltare l’Altro per rimettere in discussione le proprie idee sulla base di quelle dell’altro. Del resto la chiave del discorso religioso è il dialogo” sottolineano gli autori.
Alberto e Dag sono convinti che il dialogo interreligioso sia un nodo decisivo per la convivenza tra i popoli. Per questo mettono al centro della loro conversazione non solo l’Islam, ma anche i rapporti tra musulmani e cristiani, l’ebraismo, i testi sacri senza tralasciare riferimenti all’induismo, attingendo dalle proprie conoscenze filosofiche, teologiche, sociologiche e dal vissuto personale. Padre e figlio si confrontano con affetto, pur trovandosi spesso di fronte a divergenze di opinioni. Affrontano diverse questioni spinose, dalla concezione della donna alla poligamia, dall’ortodossia intransigente alla pretesa di detenere la verità, dalle forme di preghiera alla minaccia del terrorismo di matrice religiosa.
“I miei genitori non sono cattolici osservanti. Forse proprio il vivere in una famiglia di non credenti mi ha trasferito il gusto per una ricerca spirituale libera” racconta Dag, 39 anni, con un passato da sacerdote ortodosso in Grecia e un presente da laico in un villaggio tra le montagne del Marocco, dove vive con la moglie di origine berbera e i figli.
“Quando io e mio padre ci confrontiamo siamo spesso in disaccordo pur essendo entrambi convinti che la verità abbia sempre tante sfaccettature. Sul ruolo della donna nell’Islam per esempio – prosegue Dag – Mentre io provo a difendere un’altra forma di famiglia in cui la donna si dedica per scelta alla casa, mio padre ritiene la donna musulmana sottomessa e infelice. Oppure sulla presenza dei simboli religiosi nelle scuole. Per me è una ricchezza che può insegnare la tolleranza e il rispetto delle tradizioni come ad esempio il presepe. Per mio padre la presenza dei simboli religiosi nelle classi è inaccettabile”.
Il libro, dunque, è un faccia a faccia profondo e colto su temi contemporanei e offre, con un linguaggio sempre divulgativo, tesi a volte provocatorie, luoghi comuni ribaltati e miti sfatati. “La parola muslim che traslitterata noi traduciamo con musulmano – fa sapere Dag – vuol dire “appartenente alla religione dell’Islam” ma anche “abbandonato e devoto a Dio”, tanto che nel Corano vengono definiti muslim anche gli apostoli di Gesù. È dunque una parola ambigua, un jolly usato come si vuole”.
Sono tanti, infatti, i tranelli e i fraintendimenti in cui è possibile cadere quando si entra nei meandri delle religioni. “In questo periodo spesso si sente dire “l’Isis non rappresenta l’Islam” dai musulmani stessi che cercano di difendere la loro religione – sottolinea Dag – In realtà questa espressione è falsa apologia. Non si dicono menzogne per difendere Dio. Tra le tante forme di Islam, purtroppo, esiste anche quella proposta dall’Isis”.
Dag è convinto che il diffondersi del desiderio di convertirsi e di partire per il jihad in Medio Oriente da parte di occidentali dipenda “da una certa nausea verso il buonismo della Chiesa odierna e dalla stanchezza verso il pacifismo a oltranza”. “I giovani che vivono in una società troppo civilizzata e imborghesita e non hanno vissuto la guerra cercano stimoli più forti, hanno bisogno di violenza e si dirigono verso il concetto islamico di jihad. L’inclinazione militaristica presente nell’Islam li appaga. Il bisogno di guerra, purtroppo, è un lato oscuro dell’animo umano, soprattutto maschile” spiega Dag che nel libro ha dedicato molto spazio all’analisi del tema, sottolineando anche che nel Corano ci sono molti passi in cui il Profeta Muhammad “esorta alla pazienza, alla sopportazione e non al fare la guerra, anche quando si viene aggrediti e perseguitati”.
Se molti dall’Europa scelgono di seguire l’Isis, secondo il teologo, dipende anche “dall’attuale vuoto di valori e dalla mancanza di rigide regole che si riscontra nel Cristianesimo di oggi. Questo fa sentire i giovani allo sbaraglio, senza norme precise, senza una guida sicura e forte, senza leggi certe a cui obbedire e verità infallibili su cui non avere dubbi e li spinge a convertirsi all’Islam in cui trovano la sharia così precisa e solida che dà loro un senso di sicurezza”.
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Titolo: Dialogo sull'Islam tra un padre e un figlio
Autore: Alberto e Dag Tessore
Editore: Fazi
Pagine: 400
Prezzo: 18 €
Anno di pubblicazione: 2014